24 luglio 2007

"Inquietudini e meditazioni" di Miguel de Unamuno (Rubbettino Editore)


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Con grande piacere pubblichiamo il seguente comunicato stampa della Casa Editrice Rubbettino:


COMUNICATO STAMPA

Venerdì 27 luglio, nell’ambito del Festival di Villa Fogliano, Latina, alle ore 19.15, (Via Marchiafiava, 75) sarà presentato il volume “Inquietudini e meditazioni” di Miguel de Unamuno, a cura di Elena Cellini e con la prefazione di Armando Savignano, un titolo che segna il debutto, per i tipi di Rubbettino, della Compagnia de Galantomeni, una collana di Filosofia della Religione diretta da Mauro Cascio con Massimo Iiritano.
Intrverranno: Mauro Cascio, Diana A. Harja e Nazareno Ranaldi.
Dai saggi unamuniani qui tradotti e presentati per la prima volta in Italia, emerge chiaramente lo stile inconfondibile e la personalità egocentrica di un uomo che, come osservò Ortega, «prendeva la parola definitivamente». Esprimendosi nella forma paradossale, ritenuta il «linguaggio tipico della passione», oltre che affermazione della volontà di creazione disperata, Unamuno assurge a pensatore tra-gico, non diversamente da Kierkegaard, che la considerava il pathosdella vita spirituale. Ma, a differenza di questi, il paradosso in Unamuno non implica alcun trascendimento dei limiti della ragione onde operare il salto nella fede, perché vive della tensione agonica sulla base dell’illusione rappresentata dalla poesia e dalla religione, come emerge in modo esemplare nella sua novella più originale, Sant’Emanuele Buono, mar-tire(1933), compendio della sua filosofia della religione. Così, «un artificio retorico diventa un processo epistemologico di un’ontologia esi-stenziale». La logica del paradosso, che si alimenta di trasgressione, non ricerca né la neutralità e tanto meno l’ambiguità, perseguendo invece l’ambivalenza creatrice, cioè «tutto tranne che sacrificare l’uno all’altro». Sebbene ammetta di essere «sovente oscuro e paradossale», tuttavia resta contrario ad ogni dogmatismo. Più che istruire, Unamuno intende suggerire ed essere come lievito e fermento, persuaso che «nella speculazione filosofica è segno di improntitudine chiedere soluzioni precostituite». La religione della vita è l’agonismo; più che cimentarsi, come chiedono a gran voce i suoi critici, in un’opera sistematica, Unamuno contrappone, col consueto gusto del paradosso, «la santa libertà, persino di contraddirsi». Il Dio di Unamuno è un Dio che parla al cuore, la sua è una cristologia poetica che non rientra nella tradizionale teologia religiosa o filosofica. Al contrario del razionalismo teologico tomista, l'esistenza di Dio non è provabile con una prova razionale a posteriori, tanto meno aprioristica. La prova dell'esistenza di Dio è data dalla nostra istintiva volontà di sopravvivenza, dall'incapacità di rassegnarsi di fronte alla morte, dal desiderio di immortalità. Credere è creare ciò che vogliamo: «la fede crea, in una certa maniera, il suo soggetto. E la fede in Dio consiste nel creare Dio; come è Dio che ci dà la fede in Lui, così è Dio stesso che si sta creando di continuo in noi». Il sentimento tragico, la lotta, arriva fino a Dio stesso: Dio stesso soffre, ma “soffre in me e io soffro in Lui”, questa è l'angoscia religiosa. È la sofferenza, l'angoscia della morte, la passione per la vita la caratteristica tipica della vita del singolo.
Miguel de Unamuno (1864-1936) è una delle figure più rappresentative del Novecento europeo e soprattutto della Generazione del ’98 spagnola. Fu narratore, filosofo, poeta e drammaturgo. Oggetto della sua filosofia è l’uomo in quanto persona, nella sua complessità, il cui agire ed essere nella vita non ha significato se non considerandone il fine e il destino. Il suo pensiero nasce così dal contrasto tra le istanze della ragione e quelle della vita, in una visione di tragica lotta, senza tregua e senza pace. Il suo modello fu la figura di Don Chisciotte, cui dedicò il famoso Vita di Don Chisciotte e Sancho (Mondadori). L’ideale di Cervantes fu inteso come suprema incarnazione dell’idealismo umano, che persegue una meta, ricercata ed amata non come termine di possesso, ma come miraggio. Ma al centro del suo pensiero c’è sicuramente il problema religioso, di cui parlò in testi celebri come Del sentimento tragico della vita (Piemme) ed Agonia del Cristianesimo (Piemme) oltre che nel romanzo Nebbia (Fazi); svuotando il cristianesimo di ogni struttura dogmatica e accanendosi contro la casta sacerdotale, monopolizzatrice della rivelazione e mortificatrice del genuino spirito religioso In Inquietudini e Meditazioni, una raccolta di saggi proposti qui in prima edizione italiana, Miguel de Unamuno ha una sola voce, la voce angosciata e preoccupata di quei consapevoli mortali che gridano contro la temporalità, la finitezza e la storicità della vita umana, L’inappagabile desiderio di conoscenza, l’interminabile sviluppo della personalità, il continuo domandarsi ‘perché’, che rappresentano il fil rouge del suo Inquietudini e meditazioni, possono portare a pericolose crisi di coscienza, tali da mettere a repentaglio non solo l’equilibrio personale, ma anche quello sociale. Per limitare i danni di un’inevitabile destabilizzazione, Unamuno cerca appoggio nella volontà, nella forza spirituale e nell’azione. Don Miguel, come un novello Don Chisciotte, affronta la derisione e le umiliazioni che vengono da quanti lo trasformano in un solitario, incompreso, pazzo eroe, condizioni essenziali per consentire al vero eroe di lottare solo contro tutti, per dimostrare che la pazzia, convertita in normalità collettiva, porta all’evoluzione dell’essere in rapporto a sé e agli altri.
Armando Savignano insegna Filosofia Morale all’Università di Trieste. Profondo conoscitore del pensiero spagnolo ha scritto numerosi studi monografici dedicati a Maria Zamprano, Ortega e Unamuno e al pensiero religioso moderno. Tra le sue opere ricordiamo: «Il Cristo di Unamuno» (Queriniana, 1990), «Radici del Pensiero Spagnolo del Novecento» (La Città del Sole, 1995), «Introduzione a Ortega y Gasset» (Laterza, 1995), «Preghiera e poesia. L’esperienza religiosa in Henri Bremond» (EMP, 2000), «Introduzione a Unamuno» (Laterza, 2001), «Maria Zambrano» (Marietti, 2004).


LA COLLANA

Al centro della trama de «Le donne curiose» di Carlo Goldoni, la commedia rappresentata per la prima volta al Teatro Sant'Angelo nel corso del carnevale del 1753, è un’associazione, una Compagnia de Galantomeni, fondata da un gruppo di amici e guidata da una ben nota maschera veneziana: Pantalone de’ Bisognosi. In tale associazione è vietato l’ingresso alle donne e questo divieto induce una famelica curiosità nell'animo delle compagne dei suoi componenti. Dietro ai sospetti femminili che giustificano tale curiosità, tuttavia, si nascondono tutti i luoghi comuni più classici di propaganda antimassonica. Sicuramente, sospettano a turno le protagoniste, all'interno di “quel maledetto ridotto” si faranno “stregonerie”, si riceveranno donne in segreto, si praticheranno attività illecite, innominabili alla luce del giorno. O forse, secondo ipotesi più legate alla temperie dell'epoca, si produrrà il lapis philosophorum (cioè la pietra filosofale) o magari si preparerà “l'oro disputabile". Che per bocca delle donne vengano formulate accuse di ben altra origine diviene particolarmente chiaro quando attraverso la voce della serva Rosaura giungono parole che riecheggiano assai da vicino la bolla con cui Clemente XII condannò la Massoneria: «Se non vogliono che si veda, vi sarà qualcosa di brutto». Goldoni ci presenta la Compagnia de Galantomeni come un gruppo di uomini riuniti in una camera, amici della civiltà, della cultura e del conversare. Tanto lontana dalla cultura del sospetto del senso comune l'amore per la ricerca di una Verità che non si crede data in senso assoluto ad una storia e ad una geografia, ma sempre da indagare e cercare, con il dialogo ed il confronto. Sarà soltanto l’iniziativa di Brighella, servitore di Pantalone, ad introdurre finalmente le donne nel luogo di riunione e fugare ogni possibile dubbio sull’onestà di intenti dei protagonisti.

I DIRETTORI DELLA COLLANA

MAURO CASCIO è giornalista e scrittore. Laureato in Filosofia, ha seguito i corsi di specializzazione in Teoria e Tecnica della Conoscenza all'Università La Sapienza di Roma. Suoi ambiti di interesse sono la Fenomenologia del sacro e delle religioni e la tradizione ebraica. Instancabile operatore culturale, ha organizzato incontri con Marcello Veneziani, Gianfranco De Turris, Giano Accame, Giacomo Marramao ed ha presentato i suoi lavori a Catania, Roma, Pisa, Altopascio, Firenze, Perugia, Bologna con, tra gli altri, Giuseppe Giarrizzo, Sergio Moravia, e Mario Pirovano. Già curatore di autori quali Francis Warrain, René de Cleré e George Le Clement de Saint-Marq, fondatore e direttore dell’Antologia di Studi Luz, cofondatore e direttore del Trimestrale "Diritto e Libertà" (un periodico a carattere monografico di chiara impostazione liberale in cui sono stati coinvolti Magdi Allam, Sergio Romano, Piero Ostellino, Adriano Sofri, Michael J. Fox, Christofer Reeve, Rita Levi Moltalcini), Cascio è anche autore dei saggi Ut unum sint. L’Uno e il Molteplice (Bastogi, Foggia 2004), Storia (Apologetica) della Massoneria con la prefazione di Gianni De Michelis (Bastogi, Foggia 2005), di Grandezze e miserie del pensiero liberal, con la nota introduttiva di Licio Gelli (Bastogi, Foggia 2006) e di L’Autocoscienza (Bastogi, Foggia 2007).


MASSIMO IIRITANO, docente di Antropologia delle Religioni all'Università di Perugia, è stato allievo di Sergio Quinzio, il cui insegnamento si è rivelato decisivo nella sua formazione filosofica. Attualmente collabora con l'Istituto Suor Orsola Benincasa di Napoli quale curatore dell'Archivio Sergio Quinzio istituito nel 2000 su iniziativa di Anna Giannatiempo Quinzio e del rettore Francesco De Sanctis. Ha svolto attività didattica e di ricerca presso diverse università italiane e straniere, a Siena, Arezzo, Bologna, Venezia, Erlangen, Oxford, Cardiff. Suoi contributi sono apparsi in numerose riviste nazionali ed internazionali. Ha esordito curando Agli ebrei di Gioacchino Da Fiore (Soveria Mannelli 1998); ha scritto poi Disperazione e fede in Sören Kierkegaard. Una "Lotta di confine" (Soneria Mannelli 1999), Sergio Quinzio. Profezie di un'esistenza (Soveria Mannelli 2000), Kairos (Soveria Mannelli 2001), dopo aver curato di Sergio Quinzio e Bruno Forte Solitudine dell'uomo, solitudine di Dio (Brescia 2003), ha pubblicato Utopia del tramonto. Identità e crisi della coscienza europea (Roma 2004), con la prefazione di Massimo Cacciari, Il messia povero. Nichilismo e Salvezza in Sergio Quinzio (Soveria Mannelli 2004), Teologia dell'ora nona. Il pensiero di Sergio Quinzio tra fede e filosofia (Troina 2006), Picture Thinking, Estetica e filosofia della religione nei primi scritti di R.G. Collingwood (Roma 2006)

© Copyright Rubbettino Editore

5 commenti:

Borzula ha detto...

Cara Raffaella,
questi saggi unamuniani "inediti" di cui Rubettino si è fatto editore, quali sarebbero?
Se hai sottomano l'indice del libro mi farebbe piacere conoscere quali sono i saggi che contiene.
Grazie,
Sandro Borzoni

Anonimo ha detto...

Ciao Sandro, ricevo una mail con le recensioni che pubblico nel blog. Per maggiori informazioni ti segnalo il sito della Rubbettino:

http://www.rubbettino.it/rubbettino/public/home_re.jsp

Trovarai anche gli indirizzi mail dei redattori, sempre molto gentili.
Raffaella

c+s ha detto...

cara raffaella,
credo tu non ti sia accorda che il direttore della collana Mauro Cascio ha pubblicato dei libri che da un lato descrivono apologeticamente la storia della Massoneria e dall'altro richiamano ad autori di opuscoli in cui si descrivono pratiche che potrebbero benissimo definirsi immonde (George Le Clement de Saint-Marq)...

Anonimo ha detto...

Grazie dell'informazione. Ho promesso alla Rubbettino di pubblicizzare i comunicati stampa, pero' prestero' attenzione affinche' i contenuti siano in linea con il Magistero della Chiesa.

Anonimo ha detto...

Credo che più che spulciare la carriera editoriale di Mauro Cascio sia più utile sapere se questo titolo che ha prodotto adesso, Inquietudini e meditazioni di Unamuno, sia buono o meno