9 maggio 2008
Magdi Cristiano Allam: «Vi racconto la mia conversione» (Il Giornale)
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«Vi racconto la mia conversione»
Pubblichiamo, per gentile concessione della casa editrice Mondadori, alcuni passi del primo capitolo di Grazie Gesù. La mia conversione dall’islam al cattolicesimo (pagg. 204, euro 18) di Magdi Cristiano Allam. Nel libro, che sarà in libreria da oggi e che Allam domenica prossima presenterà alla Fiera di Torino, il giornalista racconta il difficile percorso che lo ha portato alla fede cristiana.
È stato il giorno più bello della mia vita. Ricevere il dono della fede cristiana nella ricorrenza della Risurrezione di Cristo per mano del Santo Padre è un privilegio ineguagliabile e un bene inestimabile. Per me, all’età di quasi cinquantasei anni, è un fatto storico, unico e indimenticabile, che segna una svolta radicale e definitiva rispetto al passato. Nella notte del 22 marzo 2008, ricorrenza della Veglia pasquale, durante la solenne liturgia celebrata nella magnificenza della basilica di San Pietro, culla della cattolicità, sono rinato in Cristo. Dopo un lunghissimo travaglio vissuto da musulmano per un’eredità acquisita dai genitori e con una storia personale di dubbi, lacerazioni e tormenti, si è accesa in me per volontà divina e per scelta responsabile la luce della vera fede cristiana.
Dentro la basilica le luci erano spente. Io mi trovavo all’esterno, insieme ad altri sei catecumeni, adulti in attesa di ricevere i sacramenti d’iniziazione cristiana, seduto nella parte del sagrato più esposta al vento. E proprio in quel freddo umido \ ho cominciato a rivivere il film della mia vita interiore. \
Seduti davanti a me nell’atrio della basilica c’erano gli studenti dei Legionari di Cristo (uno di loro è stato rimproverato dal cerimoniere perché si era alzato per riprendere con il cellulare l’ingresso del papa), poi i vescovi e quindi i cardinali. Tutti in trepidante attesa di Benedetto XVI. «Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». Per la prima volta nella mia vita ho fatto il segno della croce nell’attesa di diventare cristiano, mentre il papa cominciava la liturgia della benedizione del fuoco: «Fratelli e figli carissimi, in questa santissima notte, nella quale Gesù Cristo nostro Signore passò dalla morte alla vita, la Chiesa diffusa su tutta la terra chiama i suoi fedeli a vegliare in preghiera. Rivivremo la Pasqua del Signore nell’ascolto della Parola e nella partecipazione ai Sacramenti; Cristo risorto riconfermerà in noi la speranza di partecipare alla sua vittoria sulla morte e di vivere con lui in Dio Padre».
Dal braciere situato in prossimità delle poltrone dei cardinali, che regalava loro un graditissimo tepore, il papa ha attinto il fuoco nuovo dopo averlo benedetto: «O Padre, che per mezzo del tuo Figlio ci hai comunicato la fiamma viva della tua gloria, benedici questo fuoco nuovo, fa che le feste pasquali accendano in noi il desiderio del cielo, e ci guidino, rinnovati nello spirito, alla festa dello splendore eterno». Poi ha inciso sul cero una croce, la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto greco, Alfa e Omega, e le cifre dell’anno corrente: «Il Cristo ieri e oggi, Principio e Fine, Alfa e Omega. A lui appartengono il tempo e i secoli. A lui la gloria e il potere per tutti i secoli in eterno. Amen». Ha quindi infisso nel cero, in forma di croce, cinque grani di incenso: «Per mezzo delle sue sante piaghe gloriose ci protegga e ci custodisca il Cristo Signore. Amen». Infine lo ha acceso: «La luce del Cristo che risorge glorioso disperda le tenebre del cuore e dello spirito».
Dall’atrio, Benedetto XVI ha guidato la processione dirigendosi verso l’altare, dopo che il diacono, cantando per la terza volta il Lumen Christi, ha fatto risplendere le luci della basilica. È iniziata così la fase decisiva della mia conversione al cristianesimo, a cui ero evidentemente chiamato dalla grazia divina che mi aveva accompagnato sin dalla più tenera età, facendomi incorrere in una serie di «casi», rivelatisi tutt’altro che fortuiti, che in realtà celano la volontà del Signore che discretamente ci viene incontro pur senza farci rilevare la sua presenza.
Attraversando lentamente la navata centrale in coda al corteo, ho rievocato in un momento il fatto saliente da cui prese origine un percorso di spiritualità interiore che, a partire dall’età di quattro anni, sfocerà oltre mezzo secolo dopo nella conversione in Cristo. Era il settembre 1956. Ho ancora fisso nella mente il giorno in cui iniziò il mio lungo travaglio con un pianto fragoroso quando mia madre Safeya, aiutata e persuasa dalla famiglia presso cui lavorava, i Caccia, facoltosi imprenditori tessili italiani residenti da generazioni al Cairo, la mia città natale, mi consegnò nelle mani di suor Lavinia, che mi infilò sotto la sua veste affinché non assistessi alla partenza della mamma, affidandomi così all’educazione e all’affetto delle religiose comboniane devote a san Giuseppe. Successivamente, dalla quinta elementare fino all’ultimo anno della maturità scientifica studiai presso i salesiani dell’Istituto Don Bosco.
Per quattordici anni ho vissuto, da interno, in collegio nelle scuole gestite da religiosi italiani cattolici, dal momento che mia madre prima alloggiò nella lussuosa abitazione dei Caccia, nel rinomato Palazzo Al Laimun nel quartiere esclusivo di Zamalek, per accudire la loro figlia Cinzia e, a partire dal 1962, si trasferì in Arabia Saudita dove fece da governante alla principessina Madawi bint Abdul Aziz, nipote del re Abdallah, rimasta inferma alle gambe a causa della poliomielite contratta subito dopo la nascita. Questa particolare esperienza di convivenza con religiosi e laici cattolici mi ha permesso di conoscere bene, direttamente e correttamente, la realtà del cattolicesimo, sia sul piano dei contenuti sia su quello prettamente umano.
Ho potuto toccare con mano la realtà di donne e uomini che avevano scelto di votare la loro vita a Dio in seno alla Chiesa servendo il prossimo, indipendentemente dalla sua religione e nazionalità, e che testimoniavano la loro fede cristiana tramite opere volte alla realizzazione del bene comune e dell’interesse della collettività. Lì cominciai a leggere con interesse e partecipazione la Bibbia e i Vangeli, rimanendo particolarmente affascinato dalla figura umana e divina di Gesù. Ebbi modo di frequentare la chiesa di San Giuseppe, situata di fronte alla scuola delle suore comboniane, e quella di Don Bosco, interna all’Istituto salesiano. Di tanto in tanto assistetti alla santa messa, e una volta capitò che mi avvicinai all’altare e ricevetti la comunione. Fu un gesto che, da un punto di vista religioso, non aveva significato dal momento che non ero battezzato, ma evidentemente segnalava la mia attrazione per il cristianesimo e la mia voglia di sentirmi parte della comunità cattolica.
© Copyright Il Giornale, 9 maggio 2008 consultabile online anche qui.
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