8 maggio 2008

In flessione il numero degli aborti ma venire al mondo è sempre più difficile (Morresi)


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In flessione il numero degli aborti

Ma venire al mondo è sempre più difficile

di Assuntina Morresi

Considerati in valore assoluto gli aborti nel mondo sarebbero in calo e le donne abortiscono mediamente di meno rispetto a dieci anni prima.
È il risultato di uno studio pubblicato dalla rivista "Lancet" lo scorso ottobre, finanziato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e dalla Banca Mondiale, commissionato a ricercatori della stessa Oms e del Guttmacher Institute, un centro di ricerca legato alla Ippf - International Planned Parenthood Federation: Federazione Internazionale per la Pianificazione Familiare - la maggiore organizzazione non governativa che nel mondo gestisce cliniche e strutture con servizi riguardanti soprattutto contraccezione e aborto.
Si stima che nel 2003 il venti per cento circa delle gravidanze sia stato interrotto volontariamente, per un totale di quarantadue milioni di aborti in tutto il mondo, contro i quarantasei del 1995. In numero assoluto, quattro milioni in meno, quindi.
Se si considera poi il tasso di abortività, cioè il numero di aborti per mille donne in età fertile (fra i 15 e i 44 anni), si passa dai 35 del 1995 ai 29 del 2003; questi numeri equivalgono a dire che se nel 1995 ad ogni donna in età fertile corrispondevano 1,1 aborti, nel 2003 ogni donna ha a suo carico 0,9 aborti.
Quindi per ogni donna in età fertile gli aborti sarebbero in diminuzione, con l'obbligo del condizionale, perché i dati sono quasi per metà il risultato di stime e di modelli statistici: più corretto quindi parlare di tendenze che, pare, stiano emergendo. Gli stessi autori dello studio precisano che i dati forniti sono stime e non valori esatti.
Le valutazioni sull'aborto nel mondo, infatti, si basano su una prima, grande distinzione: quelli safe, eseguiti in condizioni di sicurezza, e quelli unsafe, eseguiti in condizioni di non sicurezza, cioè con personale non qualificato, in situazioni igienico sanitarie precarie, magari anche auto-procurati. In linea di massima si abortisce in condizioni safe nei Paesi in cui l'aborto è legale, ed unsafe laddove non lo è, con qualche eccezione.
Gli aborti legali nel 2003 sono stati circa ventidue milioni, e quelli illegali venti, quasi tutti nei Paesi in via di sviluppo. Solo sulla metà degli aborti conteggiati nel mondo esistono quindi dati certi, e non stimati.
Gli aborti unsafe sono valutati indirettamente, in modo diverso da Paese a Paese: ci si basa sui ricoveri ospedalieri per complicanze dovute all'aborto, sul numero di aborti spontanei registrati, sulla mortalità materna, sul tasso di fertilità, sulla diffusione di contraccettivi, su rapporti effettuati da organizzazioni non governative, da rappresentanze di donne e da personale che pratica l'aborto in strutture private.
Quasi tutti gli aborti di Africa e America Latina sono illegali. Molto critico, poi, il calcolo in due Paesi in particolare: India e Vietnam. In India, nonostante l'aborto sia legalizzato, a fronte di due milioni e quattrocentomila aborti safe, ben sei milioni e quattrocentomila vengono eseguiti in modo illegale. In Vietnam un numero sempre maggiore di aborti sfugge al conteggio ufficiale, anche per un maggior ricorso a strutture private.
Gli aborti cinesi, invece, che da soli sono un quinto di quelli mondiali, vengono tutti conteggiati come effettuati in condizioni di sicurezza, come lo sono quelli in Nord America e in Europa settentrionale e occidentale.
Secondo lo studio pubblicato da "Lancet", gli aborti in Cina - otto milioni e seicentomila nel 2003 - sono diminuiti rispetto al 1995. L'allarme lanciato pochi mesi fa dalle autorità cinesi che hanno denunciato il poco invidiabile record di dieci milioni di aborti dello scorso anno, sembra invece indicare un recente peggioramento della situazione.
Complessivamente, la metà degli aborti nel mondo si consuma in Asia, soprattutto in Cina e India.
La regione in cui il numero degli aborti supera ancora le nascite rimane comunque l'Europa dell'Est, in cui si valutano 105 aborti ogni 100 nati vivi.
Nei Paesi dell'ex blocco comunista sono registrati i maggiori tassi di aborto di tutti i tempi. D'altra parte è stata proprio la Russia, il 16 novembre 1920, la prima nazione al mondo a legalizzare l'aborto. Stalin nel 1936 ritirò la legge, nel tentativo di promuovere la natalità; l'aborto tornò poi legale nel 1955, diventando il principale mezzo di controllo delle nascite. Rapporti riguardanti il periodo 1965-1982 ne suggerivano un numero annuo compreso fra ottomilionicinquecentomila e undicimilionisettecentomila con un tasso di 170-220 donne su 1000. Non erano rare donne con otto-dieci aborti nella loro vita.
Nonostante dagli anni Novanta l'aborto sia drasticamente calato in questi Paesi, anche per via del crollo della natalità, mediamente gli aborti sono più delle nascite, ed è proprio nell'Est europeo che ancora si registra il maggior tasso di abortività di tutto il mondo, quasi il doppio che in Asia orientale.
Il declino mondiale del ricorso all'aborto registrato nel periodo 1995-2003, osservato soprattutto nei Paesi sviluppati, è dovuto principalmente al considerevole calo registrato nei Paesi ex-comunisti.
Non è facile correlare direttamente questi dati con quelli sulla mortalità materna: sullo stesso numero di "Lancet" un articolo lamenta che anche laddove sembrano esserci condizioni ideali per la registrazione anagrafica della popolazione, c'è comunque una notevole incertezza sui numeri effettivi, perché spesso i certificati di morte non sono compilati correttamente. Addirittura per un terzo dei Paesi di tutto il mondo si sono dovuti utilizzare modelli statistici per stimare quante donne in età fertile sono morte per problemi legati alla gravidanza. Ovviamente i dati sono più scarsi proprio nelle regioni del mondo in cui il rischio di morte è maggiore.
Complesso è anche il legame fra aborto e contraccezione: nei Paesi dove l'aborto per decenni è stato l'unico mezzo di controllo delle nascite, come quelli dell'ex blocco sovietico, l'introduzione della moderna contraccezione ha sicuramente contribuito a ridurre i tassi di abortività che però, come abbiamo visto, rimangono altissimi, e ai quali contribuisce l'elevato grado di disgregazione familiare e sociale. Il calo di aborti si accompagna anche a quello della natalità, in questi Paesi legato soprattutto alle drammatiche condizioni economiche, sociali e sanitarie della popolazione: un uomo in Russia, ad esempio, ha un'aspettativa di vita di soli 59 anni - 17 in meno rispetto a quella di un italiano.
Intuitivamente, si sarebbe portati a pensare che un aumento nella diffusione della contraccezione dovrebbe portare alla diminuzione degli aborti, ma i dati dimostrano che questa è una semplificazione spesso non corrispondente a verità.
In un report recente dell'Oms, esaminando i dati di Cuba, Olanda, Stati Uniti, Danimarca, Singapore e Corea, si osserva, per esempio, un aumento nella diffusione di contraccezione insieme a un aumento anche del numero degli aborti. Nel periodo esaminato, in questi Paesi le nascite erano in diminuzione.
In altri Stati, come a esempio la Francia, le nascite sono aumentate in seguito a politiche nataliste e anche per effetto dell'immigrazione, mentre il ricorso all'aborto è elevato e costante e la contraccezione sempre più diffusa.
L'Italia è invece il Paese europeo con meno contraccezione - circa il venti per cento delle donne fa uso di contraccettivi ormonali, uno dei più bassi livelli europei - con gli aborti in diminuzione e la natalità al minimo. Anche la "pillola del giorno dopo" - la cosiddetta contraccezione di emergenza, per la quale non è escluso un meccanismo d'azione abortivo - pur con un uso sempre crescente, non ha la stessa ampia diffusione di altri Paesi europei, dove si può ottenere senza ricetta medica.
I dati italiani - apparentemente anomali - si spiegano con una sostanziale tenuta nella responsabilità dei rapporti, specie quelli familiari, la quale se da un lato da sola non basta a superare le tante difficoltà di tipo economico, sociale e anche culturale, che impediscono un aumento delle nascite, dall'altro fa sì che una maternità inaspettata spesso non diventi un problema insormontabile.
In generale gli andamenti di contraccezione e aborto non possono essere analizzati autonomamente, ma vanno contestualizzati nella situazione sociale e familiare dei Paesi a cui ci si riferisce.

(©L'Osservatore Romano - 8 maggio 2008)

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