25 aprile 2008

Ostensione della salma di San Pio: gli articoli di Avvenire e dell'Osservatore Romano


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Nella valanga di articoli sull'ostensione della salma di San Pio, ho deciso di scegliere quelli che seguono.
Vi diro' la verita': ho il massimo rispetto per i fedeli che si recano a visitare il Santo del Gargano, ma la cosa mi lascia un po' perplessa.
Trovo soprattutto sconcertante la continua insistenza nel descrivere particolari macabri sia da parte degli studiosi sia da parte dell'autorita' ecclesiastica.
Per tutte queste ragioni il blog non pubblichera' le foto della salma del Santo, ma una bella immagine di Padre Pio in vita
.
R.

Il popolo di Padre Pio davanti al «suo» santo

Primo giorno di ostensione, quindicimila si mettono in fila

DAL NOSTRO INVIATO A SAN GIOVANNI ROTONDO (FOGGIA)

MARINA CORRADI

«Avvicinarci a Padre Pio ri­chiede da parte nostra l’u­miltà di riconoscerne il mi­stero ». Il piazzale della chiesa nuova è gre­mito, in un vento freddo che soffia da nord. Il mare all’orizzonte è del colore del ghiaccio. Sono l’avanguardia, sono i pri­mi quindicimila pellegrini degli ottocen­tomila che verranno, da qui a Natale. Si rinserrano nelle giacche a vento in que­sto aprile inospitale, e il frate che dirige il coro già li ha sgridati, perché non canta­vano abbastanza forte. Tuttavia sono qui sotto il vento, davanti a questa chiesa mo­derna dal profilo di cemento, come un’a­la di uccello. Hanno le braccia conserte, le facce ostinate. Ascoltano la Messa e sul finire vanno a mettersi in coda. Sono ve­nuti per vedere Padre Pio. E quell’umiltà esortata dal cardinale José Saraiva Mar­tins, prefetto della Congregazione delle cause dei Santi, questa gente ce l’ha ad­dosso, gliela vedi scritta in faccia. Sono vecchi del Sud, o ragazzi, e madri con bambini. Alcuni hanno portato il pranzo in un sacchetto da casa, per non spende­re. Mai visti negli spot, né nei reality. Li guardi, in piedi durante la lettura del Van­gelo. Li vedi come applaudono, quando monsignor Domenico Umberto D’Am­brosio, l’arcivescovo di Manfredonia-Vie­ste- San Giovanni Rotondo, chiede al car­dinale che «bisbigli» al Papa il desiderio di averlo qui. Han come scritto in volto qualcosa che non sai decifrare, un biso­gno, forse, o forse un sedimentato dolo­re. Comunque, una domanda.
Lo sanno bene, le avanguardie del popo­lo di Padre Pio, quelli che non hanno po­tuto aspettare un giorno, cos’è l’umiltà e cosa il mistero. L’umiltà è l’attitudine con cui si mettono in coda per la cripta, con l’aria di chi di code ne fa ogni giorno, da sempre. E il mistero ce l’hanno negli oc­chi, lì in fila sotto il vento che sferza le col­line brulle del Gargano: eppure, sembra­no sapere, la vita non è solo questa, que­sta fatica e affanno. Hanno ereditato una speranza più grande. E la conservano, te­stardi. Pure in tempi in cui, dice il cardi­nale, «parlare di santi è tutt’altro che a­gevole ». E di corpi di santi morti, ancora di più. Della santità oggi si dubita, e alla morte non si vuole pensare. Che strana storia è dunque quel vecchio frate tolto al sepol­cro e esposto alla venerazione? Certa­mente, è una questione di soldi, sorrido­no con saggio disincanto molti dei tre­cento giornalisti accreditati. E quando, dopo la Messa, vengono portati giù, divi­si dai pellegrini, osservi come uno davanti all’altro due sguardi, su quel corpo, diffe­renti. I giornalisti educatamente a disagio in quella cripta odorosa di fiori reci­si, esteticamente perplessi dal tem­pietto di cristallo, occhiutamente at­tenti ai particolari: la maschera, per­ché la maschera, e cosa c’è davvero sotto. Dall’altra parte i fedeli. Muti, assorti, si fermano e poi di malavo­glia si lasciano spingere fuori dai commessi. Il viso incollato alla lastra di vetro, l’espressione di chi chiede intensamente qualcosa. Il santo nel­la sua urna sembra, nella naturalez­za della maschera postagli sul viso consunto dalla sepoltura, un vecchio di qui, che dorma profondamente dopo il pranzo, d’estate.
Il saio gliel’han cucito le clarisse di San Giovanni Rotondo, la stola è del­la foggia di prima del Concilio (Padre Pio, vecchio, smarrito dalla liturgia in italiano, ottenne dispensa per conti­nuare a celebrare in latino). E sulla stola 312 cristalli di rocca, e sferule d’oro, e, ricamati, melograni e uva: nel linguaggio dei simboli cristiani, la fecondità della Chiesa e la vita e­terna.
Così venivano addobbati i resti dei santi, e gelosamente conservati nelle fon­damenta delle basiliche. Niente di nuo­vo. I riti cristiani sono gli stessi nei seco­li. È il nostro tempo, che se ne turba, e non capisce. Avendo come dimenticato. «Il fedele ha bisogno di toccare, di vede­re i simboli. I simboli sono più efficaci delle parole», dice il cardinale Saraiva Martins. E poi: «Affacciandoci sul miste­ro della morte, siamo invitati a com­prendere che ciò che si vede non è il tut­to dell’esistenza. Padre Pio non è solo un cadavere. Vive adesso con Cristo risorto», . E quelle ossa, aggiunge, sono segno di memoria ma anche di futuro: «Abbiate fede nella resurrezione della carne».
È forse questa, un’altra vita, e addirittura carnale, la promessa che suona oggi fol­le e inaudita? «Caro salutis cardo», il car­dine della salvezza è nella carne, scrisse nel terzo secolo Tertulliano, e frate Aldo Broccato, ministro dei Cappuccini della Provincia di Sant’Angelo, lo cita nella Mes­sa con la fierezza di un’eredità millenaria. Poi la gente s’affretta a mettersi in fila. Bambini, suore, un vecchio curvo con un vecchio cane al guinzaglio, come con­vinto che possa entrare anche lui. Folla si­lenziosa, massiccia. Semplice, con la sua domanda addosso davanti alle ossa di un frate. («Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti», sono le parole di San Paolo lette ai fedeli). A­spettano il turno, pazienti. Vogliono rive­derlo, una volta ancora, o vedere quel­l’uomo di cui sentono dire da quando so­no nati. Sedotti, conquistati come bam­bini dalla promessa buona che sta scrit­ta dentro il convento: «Io entrerò in Pa­radiso, quando avrò visto entrare l’ulti­mo dei miei figli».

© Copyright Avvenire, 25 aprile 2008

I pellegrini sfilano davanti alla teca di cristallo in cui è conservato il corpo di Padre Pio (Ap).

Scettica come gli uomini del nostro tempo, anche tu contempli quel corpo. Un morto con cui a milioni parlano come fosse in mezzo a noi

Quel bisogno di vedere che continua oltre la morte

Marina Corradi

Gli hanno costruito come una capanna di cristallo. Dentro, il vecchio sem­bra dormire, sprofondato in un sonno inviolato e inviolabile. Non pare una maschera, quel­la faccia, tanto è naturale. Il na­so forte, il profilo da contadi­no, e il pallore diafano dei mor­ti.
Padre Pio è morto quando ero bambina. Non l’ho mai visto. Anche per me, come per mol­ti, è una figura che si confonde fra la santità e la leggenda. Hai letto, e ti hanno detto, ma è quella trasmissione orale che unisce le generazioni, e che col tempo - è umano - affievolisce e si confonde nella memoria. E adesso quel saio, quella barba bianca che mille volte hai visto in immagini appese ovunque ­in case, caserme, missioni lon­tane e anche nelle celle delle prigioni - ce li hai davanti. I fla­sh dei cellulari scintillano sul cristallo della teca, il flusso del­la folla impedisce ogni illusio­ne di solitudine. Certo, è più in pace chi prega nel chiuso di u­na casa silenziosa.
Tuttavia ti vengono in mente gli amici, i conoscenti che ti hanno chiesto: ricordati di me, quando lo vedi. Come certi che lo avresti 'visto' di persona. E allora la carne, l’esibizione del­la carne che sia passata attra­verso la morte, non deve esse­re estranea alla santità. Conti­nua ben oltre la morte il nostro bisogno di toccare, di vedere, di farci certi con i sensi - gli oc­chi, le mani sono fatti per que­sto.
E stai zitta allora, tra i bagliori dei flash e i passi degli altri, a guardare quel corpo. Il mistero di quel corpo. Giacché certo quelle che hai davanti sono le ossa di un morto, e dunque l’apparenza di polvere che at­tende te, i tuoi figli, tutti. E però, anche ieri due vecchi amici di Padre Pio ti hanno parlato di lui, dei nove figli avuti secondo la sua predizione quando era per i medici 'impossibile'; e della sua presenza accanto a lo­ro, ancora. Ti han parlato di lui come di un vivo, con la certez­za piena con cui si parla di un vivo che tra poco entrerà dalla porta.
E dunque tu, scettica in fondo al cuore come gli uomini del nostro tempo, te ne stai a con­templare quel corpo. Un mor­to che in milioni pregano, un morto con cui parlano come fosse in mezzo a noi. Occorre u­miltà per stare davanti a un mi­stero come questo. È facile ve­nirne via con un sorriso supe­riore, da uomini moderni, che sanno tutto. Ma guardi le facce degli altri davanti a quell’urna, e un po’ così deve essere la tua: pallida, tesa, attenta a una spe­ranza che si respira nell’aria di questa cripta. E ti viene in men­te un verso del poeta spagnolo Jimènez: 'Ora è vero/ ma è sta­to tanto a lungo falso/ che an­cora oggi sembra impossibile'. La sfida, mentre già dietro di te premono i colleghi armati di telecamere, è che sia vero. Che sia tutto vero, ciò che ogni gior­no un verbo collettivo ti ripete essere una speranza impossi­bile.

© Copyright Avvenire, 25 aprile 2008

IL CASO

Gaeta-Tornielli «sfidano» Luzzatto sulla verità

Da una parte la voce di Sergio Luzzatto, docente universitario di Storia moder­na all’Università di Torino, che nel suo ultimo, controverso libro Padre Pio. Miracoli e politica nell’Italia del Novecento si è interessato alla costruzione del 'mito' del santo di Pietrel­cina, mettendo in dubbio l’origine delle sue stimmate e persino i suoi miracoli. Dall’altra quelle dei giornalisti Saverio Gaeta e Andrea Tor­nielli, che a confutazione delle illazioni e delle accuse lanciate da Luzzatto sulla figura del cap­puccino hanno pubblicato il volume Padre Pio, l’ultimo sospetto. La verità sul frate delle stim­mate.
Al centro, una 'plural tenzone' a distan­za, che nelle ultime settimane si è trasformata in un caso: con Luzzatto che dalle colonne del Corriere della Sera definisce i due giornalisti 'de­voti', 'pasticcioni' e 'dilettanti' e che presen­tando il suo volume al Museo di Storia contem­poranea di Milano si lascia sfuggire un «mi di­spiace che non ci siano qui questi due signori», sottintendendo che sarebbe stato ben lieto del contraddittorio; e con 'i due signori' (Gaeta e Tornielli) che quel contraddittorio cercano con­tinuamente di ingaggiare nelle principali arene televisive, da Matrix all’Infedele, senza ricevere cenno di risposta dall’avversario. Ultima pun­tata del duello (per ora), il lungo articolo pub­blicato dai due giornalisti sulla Voce di Padre Pio, il periodico dei frati minori cappuccini di San Giovanni Rotondo, intitolato per l’appunto 'Sfi­da per la verità su Padre Pio'. Gli autori riper­corrono le tappe della querelle con Luzzatto e lo invitano pubblicamente a un dibattito pub­blico. Scelga lui giorno, posto e ora, dicono, e «se vuole evitare qualunque fatica e onere, ci co­munichi la sua preferenza e saremo ben lieti di organizzare noi il tutto». ( V. Dal.)

© Copyright Avvenire, 25 aprile 2008

Omelia del cardinale José Saraiva Martins per san Pio da Pietrelcina

Il vangelo «superiore» della sofferenza

San Giovanni Rotondo, 24. "Il Signore ha mandato padre Pio a evangelizzare il mondo con il vangelo "superiore" della sofferenza. Il mistero della Redenzione cristiana è questo: mutare la croce - e, con essa, ogni sofferenza umana - da tristezza in gioia, da vergogna in vanto, da morte in vita, da condanna in perdono. Padre Pio e i suoi figli spirituali fanno proprio il "sentire" di Cristo, gli atteggiamenti con cui Egli ha abbracciato la croce per far dono ai fratelli delle Sue consolazioni". Così il cardinale José Saraiva Martins nell'omelia pronunciata in occasione della messa celebrata nel santuario che accoglie le spoglie del frate di Pietrelcina. Alla celebrazione, che si tiene in coincidenza con l'ostensione del corpo del santo e in occasione del quarantesimo anniversario della sua morte, hanno partecipato moltissimi fedeli. Oggi, a San Giovanni Rotondo sono attese quindicimila persone, mentre si calcola che siano circa 750.000 i fedeli che nei prossimi giorni giungeranno nella cittadina per vedere le spoglie di padre Pio. Ha detto ancora nel corso dell'omelia il cardinale Saraiva Martins: "Parlare della santità cristiana richiede il riferimento ai santi, che ne sono la più viva incarnazione. Bisogna tuttavia riconoscere che in quest'epoca di transizione, dalle dimensioni planetarie, caratterizzata da una nuova visione del mondo, dell'uomo e della sua storia - e, nei paesi opulenti, da una diffusa indifferenza religiosa -, il discorso sulla santità, sia pure quella di un santo tanto amato e la cui devozione è così estesa come san Pio da Pietrelcina, è tutt'altro che agevole. Eppure il mistero dei santi ha un tale fascino da imporsi, spesso, agli stessi increduli, e tutte le volte che ci si confronta con un santo autentico, ne rimaniamo conquistati".
Lasciando da parte le discussioni di scuola, ha osservato il cardinale, "molto semplicemente dobbiamo ricordare che la santità, dono di Dio e impegno dell'uomo, altro non è che la "vita trasfigurata in Cristo" (Rom 8, 29)", per questo la santità è anche "mistero", "essa, infatti, si origina come dono della Grazia e si accompagna alla conquista che varca i confïni del quotidiano, attraverso la lotta con se stessi e con le forze del male. Avvicinarci, conoscere meglio padre Pio, diventato ormai il "santo della gente", che ora sarà ancor più accessibile, mediante la nuova sistemazione del suo corpo, richiede da parte nostra l'umiltà di riconoscerne "il mistero". Lui stesso aveva detto di sé scrivendo il 15 agosto 1916 al suo direttore spirituale e confidente, padre Agostino: "Che dirvi di me? Sono un mistero a me stesso"".
Il santo cappuccino, ha detto ancora il porporato, profuse i suoi doni naturali e soprannaturali, mettendoli con generosità e perseveranza a disposizione del popolo di Dio, in modo particolare nella celebrazione dell'Eucaristia, nel ministero della riconciliazione, nella direzione spirituale, nel consiglio e nella vicinanza spirituale e materiale a quanti erano nel bisogno. "E verso questa terra - ha aggiunto - padre Pio richiamò e richiama milioni di persone, assetate di verità e di bontà, in cerca di conforto e di conversione". Gesù non trasmise a padre Pio solo i segni esterni della sua passione, "ma anche e soprattutto la motivazione profonda di essa: il suo stesso appassionato amore per l'umanità... Padre Pio, dunque, rivisse anche fisicamente il mistero del Dio crocifisso, il mistero della croce, e divenne in modo evidente un'immagine della passione di Gesù Cristo, colui che per sempre sarà inchiodato dall'amore.
Ha detto ancora il cardinale, riferendosi all'ostensione del corpo del santo: "La presenza del corpo di padre Pio ci invita anzitutto ad una memoria: guardando le sue spoglie mortali, noi ricordiamo tutto il bene che egli ha compiuto in mezzo a noi. Il suo corpo insieme con l'anima è stato concretamente immagine di Dio, tempio dello Spirito Santo, "luogo" in cui Gesù ha, manifestato la sua gloriosa passione. Padre Pio ebbe sempre una grande attenzione verso il nostro corpo, carico di onore e di dignità, e per favorirne il giusto apprezzamento e l'adeguata cura fondò la Casa Sollievo della Sofferenza, strumento di carità cristiana e di umana solidarietà. Ma le reliquie di coloro che dormono nel Signore ci invitano a guardare anche verso il futuro: ci invitano a rinnovare la fede nella risurrezione della nostra carne, quando il Signore verrà nella gloria. Le reliquie, allora, sono l'annunzio della nuova creatura che sorgerà in comunione con il Risorto... San Pio è stato padre facondo di anime. Come sappiamo, nessun santo inventa qualcosa di nuovo, tutti ripropongono il Vangelo. Tuttavia, qualche "atleta dello spirito" ha vissuto con particolare intensità uno o più aspetti dell'infinita ricchezza di Cristo, divenendo tramite per un percorso "nuovo" nella Chiesa. Anche Padre Pio ha scritto una pagina "originale" raccogliendo attorno a sé una vera folla, come, ad esempio, i membri dei suoi gruppi di preghiera... Nel vangelo Gesù dice: "Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta" (Mt 10, 41). Questa è la speranza imperitura dei devoti di padre Pio e di coloro che sono annoverati tra i membri fedeli della sua numerosa famiglia. Con questo spirito ci accingiamo a venerarlo, certi che il suo esempio e la sua intercessione sapranno guadagnarci luce e forza nel pellegrinaggio verso la Gerusalemme celeste.

(©L'Osservatore Romano - 25 aprile 2008)

7 commenti:

gemma ha detto...

condivido in pieno Lella la tua decisione e la tua sensazione. Purtroppo, in tanti tra i non credenti, ma anche tra i cattolici, non capiscono e stanno accusando la Chiesa di manovra commerciale e di pratica quasi pagana. Ho sentito qualcuno prendere questa vicenda a pretesto per ribadire che " anche per questo Ratzinger sta portando indietro la chiesa", come se il culto delle reliquie e dei corpi fosse stato inventato durante questo pontificato o fosse un qualcosa che ora viene incentivato particolarmente.
Personalmente, vivo con disagio anche l'esposizione delle spoglie di Giovanni XXIII in San Pietro, paradossalmente, quasi come una mancanza di rispetto...Magari qualcuno di fede più matura e più preparato di me sul significato teologico di queste pratiche mi spiegherà se sbaglio e perchè...

Anonimo ha detto...

care ragazze, non credo di essere la persona più adatta a parlare su questo argomento, visto che mi accorgo di saperne ben poco, però una cosa mi sento di dire, e cioè che la Chiesa lascia molta libertà quanto al culto delle reliquie o alla venerazione per il corpo dei santi: a nessuno vengono imposti e li si lascia esprimere spontaneamente solo da chi lo desidera, senza che chi è partecipe di questo sentimento si senta autorizzato a "scomunicare" chi invece non vi si riconosce o viceversa. Tra l'altro mi sembra (se non ricordo male) che in questo settore della devozione "popolare" la Chiesa non abbia stabilito nulla "dall'alto", ma che siano state appunto certe espressioni di pietà popolare, partite "dal basso", a determinare l'accettazione da parte dei vertici della gerarchia di questa forma di culto. In fondo, si critica sempre la Chiesa perché, si dice, non è democratica e non prende in considerazione le iniziative popolari, ma questo, tutto sommato, è proprio uno dei casi in cui è stata la massa dei fedeli a "trascinare" anticamente la gerarchia verso il riconoscimento di un modo di esprimere la devozione.
Del resto il culto delle reliquie non è appannaggio esclusivo della religione cristiana in particolare e neppure della religione in generale, visto che anche oggetti appartenuti a grandi personaggi storici o parti dei loro corpi sono conservati con particolare cura. O sbaglio?
Sul fatto che sia l'ennesimo argomento per dire che Papa Ratzinger sta riportando indietro la Chiesa, non mi curo nemmeno di commentare, visto che per certa gente questo Papa riporta indietro la Chiesa anche solo aprendo gli occhi la mattina. Facciamoci su una bella risata.
ciao da lapis

gemma ha detto...

si lapis..ma l'immagine di tutte quelle monete e banconote per terra, a me provoca molto disagio...
E' un tipo di devozione in cui non mi riconosco il "grande fratello della fede", con dovizia di particolari sugli odori (dopo 40 anni???) o lo stato del volto di un santo che, tutto sommato da vivo non credo amasse troppo apparire in pubblico.
Il culto delle reliquie lo si fa da sempre, certo, ma l'invadenza dei media in questo campo è cosa recente, che, dall'agonia di Giovanni Paolo II in poi , sta avendo a mio avviso una spettacolarizzazione crescente e preoccupante. Forse le telecamere si stanno insinuando troppo nel tempio.

gemma ha detto...

aggiungerei che mi infastidiscono molto le pressioni al Papa perchè vi si rechi in visita . Si abbia la correttezza di lasciarlo libero di onorare san Pio come meglio crede e di dare al suo pontificato l'orientamento che ritiene giusto e per il quale risponde.

Anonimo ha detto...

sul fatto che questa forma di devozione popolare si presti al rischio mercificazione e che le telecamere irrompano nel tempio isolando, magari appositamente, le inquadrature delle banconote per farlo apparire ancor più mercato di quel che effettivamente non è, sono d'accordissimo con te, Gemma. Personalmente penso anche che certe situazioni rischiano di sfuggire di mano alla Chiesa se non gestite in modo cauto e saggio e che in passato, alcuni uomini della Chiesa stessa abbiano consentito talvolta eccessi e manipolazioni nel culto delle reliquie, proprio a scopo di lucro. Questi peccati, si sa, ci sono stati nella nostra Chiesa di peccatori, e non si può fingere di ignorarlo. Il discorso che facevo era più che altro in risposta a certi commenti che leggo in rete e che accusano la Chiesa Cattolica di aver "inventato" questa forma di venerazione, tacciata come necrofilia a scopo di lucro: ecco, questo secondo me non è vero, perché l'idea di vedere o toccare una parte del corpo o oggetto che è appartenuto a una persona che in vita ci era cara proviene dalla mentalità popolare, non è la trovata di qualche prelato furbo e calcolatore. La Chiesa si è trovata a fare i conti con questi atteggiamenti e sentimenti radicati nella mentalità di moltissime persone e ha deciso di ammetterli anche per il culto dei santi. Ha fatto bene? Ha fatto male? Aveva previsto il rischio di abusi? Di tutto questo credo si possa discutere liberamente, visto che non mi pare esistano dogmi in proposito; io non ho una risposta precisa, però ci tenevo a sottolineare che se si accusa di "necrofilia" molti cristiani (e ripeto che non mi riferisco a te, ma a cose che ho letto in rete) allora la stessa critica va rivolta anche a quei buddisti che venerano le reliquie del Buddha. Oppure che dire del culto di cui, per anni, è stato fatto oggetto il corpo di Lenin (non certo su suggerimento o imposizione della Chiesa) e che, essendo ormai sgradito in patria, alcuni politici nostrani si sono persino offerti di far traslare in Italia?

Saluti (lapis)

Anonimo ha detto...

scusate, sono sempre lapis... dimenticavo di dire che, di quello che ho visto in questi giorni (come anche durante i giorni dell'esposizione della salma di Giovanni Paolo II prima del funerale), la cosa che forse mi ha infastidito di più sono quei fedeli che scattano foto a raffica con il videofonino. Siamo comunque in presenza di persone sante o di venerata memoria, dinanzi alle quali, secondo me, dovrebbe essere ammesso solo lo sfilare in silenzio o il raccogliersi in preghiera.

Anonimo ha detto...

a proposito di avvenire:

Dopo le recenti polemiche

che hanno avvolto il quotidiano romano

(dentro e fuori la redazione)

si sta muovendo

un piccolo gruppo di cattolici

(anche ex-abbonati al giornale, evidentemente delusi dalla attuale direzione)

per promuovere

a gran voce

l'avvento della brava giornalista

e scrittrice

Marina Corradi

alla Direzione di Avvenire.

Si vocifera anche di raccolte di firme

(destinate all'Editore del giornale)

e di cartoline prestampate

da inviare all'attuale Direttore

e all'Editore.

Stando ad alcune notizie apprese dalla Rete

la goccia che avrebbe fatto trabbocare il vaso

è stato lo svarione dell'attuale Direttore

e la sua comparsata

al TG1

prima delle Elezioni Politiche

a sostegno

dell'UDC

di Pierferdinando Casini,

notoriamente divorziato e risposato

e quindi non proprio

un candidato ideale

che il quotidiano della CEI

potesse appoggiare

o sponsorizzare.

Si attendono quindi gli sviluppi della campagna per

"MARINA CORRADI DIRETTORE"

di avvenire