28 giugno 2007
Le priorita' del Papa: predicazione, liturgia, "Gesu' di Nazaret". Sulla curia a lui "poco amica" Benedetto XVI "soprassiede"
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Rassegna stampa del 28 giugno 2007
Aggiornamento della rassegna stampa del 28 giugno 2007 (1)
Aggiornamento della rassegna stampa del 28 giugno 2007 (2)
Benedetto XVI, le ragioni di una elezione...
Pubblichiamo un interessante articolo di Sandro Magister.
Credo che abbia assolutamente ragione quando afferma che la riforma generalizzata della curia romana non figura fra le priorita' di Benedetto XVI.
Ben altri sono i problemi della Chiesa e il Santo Padre li sta affrontando di petto.
In un mondo in cui i Cattolici non coglievano piu' la differenza fra i Re Magi e la befana, in cui spesso la Messa e' lo show per mettere in evidenza il celebrante, in cui ormai Gesu' viene spogliato della sua dimensione divina (arianesimo), in cui a Natale sembra che nasca un albero con le luci e non il Salvatore, era assolutamente necessario centrare l'attenzione sulla predicazione, sulla catechesi, sulla liturgia e sulla storicita' di Cristo.
Queste sono le priorita' di Benedetto XVI e avrebbero dovuto esserlo per chiunque fosse stato eletto al suo posto (ringraziamo il Cielo per il fatto che lo Spirito Santo abbia orientato bene i cardinali). La riforma della curia non e' poi cosi' urgente a fronte della moltudine di fedeli che chiede risposte alla Chiesa.
Ammiro Benedetto XVI per avere deciso di dare tutto se stesso alla predicazione ed alla liturgia. Lo stimo perche' ha sacrificato le sue vacanze per completare il libro su Gesu' e per il fatto di scrivere personalmente ogni omelia e ogni discorso e per la sua attenzione per la scelta dei Vescovi.
Ad multos annos, Santita'!
Raffaella
Curia romana: la riforma che non c'è
Nomine fatte col contagocce. Documenti inutili o continuamente rinviati. Uffici alla deriva. Perché il rinnovo della burocrazia vaticana non è una priorità per Benedetto XVI
di Sandro Magister
ROMA, 28 giugno 2007 – L’ultima grande riforma della curia vaticana la fece Paolo VI nell’anno quinto del suo pontificato. Benedetto XVI è nel terzo, ma niente fa presagire che stia preparando qualcosa di simile.
Le poche nomine sinora fatte in curia da papa Joseph Ratzinger, interpretate da quasi tutti come il preannuncio di una rivoluzione complessiva, sono rimaste quelle che erano: poche e isolate. La più clamorosa delle decisioni iniziali è stata addirittura revocata.
Essa riguardava il pontificio consiglio per il dialogo interreligioso. Il 15 febbraio del 2006 Benedetto XVI lo decapitò. Esiliò al Cairo, come nunzio, il suo presidente, l’inglese Michael Fitzgerald, giudicato troppo remissivo con l’islam. E delegò la direzione del consiglio per il dialogo interreligioso al presidente del consiglio della cultura, il cardinale Paul Poupard.
Oltre che un raddrizzamento di linea, quasi tutti videro in questa decisione del papa il preludio a una diminuzione di numero degli uffici curiali, eliminandone alcuni, accorpandone altri.
Il parallelo congedo del cardinale Stephen Fumio Hamao e la conseguente unificazione dell’ufficio da lui presieduto, il pontificio consiglio per i migranti e gli itineranti, con il consiglio della giustizia e della pace capeggiato dal cardinale Renato Martino parvero confermare questa volontà di sfrondamento.
Ma le cose non sono andate così. All’inizio di maggio, quest’anno, i nunzi vaticani nel mondo informarono gli episcopati dei vari paesi che il pontificio consiglio per il dialogo interreligioso sarebbe ridiventato autonomo e avrebbe riavuto un suo presidente. Questo è stato nominato il 25 giugno nella persona del cardinale Jean-Louis Tauran, già ministro degli esteri con Giovanni Paolo II.
Quanto al pontificio consiglio per i migranti e gli itineranti, esso resta accorpato con “Iustitia et Pax” ma continua come prima a macinare simposii e documenti che puntualmente cadono nel dimenticatoio: tutto l’opposto dell’attesa semplificazione. L’ultimo suo prodotto è una specie di catechismo sul codice della strada presentato alla stampa il 19 giugno.
Joseph Ratzinger ha vissuto in curia 24 anni, prima di essere eletto papa. La conosce più di chiunque altro. Vi arrivò con la diffidenza antiromana tipica dei tedeschi. Ma poi confessò di essersi ricreduto.
"Una delle cose che a Roma ho capito bene è saper soprassedere", disse in un libro-intervista del 1985. "Saper soprassedere può rivelarsi positivo, può permettere alla situazione di decantarsi, di maturarsi, dunque di chiarirsi".
Forse è proprio così che Benedetto XVI intende disciplinare la curia. Per le due nomine cruciali di ogni inizio di pontificato, quella del segretario di stato e quella del sostituto, egli ha temporeggiato fino a che le resistenze e le rivalità si sono smorzate per sfinimento.
Da quando, poi, il segretario di stato è il cardinale Tarcisio Bertone, il papa pare ben felice che l’opinione corrente attribuisca non più a lui ma all’intraprendente cardinale il compito vero o presunto di riformare la curia.
Un altro cardinale al quale il papa avrebbe dato mandato di ridisegnare la burocrazia vaticana è Attilio Nicora, presidente dell’APSA, Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, nonché sovrintendente del governatorato della Città del Vaticano e dello IOR, Istituto per le Opere di Religione, la banca pontificia.
Nicora è valido esperto in scienze amministrative, mentre Bertone ha fama di grande organizzatore. Sta di fatto che né l’uno nè l'altro sono venuti finora a capo di nulla.
Nel terzo anno di regno, è ormai evidente che sull’agenda di Benedetto XVI la riforma della curia non figura tra le priorità.
Anche a motivo della sua età avanzata papa Ratzinger ha selezionato drasticamente le cose alle quali dedicarsi anima e corpo: in cima a tutte la predicazione, le celebrazioni liturgiche e il libro “Gesù di Nazaret”, di cui sta già scrivendo il secondo volume, quello sulla passione e risurrezione.
Su queste sue priorità assolute Benedetto XVI non “soprassiede”, anzi, si dedica ad esse con passione inesausta, pari alla chiarezza cristallina con cui formula le sue tesi. Sulle questioni controverse che gli stanno a cuore papa Ratzinger non è mai equivoco. Dice chiaramente che cosa è giusto credere e fare: nel campo della liturgia come nel campo nell’etica pubblica, ad esempio se fare o no la comunione quando nello stesso tempo si sostiene la liceità dell’aborto. Ma alla fine il papa vuole che siano le coscienze a decidere. Più che emettere ordini e comminare sanzioni, mira a educare, a convincere.
Con una curia indocile, a lui poco amica, Benedetto XVI adotta invece l’altro stile: quello, appunto, del “saper soprassedere”.
Il nuovo sostituto Fernando Filoni, l’uomo di curia a più assiduo contatto col papa, è stato insediato il 9 giugno di quest’anno dopo una lunghissima gestazione che è servita a far rientrare nei ranghi i troppi aspiranti alla carica.
Non solo le nomine, anche i documenti possono subire ritardi finalizzati a smussare le resistenze.
La lettera del papa ai cattolici cinesi che era stata promessa per Pasqua è slittata fino all’estate, per trovare una formulazione che accontentasse sia i diplomatici “realisti”, più accondiscendenti con le autorità di Pechino, sia i “neoconservatori” tipo il cardinale di Hong Kong, Joseph Zen Ze-kiun, molto più battaglieri.
Un altro documento ripetutamente annunciato ma più volte rinviato è quello che autorizza un uso più largo del messale romano in latino in vigore fino al 1962. Qui gli oppositori sono sia dentro la curia che fuori, e a tutti il papa ha dato ascolto.
A consigliargli questa cautela preventiva sono anche le bordate di critiche che certe ardite innovazioni di Paolo VI in materia di curia e di conclave continuano a subire a distanza di quarant’anni.
Invece che aggredire l’apparato, Benedetto XVI si limita a collocare qua e là nella curia uomini a lui fidati: dal singalese Albert Malcolm Ranjith Patabendige Don, fatto segretario della congregazione per il culto divino, al suo ex braccio destro alla congregazione per la dottrina della fede, Bertone. Oppure a chiamare da fuori personalità di spicco: come il cardinale brasiliano Cláudio Hummes e l’ex arcivescovo di Bombay Ivan Dias.
Intanto, però, interi settori curiali continuano ad andare alla deriva, compreso quello nevralgico delle comunicazioni. L'ufficio che dovrebbe occuparsene ha dal 27 giugno un nuovo presidente, Claudio Maria Celli, che ha preso il posto dell'americano John P. Foley, divenuto pro-gran maestro dell'ordine equestre del Santo Sepolcro. Ma il cambio non promette nulla di buono: il pontificio consiglio delle comunicazioni sociali è campione di improduttività e ha la carica di segretario sguarnita da anni. Anche “L’Osservatore Romano” è l’ombra delle sue glorie passate e si trascina nell’attesa di un nuovo direttore che non arriva mai.
Molto più che le nomine in curia, a Benedetto XVI stanno a cuore le nomine dei vescovi.
Ad esse egli dedica un’attenzione di gran lunga maggiore di quella che a loro dedicava Giovanni Paolo II. Prima di dare il via libera, il papa trattiene sulla propria scrivania anche due, tre settimane i dossier dei designati. E qualche volta li boccia, senza dar spiegazione al competente dicastero curiale presieduto dal cardinale Giovanni Battista Re.
Papa Ratzinger è molto esigente, vuole vescovi di qualità e non sempre ne trova. Il ritmo delle nomine vescovili è con lui calato di un quarto, rispetto al precedente pontificato.
Per dire alla curia romana che cosa non doveva essere, Paolo VI la descrisse nel 1967, l’anno della sua riforma, come "una burocrazia pretenziosa e apatica, solo canonista e ritualista, una palestra di nascoste ambizioni e di sordi antagonismi".
Ma nemmeno Benedetto XVI è tenero. Il 7 maggio del 2006, ordinando in San Pietro 15 nuovi preti della diocesi di Roma, nell’omelia ricordò che Gesù dice di sé, poco prima di definirsi buon pastore: “Io sono la porta”. E proseguì:
"È attraverso di Lui che si deve entrare nel servizio di pastore. Gesù mette in risalto molto chiaramente questa condizione di fondo affermando: 'Chi sale da un'altra parte è un ladro e un brigante' (Giovanni 10, 1). Questa parola 'sale' – 'anabainei' in greco – evoca l'immagine di qualcuno che si arrampica sul recinto per giungere, scavalcando, là dove legittimamente non potrebbe arrivare. Nel 'salire' si può quindi vedere anche l'immagine del carrierismo, del tentativo di arrivare 'in alto', di procurarsi una posizione mediante la Chiesa: servirsi, non servire. È l'immagine dell'uomo che, attraverso il sacerdozio, vuole farsi importante, diventare un personaggio; l'immagine di colui che ha di mira la propria esaltazione e non l'umile servizio di Gesù Cristo. Ma l'unica ascesa legittima verso il ministero del pastore è la croce. È questa la vera ascesa, è questa la vera porta".
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5 commenti:
Ammiro molto la competenza e l'attenzione di Sandro Magister. Ha tanto da insegnare ai suoi colleghi. Condivido anche il commento di raffaella che non ringrazio mai abbastanza per la cura di questo blog. Vorrei infine dire che ho stampato e letto con attenzione il discorso del card. ratzinger sulla coscienza. Davvero splendido e quanto mai attuale. Grazie per queste ricerche, molto utili per chi, come noi, vorrebe approfondire e dare ragioni alla nostra fede. Di tutto, grazie! Marco
Grazie a te, caro Marco :-)
Il discorso sulla coscienza e' straordinario. Mi piace moltissimo e si tratta di riflessioni piu' che mai attuali. Sono molto affascinata dal modo in cui l'allora cardinale Ratzinger definisce il Primato petrino: il Papa non deve imporre nulla, ma richiamare e difendere la memoria cristiana.
Molto bello...
Ciao
Raffaella
Ciao Antonella, sono ancora qua: ho trovato un'intervista al card. arciprete d san paolo proprio sull'indizione dell'anno paolino di cui io stesso ti chiesi informazioni. Ecco il sito, se lo vuoi aggiungere ai tuoi post: http://www.oecumene.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=141660
Ciao, Marco.
Non so perchè ho scritto "antonella" (forse pensavo all'amica che mi ha appena scritto...), me ne sono accorto mentre premevo "pubblica commento". Scusami, Marco
Ciao Marco...non c'e' problema :-
Grazie per la segnalazione dell'articolo.
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