16 aprile 2007

Rassegna stampa del 16 aprile 2007


Vengono inseriti in questo post gli articoli relativi al "disgelo" fra Vaticano ed Israele seguito alle polemiche su una didascalia di presentazione di Papa Pio XII dipinto in modo non corrispondente alla realta' storica, oggi documentata da varie fonti.
Vedrete che le ricostruzione dei quotidiani non e' univoca. Personalmente penso che sia stato importante, anzi fondamentale dal punto di vista storico, che il Vaticano abbia manifestato il proprio dissenso sulla sul modo in cui spesso Papa Pacelli viene presentato. La didascalia sara' corretta ed e' una vittoria per la Santa Sede e per Papa Benedetto in particolare.
Con i silenzi e il quieto vivere non si ottiene mai nulla.
Successivamente verranno pubblicati articoli ed editoriali dedicati al compleanno del Santo Padre.

Raffaella

Vedi anche:

La decisione del nunzio apostolico in Israele e i titoli dei giornali di domani

Che cosa vi avevo detto? Rassegna stampa del 13 aprile 2007

Come screditare un Papa per decenni...


Il caso Pio XII


Disgelo Vaticano-Israele

Disgelo tra Vaticano e Israele: il nunzio apostolico va alla commemorazione della Shoah. Alla cerimonia che allo Yad Vashem, il museo dell’Olocausto a Gerusalemme, ha aperto ieri sera il Giorno della Shoah, non è rimasto vuoto il posto riservato all’arcivescovo Antonio Franco. È così rientrata «in extremis» la spinosa controversia che si era aperta in seguito alla decisione dell’ambasciatore pontificio di disertare la commemorazione in segno di protesta per l’esposizione nel Museo di una foto di Pio XII con una didascalia «offensiva per la Chiesa cattolica». A spegnere la polemica è stata una lettera dello Yad Vashem con la promessa di riconsiderare il modo in cui è stato presentato Pio XII. «Ho ottenuto lo scopo che mi ero prefissato: richiamare l’attenzione del Museo sulla questione», spiega il nunzio.

La Stampa, 16 aprile 2007


Israele si ricrede su Pio XII: disgelo con il Vaticano

di Andrea Tornielli

Il nunzio apostolico in Israele Antonio Franco ha partecipato ieri sera alla cerimonia della Giornata della memoria in ricordo dell’Olocausto nel museo dello Yad Vashem di Gerusalemme e il gelo che sembrava calato nei giorni scorsi, a causa della didascalia su Pio XII, giudicata «offensiva» dalla Santa Sede, sembra superato. Lo ha annunciato lo stesso arcivescovo comunicando di aver ricevuto una lettera del presidente del museo. Monsignor Franco ha detto che «una nota del museo ha espresso la disponibilità a comprendere le ragioni del Vaticano» e a «riconsiderare il modo in cui papa Pio XII è presentato». «Poiché la mia azione non era intesa a dissociarmi dalle celebrazioni – ha aggiunto il diplomatico vaticano – ma a richiamare l’attenzione sul modo in cui il Papa è presentato, il mio scopo è stato raggiunto». Anche il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ha precisato che la decisione di presenziare alla cerimonia è stata presa «dopo una lettera della direzione dell’Istituto del memoriale che, in risposta alla lettera del nunzio, manifestava disponibilità al dialogo».
Nelle stesse ore veniva resa pubblica la missiva, datata 15 aprile, con la quale Avner Shalev, presidente di Yad Vashem, rispondeva alla comunicazione inviata da monsignor Franco nei giorni scorsi. «Ho ricevuto la sua lettera del 3 aprile – afferma Shalev – nella quale ha espresso la sua intenzione di astenersi dalla cerimonia di apertura della Giornata della memoria 2007 dei martiri e degli eroi dell’Olocausto, e mi sono dispiaciuto nell’averlo appreso, particolarmente perché questo giorno e questi eventi sono dedicati alla memoria dell’Olocausto e alle sue vittime». Il presidente di Yad Vashem ha quindi citato le parole pronunciate da Giovanni Paolo II, durante la sua storica visita al memoriale: «Sono venuto a Yad Vashem a rendere omaggio ai milioni di ebrei che, depredati di tutto, specialmente della loro dignità umana, furono uccisi nell’Olocausto. È passato più di mezzo secolo, ma la memoria rimane... Noi desideriamo ricordare».
«Mi dispiace – ha scritto Shalev al nunzio – che lei abbia scelto di collegare la commemorazione dell’Olocausto e delle sue vittime a questo dibattito storico. Qui a Yad Vashem noi abbiamo il compito di far ricerca sulla storia dell’Olocausto. La valutazione del ruolo di Papa Pio XII durante l’Olocausto costituisce una sfida a coloro che desiderano confrontarsi seriamente con essa. È una questione complessa, e noi continueremo a far sì di essere radicati fermamente nella più aggiornata verità storica. Ci farebbe piacere esaminare qualsiasi nuova documentazione che possa venire alla luce su tale questione».
In realtà dalla missiva del presidente del museo, pur sottolineando la disponibilità al dialogo, non traspare così chiaramente la volontà a riconsiderare la didascalia e quell’accenno a «nuova documentazione» lascia intendere che nonostante le conoscenze storiche esistenti il giudizio su Pio XII rimarrà tale e quale. Tutto il materiale storico riguardante Papa Pacelli, messo online da Yad Vashem, appare effettivamente a senso unico, e contrasta con le numerosissime testimonianze dei sopravvissuti che alla fine della guerra resero omaggio al Pontefice, un esempio delle quali è stato pubblicato dal Giornale nell’edizione di ieri. È evidente che la Santa Sede, ottenuto di far presente il problema e il disagio per i visitatori cattolici del memoriale, vuole allentare la tensione e valorizzare la disponibilità al dialogo manifestata da Shalev.

Il Giornale, 16 aprile 2007


Disgelo su Pio XII tra Israele e Vaticano
Il Nunzio alla cerimonia sulla Shoah dopo che il museo accetta di rivedere la didascalia

Davide Frattini

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME — La Torcia della memoria è stata accesa nella piazza dedicata al ghetto di Varsavia. Seduto a pochi metri di distanza, monsignor Antonio Franco spegneva la crisi diplomatica con Yad Vashem e Israele. Il nunzio apostolico ha deciso di partecipare alla cerimonia per ricordare i sei milioni di ebrei uccisi nell'Olocausto. Due settimane fa aveva annunciato di volerla boicottare, in segno di protesta contro una foto di Pio XII, esposta nel museo con una didascalia che l'inviato del Vaticano considera offensiva. «Il mio obiettivo era richiamare l'attenzione — spiega monsignor Franco all'Ansa — sulla necessità di riconsiderare il modo in cui il Pontefice viene presentato. Ottenuto questo scopo, non ho motivo di tenere aperta la questione».
«Scegliendo di presenziare ha fatto la cosa giusta», commenta Iris Rosenberg, portavoce di Yad Vashem. In una lettera inviata ieri al nunzio, Avner Shalev, presidente del museo, cita le parole di Giovanni Paolo II, durante la visita nel marzo del 2000: «Più di mezzo secolo è passato, ma i ricordi permangono. Noi vogliamo ricordare». Ripete di «essere stato amareggiato dal tentativo di legare la commemorazione dell'Olocausto a un dibattito storico» e offre la disponibilità degli studiosi del centro a «esaminare ogni nuovo documento che dovesse venire alla luce su Pio XII»: «La valutazione del ruolo del Pontefice pone una sfida a chiunque voglia studiarlo seriamente. È una questione complessa e noi continueremo a fare in modo di essere ancorati alla verità storica più aggiornata».
La foto di Pio XII è esposta nel nuovo museo a Yad Vashem, inaugurato nel 2005. Una decina di righe racconta che «eletto nel 1939, il Papa mise da parte una lettera contro l'antisemitismo e il razzismo preparata dal suo predecessore. Anche quando i resoconti sulle stragi degli ebrei raggiunsero il Vaticano, non reagì con proteste scritte o verbali. Nel 1942, non si associò alla condanna espressa dagli Alleati per l'uccisione degli ebrei. Quando vennero deportati da Roma ad Auschwitz, Pio XII non intervenne». Gli studiosi del memoriale concludono: «Il suo silenzio e l'assenza di direttive costrinsero i sacerdoti in Europa a decidere personalmente come reagire».
Monsignor Franco aveva commentato che, nel contesto in cui è stata messa, «la foto offende la Chiesa cattolica, con tutto quello che è stato fatto per gli ebrei. Lo Yad Vashem sostiene che non si può cambiare la verità storica. Ma ai fatti viene data un'interpretazione contraria a molte altre verità storiche».
La cerimonia al museo dell'Olocausto a Gerusalemme apre il Giorno della Shoah (stamattina alle 10 le sirene risuoneranno e il Paese si fermerà in silenzio per due minuti). Ogni anno vi partecipano le autorità israeliane e i rappresentanti diplomatici di tutte le nazioni.
Nel suo discorso, Dalia Itzik, presidente del Parlamento e capo di Stato ad interim dopo l'autosospensione di Moshe Katsav, ha dichiarato che «l'Olocausto non è solo una macchia sulla storia della Germania o dell'Europa, è un marchio di Caino su tutta l'umanità» e ha affrontato il dramma dei sopravvissuti costretti alla povertà in Israele: «Non possiamo accettare una realtà in cui anche uno solo di loro debba vivere senza dignità».
Il premier Ehud Olmert ha ricordato il 59˚anniversario della fondazione dello Stato, settimana prossima: «La rinascita del popolo ebraico dalle ceneri dell'Olocausto è l'apice della sua vittoria».

Corriere della sera, 16 aprile 2007


IL RETROSCENA

Così i cattolici di Terra Santa hanno convinto la Santa Sede

Luigi Accattoli

CITTÀ DEL VATICANO — Il nodo è stato sciolto nella mattinata di ieri, la soluzione è stata trovata a Gerusalemme e non a Roma, decisivo è stato il contributo di mediazione — o sollecitazione — della comunità cattolica di Terra Santa. Le indiscrezioni dicono che il buon risultato di quella mediazione è restato in forse fino all'ultimo.
È il secondo «incidente» nei rapporti tra Israele e Santa Sede che si verifica dopo l'elezione di Benedetto XVI: l'altro si sviluppò tra luglio e agosto del 2005, a seguito della mancata menzione — in un «Angelus» papale — di Israele tra i Paesi colpiti da atti terroristici. Vi fu una dura protesta di Israele e un'equivalente risposta vaticana, che portò la tensione alle stelle fino a che non intervennero — a riportare la questione al giusto livello — il cardinale Sodano e il premier Sharon.
Qualcosa di simile è avvenuto stavolta tra la nunziatura e Yad Vashem, con il profilarsi di un'incomprensione che è venuta crescendo per quattro giorni invece che per quattro settimane e che analogamente a quella di due anni addietro è stata superata con un respiro di sollievo da parte del governo israeliano e della Segreteria di Stato vaticana.
Parrebbe che gli «uffici» delle due parti — come si dice nel gergo diplomatico — facciano difficoltà a intendersi nei rapporti ordinari e abbiano bisogno, periodicamente, di spinte conciliative per evitare che si determinino «rotture» che ai livelli responsabili nessuno auspica.
Chi dalle due parti si è adoperato per trovare il compromesso che ha sbloccato il contrasto ha fatto osservare che l'irrigidimento sulle posizioni di partenza avrebbe prodotto un danno di immagine immediato per ambedue gli interlocutori, ma avrebbe potuto anche determinare complicazioni serie — su tempi medio-lunghi — per le relazioni israelo-vaticane.
Tra gli argomenti che hanno indotto la dirigenza di Yad Vashem a dirsi disponibile a «riconsiderare» il modo in cui nel Museo è presentata la figura di Pio XII c'è stato anche questo: dal momento che il Vaticano reputa «offensiva» quella presentazione, se la si considera immodificabile domani potrebbe risultare impossibile una nuova visita di un papa al Memoriale della Shoah, sul tipo di quella compiuta — con reciproca soddisfazione — da Giovanni Paolo II nell'anno Duemila.
Verso le autorità vaticane il ragionamento proposto dagli esponenti della comunità cattolica di Terra Santa è stato questo: se non ci si accontenta della disponibilità israeliana a «riconsiderare» la questione e non si partecipa ora alla commemorazione della Shoah, si provocherà una «reazione emozionale grave» che avrà un'influenza negativa nei rapporti bilaterali, a danno dei cattolici che vivono in Israele. Perché è verissimo che questo incidente non aveva nulla a che fare con la recente mancata riunione della commissione bilaterale sullo status delle strutture cattoliche operanti laggiù, ma se non veniva superato quella regolamentazione certo non se ne avvantaggiava.

Corriere della sera, 16 aprile 2007


Rientra la crisi nata per la didascalia con cui lo Yad Vashem accusava il pontefice di "silenzi" sullo sterminio

Pio XII, pace tra Israele e Vaticano il nunzio alla giornata della memoria
Il museo dell´Olocausto: rivedremo il giudizio su papa Pacelli

scopo raggiunto La mia azione voleva richiamare l´attenzione sul modo in cui il Papa è presentato. Il mio scopo è stato raggiunto
questione storica Lo Yad Vashem ritiene che non sia appropriato legare una questione storica alla commemorazione delle vittime dell´Olocausto


ORAZIO LA ROCCA

CITTÀ DEL VATICANO - Torna il sereno tra la Santa Sede e Israele. Ieri il nunzio apostolico Antonio Franco ha preso parte alla commemorazione della Shoah nel mausoleo Yad Vashem di Gerusalemme insieme agli ambasciatori accreditati presso lo Stato israeliano. Un autentico colpo di scena, fortemente voluto da papa Ratzinger - stando a quanto si apprende in Vaticano - , dopo il rifiuto annunciato dal nunzio papale a presenziare alla cerimonia per protestare contro una lunga didascalia ritenuta lesiva sotto una foto di Pio XII esposta nello stesso Yad Vashem. Scritta - che riporta vecchie accuse sui «silenzi» sull´Olocausto imputati a papa Pacelli - contro la quale aveva vanamente protestato il predecessore di monsignor Franco, l´arcivescovo Pietro Sambi.
Nei giorni scorsi, l´attuale nunzio in una nuova lettera aveva annunciato che, «suo malgrado», non avrebbe potuto partecipare alla cerimonia «perché quella didascalia offende la memoria di Pio XII e la Chiesa cattolica».
La direzione del mausoleo - però - aveva risposto alla protesta spiegando, in una nota «di rammarico», che il «giudizio su Pio XII sarebbe stato rivisto» se la Santa Sede avesse aperto gli archivi segreti relativi a tutto il pontificato pacelliano. Dopo quattro giorni di febbrili trattative, è arrivata la svolta, con monsignor Franco che rende noto di aver avuto una lettera del presidente dello Yad Vashem Avner Shalev con la promessa «di riconsiderare il modo in cui papa Pio XII è presentato» nel memoriale. E´ quello che il rappresentante papale si aspettava. Ed infatti, il nunzio fa sapere che parteciperà alla cerimonia perché, spiega, «la mia azione non era intesa a dissociarmi dalle celebrazioni, ma a richiamare l´attenzione sul modo in cui il Papa è presentato. Il mio scopo è stato raggiunto, a questo punto non ho motivi per tenere aperta questa tensione».
Soddisfatti i vertici del museo. «E´ giusta - commentano - la decisione del rappresentante del Vaticano di partecipare alla cerimonia allo Yad Vashem e di identificarsi col ricordo delle vittime. Lo Yad Vashem ritiene che non sia appropriato legare una questione di ricerca storica alla commemorazione delle vittime dell´Olocausto». «L´assenza dalla cerimonia sarebbe stata per la Santa Sede molto dolorosa», ha detto il portavoce papale padre Federico Lombardi, pur precisando che «la vicenda non si è risolta del tutto, ma certo è importante che da parte israeliana si sia manifestata una volontà di dialogo su questo punto».
Parole in sintonia con quelle del rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni che ha salutato il ripensamento del nunzio dichiarandosi «soddisfatto per la risoluzione di una polemica inutile e dannosa per i rapporti tra ebrei e cristiani». Di Segni auspica quindi che su Pio XII si possa «pervenire a un giudizio storico equilibrato senza pressioni politiche, apologetiche e agiografiche anche mediante l´accesso di tutti gli studiosi ai documenti di archivio ancora riservati».

Repubblica, 16 aprile 2007


La distensione passa per la Santa Sede: Khatami e Bush a confronto con Benedetto XVI

CITTÀ DEL VATICANO - Doppia missione diplomatica per Benedetto XVI tra maggio e primo. Prima l'incontro con l'ex presidente iraniano Mohammad Khatami, che sarà ricevuto il 4 maggio in Vaticano, durante una visita che effettuerà in Italia dal 3 all'11 maggio e che lo porterà anche a Udine.Poi, un mese dopo, sarà la volta del presidente degli Stati Uniti: la data dell'udienza con George W. Bush, però, non è ancora certa la data, il 9 o il 10 giugno.
L'incontro con Khatami è stato ufficializzato dalla Nunziatura apostolica a Teheran. L'ex capo di Stato avrebbe dovuto incontrare Benedetto XVI in Vaticano già nell'autunno scorso, ma la visita era stata cancellata dopo le proteste suscitate in Iran e altri Paesi musulmani dalle affermazioni del Pontefice sull'Islam a Ratisbona. Il programma del viaggio di Khatami in Italia prevede anche incontri con il presidente del Consiglio, Romano Prodi, e il ministro degli Esteri, Massimo D'Alema. In particolare l'udienza di Benedetto XVI costituirà un'importante tappa nel dialogo interculturale e interreligioso: un impegno su cui la Repubblica islamica di Teheran punta anche per uscire dall'angolo in cui si trova a livello internazionale per la vicenda legata allo sviluppo del nucleare e alle prese di posizione dell'attuale presidente Mahmoud Ahmadinejad, che peraltro ha sempre dichiarato il suo «rispetto» per il Papa, contro l'esistenza dello stato di Israele.
La visita di Khatami si inserisce nel canale aperto con la lettera fatta consegnare al Papa il 27 dicembre scorso dallo stesso Ahmadinejad, in cui il presidente faceva appello alla «cooperazione tra le differenti religioni» per porre rimedio alle «ingiuste relazioni» che tuttora intercorrono tra i Paesi del mondo. Anche quella lettera, tuttavia, aveva per sfondo la crisi nucleare tra Teheran e il Consiglio di sicurezza dell'Onu. E lo stesso Ratzinger, ricevendo il messaggio dalle mani del ministro degli Esteri e del vice presidente della Repubblica islamica, vi aveva fatto indirettamente riferimento rispondendo con l'auspicio che «i problemi dei popoli vengano sempre risolti nel dialogo, nella mutua comprensione e nella pace». Recentemente, poi, Benedetto XVI è intervenuto personalmente, con una lettera indirizzata alla guida suprema iraniana Ali Khamenei, per contribuire a risolvere la situazione dei marinai britannici catturati e tenuti prigionieri a Teheran. A liberazione avvenuta, la Santa Sede aveva confermato il passo diplomatico compiuto da papa Ratzinger a scopi - è stato spiegato - «esclusivamente umanitari».

Gazzettino del nordest, 15 aprile 2007

Nessun commento: