30 aprile 2008

Michael Novak sulla visita del Papa negli Stati Uniti: intervista al teologo e scrittore (Zenit)


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Michael Novak sulla visita del Papa negli Stati Uniti

Intervista al teologo e scrittore

di Carrie Gress

WASHINGTON, D.C., martedì, 29 aprile 2008 (ZENIT.org).

Al suo arrivo negli Stati Uniti, Benedetto XVI ha ricevuto un caloroso benvenuto che, secondo Michael Novak, lo deve aver sorpreso un poco.

Novak è teologo, ex ambasciatore presso la Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite e autore di quasi 30 libri, tra cui quello di prossima uscita dal titolo “No One Sees God”.

In questa prima parte dell’intervista rilasciata a ZENIT, Novak parla di come il Papa è stato accolto negli Stati Uniti, dello scandalo degli abusi sessuali e del suo discorso agli educatori cattolici.

Qual è la sua impressione generale sull’accoglienza del Papa negli Stati Uniti?

Novak: Il Papa e i suoi accompagnatori saranno rimasti colpiti del caloroso benvenuto che la gente di Washington e di New York gli hanno dimostrato.
La Chiesa negli Stati Uniti la si può conoscere in astratto, ma quando la si paragona con le altre nazioni industrializzate si vede che la gente qui è così religiosa che le chiese sono ancora piene e la fedeltà alla Santa Sede è molto, molto forte. In un sondaggio Pew condotto prima dell’arrivo del Papa, l’80% dei cattolici ha affermato di ritenere che Benedetto XVI sta facendo un buon lavoro. Il Papa riscuote approvazione e gradimento. Non credo che sia lo stesso nella maggior parte dei Paesi europei.
Ero presente alla cerimonia di accoglienza che si è svolta alla Casa Bianca. I sentimenti di benevolenza per il Papa erano tangibili e riflettevano anche quelli fra il Papa stesso e il Presidente Bush. Questa sensazione era molto forte. Sia il Presidente che il Papa erano manifestamente contenti. Ho pensato che il Papa probabilmente non aveva mai conosciuto un protestante evangelico del Texas prima d’ora e credo che questo lo incuriosisse: l’impulsività, la franchezza e i suoi modi diretti.
Da parte sua, nel Presidente Bush era palese e palpabile l’atteggiamento di rispetto e di stima nei confronti del Papa.
Bush è grato del sostegno delle preghiere dei cattolici. Ha fatto del suo meglio per attingere alla saggezza cattolica e alla mentalità cattolica. Non credo che avremo mai un Presidente, di fatto, più cattolico di lui. Anche il “Washington Post”, l’altro giorno ha detto che secondo alcuni può essere considerato come il “primo Presidente cattolico”.

A me è sembrato - anche se non lo vedo tutti i giorni - che il Papa fosse molto contento di come era stato accolto dalla gente. Mi domando se gli europei si aspettavano questa manifestazione di grande sentimento di affetto da parte del popolo americano. L’opinione comune sugli americani è che essi sono laici, distaccati, moderni e decadenti. Nella mente di molti europei “moderno” è sinonimo di “laico”. Ma in America non è così. Qui moderno significa credente, non laico.

Cosa pensa del fatto che il Papa abbia citato più volte la questione degli abusi sessuali che ha afflitto la Chiesa in America?

Novak: Il Washington Times del 21 aprile intitolava “Pope visit soothes abuse crisis” (La visita del Papa placa la crisi sugli abusi). I giornalisti hanno molto apprezzato il modo abile e autorevole con cui Benedetto XVI ha manifestato il suo senso di vergogna, pentimento e amore sulla questione.
Inizialmente, come molti altri, sono rimasto sorpreso che Benedetto XVI, durante il volo di arrivo, abbia voluto tirare fuori il tema dello scandalo sessuale. Poi lo ha ripetuto praticamente in ogni incontro della sua visita.

Il titolo del pellegrinaggio del Papa era “Cristo nostra speranza” ed egli ci ha esortato a rinnovarci. E perché questo rinnovamento possa avvenire, occorre iniziare con la confessione dei peccati. Credo che tutti noi ci siamo vergognati. Non riesco a pensare a nulla che nella mia vita mi abbia vergognato di più del comportamento dei preti, quasi sempre con giovani maschi.

Il Santo Padre, nella sua qualità di docente, si è rivolto ai Rettori dei college e delle università cattoliche. Cosa pensa del suo discorso?

Novak: Un Rettore di un college cattolico ha detto che il discorso del Papa ha rappresentato un'ottima combinazione tra incoraggiamento (“state facendo molto bene”) e una tacita e indiretta accusa (“guarda che la fede va presa sul serio”). È come se il Papa stesse dicendo: se è una scuola cattolica, allora il primo compito è quello di consentire a tutti coloro che ci vivono e studiano di fare un’esperienza del Dio vivente; occorre essere all’altezza di ciò che significa realmente essere cattolici.

Il Papa ha un meraviglioso metodo pedagogico: ti presenta la cruda verità e poi di indirizza verso la speranza. E questo è in realtà l’intero senso del Cristianesimo: prendere il male e trasformarlo in bene.
Il Papa ha usato questo metodo con i Rettori delle università dicendo grosso modo: “Ci sono alcune cose che non vanno su cui occorre richiamare l’attenzione e che devono essere migliorate. Intanto vorrei incoraggiarvi e rafforzarvi perché ciò che state facendo, nelle più di 200 università cattoliche, non ha eguali nel mondo. State operando molto bene. Abbiate coraggio, abbiate speranza”.

WASHINGTON, D.C., mercoledì, 30 aprile 2008 (ZENIT.org).- Con l'elezione di Benedetto XVI come successore di Papa Giovanni Paolo II, ci troviamo a godere del meglio di entrambi i mondi, afferma Michael Novak.

In questa seconda parte dell'intervista rilasciata a ZENIT, il teologo, ex ambasciatore presso la Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite e autore di quasi 30 libri - tra cui quello di prossima uscita dal titolo "No one sees God" -, commenta il discorso del Papa alle Nazioni Unite e parla del suo rapporto con la gioventù.
La prima parte dell'intervista è stata pubblicata martedì 29 aprile.

Cosa pensa dell'intervento del Papa alle Nazioni Unite?

Novak: In parte è stato un discorso standard, in cui ha ripreso dichiarazioni precedenti, ma un'altra parte del suo intervento è stata molto originale e incisiva. Il Papa ha voluto sottolineare che è essenziale, per le Nazioni Unite e per il mondo del futuro, tutelare la libertà religiosa. La libertà di religione è la più fondamentale delle libertà perché tutela la coscienza, che è un bene prezioso di ogni persona. Egli ha anche parlato della necessità di proteggere le minoranze religiose e, implicitamente, ha difeso il concetto di eguaglianza dinanzi alla legge e forse anche della democrazia pluralista, a difesa dei diritti umani.

Ma non si è limitato alla libertà religiosa. Le Nazioni Unite, secondo il Papa, devono lavorare per creare spazio perché la comunità dei credenti possa esprimere la propria fede e sostenerla nell'ambito pubblico. La dimensione pubblica non appartiene soltanto ai non credenti.

Questi passaggi richiamano alla mente quello scambio epistolare con il Presidente del Senato italiano, Marcello Pera, raccolto in un volume dal titolo "Senza radici. Europa, relativismo, cristianesimo, islam". In questo testo, il Papa sottolinea che negli Stati Uniti la separazione fra Chiesa e Stato non è negativo, ma positivo. Lo Stato, infatti, non cerca di controllare la sfera pubblica, ma consente che in essa vi sia spazio perché i credenti possano esprimere pienamente la propria fede religiosa. Mentre Chiesa e Stato sono separati in quanto alle loro funzioni, nella vita concreta non può esservi separazione fra la dimensione religiosa e quella politica della vita. Ogni persona umana è allo stesso tempo essere religioso ed essere politico.
In quel libro, egli distingue anche fra la concezione americana della separazione fra Chiesa e Stato e quella europea, che è molto negativa. La tendenza in Europa è quella di dare allo Stato tutto il potere, tendendo ad estromettere la religione e a confinarla alla dimensione della coscienza privata. Gli europei colgono raramente in modo nitido la loro differenza rispetto agli Stati Uniti e tantomeno pensano di poterne trarre spunti utili. Questo è lo spirito che sembra aver animato molte delle sue osservazioni durante la visita negli Stati Uniti.

Nell'incontro presso la Casa Bianca, il Presidente ha citato Sant'Agostino e lo stesso Papa Benedetto XVI. E, da parte sua, il Santo Padre ha citato George Washington. È stato un momento piuttosto bello. Non ricordo che un Papa abbia mai analizzato un testo americano in modo così accademico e altrettanto comprensibile. Non è frequente sentire il Vaticano fare questo tipo di distinzioni.
Giovanni Paolo II era molto pro-americano. Amava gli americani. Non esitava a castigarci quanto riteneva che avessimo torto, ma apprezzava davvero "la fenomenologia dell'America". Apprezzava veramente il nostro senso d'insieme, così come quello del dettaglio. Ma Benedetto XVI, con la sua nota capacità analitica da tedesco, ha chiesto più precisamente: "Cosa rende questo Paese diverso? Cos'è che rende la libertà più vivibile qui? Cos'è che consente alla sfera pubblica di far convivere pienamente la religione accanto alla politica e di mantenere così fervente la fede di miliardi di persone?".

Di fronte ai giornalisti alla Casa Bianca e in molte altre occasioni, Benedetto XVI deve aver notato la presenza di numerosi cattolici nelle istituzioni e nell'ambito pubblico. Deve aver anche notato la vitalità di certe idee cattoliche come quelle della "cultura della vita", della "sussidiarietà", del "bene comune", la consapevolezza della "debolezza umana e del peccato" e l'opposizione all'aborto. Due volte, durante la Messa presso lo Yankee Stadium di New York, quando il Papa ha parlato espressamente contro l'aborto, la folla è esplosa in un fragoroso applauso. L'istanza pro-vita è particolarmente forte in America.
Alle Nazioni Unite, Papa Benedetto XVI ha sottolineato che non è sufficiente intendere la libertà religiosa come il diritto degli individui di rendere liberamente culto o di seguire la propria coscienza. La libertà religiosa significa anche che deve essere riservato uno spazio pubblico all'attività religiosa.
In altri incontri il Papa ha lodato l'operato dei cattolici in favore del bene comune negli Stati Uniti. In questo Paese vi sono circa 220 università cattoliche pubbliche, per non parlare dell'immenso sistema ospedaliero cattolico e del notevole lavoro missionario dei cattolici in favore dei poveri dell'America Latina e dell'Africa. Tutte opere pubbliche. Un buon governo deve consentire libertà di azione ai credenti, perché questi possano alimentare questo tipo di opere.

I giovani, chiamati anche i "Papa boys", avevano dimostrato grande entusiasmo per Giovanni Paolo II. Come hanno accolto Benedetto XVI, secondo lei?

Novak: Peggy Noonan, scrivendo sul Wall Street Journal poco tempo fa, ha detto che Papa Giovanni Paolo II era il Papa ideale per l'era della televisione, perché era molto espressivo e brillante; il suo volto, i suoi gesti ti conquistavano. Irradiava affetto come dovrebbe essere per ogni vero attore.

Ma, secondo l'autrice, Benedetto XVI è il miglior Papa per l'era di Internet. Si moltiplicano i blog in cui si discute su cosa intendeva dire con questa o quest'altra frase, e la discussione va avanti per mesi.

Per esempio, la discussione sul suo intervento di Ratisbona non è ancora esaurita. È ancora oggetto di analisi e di confronto.

Credo che il Santo Padre si sia conquistato la "generazione di Giovanni Paolo II", senza soluzione di continuità con il suo predecessore.
L'allora Cardinale Ratzinger era solito incontrarsi con Giovanni Paolo II ogni venerdì per un colloquio di un paio d'ore. Erano sulla stessa linea dal punto di vista filosofico e teologico, e si rafforzavano reciprocamente. Si potrebbe dire che questo sia il 29° anno del pontificato di Giovanni Paolo II.

Benedetto XVI è diverso umanamente, ha uno stile diverso, diverse priorità e un modo diverso di porsi. Ma tutto ciò, in lui, è perfettamente appropriato. Molti commentatori in America hanno lodato la sua sincerità e autenticità. Sembra essere soddisfatto di com'è e non cerca di essere diverso. Persino un noto cinico giornalista avrebbe commentato, rivolgendosi a Peggy Noonan: "È una brava persona!".

Gli americani ammirano l'autenticità. Benedetto XVI ha il diritto di essere diverso rispetto a Giovanni Paolo II, pur proseguendo sulla stessa linea di rinnovamento e di rievangelizzazione. Credo che ci troviamo a godere del meglio di entrambi i mondi: due in uno.

Su Internet: "No One Sees God", http://michaelnovak.net/Module/Article/ArticleView.aspx?id=264

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1 commento:

Anonimo ha detto...

Ho trovato una notizia su un sito cattolico spagnolo che mi ha riempito di gioia! Te lo comunico: http://www.catolicodigital.com/iglesia-universal/america/-200804295919/

Speriamo non sia solo una cosa passeggera, ma reale! Saluti, Marco