9 maggio 2008

Card. Bagnasco: «Media cattolici: amate l’uomo, servite la verità» (Viana)


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Il cardinale Bagnasco ha aperto ieri il convegno nazionale dei direttori degli Uffici diocesani per

«Media cattolici: amate l’uomo, servite la verità»

le comunicazioni sociali sul tema «Lo sguardo quotidiano. I cattolici, l’informazione, la realtà»

Il presidente della Cei: «Farsi prossimo, ecco il nostro stile anche nella comunicazione E impariamo a fare contro informazione»

DA SAN DONATO MILANESE (MILANO)

PAOLO VIANA

Facile essere popolari, molto meno esse­re «prossimi».

Eppure questo è lo speci­fico dei media cattolici da oltre un secolo, portatori di uno sguardo quotidiano che è «prossimo» nel senso di vicino «al popolo mi­nuto, alla sua vita, alle sue imprese, anche quando gli altri giornali guardano da altre par­ti », ma è «prossimo» anche in senso evangeli­co, perché «non dobbiamo perdere di vista l’i­dentità che ci caratterizza» né dimenticare che «la nostra responsabilità ultima è pastorale». Lo concepisce così il cardinale Angelo Bagna­sco il giornalismo cattolico: più moderno, più professionale, più letto dei fogli devozionali di fine Ottocento, ma ancora «testimone», stru­mento del discernimento conciliare, «al ser­vizio della coscienza credente».
Aprendo ieri pome­riggio il convegno nazionale dei diret­tori degli Uffici dio­cesani per le comu­nicazioni sociali, che si chiuderà domani a San Donato Milane­se, il presidente della Cei ha parlato di una «nuova stagione del progetto culturale». Salutato dal vicepre­sidente della Provin­cia di Milano Alberto Mattioli, da monsignor Dario Edoardo Viganò, preside dell’Istituto Pa­storale Redemptor Hominis alla Lateranense, e dal direttore dell’Ufficio Cei per le comuni­cazioni sociali don Domenico Pompili (un sa­luto è stato inviato da Letizia Gonzales, presi­dente dell’Ordine giornalisti della Lombardia) l’arcivescovo di Genova ha sottolineato che nello sguardo quotidiano dei media cattolici dev’esserci sempre il riflesso dell’identità cri­stiana. Concetto ripreso più tardi dal gover­natore della Lombardia: «Comunica vera­mente chi ha un’identità», ha detto Roberto Formigoni plaudendo al progetto di «far cre­scere una classe dirigente dei mass media in­tenzionata a elevare il senso critico e a mette­re al centro la persona».
«Il nostro modo di guardare il mondo non può essere asettico – ha spiegato Bagnasco – e la fede, lungi dal deformare la realtà, suscita nel­l’osservatore un sentire empatico verso l’u­manità ». Il cardinale esorta i giornalisti catto­lici a non «ritirarsi in una riserva più o meno protetta» ma anche a non prescindere mai dal­la fede, a «tenere fissa l’attenzione su quelle situazioni che vedono l’umanità violata» e a «dare risalto al bene» che per la mentalità se­colarista «non esiste». «Se non si contrasta il ni­chilismo diventa impossibile perfino parlare del Signore», ha commentato, rivendicando per la Chiesa il diritto di pubblica opinione. Malgrado «l’aggressività che spesso connota le contestazioni», i vescovi non intendono «la­sciar planare sull’opinione pubblica, per a­more del quieto vivere, falsità e stravolgimen­ti della realtà» e, anzi, Bagnasco chiede ai me­dia cattolici un’autentica «contro-informa­zione » e una mentalità più reattiva: «C’è un’a­pologetica nuova da far crescere. Occorre con­trastare il luogo comune secondo il quale non esiste una verità dei fatti, ma soltanto punti di vista. Si tratta di un’applicazione del relativi­smo all’esercizio dell’informazione».
La riflessione milanese arriva così a lambire il fronte caldo della bioetica. «Le scoperte della scienza e gli interventi della tecnologia – ha ammonito il cardinale – non sono neutri, ma incidono sulla natura e sulla stessa idea di uo­mo, tendendo a rimodellarlo» e «la fede cri­stiana non è indifferente di fronte a ciò. Non accetta né condanna nulla acriticamente. Ma mette in guardia gli uomini d’oggi da ogni for­ma di idolatria, fosse pure quella raffinata, tra­vestita da progresso, in una tecnologia che non accetta di essere né giudicata né governata». In questa visione i media cattolici producono anticorpi contro i «nuovi rischi di manipola­zione antropologica» e la loro evoluzione lun­go il Novecento – ripercorsa con uno speciale accento sui 40 anni di Avvenire «grande tavo­lo che ci unisce», ma inquadrando tutti i me­dia cattolici in un bilancio «senza alcun dub­bio positivo», anche se «troppi sono ancora i fedeli, e a volte anche i sacerdoti, non suffi­cientemente consapevoli» – conferma che «la Chiesa esiste per evangelizzare». Il che vuol dire, per stare alla bioetica, «non combattere nessuno, ma lavorare per un pacifico cam­biamento interiore che tocchi la stessa tecno­logia ».

Un simile apostolato può contare, ha sottoli­neato il cardinale, su «piccoli strumenti all’in­segna della capillarità umile e generosa». A questo media system, che ha ancora «molte pagine da scrivere» e deve aprirsi sempre di più al dibattito pubblico, il presidente della Cei ha indicato alcune coordinate: «I narcisismi so­no deleteri», meglio «il gioco di squadra» e le sinergie a tutti i livelli, magari sacrificando la propria individualità, perché «la sinergia vera rispetta tutti, ma a tutti chiede di compiere un deciso passo in avanti». Anche in termini di in­vestimenti: Bagnasco ha sottolineato il ruolo degli uffici stampa ecclesiali e ha chiesto «u­na formazione di base dei giovani operatori della comunicazione che possano offrire un’informazione religiosa vera e documenta­ta, senza fraintendimenti né grossolani erro­ri », come pure «una 'alfabetizzazione' di tut­ti i componenti la comunità cristiana per una reale comprensione dei mass media». Perché, «in questo campo, il dilettantismo non è più concepibile».

© Copyright Avvenire, 9 maggio 2008

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