3 novembre 2008

Benedetto il predicatore: 27 omelie di Papa Ratzinger raccolte in un unico volume a cura di Sandro Magister (Ravasi)


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Benedetto XVI, "Omelie. L'anno liturgico nelle omelie di Benedetto XVI", a cura di Sandro Magister, Scheiwiller Libri 2008

Dal pulpito

Benedetto il predicatore

Le 27 omelie di papa Ratzinger, raccolte in un unico volume, oltre a raccontare un anno liturgico svelano le fonti da lui predilette e costituiscono un valido modello per le funzioni domenicali

di Gianfranco Ravasi

Era probabilmente una modesta sinagoga di villaggio. Là, di sabato, un uomo si era alzato a leggere un brano del libro del profeta Isaia. Nel silenzio degli astanti, aveva riavvolto il rotolo, l'aveva consegnato e si era seduto: «Nella sinagoga gli occhi di tutti erano fissi su li lui». Allora egli parlò e quella fu una delle più brevi prediche mai sentite: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato!». La bagarre che era seguita a un primo stupore ci fa capire che quel predicatore era riuscito a smentire lo stereotipo che, in modo folgorante, lo scettico Voltaire aveva formalizzato: «L'eloquenza sacra è come la spada di Carlo Magno, lunga e piatta », stereotipo che Montesquieu aveva già acclarato quando affermava che «quel che manca in profondità, gli oratori lo compensano in lunghezza». Tutti sanno di chi fosse quell'omelia così breve e così provocatoria: ce la riferisce l'evangelista Luca ( 4, 20-21) e riguarda quel Gesù che, tempo dopo, fu accostato dalla polizia dell'alto clero di Gerusalemme con un ordine d'arresto. Le guardie,però, –racconta l'evangelista Giovanni ( 7, 45-46) – tornarono dai capi dei sacerdoti e dai farisei a mani vuote: «Perché non lo avete condotto qui? »; ed essi risposero: «Mai un uomo ha parlato così!». Anche il recente Sinodo dei Vescovi ha intonato l'ormai consueta e purtroppo fondata lamentela sulla scarsa qualità dei sermoni domenicali (si spera anche in forma autocritica...), ha auspicato persino l'elaborazione di un "direttorio" e ha elencato una minima base metodologica: «Che cosa dicono le letture bibliche proclamate? Che cosa dicono a me (predicatore) personalmente? Che cosa devo dire alla comunità, tenendo conto della situazione concreta?».
Ebbene, se si vuole un paradigma omiletico, eccone ora uno a disposizione degli oratori sacri, ma soprattutto degli uditori, spesso vittime innocenti di sermoni plumbei, «tormento dei fedeli », come li definiva Carlo Bo (e certo non nel senso di parole capaci agostinianamente di inquietare le coscienze...). Sono le 27 omelie pronunziate dal papa Benedetto XVI nell'arco dell'ultimo anno liturgico – che, come è noto, inizia verso la fine di novembre con l'Avvento –in contesti molto diversi, dalla Basilica di S. Pietro all'Australia, da Genova a Parigi, da Brindisi a Cagliari e così via.

Chi è abituato a leggere i testi di questo pontefice scopre subito il suo marchio stilistico e teologico inconfondibile.

Così, ad esempio, è facile incrociare la voce degli antichi Padri della Chiesa i cui scritti omiletici intarsiano non di rado la pagina ratzingeriana: e non è solo l'amato Agostino o il celebre Giovanni Crisostomo («bocca d'oro»: un nome, un programma) o sant'Ignazio di Antiochia; s'affacciano anche figure di rilievo eppure ignote ai più, come Gregorio di Nissa, Cromazio di Aquileia, Anselmo di Canterbury...
In quelle omelie è costante il radicarsi nel testo biblico proposto dalla solennità in questione, non disdegnando neanche l'approccio filologico semantico. Ad esempio, il participio symballousa
applicato a Maria da Luca (2,19) non è il semplice «meditare», come si traduce, ma il «mettere insieme» le tessere di un mosaico «per scoprire a poco a poco un grande mistero». O ancora la distinzione che s'impone tra bíos e zoé nel linguaggio giovanneo conduce alla consapevolezza che il dono offerto da Cristo non si riduce alla biosfera,ma s'allargaa una conoscenza, a un amore e, quindi, a una vitalità trascendente. Oppure viene afferrato un particolare testuale apparentemente marginale o descrittivo e si scopre che esso è come un cristallo iridescente di significati ulteriori: si legga, ad esempio, la riflessione di apertura dell'omelia del giovedì santo, ove nella frase giovannea «sapendo [ Gesù] che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre...» viene estratto e fatto brillare proprio quel «passare», un
metabaínein/metábasis che custodisce un segreto ammiccamento teologico.
Questo e altro si scoprirà ascoltando il "predicatore" Benedetto XVI nel primo livello della sua meditazione sulla Parola sacra. Ma c'è ovviamente l'altra e dominante dimensione da raccogliere, quella «performativa», essendo l'omelia un annunzio che nasce dalla fede e dalla vita e vuole generare fede e vita. E qui è difficile esemplificare perché dovremmo invitare il lettore a mettersi direttamente in sintonia col testo. Si imbatterà in tante sorprese che interpellano la coscienza, talora partendo da un simbolo, come accade nel Natale con l'evocazione di certe rappresentazioni artistiche tardo-medievali che trasformano la stalla di Betlemme «in un palazzo un po' fatiscente». O come si ha nell'isaiana «nebbia fitta che avvolge le nazioni», applicata dal papa a una globalizzazione illusoria. Oppure è l'"idolo" a entrare in scena, la cui etimologia greca ( «immagine, figura, rappresentazione, ma anche spettro, fantasma, vana apparenza») fa sbocciare un'intensa attualizzazione sulle moderne idolatrie. Fermiamoci qui, in questo ascolto del papa predicatore senza, però, dimenticare che egli ci ricorda un dato fondamentale: l'omelia non è un discorso commemorativo o una lezione, ma è un atto sacro incastonato nella liturgia nella quale è imbandita la mensa della parola di Dio e del pane eucaristico. È per questo che un evento così alto non può essere abbassato a noiosa tiritera teologica, né a strumento retorico votato a più o meno nominabili altre finalità, né a puro sentimentalismo spirituale. A esorcizzare queste devianze si leva la voce di Benedetto XVI, sobria ma non spoglia, sostanziosa ma non meramente teorica.
A delinearne il significato all'interno del suo più generale magistero ci pensa poi il curatore, Sandro Magister – che molti conoscono come giornalista di grande qualità, ma pochi sanno essere anche dotato di una solida attrezzatura teologica accademica – nella ricca ed esemplare prefazione a queste omelie papali.

1 Benedetto XVI, «Omelie. L'anno liturgico narrato da Joseph Ratzinger, papa», a cura di Sandro Magister, Libri Scheiwiller, Milano, pagg. 280, euro 15,00.

Il libro verrà presentato a Roma (Palazzo Valdina), mercoledì 5 (alle 18) da Giancarlo Cerutti (presidente del Gruppo Sole 24 Ore), con gli interventi di Sandro Bondi (ministro dei Beni culturali), del cardinale Camillo Ruini e del curatore del volume, Sandro Magister.

© Copyright Il Sole 24 Ore, 2 novembre 2008

1 commento:

euge ha detto...

Bisognerebbe distribuire questo libro e fallo leggere ad un paio di parroci di mia conoscenza...... Sono certa che ne trarrebbero giovamento.

Soprattutto i poveri fedeli costretti loro malgrado a sentire omelie da quinta elementare.