1 novembre 2008

Se il Papa richiama all’etica della scienza (Oppes)


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IL DIBATTITO

Se il Papa richiama all’etica della scienza

di Mario Oppes*

C’è qualcuno che ha paura della scienza o ha comunque interesse a fermarla?
A leggere le reazioni di molti scienziati alle parole pronunciate da Benedetto XVI il 16 ottobre, nel discorso tenuto ai partecipanti al congresso internazionale promosso dalla Pontificia Università Lateranense, in occasione del X anniversario dell’enciclica “Fides et Ratio” di Giovanni Paolo II, sembrerebbe di capire che, almeno in parte, il mondo della scienza lo creda.

In realtà, il Papa si è limitato a ipotizzare che “a volte” il “facile guadagno” o peggio “l’arroganza di sostituirsi al Creatore” possono svolgere un ruolo determinante nel definire gli scopi degli scienziati.

Certo immaginare che uno scienziato scelga oggi la sua professione con l’idea di ottenere facili guadagni fa sorridere, ma la preoccupazione più significativa del Papa riguarda certamente il rapporto fra la scienza e la tecnica e quindi sul ruolo che la ricerca scientifica può giocare nel permettere la trasformazione della natura di cui anche l’uomo fa parte.

È quantomeno strano che quasi tutti i commentatori identifichino in queste poche parole l’elemento più significativo di un discorso molto articolato e denso di considerazioni che avrebbero dovuto indurre ad una più approfondita e impegnativa riflessione.

Il vero problema è che la scienza - sostiene Benedetto XVI - non è in grado di elaborare principi etici e quindi “può solo accoglierli in sé e riconoscerli come necessari per debellare le sue eventuali patologie”. È forse questa affermazione che scatena le reazioni di parte del mondo scientifico, spesso convinto dell’autosufficienza della scienza. Se questo fosse vero sarebbe difficile accettare le parole del Papa che, proseguendo il suo discorso, arriva ad affermare la necessità che la scienza ricerchi il confronto con la filosofia e la teologia per evitare un percorso solitario pieno di insidie.
D’altra parte il rischio di una scienza incapace di dire qualcosa sul senso della vita dell’uomo era stato efficacemente evidenziato, già negli anni trenta, da un grande filosofo come Edmund Husserl, ne «La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale». Un altro pensatore contemporaneo, Hans Jonas, ha notato che l’interrogativo legato alla responsabilità del proprio agire «si è insinuato nel campo protetto della ricerca scientifica». La scienza dà vita a un sapere indirizzato verso la capacità di attuazione, verso un controllo consapevole della natura, ossia verso la tecnica, affermava Hans Georg Gadamer.
Riflettere sulla responsabilità etica degli scienziati non significa pertanto considerare la ricerca un male o volerla fermare, ma può contribuire a far sì che la scienza continui a rappresentare un bene per l’umanità e non un ostacolo sulla strada del suo progresso.

* Presidente del Comitato di bioetica di Sassari

© Copyright La Nuova Sardegna, 31 ottobre 2008

La maggiorparte dei giornalisti ha commentato con i piedi il discorso del Papa.
Non solo: ha estrapolato due frasi andando poi ad interrogare illustri (chi piu'...chi meno) scienziati che, senza leggere il testo del Santo Padre, hanno detto la loro.
Qualcuno si e' anche prodotto in offese inaccettabili verso Benedetto XVI. Pochi giornali hanno pero' avuto il coraggio di riportarle per intero...
Coda di paglia? Si'!
Oggi assistiamo al fenomeno inverso: ieri Benedetto XVI ha parlato di evoluzione e creazione ed oggi leggiamo articoli striminziti che quasi non vale la pena di pubblicare.
Bel giornalismo!

R.

1 commento:

euge ha detto...

Cara Raffaella, temo che il vero giornalismo cioè quello che dovrebbe servire a dare e riportare le notizie nella loro realtà dei fatti libere da qualsiasi influenza ideologico politica, non esiste forse non è mai esistito.
L'aspetto grave semmai, è il fatto che nessuno di coloro che leggono i giornali si chiede il perchè di certe cose o di certe reazioni; in buona sostanza, nessuno si preoccupa di andare a vedere se ciò che gli viene propinato dai giornali, sia la verità o piuttosto l'ennesima manipolazione studiata ad arte dagli editori.
Questo, accade non solo per i discorsi del Papa, ma su ogni tipo di argomento. Quello che mi fa imbufalire e che ci si adegua e ci si sottomette a tutto bevendo in maniera cieca tutto ciò che i grndi giornaloni ci propinano giorno dopo giorno; questo non depone certo a nostro favore. Se la gente si preoccupasse di approfondire andando all'origine di un discorso oppure di una notizia, ci sarebbero sicuramente meno indottrinati in giro; ma, questo costa fatica e tempo ed allora è meglio seguire l'onda della massa; si è rispettati, ascoltati e simpatici a molti; la verità è scomoda, rende antipatici e soprattutto non è al passo con i tempi.
Tempi bui in cui il vero oscurantismo, deriva dal fatto che non si accettano opinioni e riflessioni diverse da quelle della massa e della pura ideologia.
Questo è il vero oscurantismo.