5 maggio 2007

Svolta con gli Ortodossi? La stima per Papa Ratzinger aumenta...


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IL RIAVVICINAMENTO FRA CATTOLICI E ORTODOSSI

SE IL PAPA PIACE AGLI ORTODOSSI

A colloquio con monsignor Nicola Bux, stretto collaboratore di Ratzinger

È previsto un incontro a Ravenna sull´autorità del Pontefice
Lo scisma d´Oriente risale al 1054, ma forse sarà superato
"Il successore di Pietro riceve da Cristo il compito di guidare e correggere"
"Benedetto XVI si era già espresso sulle immutate prerogative dei patriarchi"


MARCO POLITI

Il 2007 è un anno cruciale per i rapporti fra Chiesa cattolica e Ortodossi. L´inviato del patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I è appena stato da Benedetto XVI e intanto si sta preparando il grande incontro di Ravenna tra i rappresentanti del Vaticano e di tutte le Chiese ortodosse. Un solo punto è all´ordine del giorno: l´autorità del papa nella Chiesa di tutti i cristiani. E´ il tentativo di trovare una via per superare il grande scisma del 1054, che separò la Chiesa d´Oriente da quella d´Occidente.
Collaboratore stretto del cardinale Ratzinger alla Congregazione per la Dottrina della fede, mons. Nicola Bux è in Vaticano uno dei maggiori esperti di ecumenismo, tema su cui ha appena pubblicato un libro con Adriano Garuti, Pietro ama e unisce, (ESD, pagg. 219, 10 euro)

Mons. Bux, papa Ratzinger iniziò il pontificato proclamando l´ "ambizione"di fare passi concreti sulla via dell´ecumenismo. Ce la farà?

«Il Papa vuole togliere all´ecumenismo qualsiasi valenza di natura politica, quasi fosse in gioco il riconoscimento di titoli, prerogative, poteri. Lui non usa nemmeno molto la parola primato, che in qualche modo potrebbe avere un sapore politico, preferendo l´espressione responsabilità universale di Pietro e dei suoi successori».

Molti Ortodossi sembrano avere più fiducia in lui che in papa Wojtyla, pure molto rispettato.

«Forse perché con garbo e direi anche con umiltà non ha mai nascosto l´identità cattolica. E siccome gli ortodossi - lo dice il loro nome - tengono molto all´ortodossia, ritengono di poter dialogare senza finzioni. Un certo ecumenismo attutisce le differenze, ma proprio per questo viene percepito dagli altri come strategia da cui stare in guardia».

Da cardinale Ratzinger sosteneva che la riunificazione poteva basarsi sul principio di non chiedere agli ortodossi nulla più di quanto fosse in vigore nel primo millennio del cristianesimo.

«Attenti a considerare il primo millennio un´epoca aurea. C´erano anche tensioni. Ma certo era l´epoca in cui da parte dei cristiani in genere - non esisteva nemmeno il concetto di Chiesa d´Oriente e Chiesa d´Occidente - si riconosceva al Vescovo di Roma di essere successore di Pietro, investito da Cristo di tale responsabilità. Era pacifico. Semmai, a volte, si discutevano i modi di esercizio».

Che ruolo veniva riconosciuto al Vescovo di Roma?

«Di essere la parola ultima. Come dicevano i latini: Roma locuta, causa finita. Ancora recentemente il patriarca armeno Mesrob II mi ha detto a Istanbul: "Ci vuole uno che dica l´ultima parola, altrimenti la discussione non finisce mai"».

Con quali poteri?

«Il primato romano non è la voce di chi comanda cosa si deve fare o come deve essere organizzata una Chiesa. Piuttosto è una parola che, per il fatto stesso di venire dalla sede di Pietro e Paolo, ha una sua autorevolezza. Ed è noto che, oltre la coscienza personale, l´obbedienza a questa parola non può essere fatta applicare con altri mezzi. In questo senso credo che l´esigenza di un tale punto di unità sia avvertito tra gli stessi ortodossi».

Papa Wojtyla propose ai leader delle Chiese cristiane di esaminare il modo di esercitare il primato papale.

«Significa che Giovanni Paolo II era consapevole che il riconoscimento del ruolo di Roma è nei fatti. Partendo da qui, eliminando tutti gli elementi di politica ecclesiastica, si può discutere delle forme di esercizio. Quando nell´84 venne a Bari il rappresentante del patriarca di Costantinopoli, salutò papa Wojtyla così: "Veneratissimo primo Vescovo della Cristianità". Riconoscerlo è fondamentale. Chiaramente, un primato d´onore sarebbe anche dotato di alcune prerogative giuridiche, che scatterebbero nel momento in cui si facesse l´unione. Sul punto, naturalmente, ci sono molte opinioni tra i teologi ortodossi, è un processo non facile».

E´ questa la strategia di Benedetto XVI?

«Già il Ratzinger teologo diceva che Roma non vuole che le Chiese ortodosse mutino assetto né che i patriarchi mutino prerogative né che si cambi il loro modo di prendere le decisioni».

Gli Ortodossi manterrebbero la loro organizzazione?

«Assolutamente sì. Ciò che conta è che da parte del mondo ortodosso si riconosca la responsabilità universale del Vescovo di Roma nel garantire l´unità di fede e di morale. Il successore di Pietro ha ricevuto da Cristo il compito di confermare i fratelli.
Il che vuol dire rafforzare, incoraggiare, talvolta correggere se necessario.
Questo compito deve poterlo esercitare, una volta che sia riconosciuto da parte di tutti».

Un Papa così sarebbe accettabile per gli altri cristiani?

«Capiamoci. Il Papa non è sopra la Sacra Scrittura né sopra la parola di Dio. Suo compito è di tenere la comunione della Chiesa dentro l´unità necessaria, non dentro un´unità non necessaria».

Può spiegarsi meglio?

«Insomma, una volta che viene garantita l´unità della fede e della morale, io credo che non debba avere altra funzione. Certamente non va pensato come chi surroga ciò che devono fare i singoli pastori».

Per gli ortodossi è importante che il potere supremo sia esercitato nell´ambito di un sinodo.

«La sinodalità non va trasformata in una sorta di feticcio, quasi che la Chiesa sia un parlamento dove si discute all´infinito, senza una parola finale. La sinodalità ha talvolta paralizzato l´Ortodossia nel suo insieme. Comunque, nessuno vuole l´abolizione del sinodo degli ortodossi».

In vista della riunificazione è pensabile accanto al pontefice un organismo partecipativo?

«Nell´antichità c´era la pratica dei concili regionali, dove i vescovi di un territorio si incontravano per affrontare problematiche comuni. Oggi si potrebbero potenziare i collegamenti a livello continentale per aree abbastanza omogenee, dove i problemi sono affini. Certamente la Chiesa non può essere un concilio permanente, ma si possono potenziare le forme di comunicazione e di collegamento per evitare malintesi. Là dove ci sono problemi, si discute. I grandi Padri dell´antichità discutevano molto, si pigliavano pure per i capelli. Perché l´accordo si raggiunge confrontandosi, proponendo le proprie ragioni e penso che ciò debba avvenire anche di più nella Chiesa cattolica: ci vuole più dibattito, più coraggio nella discussione, senza demonizzazioni, senza censure preventive, senza voler subito stringere nell´angolo l´altro».

In ambito ecumenico non si teme l´assolutismo papale?

«Il mito che il papa decide da solo oggi è insostenibile. Lui ascolta continuamente vescovi, presidenti di conferenze episcopali, laici, responsabili delle situazioni più varie. Non è che si alza al mattino e ordina di fare in un modo. Non credo sia impossibile un futuro strumento sinodale, che metta insieme i responsabili ultimi delle rispettive Chiese. A patto che sia forma agile e non condizionante per nessuno. Perché la responsabilità personale non può essere mai surrogata: né quella del singolo vescovo né quella del Vescovo di Roma».

Ogni tanto ritorna l´idea, lanciata anche dal cardinale Carlo Maria Martini negli anni Novanta, di un grande summit dei leader delle Chiese cristiane. E´ praticabile?

«Certo va favorito tutto ciò che serve a conoscersi e comprendersi. Ma dovrebbe essere un incontro ben definito e preparato. Soprattutto dovrebbe avvenire in un momento in cui si suppone che su alcune questioni fondamentali ci sia già un accordo o si è convinti che la riunione potrebbe realizzarlo. Se si invece ci si andasse solo per contrattare, sarebbe estremamente rischioso».

Su quali binari può dunque progredire il dialogo, voluto da Benedetto XVI?

«Partendo da una premessa. Da parte cattolica si riconosce che le Chiese ortodosse, nella loro impostazione patriarcale sinodale, sono pienamente legittime. E da parte ortodossa si riconosca l´impostazione della Chiesa cattolica, che prevede il Vescovo di Roma come responsabile ultimo della Chiesa universale. Poi, quanto alle forme, è possibile discutere di tutto».

Repubblica, 5 maggio 2007

Preghiamo tutti affinche' si realizzi l'unita' fra tutti i Cristiani e soprattutto fra Cattolici e Ortodossi.
Mi piace moltissimo la risposta di Monsignor Bux in merito alla stima degli Ortodossi per Papa Benedetto. Nel libro "Il Popolo di Dio" l'allora professor Ratzinger scrive che non si deve auspicare un'unita' di facciata, in cui ciascuno rinuncia a qualcosa pur di andare d'accordo con gli altri. Occorre avere ben chiara l'identita' di ciascuno. Solo cosi' il dialogo e' franco proficuo.
Sono stati tanti i segnali lanciati dal Papa in questo senso ed io non dubito che porteranno buono frutti
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Raffaella

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