13 luglio 2007

Messa tridentina: il commento del Vescovo di Pisa e del teologo Balletto


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Grazie alla nostra amica Charette possiamo leggere il seguente articolo:

«Messa in latino? Dobbiamo vigilare». Plotti: solo se la chiedono i parrocchiani, con amore e senza pretesti.

di Giovanni Parlato

Pisa. La maggior parte dei fedeli teme di entrare in chiesa e ascoltare il prete che non celebra più la messa in italiano, ma in latino.
Un ritorno all'antico di cui la gente non riesce a comprendere le ragioni. In realtà, la questione è più complessa e diversa. Ne abbiamo parlato con l'arcivescovo di Pisa, Alessandro Plotti, che è stato vice-presidente della Cei, la Conferenza episcopale italiana.

Monsignore, qual è la novità principale introdotta da papa Ratzinger?

«Torna la possibilità di celebrare la messa di san Pio V, il rito tridentino precedente il Concilio Vaticano II».

Qual è il motivo che ha spinto il papa a questa decisione?

«All'interno della chiesa cattolica esistono gruppi, come i lefebvreiani [sic], legati a questo rito. Si è voluto dare l'opportunità a questa esigua parte di cattolici di celebrare la messa secondo il rito precedente il concilio».

Quali novità introduce la possibilità di celebrare la messa secondo il rito tridentino?

«Chi, prima, voleva celebrare la messa con il rito preconciliare di Pio V doveva presentare una domanda al vescovo. Adesso non è più così. Un gruppo di parrocchiani stabilmente costituito può avanzare la richiesta direttamente al parroco. Secondo l'articolo 5 del motu proprio "Summarum [sic] Pontificum" di papa Benedetto XVI ciò può avvenire solo nel caso in cui nella parrocchia esista stabilmente un gruppo di fedeli che vuole che sia celebrata la messa secondo la liturgia pre-conciliare. Ma l'articolo aggiunge che il consenso, però, si deve armonizzare con la cura pastorale ordinaria della parrocchia».

Avrà effetti sul nostro territorio?

«No, nella nostra zona non credo. In Toscana, tuttavia, ci sono un paio di luoghi che potrebbero aderire al rito preconciliare. A Poggibonsi c'è una comunità dell'ordine cavalleresco dei Templari riconosciuta dall'arcivescovo di Siena cui è stato concesso l'indulto per celebrare la messa. Un'altra comunità si trova a Cicigliano [sic], vicino Firenze, dove ci sono ex lefebvreiani [sic sic] legati a questo particolare rito. In Italia, ma soprattutto in Francia e Usa, ci sono movimenti che vogliono sconfessare la nuova messa poiché è il frutto del Vaticano II, un concilio che secondo loro ha rovinato la chiesa. Sono poccole frange integraliste contrarie all'apertura della chiesa che s'incarna nel mondo».

Qual è la sua posizione?

«Ritengo che noi vescovi dobbiamo vigilare. Ho scritto una nota per i parroci della diocesi che sarà pubblicata fra quindici giorni sul bollettino diocesano».

Può anticipare il contenuto di questa nota?

«I parroci prima di dare il loro consenso devono verificare che sia una richiesta autentica d'amore e voluta da un gruppo stabile di fedeli e che tutto quanto si armonizzi con la cura ordinaria».

C'è la possibilità che gruppi di cattolici integralisti possano arrivare da fuori e richiedere a un parroco di celebrare la messa di San Pio V?

«La richiesta, come ha voluto il papa, deve provenire dai fedeli che frequentano la parrocchia. Credo che andrebbero stroncate le eventuali richieste di chi volesse celebrare una messa col rito preconciliare senza un fondamento di amore e serenità per la Chiesa, ma adducendo solo pretesti».

© Copyright Il Tirreno di venerdì 13 luglio 2007, p. 13

A parte gli errori grossolani (chi scrive un articolo dovrebbe almeno evitare certi scivoloni ridicoli), vorrei far notare che c'e' una grande falsita' di fondo: nessun fedeli, in nessuna parte del mondo, si ritrovera' con una Messa in latino contro la sua volonta'. E' ora di finirla di seminare il "panico" con notizie tendenziose e false.
Non mi pronuncio sull'arcivescovo di Pisa. Mi pare, pero', che sottovaluti la portata del motu proprio che NON riguarda solo i Lefebvriani ma la Chiesa intera
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Raffaella


Messa in Latino non usarla come un´arma

DON ANTONIO BALLETTO

NON c´è alcun dubbio: il latino è una bella lingua; una lingua che, una volta, poteva anche concorrere a formare una testa ben fatta e rigorosa. Dico: «una volta»; infatti l´esercizio di quella lingua doveva essere un esercizio perfezionato e star legato ad altre discipline e ad altre esperienze che portavano un serio contributo per formare teste ordinate e ben fatte. Quei pochi brandelli di latino che alcuni scalmanati sbandierano insieme ai vessilli di Poitier e alle bandiere di Lepanto, non mi pare che abbiano un vigore particolare. E poi, in questi tempi, ho conosciuto fior fiore di latinisti che, con la logica di Aristotele o con quella dei moderni o dei contemporanei, hanno ben poco da spartire; hanno parentele più vicine con apparati e apparenze luccicanti.
Alla presenza di Dio si sta, non c´è dubbio, con la testa ben fatta. Ho impiegato una vita, per me e per gli altri, nell´umile e nascosto lavoro, per costruire teste fatte abbastanza bene. Ma l´uomo possiede anche un cuore, una coscienza, un´emotività che, oltre la lingua latina, hanno bisogno di altre vie e di altri modi.
Ma il latino concorre a tener unita la grande comunità cattolica. Concorre, appunto, o può concorrere e non causarla, questa unità. Via, un po´ di storia bisogna pur ricordarla. Per i primi cinquecento anni di questa cattolicità si parlava di Dio in aramaico, in ebraico, in siriaco, in etiopico, in persiano, in greco, ecc... ecc... Ai tempi di S. Agostino, molto si disputò sul tenere, per tutti, la lingua greca nella Liturgia, o se si dovesse passare alla lingua che conoscevano quasi tutti: il latino.
S. Agostino, buon e acuto retore, segnò, nel suo stile spesso cosi essenziale e acuto, le tracce di un sentiero che aiuta a riflettere su questi temi: «Preferisco essere ripreso dai retori piuttosto che non farmi capire dal popolo». Scrivo tutto questo non perché io ce l´abbia con il penultimo documento del Papa, ma perché ho letto ed ho sentito troppi blaterare su aspetti, di cui nemmeno colgono il senso, e che non conoscono la storia della Chiesa stessa.
La tradizione quando si fa mania e tradizionalismo è una malattia: a volte malattia maniacale, a volte malattia assai grave. Dopo il Concilio ci saranno state molte scriteriate riforme.
Ma sono sorte anche schiere di «pseduo-Angeli» apocalittici. Questi, con le spade fiammeggianti sono e vogliono essere i giustizieri di tutto e di tutti. Anche per questi signori sarebbe bene che il Papa spendesse qualche parola.
Nel secolo decimonono, uno degli uomini più acuti nel pensiero e più intraprendenti nell´azione - un uomo dal cuore nobile, dalla mente lucida, dalla azione generosa (Rosmini) - scrisse un libro dal titolo «Le cinque piaghe della Chiesa».
Gli Austriaci, gli «austriacanti» e molti cari padri gesuiti, gli riversarono addosso contumelie, accuse e commenti velenosi. Egli, per tutta risposta, fece del bene eroico a questi «nobili» signori.
Ora, dicono, sarà beatificato al più presto: ogni tanto qualche riparazione arriva. Vorrei citare poche frasi sue. Eccole prese dal cap. I: «Della piaga della mano sinistra della santa Chiesa, che è la divisione del popolo dal clero nel pubblico culto».
«Nella Chiesa tutti i fedeli, Clero e popolo, rappresentano e formano quella unità bellissima, di cui ha parlato Cristo... Egli è dunque necessario, o almeno è grandemente utile e conveniente, che il popolo possa intendere le voci della Chiesa nel culto pubblico, che sia istruito di ciò che si dice e si fa nel santo sacrificio...: e però l´essere il popolo pressoché diviso e separato d´intelligenza dalla Chiesa nel culto, è la prima delle piaghe aperte... «.
Tanti altri testi di questo "spirito magno" si dovrebbero citare per portare il discorso sempre nel sentiero più appropriato, per non caricare di significati impropri un testo preciso e per non sminuire la relativa portata che esso ha.
Queste veloci riflessioni per dire che il documento del Papa, preso in se stesso, va molto bene. Chi vuol stare con Dio in latino, son felice che possa farlo. Purché lo faccia senza sicumera, senza la presunzione d´essere "un po´ più fedele" e purché abbandoni il vezzo, o vizio, di fare il giudice dei fratelli.
Dunque, come diceva la buona saggezza dei buoni credenti: in necessariis unitas; in dubiis libertas; in omnibus caritas. È questo un latino che le buone coscienze intendono.
Come diceva Renzo a Don Abbondio, dopo le infinite peripezie e pene passate, «Questo è un latino onesto». «Eh! So io quel che dico» riprese Renzo; «non è quel latino lì che mi fa paura: quello è un latino sincero, sacrosanto... Parlo di quel latino birbone... che viene addosso a tradimento».
Ben venga, dunque, il Motu Proprio sul latino di Papa Benedetto XVI; ben venga, purché gli uni non se ne servano come un randello con cui fare i giustizieri. Gli altri non lo inzuppino di lacrime quasi sentenziasse sulla fine del Concilio.
È quel che è e, se siamo seri e con un po´ di sale in zucca, può servire a pensare e a ripensare. Se poi, al di la´ del taglio che si può dare a notarelle come le mie, si vogliono affrontare le problematiche di fondo che questioni come queste suppongono e comportano, allora affrontiamole pure, ma con rigore, ampiezza e profondità.
Qui sono annidate questioni antropologiche, epistemologiche, psicologiche, etiche, sociali ed ecclesiali. Anche su questi piani, bisogna scendere, ma a tempo debito ed in sedi più appropriate. Per il taglio comprensibile, quanto detto può bastare.

© Copyright Repubblica (Genova), 13 luglio 2007

Bene! I tradizionalisti non usino il latino come arma ed i progressisiti cessino di piangere sul presunto tradimento del Concilio.
Il motu proprio ha gia' ottenuto un risultato importantissimo: finalmente si parla di abusi liturgici alla luce del sole e non in qualche libro che certa stampa puntualmente ignora.
Ma di questo parleremo domani
...
Raffaella

11 commenti:

euge ha detto...

Chissà magari cara Raffaella proprio degli abusi del dopo Concilio che ora sono realtà hanno paura i presunti progressisti dalla mente più ristretta del peggio conservatore.........

Eugenia

Anonimo ha detto...

Decriptato per coloro che non appartengono alla diocesi, l'arcivescovo di Pisa ha voluto fare la voce grossa contro il gruppo di fedeli che nel 2002 gli avevano umilmente chiesto l'indulto per la S. Messa di S. Pio V, che egli rifiutò drasticamente, irrevocabilmente e senza alcuna attenzione per le esigenze spirituali dei fedeli (invito i lettori a leggersi la sua risposta su http://www.unavoce-ve.it/12-02-54.htm). Ha voluto mettere i paletti e minacciare i suoi preti disponibili sia con l'articolo-intervista - molto offensivo verso i fedeli che il Papa chiede di accogliere con benevolenza - che con la prossima
nota, con la quale intende vincolare il suo successore, dato che compirà i 75 anni ad agosto.
Questo per la precisione! Complimenti per il blog, molto preciso, dettagliato ed utilissimo!

Anonimo ha detto...

Grazie del contributo! Spero che il motu proprio riesca, nonostante tutto e tutti, a risolvere queste controversie per il bene dei fedeli e della Chiesa. La lettera e' un po' troppo perentoria.
R.

Anonimo ha detto...

La poca simpatia umana che ho nei confronti del mio Arcivescovo, è dovuta a una lunga serie di atteggiamenti, che il suddetto ha avuto, nei lunghi anni in cui ha esercitato il suo ministero di pastore della Chiesa pisana, non certo per il rifiuto della concessione dell'indulto nel 2002, cosa peraltro non del tutto incomprensibile - anche se, a mio avviso, ugualmente poco giustificabile - dato che gli veniva richiesta da ambienti (Unavox) che pubblicano con leggerezza, sul proprio sito, documenti di realtà scismatiche o, peggio, sedevacantiste (il richiamo, nell’intervista, ai gruppi integralisti provenienti da fuori risulta così comprensibile).
Mons. Plotti ha gestito la diocesi in continuo ossequio all’ermeneutica della discontinuità nella ricezione degli insegnamenti del Concilio Vaticano II, tale ermeneutica, invece, è stata riconosciuta da regnante pontefice, nell’ormai famosissimo discorso alla curia romana del 22 dicembre 2005, come la causa scatenante della crisi della chiesa, e vale qui riportarne qualche stralcio, […] “tutto dipende dalla giusta interpretazione del Concilio o – come diremmo oggi – dalla sua giusta ermeneutica, dalla giusta chiave di lettura e di applicazione. I problemi della recezione sono nati dal fatto che due ermeneutiche contrarie si sono trovate a confronto e hanno litigato tra loro. L'una ha causato confusione, l'altra, silenziosamente ma sempre più visibilmente, ha portato frutti. Da una parte esiste un'interpretazione che vorrei chiamare “ermeneutica della discontinuità e della rottura”; essa non di rado si è potuta avvalere della simpatia dei mass-media, e anche di una parte della teologia moderna. Dall'altra parte c'è l'“ermeneutica della riforma”, del rinnovamento nella continuità dell'unico soggetto-Chiesa, che il Signore ci ha donato; è un soggetto che cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre lo stesso, unico soggetto del Popolo di Dio in cammino. L'ermeneutica della discontinuità rischia di finire in una rottura tra Chiesa preconciliare e Chiesa postconciliare.”[…] “Nessuno può negare che, in vaste parti della Chiesa, la recezione del Concilio si è svolta in modo piuttosto difficile, anche non volendo applicare a quanto è avvenuto in questi anni la descrizione che il grande dottore della Chiesa, san Basilio, fa della situazione della Chiesa dopo il Concilio di Nicea: egli la paragona ad una battaglia navale nel buio della tempesta, dicendo fra l'altro: “Il grido rauco di coloro che per la discordia si ergono l’uno contro l’altro, le chiacchiere incomprensibili, il rumore confuso dei clamori ininterrotti ha riempito ormai quasi tutta la Chiesa falsando, per eccesso o per difetto, la retta dottrina della fede …” (De Spiritu Sancto, XXX, 77; PG 32, 213 A; SCh 17bis, pag. 524).”

Tutto il ministero dell’arcivescovo che si appresta, Dio lo voglia, a lasciare per raggiunti limiti di età, è stato plasmato da questa visione ideologica; è facile impartire lezioni di Carità teorica agli altri, mentre quando si tratta di praticarla sia per accogliere, con il dovuto ossequio, delle norme emanate del romano pontefice, sia per accogliere come figli anch’essi diletti coloro che amano il vecchio rito della Santa Messa, ci si fa prendere da reazioni isteriche e si concedono interviste come quella pubblicata dal Tirreno, dove si fa del terrorismo psicologico nei confronti dei parroci della diocesi, affinché questi non osino concedere quello che, ormai, è un diritto di ogni fedele.

Mi scuso per la lunghezza e saluto cordialmente in Gesù e Maria
Charette

Anonimo ha detto...

Cara signora, non si giudicano le persone per dei rinvii a pseudo-scismatici, scismatici o sedevacantisti, che vengono fatti on line e che peraltro a volte possono essere utili per informare le persone su alcune realtà. Infatti, l'arcivescovo neppure ne parla nella sua risposta a chi chiese l'indulto. Si trattava di fedeli della zona (che raccolsero un centinaio di firme che tuttora in arcivescovado sono conservate), non di frange 'integraliste' venute dall'esterno e posso garantire che tutto venne svolto con gran rispetto dell'autorità dell'arcivescovo ed in fedeltà alle norme vigenti. Tanto che nessuno si è mai sognato di invitare la Fraternità San Pio X a Pisa. Esiste inoltre una lettera del card. HOYOS, che dichiara che una conferenza organizzata dal gruppo pisano sulla Messa Tridentina è 'molto importante da un punto di vista teologico' e che la Santa Sede ' farà il possibile per garantire ai fedeli il rispetto delle loro legittime aspirazioni' (cfr. http://www.unavoce-ve.it/04-03-19.htm) e non mi pare che la Santa Sede si dia da fare per dei fanatici scismatici...
Prima di discorrere, sarebbe bene essere informati e tenere un atteggiamento di massima moderazione.

Anonimo ha detto...

I "commenti" del tipo dell'Arcivescovo di Pisa, e degli altri suoi Confratelli dell'Episcopato, assommati a quelli del Signor Bianchi "priore" di Bose (che democraticamente detiene l'esclusiva presenza su Radio 3 e su Repubblica) me li aspettavo e penso se li aspetasse anche la Santa Sede.
Da questa cattiveria contro il Papa e contro le disposizioni del Papa tutti potranno capire chi è con la Chiesa e chi è contro la Chiesa.
Peccato che quei Prelati e il Signor Bianchi "priore" fanno parte di un potentato che detiene anche il controllo della maggior parte dei mass media.
Le loro illuminate parole diventeranno assai più forti di quelle papali e del Vangelo di Cristo.
Questa è una guerra ormai di Davide, piccolo e tremante (ma che ha dietro il Signore degli eserciti) e Golia forte e sicuro di se che si ciba del mondo e dei suoi principi.
La Madonna saprà vegliare sul Motu Proprio e sul Papa.
Amen.
Marchigianus

Anonimo ha detto...

che dio ti ascolti marchigianus!

Anonimo ha detto...

Ma smettetela di fare le vittime e guardatevi un po' intorno; se la chiesa non è ascoltata è proprio grazie a voi e a quelli che hanno posizioni come le vostre.
Dire che state facendo proprio di tutto per rendere vano il vangelo

Anonimo ha detto...

A chi ti riferisci, Anonimo?

Anonimo ha detto...

Facile avere ragione quando non si dà voce a chi non la pensa come voi! (o darla a piccole dosi) vero Raffaella?

Anonimo ha detto...

I commenti educati vengono sempre postati, quelli tendenziosi o contenenti insulti vengono censurati, cosi' come quelli che contengono accuse non provate, vero Anonimo? Accade in tutti i blog, per questo esiste la moderazione dei messaggi.