19 aprile 2008

Un’ovazione per il Pontefice che difende i diritti dell’uomo


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Un’ovazione per il Pontefice che difende i diritti dell’uomo

NEW YORK

Una standing ovation, insolita all’Assemblea delle Nazioni Unite, ha salutato il discorso con cui Benedetto XVI ha chiesto ieri il rilancio del multilateralismo, denunciando che l’Onu è subordinata alle decisioni di pochi, e una difesa più coerente dei diritti umani, troppo spesso proclamati ma non rispettati. «La dichiarazione dei diritti dell’uomo - ha spiegato - non può essere applicata solo in parte» e mai si possono sospenderne i dettami, anche se va riconosciuto il diritto di intervenire in difesa dei deboli. Ovviamente, tra i diritti poco rispettati al Papa sta a cuore in particolare la libertà religiosa, che non può essere relegata alla sfera dell’intimo ma ha una irrinunciabile dimensione pubblica. Preoccupano il Papa anche gli attentati al diritto alla vita, che considera minacciato da «alcuni aspetti dell’applicazione delle recenti scoperte scientifiche e tecnologiche» che «rappresentano una chiara violazione dell’ordine della creazione, sino al punto in cui viene contraddetta la stessa persona umana».
«Pace e prosperità con l’aiuto di Dio» ripetuto sei volte in spagnolo, inglese, francese, arabo, russo e cinese - le sei lingue dell’Onu - e l’Assemblea Generale esplode in una standing ovation di oltre un minuto. È il momento clou della visita di Benedetto XVI al Palazzo di Vetro: le Nazioni Unite hanno celebrato ieri col Pontefice il 60° anniversario della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e Benedetto XVI ha festeggiato all’Onu il primo triennio del suo pontificato. «L’Onu è un’istituzione laica ma il lavoro dei suoi uomini è motivato dalla fede», ha ricordato il segretario generale, Ban Ki-moon, che aveva invitato il Papa al Palazzo di Vetro proprio un anno fa e gli ha dato il benvenuto in un’aula gremita.
Dentro, oltre 3.000 rappresentanti di 192 Paesi hanno seguito con attenzione il Papa che per 29 minuti ha fatto appello, parlando prima in francese e poi in inglese, alla cooperazione mondiale in materia di sicurezza insistendo che i diritti umani. Fuori, intanto, sotto un sole smagliante, centinaia di giovani cantavano in girotondo - Willkommen Pope Benedict e You Rock sugli striscioni - mentre i sommozzatori della polizia vigilavano dalle acque dell’East River e la polizia di New York pattugliava le strade attorno all’Onu.
Il Papa era arrivato «nell’indaffarata New York» (così lo stesso Benedetto XVI nel discorso al personale Onu che ha seguito quello agli ambasciatori e ai diplomatici) con qualche minuto di anticipo: il trasferimento in elicottero dallo scalo J.F. Kennedy, dove era stato accolto dall’arcivescovo di New York Edward Egan, dal sindaco Michael Bloomberg e dal governatore David Paterson, ha consentito di bruciare le tappe. Prima di scendere nell’Aula dell’Assemblea il Papa si era chiuso a colloquio con Ban Ki-moon. Scambio rituale dei regali - una mappa vaticana in cambio di un francobollo commemorativo della visita - poi il discorso.
Benedetto XVI ha detto tra l’altro che l’uso della forza non può essere escluso quando avviene a protezione dei diritti umani ma ha spiegato che ciò deve avvenire in seguito a consenso. Una sola volta il Papa ha usato la parola «terrorismo», ma lo ha fatto collegando implicitamente sicurezza e diritti umani, la cui promozione «resta la strategia più efficace per eliminare le diseguaglianze tra Paesi e gruppi sociali e per aumentare la sicurezza».
Il discorso del Papa era stato preceduto da una breve introduzione del presidente dell’Assemblea, Srgjan Kerim, e poi da Ban Ki-moon: «Abbiamo sei lingue ufficiali ma nessuna religione ufficiale», ha detto il segretario generale osservando che le Nazioni Unite non hanno cappella ma una sala di meditazione - una sorta di tempio laico voluto dal predecessore Dag Hammarskjold, in cui il Pontefice si è fermato prima di lasciare l’Onu per la seconda parte della giornata newyorchese: la visita in sinagoga e l’incontro con i leader delle altre fedi cristiane nella chiesa tedesca di St. Joseph.

© Copyright Il Giornale di Brescia, 19 aprile 2008

Il Papa: Onu in crisi perché a decidere sono pochi

«I problemi del mondo esigono interventi di azione comune». No alla scienza che mette in discussione la vita

NEW YORK

Davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, in uno dei discorsi più solenni del pontificato, Benedetto XVI torna a chiedere al mondo di basare l’azione politica sulla dignità umana e non su pragmatismo e relativismo, che variano coi tempi e con le maggioranze.
Il Papa parla quindi di una crisi delle Nazioni Unite, dovuta al fatto che solo pochi vi comandano, mentre è necessaria una diplomazia condivisa da tutti e che non lasci ai margini i Paesi più poveri; chiede all’Onu di intervenire quando uno o più Paesi non sono più in grado di proteggere le loro popolazioni da gravi violazioni dei diritti umani e osserva, in un chiaro riferimento alle radici del terrorismo, che quando la dignità umana è violata impunemente, le persone diventano «facile preda» dei richiami alla violenza e possono mettere in pericolo la pace; invoca infine la tutela della libertà religiosa in tutti i suoi aspetti, anche politici.
Un discorso complesso quello del Papa a New York: dalla tribuna da cui parlarono Paolo VI e Giovanni Paolo II, il Pontefice affronta anche temi spigolosi, che possono urtare diverse sensibilità, a partire dalla critica allo strapotere dei pochi, che certamente riguarda anche un’America da lui così stimata. I tremila delegati, in rappresentanza di 192 Paesi lo ascoltano con attenzione e accolgono con un applauso in piedi il suo intervento. Benedetto XVI parla prima in francese, poi in inglese, infine, in un gesto molto apprezzato, augura la pace in tutte le lingue ufficiali del Palazzo di Vetro: inglese, francese, spagnolo, ma anche arabo, cinese e russo.

DOMINIO DI POCHI. L’Onu «continua ad essere in crisi perché è subordinata alle decisioni di pochi, mentre i problemi del mondo esigono interventi sotto forma di azione comune», spiega il Pontefice. È evidente il riferimento al Consiglio di sicurezza, l’organo di maggior potere nell’Onu e nel quale siedono 5 membri permanenti e 10 semipermanenti. «In effetti - osserva - questioni della sicurezza, obiettivi dello sviluppo, riduzione delle ineguaglianze a livello locale e mondiale, protezione dell’ambiente, delle risorse e del clima, richiedono che tutti i responsabili della vita internazionale agiscano di concerto e siano pronti a lavorare in piena buona fede, nel rispetto del diritto, per promuovere la solidarietà nelle zone più fragili del pianeta».

DOVERE DI INGERENZA. Le Nazioni Unite - ammonisce Benedetto XVI - hanno il diritto di intervenire se uno Stato non riesce a difendere i diritti umani della propria popolazione o salvaguardarla in caso di calamità naturali o crisi politiche. Tali azioni non possono essere viste come «coercizioni ingiustificate» e come «una limitazione della sovranità nazionale. Al contrario sono indifferenza o non intervento a causare danni reali».

DIGNITÀ UMANA. La dignità dell’uomo, «creato ad immagine di Dio», deve essere al centro dell’azione internazionale, ribadisce il Papa. Di fronte alle nuove sfide del presente sarebbe un errore adottare un «approccio pragmatico», cedendo ad un relativismo, secondo cui «il senso e l’interpretazione dei diritti» potrebbe variare e la loro universalità negata «in nome di differenti concezioni culturali, politiche, sociali e persino religiose».

NO A RICERCA CHE MINACCIA VITA. Ratzinger pronuncia infine un monito contro la ricerca scientifica che rischia di mettere in discussione «l’ordine della creazione», minacciando il «carattere sacro della vita» e arrivando a privare «la persona umana e la famiglia della loro identità naturale».

LIBERTÀ RELIGIOSA. Una piena libertà deve dare «la dovuta considerazione alla pubblica dimensione della religione e alla possibilità dei credenti di svolgere il loro ruolo nel costruire l’ordine sociale».

© Copyright Il Giornale di Brescia, 19 aprile 2008

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