3 novembre 2008

Il Papa: "La morte ci fa capire che tutto finisce e ci invita a non vivere da mediocri" (Radio Vaticana)


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La morte ci fa capire che tutto finisce e ci invita a non vivere da mediocri: così il Papa nella Messa in suffragio di cardinali e vescovi defunti nel corso dell'anno

La morte ci dice una cosa importante: che tutti in questo mondo siamo di passaggio, destinati alla felicità eterna nella misura in cui entriamo nel mistero dell’amore di Dio. E’ quanto ha detto il Papa stamani durante la Messa, presieduta nella Basilica di San Pietro, in suffragio dei cardinali e dei vescovi scomparsi nel corso dell’anno. Ieri sera il Papa si era recato nelle Grotte Vaticane per un breve momento di preghiera per i Pontefici defunti. Il servizio di Sergio Centofanti.

Il Papa ricorda con “grande affetto” i vescovi, gli arcivescovi e i porporati defunti nel corso dell’anno: tra questi ricorda i cardinali Stephen Fumio Hamao, Alfons Maria Stickler, Aloisio Lorscheider, Peter Porekuu Dery, Adolfo Antonio Suárez Rivera, Ernesto Corripio Ahumada, Alfonso López Trujillo, Bernardin Gantin, Antonio Innocenti e Antonio José Gonzáles Zumárraga. “Noi li crediamo e li sentiamo vivi nel Dio dei viventi” – ha affermato – sottolineando, sulla scorta del Libro della Sapienza (4,7-15), “che vera anzianità veneranda non è solo la lunga età, ma la saggezza e un’esistenza pura, senza malizia”:

“E se il Signore chiama a sé un giusto anzitempo, è perché su di lui ha un disegno di predilezione a noi sconosciuto: la morte prematura di una persona a noi cara diventa un invito a non attardarci a vivere in modo mediocre, ma a tendere al più presto alla pienezza della vita…Il mondo reputa fortunato chi vive a lungo, ma Dio, più che all’età, guarda alla rettitudine del cuore. Il mondo dà credito ai ‘sapienti’ e ai ‘dotti’, mentre Dio predilige i ‘piccoli’”.

C’è dunque “un contrasto tra ciò che appare allo sguardo superficiale degli uomini e ciò che invece vedono gli occhi di Dio”. Ma queste due dimensioni del reale, quella della provvisorietà e dell’apparenza e quella “profonda, vera ed eterna” – spiega il Papa - “non sono poste in semplice successione temporale, come se la vita vera cominciasse solo dopo la morte”:

“In realtà, la vita vera, la vita eterna inizia già in questo mondo, pur entro la precarietà delle vicende della storia; la vita eterna inizia nella misura in cui noi ci apriamo al mistero di Dio e lo accogliamo in mezzo a noi. E’ Dio il Signore della vita e in Lui ‘viviamo, ci muoviamo ed esistiamo’ (At 17,28)”.

D’altra parte – ha affermato Benedetto XVI – “nella prospettiva della sapienza evangelica la stessa morte è portatrice di un salutare ammaestramento, perché costringe a guardare in faccia la realtà”:

“Spinge a riconoscere la caducità di ciò che appare grande e forte agli occhi del mondo. Di fronte alla morte perde d’interesse ogni motivo di orgoglio umano e risalta invece ciò che vale sul serio. Tutto finisce, tutti in questo mondo siamo di passaggio. Solo Dio ha la vita in sé: è la Vita”.

Per questo - ha aggiunto - l'uomo può arrivare alla vita eterna solo entrando nella logica del dono: come Dio si è donato a noi in Cristo, così noi siamo chiamati a donarci agli altri: è la logica dell’amore che fa passare dalla morte alla vita, nonostante le nostre umane fragilità. “Questa Parola di vita e di speranza – conclude il Pontefice - ci è di profondo conforto dinanzi al mistero della morte, specialmente quando colpisce le persone che a noi sono più care”:

“Se dunque ci ha rattristato doverci distaccare da loro, e tuttora ci addolora la loro mancanza, la fede ci riempie di intimo conforto al pensiero che, come è stato per il Signore Gesù, e sempre grazie a Lui, la morte non ha più potere su di loro (cfr Rm 6,9). Passando, in questa vita, attraverso il Cuore misericordioso di Cristo, sono entrati ‘in un luogo di riposo’ (Sap 4,7). Ed ora ci è caro pensarli in compagnia dei santi, finalmente sollevati dalle amarezze di questa vita, ed avvertiamo noi pure il desiderio di poterci unire un giorno a così felice compagnia”.

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