25 giugno 2007
Rassegna stampa del 25 giugno 2007
Vedi anche:
Il Papa ed il cardinale Newman
Il Papa esorta la Chiesa al coraggio: testimoniare la verita' senza compromessi
Cari amici, buona settimana :-)
Iniziamo la lettura dei giornali di oggi con l'avvertimento che, piu' tardi, verra' pubblicato ed analizzato un articolo di Curzio Maltese per "Repubblica". Si utilizza l'arma della demagogia e io ribattero' utilizzando lo stesso metro :-)
Raffaella
La prestigiosa istituzione costretta a uno stop per lavori
Chiude per tre anni la Biblioteca vaticana, oggi il Papa in visita
Elisa Pinna
CITTÀ DEL VATICANO Oggi Papa Ratzinger visiterà la biblioteca apostolica vaticana, un tesoro incalcolabile di centinaia di migliaia di libri, manoscritti incunaboli, che tra poche settimane - e tra le proteste dei ricercatori di tutto il mondo - dovrà chiudere i battenti per tre anni a causa di lavori di consolidamento improcrastinabili. Prima che le sale dai soffitti a volta della preziosa istituzione si trasformino in un cantiere, Benedetto XVI ha deciso di incontrare i circa 200 impiegati che vi lavorano a tempo pieno, sotto la guida del prefetto, monsignor Renato Farina, e del cardinale bibliotecario, Jean Louis Tauran, già ministro degli esteri della Santa Sede. Da oltre mezzo millennio, la Biblioteca vaticana conserva una delle raccolte librarie più importanti del mondo e non ha rivali in quanto a collezione di manoscritti e incunaboli: nella palazzina, fatta costruire da Sisto V nel XVI secolo e affacciata sul cortile del Belvedere all’interno delle mura vaticane, sono raccolti e catalogati un milione 600 mila testi stampati, 75 mila manoscritti, 8 mila 300 incunaboli, 100 mila incisioni e 300 mila monete e medaglie. Tanti i pezzi unici, tra cui il cosidetto Codex Vaticanus, il più antico manoscritto conosciuto della Bibbia. Ma anche l’intero papiro Bodmer XIV-XV, che contiene circa la metà dei vangeli di Luca e Giovanni, risalente al periodo 175-225 dopo Cristo, una rarità che verrà mostrata a Ratzinger durante la sua visita. La Biblioteca vaticana rappresenta un punto di riferimento per studiosi di tutto il mondo. È comprensibile, dunque, lo sgomento provocato dall’annuncio che l’istituzione sarebbe stata chiusa per tre anni, a partire dal prossimo 14 luglio. Ricerche personali e progetti nazionali e internazionali, finanziati da Stati, enti pubblici ed enti privati, improvvisamente bloccati. In molti hanno protestato; un gruppo di frequentatori della Biblioteca ha scritto una lettera aperta al segretario di Stato vaticano, cardinal Tarcisio Bertone, per esprimere e preoccupazione per i «gravi problemi che una prolungata chiusura è destinata a provocare alla comunità degli studiosi. Alle lamentele e alle proteste ha replicato il prefetto della Biblioteca, monsignor Farina, spiegando che purtroppo il Vaticano non aveva altre scelte: la palazzina di Sisto V - ha detto - »ha bisogno di lavori strutturali che non si possono più rinviare». Per tre anni i ricercatori di tutto il mondo si dovranno rassegnare. Durante la chiusura, molti dei libri saranno trasferiti in aree di deposito temporanee. Quanto agli incunaboli e ai manoscritti, essi saranno visibili solo in riproduzione fotografica. Per chi ha bisogno di visionarli di persona non restano ormai che pochi giorni.
© Copyright Il Cittadino, 25 giugno 2007
«La Chiesa sappia annunciare la verità senza scendere mai a compromessi»
Annunciare la verità senza compromessi e denunciare il male con coraggio, anche a costo della vita. È questo il messaggio di Giovanni Battista che «da autentico profeta - ha ricordato oggi Papa Ratzinger - rese testimonianza alla verità senza compromessi. Denunciò le trasgressioni dei comandamenti di Dio, anche quando protagonisti ne erano i potenti. Così, quando accusò di adulterio Erode ed Erodiade, pagò con la vita, sigillando col martirio il suo servizio a Cristo, che è la Verità in persona». «Anche ai nostri giorni - è stata la preghiera del Papa all’Angelus di ieri - la Chiesa sappia mantenersi sempre fedele a Cristo e testimoniare con coraggio la sua verità e il suo amore per tutti». Giovanni Battista, ha spiegato il Papa teologo commentando la ricorrenza liturgica, è stato «il precursore, la voce inviata ad annunciare il Verbo incarnato. Fu il primo testimone di Gesù, avendone ricevuto indicazione dal Cielo. Conobbe la sua piena realtà e iniziò a farlo conoscere a Israele, indicandolo come Figlio di Dio e redentore dell’uomo». «Tutti i Vangeli - ha sottolineato il Pontefice - iniziano la narrazione della vita pubblica di Gesù con il racconto del suo battesimo nel fiume Giordano ad opera di Giovanni. Ed anche il mio libro “Gesù di Nazaret” - ha concluso - prende le mosse dal battesimo di Gesù al Giordano, evento che ebbe enorme risonanza ai suoi tempi». (Agi)
© Copyright Il Cittadino, 25 giugno 2007
I vescovi bocciano la scuola di Zapatero
Alberto Bobbio
Spagna, nuovo fronte laicista: l'educazione alla cittadinanza, compreso il matrimonio gay La Chiesa: «Il governo si appropria della libertà di coscienza e diventa un educatore morale»
L' accusa è pesante ed è una denuncia senza precedenti in Europa, per stile e analisi. I vescovi spagnoli attaccano Zapatero e il suo esecutivo socialista con un'imputazione tremenda: «Si appropria della libertà di coscienza». Insomma: diventa un «educatore morale», l'esatto contrario di ciò che deve fare uno Stato democratico di diritto, evocando lo spettro dello Stato etico di Hegel, quello che procede indipendentemente dagli individui con una razionalità perfetta, autosufficiente e una supremazia assoluta. Dopo mesi di tregua nelle relazioni tra il premier socialista e la Conferenza episcopale spagnola, va in scena l'ultimo scontro e i cattolici tornano in trincea contro il laicismo radicale. È qualcosa di più di un'inquietudine e smentisce comprensioni, dialoghi e atteggiamenti costruttivi che governo e gerarchia ecclesiastica avevano cercato faticosamente di costruire, anche mettendo all'angolo, da entrambe le parti, le istanze più fortemente massimaliste.
La decisione di introdurre nella scuola l'insegnamento di «Educacion para la ciudadania» – l'educazione alla cittadinanza, nuova materia che arriverà con il prossimo anno scolastico nelle aule, dove si insegnerà agli studenti la difesa dei diritti umani, il rifiuto del razzismo, ma anche i principi delle «nuove norme di convivenza» in vigore da un paio d'anni in Spagna, cioè matrimonio gay e rispetto della diversità sessuale – è, secondo i vescovi, «un'arma di controllo delle coscienze da parte dello Stato». La Conferenza episcopale lo ha scritto in una nota pubblicata la settimana scorsa e che ha riaperto il dibattito sulle riforme eticamente sensibili proposte dal governo Zapatero. Oggi arriva a scatenare l'ultima bufera la riforma della scuola, che si chiama «Loe», Legge organica di educazione, e la nuova disciplina di studio, quell'insegnamento di educazione civica che, si legge nel documento della Conferenza episcopale, rappresenta «una grave lesione del diritto inalienabile dei genitori di scegliere la formazione morale che desiderano per i loro figli». La legge era stata approvata dal Parlamento di Madrid nel 2005 e già allora i vescovi espressero la loro preoccupazione di fronte a una riforma che rischiava di violare i diritti fondamentali in campo educativo. E adesso che la riforma va in vigore, e soprattutto adesso che si conoscono i contenuti del nuovo insegnamento di «Educazione alla cittadinanza», l'allarme è stato rilanciato.
L'anno scorso tra l'esecutivo di Zapatero e la Conferenza episcopale c'erano stati quattro incontri riservati che fecero pensare a molti che si sarebbe riusciti a trovare un accordo soddisfacente per entrambe le parti. In discussione c'erano i decreti attuativi della riforma della scuola, nei quali si sperava di riuscire, da parte cattolica, di evitare di accennare ai nuovi concetti di famiglia, introdotti dopo l'approvazione del matrimonio gay, limitandosi agli insegnamenti circa l'ordinamento costituzionale e la Dichiarazione dei diritti universali dell'uomo. Le riunioni erano state presiedute da parte governativa dal vice premier Maria Teresa Fernandez de la Vega, che aveva sempre dimostrato capacità di mediazione rispetto alle esigenze della Chiesa cattolica e che di esse aveva parlato anche con Benedetto XVI nel corso della visita a Valencia lo scorso luglio. Ma evidentemente non sono stati fatti i conti fino in fondo con lo zapaterismo, che ha assunto sempre di più le forme di un'ideologia radicale e statalista, che va oltre i confini dello stesso Partito socialista. Il primo marzo scorso i vescovi avevano già scritto che i decreti attuativi «stabiliscono espressamente che i nuovi insegnamenti pretendono di formare con carattere obbligatorio la coscienza morale e civica di tutti gli studenti in tutti gli istituti, per cui i criteri di valutazione non si riferiscono solo ai contenuti, ma anche agli atteggiamenti e alle abitudini personali, la cui natura si basa sempre sulla visione della vita che informa la coscienza morale». Sono gli stessi concetti già ribaditi due anni fa e che avevano fatto insorgere il portavoce della Moncloa, la sede del governo spagnolo, Fernando Moraleda, il quale aveva duramente replicato che un «Paese democratico non può permettere che la dottrina cattolica prevalga sulle decisioni governative, oltretutto a causa di una gerarchia ecclesiastica che non sa seguire le evoluzioni della società». I vescovi e le associazioni cattoliche hanno sempre replicato che l'ottanta per cento dei genitori spagnoli è con la Chiesa. La Conferenza episcopale ha sempre cercato il dialogo e questa linea è stata anche ribadita dal Papa nella visita a Valencia per l'incontro mondiale sulla famiglia, nonostante Zapatero non abbia partecipato alla Messa di Benedetto XVI, gesto clamoroso che mai un capo di Stato aveva messo in atto.
Nei mesi scorsi le preoccupazioni della Conferenza episcopale erano state tutte indirizzate a ricucire i rapporti con le autorità di governo. Si era riusciti a raggiungere una mediazione sull'insegnamento della religione, che restava obbligatorio per le scuole, ma volontario per gli alunni. Si era riusciti a trovare un accordo anche sui finanziamenti alla Chiesa cattolica, utilizzando la formula italiana dell'otto per mille, anche se con una cifra inferiore. Rimanevano certamente tutte le divergenze su matrimonio gay, divorzio express e legge sulla clonazione degli embrioni a fini terapeutici. Ma andava avanti il dibattito sull'applicazione della riforma della scuola. Qualche mese fa il cardinale di Toledo, Canizares Llovera, aveva spiegato che l'educazione civica, secondo la formula di Zapatero, «è inaccettabile nella forma perché impone legalmente a tutti un'antropologia che solo alcuni condividono e, in fondo, perché i suoi contenuti sono dannosi per lo sviluppo integrale della persona». Il cardinale definiva «diritto inalienabile e non negoziabile» quello dei genitori di scegliere il tipo di educazione adatto ai loro figli. E arrivava ad autorizzare «l'obiezione di coscienza per la difesa dei loro figli». Un'adesione di massa all'obiezione di coscienza spaccherebbe il Paese. Il comunicato della settimana scorsa della Conferenza episcopale non ne fa cenno, ma dice solo di «utilizzare tutti i mezzi legittimi», lasciando margini a un'ulteriore mediazione. Così la battaglia si sposta sui libri di testo per il nuovo insegnamento. In alcune bozze si parla esplicitamente di matrimoni gay e di indifferenza sessuale, in altre di famiglie tradizionali.
Lo stesso ministro della Pubblica istruzione, Mercedes Cabrera, sembra aver deciso un dietrofront invitando a eliminare i riferimenti espliciti ai matrimoni gay. E anche la recente lettera pastorale del cardinale di Madrid Ruoco Varela, dedicata all'insegnamento della religione nella scuola, fa osservare che negli insegnamenti deve essere «compreso anche il sapere cristiano», evitando con la nuova materia di educazione civica, «il rischio di un'inaccettabile intromissione dello Stato nell'educazione morale degli alunni». Molte scuole cattoliche e molti insegnanti, pur condividendo le preoccupazioni della Conferenza episcopale, hanno deciso di attuare le disposizioni del governo, evitando di toccare durante l'ora di educazione civica ogni argomento polemico e insistendo su un insegnamento rispettoso dei valori cattolici.
© Copyright L'Eco di Bergamo, 25 giugno 2007
Una "pastorale" ad hoc per attualizzare e rendere più efficace l'azione evangelizzatrice
Nella strada metafora dell'esistenza la Chiesa si ritaglia un ruolo propositivo
Emanuela Bambara
Il Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, guidato dal cardinale Raffaele Renato Martino, ha pubblicato, in questi giorni, il documento "Orientamenti per la pastorale della strada". Si tratta di considerazioni e proposte pastorali sulla "strada". Intesa, innanzitutto, in senso concreto, quale il luogo principale della vita dei cittadini del terzo millennio, dove si registrano, ogni anno, un numero altissimo di incidenti e di morti. Oltre 35 milioni, nel secolo XX, secondo i dati del dicastero vaticano, circa un miliardo e mezzo i feriti. Il documento vaticano fornisce un "Decalogo del conducente", che elenca i "consigli utili" che valgono come un'applicazione dei "dieci comandamenti" per la vita sulla strada:
1) Non uccidere;
2) La strada è strumento di comunione e non di danno;
3) Cortesia e prudenza;
4) Aiutare i bisognosi, specie le vittime di incidenti;
5) L'automobile non sia occasione di peccato;
6) I giovani devono essere convinti a non guidare se non sono in condizione adatta;
7) Sostenere le famiglie delle vittime;
8) Fare incontrare vittima e "aggressore" per il perdono reciproco;
9) Tutelare i più deboli;
10) Sentirsi responsabili verso gli altri.
La "strada", nel suo valore simbolico e metaforico, è anche la chiave ermeneutica di comprensione delle difficoltà dell'esistenza oggi. I principali destinatari del documento pontificio sono gli autisti di motorini, automobili, mezzi pesanti e treni, che utilizzano le strade ferrate. E poi, "donne di strada", "ragazzi di strada", "senza fissa dimora", che, nella strada, appunto, hanno la loro casa. Ma, destinatari secondari sono tutti gli itineranti del nostro tempo. La mobilità, infatti, il continuo spostamento, è la caratteristica della società contemporanea e costituisce – ha dichiarato il card. Martino – «una sfida urgente per le istituzioni, per gli individui e per la Chiesa».
La preoccupazione maggiore delle gerarchie ecclesiastiche sono i giovani. «Si stima che siano 100-150 milioni, secondo l'Organizzazione internazionale del lavoro, i ragazzi che abitano la strada – ha detto il card. Martino –. Sono giovani a rischio di tutto, una vera e propria emergenza sociale, oltre che pastorale».
La Chiesa cattolica del terzo millennio elabora, così, una "pastorale della mobilità", adeguando la propria azione evangelizzatrice alle nuove condizioni di esistenza. La necessità di scandire un decalogo nella forma di imperativo etico rivela le difficoltà che incontrano le autorità religiose, come anche quelle civili e politiche, a individuare il linguaggio corretto per rivolgersi ai fedeli e ai cittadini di oggi, cercando di comprenderne e incontrarne bisogni.
Sacerdoti e religiosi con dinamismo e dedizione si prodigano in interventi di aiuto per le persone che vivono in strada, in vario modo.
E la Chiesa si preoccupa di mettere a punto un testo che segni, in qualche modo, il riconoscimento di una realtà umana sempre più strutturale della società.
Per poter rispondere davvero alle emergenze che questa nuova dimensione esistenziale apre, è necessario, però, che operatori ed esperti sociali ed economici collaborino per indagare una condizione che sembra avere sempre più i caratteri di un problema, per il numero elevato e sempre crescente di "abitanti della strada", che rivela un fenomeno complesso, che la Chiesa intuisce, sperimenta e affianca. I responsabili della "cosa pubblica" dovrebbero meglio indagarlo, per conoscerlo, controllarlo e affrontarlo nei suoi variegati aspetti, se non proprio risolverlo.
© Copyright Gazzetta dela sud, 25 giugno 2007
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