15 luglio 2008

Caso Englaro, "Non siate ipocriti: chiamatela eutanasia" (Doninelli). Se pure i medici cattolici parlano come «Repubblica» (Il Giornale)


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Non siate ipocriti: chiamatela eutanasia

di Luca Doninelli

Invasivo. È la parola che ci tormenta. Nutrire Eluana Englaro, che per vivere non ha bisogno di macchine e di spine attaccate ma solo di un sondino, simile a quello che misero a mio figlio quando fu operato di appendicite, sarebbe un atto invasivo.

Naturalmente, come è già stato osservato, togliere quel sondino e far morire Eluana di una morte lenta e terribile, la stessa di Terry Schiavo, non è un atto invasivo.

Giuliano Ferrara ha invitato a manifestare contro la sentenza milanese che dà al padre e tutore di Eluana la facoltà di ucciderla (mi perdoni il padre, ma non trovo sinonimi altrettanto precisi), e io mi sento a mia volta di invitare chi ci legge a aderire a quella giusta iniziativa: portiamo anche noi bottiglie d’acqua sul sagrato del Duomo di Milano. Nella speranza che i nostri occhi comincino a spalancarsi sull’orrore che avanza, così da poter cominciare, poi, a immaginare scenari diversi, più umani.
Ci hanno abituato a tutto, a tutte le infamie, a tutti i soprusi. Cosa è invasivo? Invasivo di cosa? A quale sapere, a quale dominio della conoscenza appartiene quella parola? A quale scienza? A quale giurisprudenza? Se non riusciamo a definire con precisione questo punto, allora sì, tutte le invasioni diventano legittime, e la parola «giustizia» perde il proprio significato. Quello che è certo - una delle poche cose certe - è che il caso di Eluana è un caso di eutanasia. Qui non esiste alcun accanimento terapeutico.

Perciò non bisogna usare altre parole: la parola è «eutanasia».

L’aveva detto lei, d’accordo. Era una ragazzina, diceva quello che dicono tutti - perché tutti dicono le stesse cose. Mi ci metto anch’io. Anch’io, se dovessi cadere in coma irreversibile, voglio essere lasciato morire. Parole. Ma, anche con le parole, per fare un deliberato atto di volontà ce ne vuole. Poi vengono i fatti, qualcuno finisce davvero in coma, ma chi li conosce quei fatti?

Eluana non è morta, è viva.

Ma è stata dichiarata morta in nome non della realtà - di cui siamo tutti profondamente ignoranti, medici compresi - ma di una convinzione filosofica, o di un sentimento. Di fronte a Eluana, tutti pensiamo di sapere cosa vuol dire veramente vivere - noi, che siamo infelici e nevrotici e dipendenti da questo e da quello perché non sappiamo stare al mondo. Ma sull'invasività non si discute. «Invasivo» è ciò che «sentiamo» come tale.
Io credo che in questo particolare risieda l’orrore della vicenda. Eluana, se morirà, morirà in nome di un sentimento generalizzato trasformatosi in una sentenza capitale. Non in nome della pietà e dell’amore, ma di un certo modo di sentire la pietà e l’amore, senza alcuna necessità di cercare in queste parole così importanti la radice di un’oggettività.
C’è qualcosa di orribilmente adolescenziale, di non cresciuto, di non adulto in tutto questo, che offende la nostra umanità. Mio nonno e mio papà mi hanno insegnato che la realtà è qualcosa di immenso e meraviglioso, e che al suo cospetto le nostre fantasie e i nostri pensieri sono miserie. Oggi ci insegnano che la realtà è una prigione da cui bisogna evadere in mondi fantastici o virtuali o, se non è possibile, evadere e basta. Andarsene. Morire.
Questa filosofia, se così si può chiamare, sta diventando la filosofia del mondo. È stupida ma in compenso è comoda, perché ci permette di chiamare col nome di «giustizia», «pietà», «amore» tutto quello che ci pare. In altre parole: tutela il forte contro il debole. Io credo che sia possibile invertire questa tendenza. Le tendenze si invertono. Ma bisogna farsi sentire. Questi sono argomenti da piazza, non da talk show.

© Copyright Il Giornale, 15 luglio 2008 consultabile online anche qui.

Se pure i medici cattolici parlano come «Repubblica»

di Redazione

La sezione milanese dell’Associazione Medici Cattolici Italiani ha attaccato ieri Giuliano Ferrara, reo di aver definito «un pensiero tiepido» il lungo articolo scritto su Avvenire dal cardinal Dionigi Tettamanzi sul caso di Eluana Englaro.

Tettamanzi, secondo Ferrara, dimostra quell’«afasia del pulpito» che rende timida e insignificante una parte della Chiesa.

L’Amci dice che Ferrara sbaglia tutto. La stessa cosa aveva fatto il 9 luglio scorso attaccando noi per il nostro articolo «Milano, quando la Curia parla come Repubblica».

Liberissima l’Amci di dire ciò che vuole. Dovrebbe però tener conto che, dopo il nostro articolo, le stesse tesi sono state esposte dal quotidiano La Stampa in una paginata intera e, appunto, da Ferrara.

Qualcosa di non infondato forse c’è, no?

Ma l’Amci di Milano della questione si intende benissimo, visto che il 17 giugno scorso il suo presidente Giorgio Lambertenghi Deliliers ha inviato una mail agli associati segnalando uno studio sulle unioni omosessuali pubblicato dalla rivista Aggiornamenti Sociali «le cui conclusioni (“la scelta di riconoscere il legame tra persone dello stesso sesso appare giustificabile da parte di un politico cattolico“) sono condivise dall’Amci ambrosiana», scrive Lambertenghi. Parlare come Repubblica, appunto.

© Copyright Il Giornale, 15 luglio 2008 consultabile online anche qui.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Sano daccordo con Giuliano Ferrara, e comunque mi dispiace la presa di posizione dei medici di Milano in difesa del card. Tettamanzi... adesso apprendiamo che oltre al Papa anche il card. Tettamanzi è infallibile nei suoi pronunciamenti... a forza di essere buonisti abbiamo la legge 194 che permette l'uccisione di tanti bambini innocenti nel grembo delle mamme e tra poco se continueremo di questo passo anche le leggi "pietose" che tolgono la vita a malati terminali, disabili e vecchietti... mi domando il senso redentivo del dolore dov'è andato a finire nella nostra predicazione (sono un sacerdote)...

euge ha detto...

Purtroppo, con molta amarezza e profonda delusione, devo constatare che Tettamanzi ha preso una posizione che definirei paradossale e sconcertante per un ministro di DIO. Il buonismo non porta mai da nessuna parte e i risultati deleteri gli abbiamo continuamente sotto gli occhi. La difesa della vita umana è diventata utopia........ ogni essere debole ed indifeso dal bambino che deve nascere , al malato terminale e per finire al vecchietto, non sono più tutelati ma, a loro volta sono circondati da " persone" che non vedono l'ora di rimandarli al Padre Creatore magari con un aiuto. Sapete perchè? Perchè l'essere indifeso è diventato un peso un intralcio ad una società che si è messa in testa di sostituirsi a DIO quindi di decidere quando un essere umano deve vivere e quando deve morire; se poi muore per un aborto oppure muore perchè delle toghe hanno deciso di non alimentare più un corpo che di fatto vive perchè non ha nessuna macchina che lo aiuta a respirare oppure in altre funzioni vitali, questo non ha importanza...... è un peso e va eliminato. Mi meraviglio che anche medici cattolici ( forse cattolici adulti ) noi invece siao ancora lattanti, non sirendano conto che ci troviamo di fronte ad un caso di eutanasia. Mi piacerebbe sapere o da Tettamanzi oppure da uno di questi medici, se avendo un membro della propria famiglia in queste condizioni, riuscirebbero ad essere così cinici da portare a termine l'operazione che tanto sostengono; cioè assistere alla morte lenta e straziante, di un anima che non può difendersi e che sicuramente attraverso il corpo percepirà la sua fine voluta non da DIO ma, dagli uomini.
Aberrante!