27 maggio 2008
L'identità che si apre agli altri: il commento di Casavola alla prolusione del cardinale Bagnasco
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IL TESTO INTEGRALE DELLA PROLUSIONE DEL CARDINALE BAGNASCO
L’IDENTITÀ CHE SI APRE AGLI ALTRI
di FRANCESCO PAOLO CASAVOLA
COME di consueto, la Conferenza episcopale italiana nella prolusione del suo presidente, cardinale Bagnasco, ha guardato al mondo.
Il recente viaggio di Benedetto XVI negli Stati Uniti ha dato occasione di comparare il diverso modo in cui si declinano i rapporti tra politica, società e religione in Europa e in America.
La Chiesa non vuole imporre una morale religiosa, ma essa concorre a costruire un ordine sociale, nella cui eticità trovano riconoscimento e promozione i diritti umani.
Quanto agli aspetti economici della vita internazionale si ricorda l’emergenza alimentare, dovuta all’impennata del prezzo del petrolio, che ha fatto crescere quello del grano del 130%, alla siccità che ha ridotto i raccolti nei Paesi produttori, alla conversione di colture commestibili con quelle destinate alla produzione dei biocarburanti. Ogni giorno muoiono venticinquemila affamati, e all’elenco ordinario si aggiunge quello straordinario delle vittime del tifone in Birmania e del terremoto in Cina. Dentro questa cornice si pongono problemi culturali propri della Chiesa, nonché osservazioni specifiche sulle recenti vicende italiane, a cominciare dalle elezioni dello scorso aprile. È lodata l’alta partecipazione alle urne, che ha smentito le pessimistiche previsioni della vigilia. Per la Chiesa questo “è un segno importante di consapevolezza e di maturità del nostro popolo”. E in qualche modo se ne fa un merito quando dice di sé; che “non si è schierata, ma certo non si è neppure ritirata”. La esauriente rassegna dei problemi italiani, dai rifiuti della Campania, al tema degli stipendi e pensioni, al sostegno alle famiglie, alle morti sul lavoro, alla dignità del sistema scolastico, è prova dell’attenzione della Chiesa per il nostro Paese. Ma una lunga parte del documento, che non mancherà di suscitare diverse valutazioni, è dedicata all’integrazione, immigrazione e sicurezza. Questo trinomio si usa scandirlo alla rovescia: dall’esigenza di sicurezza si fanno derivare forme di ghettizzazione e non di integrazione degli immigrati, e per il fenomeno sociale e culturale ch’essi rappresentano si alimentano atteggiamenti di chiusura e di ostilità. Innanzi tutto occorre stabilire un patto di cittadinanza, in sui siano chiari diritti e doveri, per quanti tendono non solo a risiedere e lavorare, ma a diventare cittadini, nostri concittadini. «L’identità del nostro popolo dice il cardinale Bagnasco non è sorta oggi, perché si è consolidata in una storia secolare, e per questo da una parte chiede rispetto e dall’altra rimane aperta e capace di incontrare altre culture, nella prospettiva di un’identità arricchita per tutti». Senza contare che questo fenomeno, dei flussi immigratori e della necessità di processi di integrazione, ha dimensioni globali ed è emblematico della nostra epoca. Quanto alla insicurezza, «prima di essere un sospetto verso gli altri, è senso dell’isolamento in cui molti cittadini oggi si trovano un po’ a motivo dell’organizzazione sociale, un po’ anche a causa delle condizioni soggettive». Suggestiva è la proposta di utilizzare il “sagrato”, quello spazio urbano dinanzi alle chiese, per comunicare e socializzare tra i cittadini e stranieri, in un luogo simbolo della Chiesa incarnata tra la gente, per realizzare dialogo, amicizia, ascolto. Altrove, per strada e piazze, questi incontri umani non riescono ad abitare.
Forse è troppo sperare che lo spirito del “sagrato” si diffonda ovunque? Se accadesse, dovremmo riconoscere alla Chiesa di averci aiutato a costruire un’Italia più serena e accogliente, degna della sua storia più alta e del tempo nuovo che stiamo vivendo.
© Copyright Il Messaggero, 27 maggio 2008 consultabile online anche qui.
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