3 novembre 2008

Mons. Monari (Brescia): "Con il Sinodo la Chiesa ricomincia dalla Parola" (Tedeschi)


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L’INTERVISTA.

Monsignor Luciano Monari era uno dei quattro componenti della delegazione italiana al sinodo mondiale. Così racconta la sua esperienza

«La Chiesa ricomincia dalla Parola»

Il vescovo: «La pastorale si anima a partire dal Verbo». «L’Islam? Dialogo auspicabile ma i diritti delle donne vanno riconosciuti»
Commovente la testimonianza di vescovi provenienti da Chiese povere o perseguitate
Un voto elettronico per approvare le proposizioni uscite da un lungo confronto


Massimo Tedeschi

Eccellenza, nelle 55 «propositiones» del sinodo si trovano tanti spunti che lei aveva anticipato nella sua lettera pastorale: è stato... profeta?

(Sorride) Sia il sinodo che la lettera pastorale affrontano temi che da un pezzo nella Chiesa vengono vissuti e richiamati. Dalla costituzione conciliare «Dei verbum» a oggi la Chiesa ha compiuto un cammino di 40 anni. Quello che io ho tentato di dire nella lettera pastorale è l’applicazione della «Dei verbum» alla vita della Chiesa bresciana.

Come definirebbe il sinodo? È un "parlamento" della Chiesa?

È un piccolo corpo che rappresenta il collegio dei vescovi e offre al Papa alcune riflessioni che ai vescovi sembrano importanti su un tema che il Papa stesso propone. Il sinodo rappresenta il collegio dei vescovi. Il suo scopo non è decidere, ma offrire riflessioni al Papa. Riunire tutti i 3000 vescovi del mondo è complicato. Perciò si è fatto ricorso a una rappresentanza di 250 vescovi.

Che clima ha «respirato» a contatto con vescovi di tutto il mondo?

Abbiamo vissuto rapporti di amicizia, di conoscenza reciproca. I vescovi rappresentano davvero il mondo intero: lì si capisce il cammino della Chiesa all’interno di un clima di affetto, che è la premessa per vivere un rapporto di fede e di carità reciproca.

Come si sono svolti i lavori del sinodo?

Per dieci giorni tutti i membri dell’assemblea sono intervenuti per 5 minuti a testa. Potevamo leggere un testo non superiore alle 3.500-4.000 battute. C’è stata poi una seconda parte in cui i «circoli minori», suddivisi per aree linguistiche, hanno lavorato formulando delle proposizioni. Una commissione ha riunito le 300 proposte uscite, le ha ricondotte alle cose essenziali. Abbiamo proceduto a un voto anche elettronico e le abbiamo consegnate al Papa, che ne potrà trarre un’esortazione apostolica.

Benedetto XVI ha definito il sinodo una scuola dell’ascolto. A lei chi è piaciuto ascoltare?

Mi sono piaciute alcune testimonianze ed esperienze della forza della parola di Dio in situazioni di persecuzione, come nei Paesi ex comunisti, o del Vicino Oriente, o dell’India. E poi le esperienze delle chiese povere. Mi hanno molto colpito le testimonianze dei vescovi delle Filippine, per il taglio esistenziale della riflessione a partire dalla Parola.

Papa Ratzinger ha parlato anche di incontro «commovente». A cosa si riferiva?

Penso si riferisse proprio a questo aspetto. Ci sono state testimonianze rese con una franchezza e un’immediatezza davvero grande. In alcuni momenti si sentiva il cuore della gente, delle comunità cristiane.

Fra le propositiones è entrato anche il tema del rapporto con l’Islam. Non è un tema eccentrico rispetto alla Bibbia?

No, non lo è. Tra i temi affrontati c’era il rapporto della parola di Dio con l’ecumenismo e il dialogo interreligioso. Come regola della nostra fede abbiamo un testo concreto, la Bibbia, collocato nella grande tradizione della Chiesa. Lo accettano altri cristiani, come i protestanti e gli ortodossi. Una parte è accettata come regola di fede anche dagli ebrei. A questo testo fanno riferimento anche i musulmani per alcuni aspetti, come la discendenza da Abramo e la figura di Gesù come profeta. Da lì è sorta la domanda su quale dialogo è possibile con l’Islam.

La risposta del sinodo?

È che il dialogo è possibile, desiderabile, e bisogna cercare di arricchirlo. Anche per questo è necessario che si chieda all’Islam di fare spazio ai diritti riconducibili a tutti, in particolare alle donne.

Pensate che con queste premesse il dialogo sarà più facile?

Ci speriamo. Il dialogo fra persone che vivono esperienze religiose diverse è inevitabile per arrivare a una comunicazione vera, alla pace, all’accettazione reciproca, alla convivenza. L’accettazione è inevitabile ed è fuori dubbio l’importanza di trovare rapporti di fraternità. Il dialogo, come si direbbe oggi, è un "must" nella nostra situazione, il che non vuol dire omogeneizzare. Alcune cose all’Islam vanno chieste. Alcuni diritti fondamentali nell’Occidente sono comunemente accettati. Nell’Islam prevale un’ottica giuridica come qualcosa di assoluto. La separazione fra ordine socio-politico e ordine religioso da noi è un dato acquisito. Il sinodo addita anche il tema della reciprocità e della libertà di coscienza e di religione in questo dialogo con l’Islam.

Il vescovo di Brescia, monsignor Luciano Monari, è reduce dal sinodo dei vescovi. L’organismo istituito da Paolo VI nel 1965 ha tenuto la sua 22esima assemblea generale sul tema «La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa». Monari formava la ristretta delegazione italiana insieme al presidente della Cei Angelo Bagnasco, al patriarca di Venezia Angelo Scola e al cardinale di Napoli Crescenzio Sepe: un riconoscimento della sua autorevolezza, della sua competenza. Il Sinodo ha sottoposto al Papa 55 proposizioni conclusive. I lavori hanno trattenuto a Roma il vescovo di Brescia per tre settimane. L’abbiamo incontrato, nel suo studio, per raccogliere il suo racconto dell’esperienza sinodale. Lui ha parlato a lungo, spesso raccogliendosi e chiudendo gli occhi. Come fa quando vuole concentrarsi.

© Copyright Brescia Oggi, 2 novembre 2008 consultabile online anche qui.

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