28 giugno 2007
Oggi Benedetto XVI indice l'anno paolino
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Domani (oggi) il Papa indice l'Anno Paolino nel bimillenario della nascita dell'Apostolo delle Genti
Oggi pomeriggio alle 17.30, nella vigilia della solennità dei Santi Pietro e Paolo, Benedetto XVI presiederà la celebrazione dei Primi Vespri nella Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura e in questa occasione indirà ufficialmente l’Anno Paolino per il bimillenario della nascita dell’Apostolo delle Genti. L'evento partirà il 29 giugno del prossimo anno per concludersi il 29 giugno del 2009. Promotore dell'iniziativa è stato il cardinale arciprete della Basilica di San Paolo fuori le Mura, Andrea Cordero Lanza di Montezemolo. Giovanni Peduto lo ha intervistato:
R. – Come lei sa, io sono cardinale arciprete della Basilica papale di San Paolo fuori le Mura da ormai circa 2 anni. Fin dall’inizio ho pensato e ho ricercato una qualche data che potesse aiutarci a fissare una celebrazione particolare, sia per la figura di San Paolo e particolarmente per l’insegnamento di San Paolo, che avesse un valore per tutta la Chiesa cattolica. Dicono gli esperti di Sacre Scritture che San Paolo doveva avere più o meno una decina di anni meno di Cristo, quindi la sua nascita si colloca tra l’anno 7 e l’anno 10 dell’era cristiana. E ho pensato: perché non celebrare un bimillenario? Così ho chiesto al Santo Padre se non ritenesse che potesse essere di un certo interesse, per tutta la Chiesa cattolica, indire una celebrazione bimillenaria, cioè un anno dedicato alla vita, alla figura, all’insegnamento e all’attività di San Paolo. Il Papa ha accolto ciò con molto interesse, ha promesso prima di pensarci e dopo mi ha comunicato che era sua intenzione indire l’Anno Paolino. Noi prevediamo un programma che comprenda un anno di preparazione, indetto adesso, un anno di celebrazioni ed eventualmente un terzo anno, con tutte le conseguenze e le conclusioni che abbiamo intenzione di fare, cioè di lanciare e di indire molti particolari programmi. In particolare vorrei segnalarne subito uno: la Basilica di San Paolo, per decisione dei Papi, ha un carattere diverso dalle altre tre ed è esattamente il senso e la dimensione dell’ecumenismo. Il Papa dà molta importanza a tutte le attività che si fanno in San Paolo, da quelle liturgiche a quelle culturali, a quelle di studio, a quelle dei convegni, una dimensione ecumenica, che ci possa aiutare a studiare e a realizzare sempre meglio quella che è l’unità di tutti i cristiani nel mondo.
D. - Quali saranno i principali appuntamenti dell’Anno Paolino?
R. – Tra gli appuntamenti finora già stabiliti c’è un Colloquio paolino, che da diverso tempo si celebra ogni due anni e ha un carattere ecumenico. Infatti, il direttore di quello che sarà l’incontro, che dovrebbe avvenire nell’ottobre del 2008, è un noto teologo luterano. Il Colloquio paolino si è già celebrato un anno e mezzo fa e per ogni biennio si stabilisce un tema particolare di approfondimento, fatto proprio in comunione con le altre famiglie cristiane, non cattoliche. Abbiamo molte idee per la testa e vedremo adesso, dopo l’indizione ufficiale dell’Anno paolino, di cominciare a concretizzarle. Io stabilirò – è già stato programmato – un particolare ufficio presso la nostra amministrazione, presso la Basilica di San Paolo fuori le Mura, proprio per tutto quello che riguarda la celebrazione dell’Anno Paolino. Pensiamo di promuovere dei programmi di carattere liturgico in Basilica, dei cicli di preghiera, di organizzare sempre meglio - e più ancora di quanto già si faccia – pellegrinaggi da tutto il mondo alla Basilica di San Paolo, di promuovere anche pellegrinaggi che girino il vicino Oriente, le piste di San Paolo, per studiare tutti quei luoghi della Terra Santa che sono così ben chiaramente definiti. Basta leggere gli Atti degli Apostoli. Pensiamo anche a dei programmi culturali da celebrarsi nella Basilica o nelle adiacenze della Basilica o anche altrove e di promuovere, di lanciare dei concorsi per studi particolari o particolari pubblicazioni o anche per opere musicali o cose del genere. Tutto allo studio!
D. - Cosa colpisce di più nella fede di San Paolo?
R. – La profondità, la sicurezza e l’ampiezza della sua fede, che ha saputo trasmettere con grande forza, con grande vigore e questo senso di apertura al mondo. Non per nulla è chiamato “l’Apostolo delle genti”, perché dal vicino Oriente si è portato, attraverso varie aree dell’Anatolia, in quello che era il mondo conosciuto di allora: la Grecia, Roma… Ha sfidato le autorità del tempo, quando è stato accusato, per dire: “Sono cittadino romano. Voglio essere giudicato dall’imperatore”. Ed è stato trasferito a Roma, dove è venuto e poi è morto, ha subito il martirio. C’è in lui questo senso della universalità. E’ proprio l’Apostolo delle genti, quello che può veramente farci approfondire sempre di più la fede in Cristo, che è una ed una sola e deve portarci all’unità di tutto il gregge cristiano.
D. - Come annuncerebbe oggi il Vangelo San Paolo?
R. – Lo annuncerebbe con parole e una lingua più moderna, ma la sostanza è quella. In San Paolo colpisce la forza con la quale pronunzia le sue sentenze, afferma quelli che sono i principi. Ricordiamoci che lui stesso dice di avere una cultura ebraica, rabbinica, ma ha avuto questa apertura alla luce, alla fede, attraverso delle rivelazioni. Lui stesso lo dice. Quindi, la forza, l’ampiezza, la sicurezza con la quale annunzia quello che nelle sue varie lettere ha scritto, penso sarebbero le stesse. Certo, il linguaggio sarebbe diverso, ma la forza del contenuto sarebbe quella.
D. - Di recente in questa Basilica è stata riportata alla luce la Tomba di San Paolo …
R. – Sì, è vero. Fin dall’inizio mi ha colpito il fatto che la Tomba di San Paolo, da venti secoli – quindi dall’inizio – ritenuta senza alcun dubbio in quella posizione, in quel punto, dove è sempre stato concentrato per venti secoli il culto, è circondata da muratura sicuramente del IV secolo e forse anche in alcune parti anteriore. Ci si domanda perché sia stata fatta questa muratura, sulla quale poggia l’attuale altare papale, tutta intorno. Con molta probabilità, perché ci si trovava nell’ansa del Tevere e il Tevere ogni anno, dopo le piogge, era soggetto ad alluvioni e arrivava non solo a lambire, ma a coprire una grande parte di quella che era la Basilica. Tanto è vero che esiste un documento dove, nei secoli passati, un Papa, in seguito ad un’alluvione venne in barca per vedere i danni che poteva aver subito la Tomba di San Paolo. Il Tevere poi, piano, piano, molto cortesemente si è allontanato, tanto che oggi non c’è più pericolo di alluvioni. Allora, il mio pensiero è stato quello di riuscire ad aprire da qualche parte almeno una finestra per arrivare a vedere, cosa che è stata fatta con molta attenzione per l’equilibrio e la stabilità di quello che è il baldacchino di Arnolfo di Cambio, che poggia su quattro colonne, che sono proprio ai lati, ai quattro angoli dell’altare papale. Scavando dalla parte dell’ipogeo, aprendo una finestra di circa 70 cm siamo arrivati al fianco del sarcofago, che oggi è visibile, anche se non sarebbe certo facilmente apribile o estraibile per tutta la struttura che c’è intorno. L’abbiamo, però, almeno sistemato con una grata e un’opportuna illuminazione in modo che i fedeli possano vedere il fianco del sarcofago di San Paolo, che è di marmo di Carrara molto grezzo, non lucidato. Quindi, non ha iscrizione, non ha nulla, ma è sicuro che da venti secoli quello è il fianco del sarcofago della tomba di Paolo.
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Primi Vespri nella Basilica di San Paolo fuori le Mura: il Papa lancia l'Anno Paolino
Oggi Benedetto XVI indirà ufficialmente l’Anno Paolino per commemorare i 2000 anni della nascita dell’Apostolo delle Genti, che si fa risalire tra l’anno 6 e l’anno 10 dopo Cristo. L’annuncio avverrà durante la celebrazione dei Primi Vespri presieduti nel pomeriggio dal Papa nella Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura. La Radio Vaticana trasmetterà la cronaca dell'evento a partire dalle 17.20 con commento in italiano sull'onda media di 585 kHz e sulla modulazione di frequenza di 105 MHz. L’Anno Paolino partirà il 29 giugno del prossimo anno per concludersi il 29 giugno del 2009. Sul significato di questo evento ascoltiamo il padre gesuita Francesco Rossi de Gasperis del Pontificio Istituto Biblico di Gerusalemme, intervistato da Fabio Colagrande:
R. - Studiare Paolo non tanto in se stesso, come un caso eccezionale della vita apostolica della Chiesa, ma piuttosto integrato nella catechesi globale del Nuovo Testamento a cui appunto dobbiamo tornare, mi sembra che sia provvidenziale. Segnalandone veramente quello che è proprio originale, ma nello stesso tempo senza farne un caso a parte, un paolismo, un paolinismo, un cristianesimo diverso da quello degli altri apostoli.
D. - Ecco, diciamo, la dimensione universale del suo apostolato è uno degli elementi che viene più spesso sottolineato…
R. – Certamente. Quello che mi pare interessante in Paolo è mostrare come questo ecumenismo in lui è stata la scoperta all’interno del proprio ebraismo. A Paolo, nell’incontro tutto speciale con Gesù risorto, si è aperta nella coscienza la consapevolezza che Gesù risorto rappresenta un’apertura globale del suo giudaismo, del suo ebraismo: non è uscito dalla visione farisaica, ebraica, che era la sua, ma questa visione è stata completamente rinnovata e aperta proprio dall’incontro con il Gesù risorto, prima che con il Gesù storico, perchè Paolo non ha mai incontrato il Gesù storico prima della Risurrezione, lo ha incontrato già glorificato e questa glorificazione ha saputo vederla all’interno della sua fede ebraica, proprio perché essa è contenuta nell’Antico Testamento come la vocazione di Israele, in fondo, quella di aprirsi per essere la nazione della benedizione del Signore per tutte le genti.
D. - Ecco, qual è dunque, padre Rossi De Gasperis, il ruolo reale dell’Apostolo delle Genti nella fondazione del cristianesimo?
R. - E’ quello di aver capito che l’universalità del messaggio evangelico fa parte proprio della radice ebraica, fa parte del disegno di Dio fin dal principio, della fede di Abramo, che è diretta per essere la benedizione di tutte le nazioni della terra. Questo, certamente, Paolo lo ha avuto come carisma particolare, direi che poi è ciò che lo ha fatto chiamare, e lui stesso si è chiamato, “l’Apostolo delle Genti”. Non nel senso che crea un cristianesimo nuovo a parte, ma nel senso che lo porta fino in fondo a quella che era la vocazione già vista dai grandi profeti come un seme che deve nascere, che deve mettere radici per essere l’albero della salvezza, l’ulivo della salvezza per tutte le genti.
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Diretta su Sat2000 e Telepace (canali 801 e 802) a partire dalle 17.30.
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