13 luglio 2007
Lettera del Papa alla Cina: la chiave per superare gli stereotipi
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Dalla Lettera del Papa le chiavi per andare oltre gli stereotipi
Da Roma (M.Mu.)
È sempre difficile fornire numeri sulla consistenza della Chiesa cattolica cinese. Più che dati precisi si tratta di stime. Tra le più aggiornate, quelle che risalgono al 2005 e che sono state presentate nel corso del VII colloquio europeo sulla Chiesa in Cina, tenutosi a Triuggio (nei pressi di Milano), dal 6 al 9 settembre 2006. Le stime, dunque, fornite anche durante il seminario su Matteo Ricci, conclusosi ieri a Roma, parlano di 12 milioni di cattolici (8 ufficiali, 4 clandestini), divisi in 138 diocesi. Il numero dei vescovi supera il centinaio: 64 nella Chiesa aperta e 39 nella cosiddetta clandestina.
Anche tutte le altre cifre risentono di questa distinzione che la recente Lettera del Papa dovrebbe aver contribuito a superare. Nella Chiesa ufficiale, dunque, si contano 180 sacerdoti anziani e 1.620 giovani, 14 seminari maggiori, 18 minori, 640 seminaristi con più di 18 anni e 500 minorenni, 3.600 religiose, 40 novizie e 600 in formazione.
Nella Chiesa sotterranea, invece, i sacerdoti anziani sono 200 e 900 i giovani. I seminari sarebbero una decina e vi studierebbero circa 800 futuri presbiteri. La vita religiosa può contare 1.200 suore, 20 novizie e 600 consacrate in formazione.
Fin qui i dati, come si vede abbastanza scarni. Ma abbondano, invece, gli stereotipi. «Benché la vulgata giornalistica ci abbia abituato a pensare nei termini di due Chiese - ha ricordato ieri il giornalista Gerolamo Fazzini, condirettore di Mondo e Missione - va ribadito che in Cina - c'è una sola Chiesa, divisa (questo sì) in due comunità.
Benedetto XVI nella sua recente Lettera lo dice molto chiaramente. La riprova è che, nei decenni scorsi, pur essendoci di fatto le condizioni per la proclamazione di uno scisma latae sententiae, mai la Santa Sede si è mossa in tale direzione».
Quanto agli stereotipi più diffusi, Fazzini ne ha indicati alcuni. «Sulla Chiesa clandestina che sia per ciò stesso fedele, con l'esclusività della fedeltà nei confronti della fede e della Chiesa; che sia composta soltanto da persone ignoranti e ottuse; che sia in qualche maniera invisibile; che sia la sola martire».
Sulla Chiesa ufficialmente riconosciuta, invece, gli stereotipi più diffusi sono «che sia interamente e uniformemente succube delle autorità del regime; che sia libera (in realtà anche i cattolici ufficiali hanno sofferto e ancora patiscono ristrettezze), che abbia sacrificato l'essenziale delle fede e sia, alla fine, un'entità scismatica o eretica». In realtà, ha concluso Fazzini, «le posizioni sono trasversalmente molto complesse».
© Copyright Avvenire, 13 luglio 2007
IL MONDO CHE CAMBIA
Cina e Occidente: è l’ora di «nuovi» Matteo Ricci
Come porsi davanti alla crescita dell’Oriente? È il tema al centro del corso per studenti di teologia organizzato in questi giorni a Roma dall’Ufficio Cei per la pastorale sociale e il lavoro
Da Roma Mimmo Muolo
Il ponte del dialogo tra la Cina e l'Occidente può ancora contare sul valido pilastro dell'esempio di Matteo Ricci. Anche nell'epoca della globalizzazione e dello sviluppo economico senza precedenti del gigante asiatico, cui purtroppo non fa riscontro un'uguale apertura per quanto riguarda i diritti umani e la libertà religiosa. La figura del gesuita, nato a Macerata nel 1552, e morto a Pechino nel 1610, è stata, infatti, al centro del Corso per studenti di teologia, organizzato dall'Ufficio Cei per la pastorale sociale e il lavoro e conclusosi ieri a Roma, dopo quattro giorni di lavori.
«Il mondo in rapido cambiamento e la necessità di una pastorale missionaria - ha spiegato in apertura del Corso monsignor Paolo Tarchi, direttore dell'Ufficio Cei - sono i due binari che ci hanno spinto ad organizzare questo incontro». Una sorta di full immersion nel mondo cinese, sia sotto il profilo socio-economico, sia per quanto riguarda la vita dei cattolici, che torna di grande attualità, specie dopo la recente Lettera del Papa.
La riflessione sul dialogo tra Cina e Occidente non può prescindere, infatti, da una considerazione di fondo. «L'Europa non è più il centro del mondo e le grandi decisioni, a livello economico, si prendono altrove». Così padre Giampaolo Salvini, direttore di Civiltà cattolica, ha fotografato la situazione con la quale bisognerà fare i conti per il futuro. «Ma attualmente - ha aggiunto - siamo sprovveduti di fronte allo spostamento del baricentro economico mondiale verso l'Oriente». Dal '78, ad esempio, l'economia cinese è cresciuta di 10 volte, e ogni anno la crescita è mediamente del 10 per cento. Il problema, ha fatto presente però Salvini, è che «quando i nuovi Paesi emergenti competono sui mercati internazionali, usano le stesse regole che usavamo noi: diventano, cioè, a loro volta dominatori di altri popoli». Di qui il suo auspicio: «Istituire forme di collaborazione diverse dai rapporti di forza e di scontro che finora hanno sempre caratterizzato lo scenario economico mondiale», partendo dalla consapevolezza che «il benessere e un certo sviluppo o è di tutti, o è di nessuno, perché sarà sempre minacciato».
Per questo è importante riscoprire la figura di Matteo Ricci. Il suo approccio alla cultura cinese può essere infatti considerato paradigmatico anche a quattro secoli di distanza. Secondo padre Bernardo Cervellera, direttore di Asianews, in un panorama di forti contrasti sociali come quello cinese («pochi ricchi e molti poveri») le religioni «possono esercitare un ruolo di riconciliazione sociale». E anche se continuano le campagne a favore dell'ateismo, un terzo dei membri del partito appartiene a una religione, ma non può farne pubblica professione. Quanto alla Chiesa cattolica, ha detto il religioso, «essa può insegnare ai cinesi il valore della persona che essi non conoscono».
Come fare? Matteo Ricci, ha fatto notare ieri monsignor Ermenegildo Manicardi, rettore dell'Almo Collegio Capranica, ci insegna che «non si può evangelizzare senza toccare realmente la cultura dell'interlocutore». Una prospettiva questa che trovato d'accordo anche altri relatori del Corso (Francesco D'Arelli di Ca' Foscari a Venezia, Filippo Mignini dell'Università di Macerata). I corsisti sono stati ricevuti anche dal segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone.
© Copyright Avvenire, 13 luglio 2007
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