28 aprile 2008

«Effetto Sapienza», università sotto esame a tre mesi dalla mancata visita di Papa Benedetto XVI


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il caso

«Effetto Sapienza», università sotto esame

Nei tre mesi dopo la mancata visita del Papa a Roma, le aule magne d’Italia hanno ospitato vari dibattiti sul suo testo

DI GIORGIO PAOLUCCI

Che cos’è l’università e qual è il suo compito? Che cos’è la verità e come la si riconosce? Cosa è ragionevole? Come la ragio­ne si dimostra vera?

Sono gli inter­rogativi radicali che il professor Rat­zinger – uno che l’università la co­nosce bene per averci a lungo inse­gnato – aveva in animo di rivolgere ai «colleghi» della Sapienza dopo l’invito ricevuto in occasione dell’i­naugurazione dell’anno accademi­co, il 17 gennaio scorso.

Non per det­tare risposte ex cathedra, come ave­vano sbandierato i 67 docenti che si erano pregiudizialmente opposti al­la sua presenza, ma per rilanciare gli interrogativi che stanno alle fonda­menta dell’attività di studio e di ri­cerca. Le cose sono andate come sappiamo.

La protesta dei «67» e la mobilitazione di una minoranza di studenti più incline alle barricate che a misurarsi col cervello, hanno in­dotto il Papa a non intervenire, ma il discorso che aveva preparato è sta­to letto ed applaudito. Non solo alla Sapienza, ma in molti atenei che nel­le settimane successive hanno ospi­tato dibattiti sui contenuti del suo intervento. E così, per una significa­tiva eterogenesi dei fini, quel di­scorso non pronunciato ha fatto molto rumore e moltiplicato il suo effetto.

Pochi giorni dopo quel fatidico 17 gennaio, un gruppo di docenti uni­versitari aveva promosso un appel­lo che in pochi giorni ha raccolto 500 adesioni per rilanciare l’invito del Papa ad «allargare la ragione» e a ri­flettere sulle finalità dell’attività u­niversitaria (vedi box qui sotto). E in due mesi oltre 5000 persone hanno partecipato a una ventina di incon­tri dove hanno preso la parola do­centi cattolici e laici. Alla Cattolica di Milano, in un’aula magna gremi­ta, il rettore Lorenzo Ornaghi ha in­trodotto un confronto tra il matematico Giorgio Israel, la studiosa di lingua e lette­ratura russa Serena Vitale e il filosofo Salvatore Veca.

Quest’ultimo riconosce a Ratzinger «il merito di avere indicato ciò che deve ali­mentare l’attività universi­taria: la brama di conoscen­za, la sete di verità. Ci sono modi diversi di conoscere la verità, ma si deve tenere desto il co­raggio di perseguirla senza mai de­sistere. E le condizioni sono due: la consapevolezza della propria iden­tità e l’apertura all’altro, il rispetto per la sua diversità.

Di entrambi c’è molto bisogno in tempi come que­sti. Resta valido il detto di Confucio: bisogna essere leali con se stessi e attenti agli altri. Se l’università non mantiene la sua funzione di luogo di confronto pubblico tra differenti posizioni, a che serve?».
Giancarlo Cesana, docente di Igie­ne generale e applicata alla Bicocca di Milano, ha animato insieme a
Carlo Bottani, ordinario di Chimi­ca, un’affollata assemblea al Poli­tecnico di Milano. Cesana osserva che «il Papa fa un discorso che spiaz­za perché non definisce mai la ve­rità, ma indica un atteggiamento per perseguirla». Un atteggiamento illu­minato dalle parole con cui si con­clude il discorso della Sapienza: in­vitare sempre di nuovo la ragione a mettersi alla ricerca del vero. «Non si può percepire la verità particola­re se non si parte da un principio di verità ultima», osserva ancora Cesa­na. E Bottani condanna «l’intelli­genza settoriale di chi – (il riferi­mento è al gruppo di fisici della Sa­pienza che ha creato il caso) – pen- sa che esista un unico metodo per raggiungere la verità. Ma così si ri­solvono minuscoli problemi senza capire nulla di ciò che li trascende».

Anche Stefano Zecchi, ordinario di estetica e protagonista di un dibat­tito alla Statale di Milano, rende o­maggio a Benedetto XVI «per avere rilanciato una domanda tanto fon­damentale quanto censurata: qual è lo scopo del lavoro universitario?

Se l’attività di studio e la ricerca non sono continuamente alimentate dal desiderio di verità, il nostro lavoro si riduce a una pratica burocratica, co­me si può constatare in molti atenei. E le conseguenze ricadono anzitut­to sui giovani, sia sotto il profilo del­la formazione culturale di base, sia nella formazione professionale. Lo scadimento del livello degli studi u­niversitari, in buona sostanza, ha al­le sue origini la perdita di senso de­nunciata da Ratzinger». Da Catania il filosofo Pietro Barcellona esprime un giudizio analogamente severo: «L’università non sembra costituire un reale spazio di incontro, che è il momento principale della ricerca della verità».
La sede romana dalla Cattolica ha o­spitato un confronto, coordinato dal rettore Ornaghi e seguito da 500 per­sone, tra Giuliano Ferrara e Gian­franco Ravasi. Il direttore del Foglio ha definito la lezione di Ratzinger «un omaggio all’università laica, al suo concetto fondativo di essere le­gata esclusivamente all’autorità del­la verità». E, a proposito della ragio­nevolezza della fede: «C’è una fonte che emana una luce speciale e che agisce nella storia: Cristo. Posso dir­lo ragionevolmente pur essendo fuori dalla comunione eucaristica della Chiesa, perché vive nella storia non soltanto per chi ha una speran­za cristiana, ma anche per chi quel­la speranza non ce l’ha». Ravasi ci­ta sant’Agostino: «Intellectum valde ama, ama con tutte le forze la ragio­ne.

Il dissolvimento della nebbia del­la ragione mitologica fa posto a quel Dio che è ragione-creatrice e ragio­ne- amore: le due strade si orientano entrambe verso quella luce che è di fronte a noi e con la quale dobbia­mo continuamente fare i conti».

Dopo tre mesi di dibattiti, si può le­gittimamente parlare di «effetto-Sa­pienza », anche se in una direzione ben diversa da quella auspicata da coloro che si opposero all’interven­to del professor Ratzinger.

L’astrofi­sico Marco Bersanelli, uno dei pro­motori dell’appello ai docenti uni­versitari e della «campagna per la ra­gione e la libertà» che ne è scaturi­ta, osserva che «nei dibattiti sono e­merse opinioni molto diverse e an­che divergenti, ma non si è mai ar­rivati alla polemica o allo scontro. Si è potuto sperimentare un confron­to civile e di reciproco arricchimen­to, da cui escono edificati le migliaia di studenti e le centinaia di docenti che hanno partecipato.

La conte­stazione preventiva fatta da un grup­po di colleghi della Sapienza e la ba­garre di un manipolo di studenti che ne è seguita ha tenuto banco per set­timane su giornali e tv. Ma cosa ha costruito? Gli incontri che abbiamo promosso negli atenei non fanno notizia sui media, eppure contri­buiscono a rimettere al centro la ne­cessità di 'allargare la ragione'.

Il Pontefice non ha fatto richiami cle­ricali, come qualcuno continua fal­samente a sostenere: ha invece mes­so in guardia sul pericolo che l’uo­mo contemporaneo – proprio in considerazione dei progressi conse­guiti in campo scientifico e tecnolo­gico – si arrenda davanti alla que­stione della verità. Con la conse­guenza che la ragione rischia di soc­combere di fronte alla pressione de­gli interessi e all’attrattiva dell’uti­lità, che finisce per diventare il cri­terio ultimo».

Insomma, per fortuna c’è la Sapien­za del Papa. Il quale, pochi giorni do­po il mancato appuntamento all’u­niversità romana, aveva detto ai 200mila convenuti in piazza San Pie­tro per l’Angelus: «Vi incoraggio, ca­ri universitari, a essere sempre ri­spettosi delle opinioni altrui e a ri­cercare, con spirito libero e respon­sabile, la verità e il bene». Altro che oscurantismo.

APPELLO 4 rettori e 500 professori firmano «per la ragione»

Si intitola «Appello per la ragione e la libertà in università» e ini­zialmente è stato sottoscritto da docenti e ricercatori in materie scientifiche, ai quali ben presto si sono aggiunti colleghi di altre discipline; in pochi giorni ha superato le 500 adesioni. Quattro i retto­ri che hanno firmato: Lorenzo Ornaghi (Università Cattolica), Giu­seppe Dalla Torre (Lumsa), Roberto Sani (Macerata), Paolo Scarafoni (Università Europea di Roma). Tra le firme più note, il presidente e­merito della Consulta Annibale Marini, il costituzionalista Augusto Barbera, il matematico Giorgio Israel, i filosofi Michele Lenoci e Fran­cesco Botturi, il demografo Giancarlo Blangiardo, l’economista Lan­franco Senn, Lorenza Violini e Giorgio Vittadini. Nel documento (www.appellouniversita.net) si condanna quanto accaduto alla Sa­pienza e si sottolinea come le affermazioni del discorso di Benedetto XVI siano «profondamente pertinenti» all’esperienza universitaria. «Riconosciamo in esse la prospettiva di una più consapevole e vigo­rosa difesa di quella ampiezza e vastità della ragione, di quella libertà di ricerca e di confronto, che consideriamo essenziali all’esercizio del­la nostra responsabilità di docenti, per il presente e il futuro dell’uni­versità e perciò della nostra convivenza e civiltà».

© Copyright Avvenire, 15 aprile 2008

11 commenti:

euge ha detto...

E vorrei vedere che le osservazioni di Benedetto XVI non fossero pertinenti dato che egli stesso è stato professore universitario ....... e che professore!!!!!!!

Anonimo ha detto...

Sì Euge,un grande e amatissimo Professore che ha forgiato una generazione di studiosi di altissimo livello.
Alessia

euge ha detto...

Appunto cara Alessia dovrebbero cercare certi signori di non dimenticare questo particolare anzi di prendere esempio!!!!!!

Anonimo ha detto...

Buon giorno, penso siano lodevolissime queste iniziative, ci mancherebbe. Tuttavia - consentitemi un pizzico di polemica - questa massiccia mobilitazione, questi messaggi e queste voci forti da parte di questi docenti avrebbero dovuto trovare il loro "clou" durante quella "settimana nera" in cui un manipolo di intolleranti e prevaricatori ha assediato l'Università e tenuto "sotto schiaffo" TUTTE le istituzioni. E' vero che la ragione principale per cui Papa Benedetto non è andato alla "Sapienza" è stata la preoccupazione per eventuali incidenti, credo però che abbia temuto, in quella settimana, anche l'isolamento, perchè non si può negare,che "sotto i riflettori" in quei giorni sono stati più che altro i suoi contestatori. Certo, poi, grazie alla splendida iniziativa del Card. Ruini, la domenica successiva in Piazza S. Pietro, egli è stato circondato in modo tangibile dall'affetto di quenti gli vogliono bene, e questo l'avrà consolato immensamente.

Raffaella ha detto...

Ciao Carla, concordo sull'enorme responsabilita' dei mass media in tutta la vicenda Sapienza.
Tutto e' partito dai giornali: se avessero dato meno spazio ai contestatori, forse, il Papa sarebbe andato all'universita'.
Mi auguro che la "scornata" che i grandi giornali stanno subendo in questi giorni e queste ore serva a far comprendere a tutti che esiste un Paese che la pensa in modo diametralmente opposto rispetto ai cosiddetti e sedicenti "grandi intellettuali".
R.

Anonimo ha detto...

Un pochino di colpa va anche ai movimenti giovanili cattolici che potevano organizzarsi prima dell'Angelus per controbilanciare i contestatori. Ma la cappella della Sapienza, tenuta dai Gesuiti, dialoga molto e presenzia poco.Anche la maggioranza di deve organizzare e ora vediamo come andrà a Genova. Saluti, Eufemia

Raffaella ha detto...

Concordo con te, Eufemia.
Che fine hanno fatto i movimenti cattolici? A parte la protesta "silenziosa" il giorno dell'inaugurazione da parte di CL, non ho visto altre mobilitazioni.
E la domenica successiva, all'Angelus, ci fu la fiera dei distinguo.
Per fortuna i fedeli si organizzarono da soli ed in massa...

gemma ha detto...

comunque, è vero, ora è tardi e, dal mio punto di vista, anche il raduno all'Angelus è stato troppo tardi.
Forse sarebbe stato meglio farsi sentire in occasione di qualche Angelus precedente e non successivo al mancato discorso, visto che la polemica stava montando già da un pò. E personalmente non dimentico certe aperture dei tg, in cui il primo diritto di parola, anche nei servizi condotti da qualche vaticanista, era per i contestatori. Libertà di espressione per tutti, certo, ma mi pare fossero loro quelli che volevano impedire qualcosa a qualcuno e non il contrario.

euge ha detto...

Purtroppo, cara gemma, questa mancata partecipazione che si è concretizzata poi solo in Piazza S. Pietro, secondo me deriva dalla paura atavica dei cattolici o sedicenti tali di esporsi! Ricordo, che anche dopo Ratisbona, nessuno dei movimenti cattolici, organizzò nulla neanche un piccola fiaccolata strano....... visto che in questo paese si organizzano fiaccolate anche se sternuta un piccione!
Forse sarebbe ora che i cattolici e mi cimetto anch'io, smettessero di avere paura di tutto e di tutti e cominciassero ad essere fattivamente, al fianco di colui che rappresenta Cristo in terra.

gemma ha detto...

purtroppo, cara Eugenia, il problema è che in diversi ambienti cattolici si fa a gara per delegittimarlo il Papa ed è anche grazie al silenzio-assenso di questi che nascono prese di posizione come quelle post Ratisbona o Sapienza o, forse, Genova.

euge ha detto...

hai ragione gemma, oltre alla vergognosa paura c'è anche la ancor più vergognosa disobbedienza al Papa e ribadisco a questo Papa!
Una cosa ignobile che non si può giustificare in nessun modo!!!!!! Purtroppo, anche se con Benedetto XVI ho ritrovato una fede anche se traballante, non potrò mai avere, un concetto del tutto positivo di tali ambienti e questo è stato uno dei motivi per cui sono stata lontanissima dalla chiesa per più di 20 anni.
Eugenia