29 giugno 2007
Aggiornamento della rassegna stampa del 29 giugno 2007 (1) [Messa tridentina]
Vedi anche:
Mons. Bagnasco: "Vogliamo evangelizzare l´Italia ma la Chiesa non cerca egemonie"
Rassegna stampa del 29 giugno 2007 [Messa tridentina]
SPECIALE: IL MOTU PROPRIO CHE LIBERALIZZA LA MESSA IN LATINO
San Paolo nella catechesi di Papa Benedetto
Pietro e Paolo sono inseparabili l'uno dall'altro, come Romolo e Remo
Il Papa presenta a un gruppo ristretto di cardinali il suo "Motu proprio". L´anno prossimo il Giubileo paolino
Messa in latino su richiesta dei fedeli e i vescovi non potranno opporsi
ORAZIO LA ROCCA
CITTÀ DEL VATICANO - Ratzinger «resuscita» la Messa in latino di rito tridentino tanto cara ai lefebvriani. La settimana prossima, il Papa con un documento «motu proprio» - testo con cui il pontefice esercita la sua immediata autorità - riporterà alla ribalta l´antica celebrazione liturgica codificata da papa San Pio V (1566-1572), parzialmente rinnovata nel 1962 da Giovanni XXIII, ma definitivamente archiviata nel 1969 da Paolo VI.
Ratzinger - secondo indiscrezioni vaticane - consentirà a chi ne farà richiesta (si pensa a gruppi di non meno di 30 persone) di seguire l´antico rito senza il placet dei vescovi, i quali dovranno solo verificare la bontà delle richieste e organizzare apposite parrocchie con preti delegati per la Messa tridentina.
Benedetto XVI - da sempre profondo estimatore del latino - andrà incontro, così, a quanti nella Chiesa hanno nostalgia della vecchia celebrazione eucaristica. E vale a dire, una Messa recitata tutta in latino, ad eccezione dell´omelia sempre pronunziata nelle lingue nazionali, con i celebranti vestiti con la classica pianeta al posto dell´attuale casula, rivolti verso il tabernacolo in direzione dell´Oriente e con le spalle ai fedeli, senza lettori laici dei passi biblici, i chierichetti sempre in ginocchio, e con gestualità e riti liturgici (benedizioni, genuflessioni, aspersioni...) ritenuti ormai superati.
Ma, Ratzinger spera anche di poter recuperare, in particolare, i seguaci dello scismatico Marcel Lefebvre, il vescovo francese rimasto fedele al latino, scomunicato nel 1988 da Wojtyla per aver ordinato quattro vescovi senza il placet papale. Contro la Messa tridentina in passato si sono schierati non pochi vescovi e cardinali, specialmente quelli più sensibili alla riforma conciliare. Per questo, Il papa - che in serata nella basilica di San Paolo fuori le mura ha annunciato il Giubileo paolino per il prossimo anno - ne ha parlato a un ristretto numero di vescovi e cardinali di quasi tutti i continenti, convocati dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone. Tra i presenti, gli italiani Ruini, cardinale vicario di Roma, e il vescovo Bagnasco, presidente della Cei; il cardinale tedesco Lehman; il cardinale inglese Murphy O´ Connor; l´arcivescovo svizzero Koch; gli statunitensi O´ Malley, cardinale di Boston, e Burke, arcivescovo di Saint Louis; i cardinali francesi Ricard e Barbarin, esponenti di quell´episcopato d´Oltralpe fiero oppositore della Messa tridentina. E, quasi a volerli rassicurare, Bertone ha garantito che «nella Messa in latino il ruolo del vescovo resta centrale» perché «si vuole soprattutto rendere omaggio alla grande ricchezza della tradizione».
Un analogo giudizio era stato espresso nel 1990 dall´allora cardinale Ratzinger alla prefazione della ristampa in francese della Messa di San Pio V, definita dal futuro pontefice «una liturgia parte integrante della ricchezza della Chiesa» che «contribuirà al rinnovamento liturgico del Concilio, evidenziando la bellezza dell´unità nella varietà».
© Copyright Repubblica, 29 giugno 2007
Messa in latino, ecco il documento del Papa
Il «motu proprio» presentato in anteprima a un gruppo di cardinali. Tradizione da riscoprire, non un ritorno al passato
CITTÀ DEL VATICANO Dopo mesi di indiscrezioni più o meno attendibili, è finalmente pronto il «motu proprio» di Papa Ratzinger, che ridarà legittimità e spazio alla Messa in latino di rito tridentino, superata nel 1969 dalla riforma liturgica di Paolo VI.
Il documento sarà reso noto al grande pubblico entro la prossima settimana, ma già ieri sera Benedetto XVI ne ha consegnate le prime copie ad una rappresentanza ristretta e qualificata di cardinali e vescovi provenienti da tutto il mondo. Una quindicina di persone in tutto: tra di loro – a quanto si è appreso – vi erano, oltre al segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, gli italiani Camillo Ruini, cardinale vicario di Roma, e Angelo Bagnasco, presidente della Cei; gli statunitensi Sean Ò Malley, cardinale di Boston, e Raymond Burke, arcivescovo di Saint Louis; i francesi Jean Pierre Ricard (il cardinale presidente dell'episcopato francese) e il cardinale Philippe Barbarin; il cardinale tedesco Karl Lehman; il cardinale inglese Cormac Murphy Ò Connor e l'arcivescovo svizzero Heiner Koch.
Con loro Ratzinger ha avuto – sono parole di un comunicato della Sala Stampa vaticana – «un'approfondita discussione per circa un'ora». Durante l'incontro sono stati illustrati – afferma ancora la nota – «il contenuto e lo spirito dell'annunciato "motu proprio" del Santo Padre sull'uso del messale promulgato da Giovanni XXIII nel 1962».
Con quel decreto di 45 anni fa, papa Roncalli si limitò ad aggiornare il rito tridentino codificato da San Pio V, che prevedeva la Messa in latino e un rapporto fortemente gerarchico tra sacerdote, sempre rivolto verso l'altare, e l'assemblea di fedeli per lo più inginocchiati nella postura che più si addice a chi cerca «la misericordia di Dio». La Messa tridentina, risalente al 1570, è rimasta in vigore «come rito universale ordinario» della Chiesa Cattolica fino al 1969, anche se nella prassi era stata già profondamente modificata in epoca conciliare. Paolo VI la sostituì con il nuovo Missale Romanum, che prevedeva la Messa nelle lingue nazionali, con il sacerdote rivolto verso i fedeli e una partecipazione più assembleare. Fu l'abrograzione del messale di Pio V (pur con varie deroghe) uno dei motivi che provocò la scissione dei cattolici ultratradizionalisti del defunto vescovo francese monsignor Marcel Lefebvre negli anni '80 del secolo scorso.
Nel ridare legittimità alla Messa in latino, Ratzinger ha più volte ripetuto di non voler rinnegare la riforma di Paolo VI: il messale introdotto ufficialmente nel 1970 rimarrà - affermano gli esperti vaticani - quello usato dalla quasi totalità dei cattolici del mondo. Il documento del Papa renderà più facile la celebrazione della Messa in latino; bisognerà però leggere il testo del «motu proprio», ovvero la prefazione di Ratzinger al messale del 1962, per capire fino a che punto si spingerà la liberalizzazione. Le indiscrezioni circolate nell'autunno dello scorso anno sulla prima bozza di «motu proprio» ipotizzavano che bastasse la richiesta di un certo numero di fedeli per obbligare un sacerdote al rito tridentino. Il progetto di totale liberalizzazione della Messa in latino aveva suscitato le perplessità e le riserve di alcuni episcopati, in particolare quello francese e quello statunitense, timorosi che la presenza di due riti liturgici potesse alla fine incrinare l'unità delle chiese nazionali e togliere autorità ai vescovi locali. Dal dicembre scorso, sarebbero state apportate diverse modifiche al documento originale, per consentire ai vescovi di avere comunque «l'ultima parola».
«La forma liturgica pre-conciliare è una grande ricchezza» ha commentato ieri da parte sua il cardinale Segretario di stato Vaticano Tarcisio Bertone. Il porporato ha spiegato che comunque il ruolo del vescovo resta centrale nelle nuove disposizioni. «C'è stata in Vaticano una riunione sul motu proprio – ha detto Bertone – che delinea alcune condizioni per celebrare la Messa secondo il messale di Giovanni XXIII del 1962 e il Papa ha spiegato le sue motivazioni. Il motu proprio verrà pubblicato con tutte le norme nei prossimi giorni e poi entrerà in vigore più avanti». «C'è inoltre – ha aggiunto il porporato – una bella lettera personale del Papa a tutti i vescovi del mondo che spiega il perché rivalutare e riprendere in mano la forma liturgica pre-conciliare, una grande ricchezza».
A proposito della possibilità che si possano creare conflitti tra i fedeli che fanno richiesta del messale latino e il sacerdote che celebra la Messa, Bertone ha precisato che «il ruolo del vescovo è centrale nelle disposizioni dell'ordine delle celebrazioni, i sacerdoti non sono autonomi ma sottoposti al vescovo che fa riferimento al Papa e alla liturgia della Chiesa universale; c'è una comunione e ci deve essere sintonia in questa bella orchestra».
© Copyright, L'Eco di Bergamo, 29 giugno 2007
Torna la messa in latino Ai parroci la decisione
di ALESSANDRA STOPPA
Il Santo Padre ha benedetto la nuova messa, cioè l'antica. L'aveva annunciato lo scorso ottobre. «Credo che, almeno nelle occasioni più solenni, la messa andrebbe celebrata in latino. Mi piacerebbe sentirla in una lingua che caratterizza la nostra terra ed il nostro passato». Poi due giorni fa, Benedetto XVI ha incontrato ufficialmente alcuni vescovi e cardinali per illustrare il suo "motu proprio" sul ritorno del rito in latino. Ita missa est. Ritorna la tridentina. Che fu limitata dalla riforma del Concilio Vaticano Secondo (1962-65), quando si decise l'introduzione della lingua volgare per favorire la comprensione dei fedeli. Ieri, il Vaticano ha reso nota l'ufficializzazione dell'indulto firmato dal Pontefice. Presentato, in un incontro presieduto dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, a un gruppo ristretto di vescovi e cardinali in rappresentanza degli episcopati di tutto il mondo. Il documento era ormai atteso da mesi, in questi giorni sarà inviato ai vescovi di tutto il mondo ed entro la prossima settimana reso pubblico. Ancor prima di salire al soglio pontificio, il Santo Padre si era mostrato sensibile al tema. Ne aveva richiamato l'importanza in più occasioni e anticipato il "motu proprio" che consentirà a tutti i sacerdoti cattolici nel mondo di celebrare la messa in latino. Viene liberalizzato il messale di San Pio V e ogni sacerdote potrà scegliere se continuare a celebrare la messa in lingua volgare, o tornare a quella tridentina. Che non è semplicemente il novus ordo tradotto in latino. E' una liturgia differente, che prende il nome dal Concilio di Trento del XVI secolo ed è celebrata interamente in latino, ad eccezione di alcune frasi in greco e in ebraico. Prevede che ci siano lunghi periodi di silenzio e che il sacerdote sia rivolto all'altare. La pubblicazione del documento sarà accompagnata da una lettera del Santo Padre ai singoli vescovi. A loro indicherà l'inizio dell'entrata in vigore e spiegherà lo spirito della decisione. Potranno essere, infatti, i singoli vescovi a valutare l'utilità o meno dell'indulto per la propria diocesi. Per evitare abusi, potrebbero - il diritto canonico lo consente - porre il veto all'applicazione del documento pontificio. Del resto, il "motu proprio" di Papa Ratzinger tocca i delicati rapporti con gruppi tradizionalisti, in particolare con i lefebvriani, seguaci di monsignor Marcel Lefebvre, l'arcivescovo francese protagonista negli anni Ottanta della rottura col Vaticano in nome dei valori tradizionalisti e in contestazione delle riforme conciliari. Ora si attende la pubblicazione del documento e la spiegazione del Santo Padre.
© Copyright, Libero 29 giugno 2007
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