25 maggio 2007

Rassegna stampa del 25 maggio 2007


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SPECIALE: Il documentario della BBC dice il falso: ecco le prove!

PAPA BENEDETTO: PROSEGUIAMO NOSTRO COMPITO ANCHE CON NON POCHE DIFFICOLTA'

Saggio di teologia ratzingeriana


Cari amici, oggi possiamo leggere molti articoli di commento al discorso tenuto dal Papa davanti all'Assemblea generale della CEI. Purtroppo non mi sembra che i vaticanisti abbiano colto l'importanza delle parole di Benedetto XVI sulla fede, la morale, l'esigenza di combattere le vecchie e le nuove poverta', la necessita' di divulgare il Vangelo, di mettere Cristo al centro della nostra vita.
Tutto il discorso e' stato ridotto a due concetti (due frasette): il family day ed i dico (che poi non vengono mai citati dal Papa).
Veramente frustrante questo atteggiamento dei quotidiani.
Piu' tardi verranno pubblicate altre reazioni alla trasmissione di Santoro e uno scambio polemico di idee fra Vittorio Messori e Alberto Melloni sul commento del cardinale Martini a "Gesu' di Nazaret".
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Raffaella


Il Papa: Family Day, una festa di popolo

Benedetto XVI ai vescovi: «Bene l'intervento sui Dico»

Luigi Accattoli

CITTÀ DEL VATICANO — Rivendica la «straordinaria festa di popolo» del Family Day, si dice in «piena consonanza» con la nota dei vescovi sui Dico e insieme rispettoso della «distinzione» tra Chiesa e politica, incoraggia «ogni iniziativa dello Stato a favore della famiglia»: è papa Benedetto che parla ai vescovi italiani riuniti in assemblea. Con il terzo dei tre argomenti sembra salutare con favore la conferenza governativa che proprio ieri il presidente Napolitano apriva a Firenze.
È stato un discorso più di proposta e meno di denuncia rispetto ad altri tenuti da Benedetto XVI ai nostri vescovi. Non ha citato per esempio i valori «non negoziabili», che però sono stati evocati dal presidente dei vescovi Angelo Bagnasco nel «saluto» con cui l'ha accolto nell'Aula del Sinodo: ha ricordato come spesso sia «necessario» che si alzi la voce «chiara e ferma della Chiesa, unita attorno a Pietro, per riaffermare i principi inviolabili» della vita «personale e pubblica». Gli ha fatto eco Benedetto XVI segnalando come i vescovi con la «nota» su famiglia e unioni di fatto si siano mossi «in piena consonanza con il costante insegnamento della Sede apostolica».
Ecco il passo più importante del discorso del Papa: «La recentissima manifestazione a favore della famiglia, condivisa anche da molti non cattolici, è stata una grande e straordinaria festa di popolo, che ha confermato come la famiglia stessa sia profondamente radicata nel cuore e nella vita degli italiani. Questo evento ha certamente contribuito a rendere visibile a tutti quel significato e quel ruolo della famiglia nella società che ha particolarmente bisogno di essere compreso e riconosciuto oggi, di fronte a una cultura che si illude di favorire la felicità delle persone insistendo unilateralmente sulla libertà dei singoli individui. Pertanto ogni iniziativa dello Stato a favore della famiglia come tale non può che essere apprezzata e incoraggiata».
E' innegabile che papa Ratzinger veda l'Italia come il luogo di una grande «sfida» tra cultura secolare e tradizione cattolica. Ha evocato la «pressione» esercitata da «quelle tendenze secolarizzatrici che vorrebbero dominare la società e la cultura in questo Paese e in tutta l'Europa». Ma ha pure affermato che qui da noi «la Chiesa è una realtà di popolo» e la fede cattolica rimane «il grande fattore unificante di questa amata nazione e un prezioso serbatoio di energie morali per il suo futuro».
Gli interventi della Chiesa nella vita pubblica li ha motivati così: «Nel pieno e cordiale rispetto della distinzione tra Chiesa e politica, tra ciò che appartiene a Cesare e ciò che appartiene a Dio, non possiamo non preoccuparci del bene comune dell'Italia».
Si sa che spesso la Chiesa è apprezzata per la Caritas ed è osteggiata per la predicazione morale ed ecco come il Papa teologo ha invitato i vescovi a utilizzare quel vantaggio per superare questa ostilità: «Insistete nel promuovere e animare questo servizio (alle povertà, ndr) » affinché «tutti possano toccare con mano che non esiste separazione alcuna tra la Chiesa custode della legge morale, scritta da Dio nel cuore dell'uomo, e la Chiesa che invita i fedeli a farsi buoni samaritani, riconoscendo in ciascuna persona sofferente il proprio prossimo».

Corriere della sera, 25 maggio 2007

Lodevole, come sempre, Luigi Accattoli che tenta di evidenziare parti dei discorsi del Papa che sfuggono, dolosamente, ad altri commentatori.
Raffaella


LA NOTA

Dialogo a distanza Quirinale-Vaticano

MASSIMO FRANCO

La sponda istituzionale del Quirinale si è materializzata, puntuale. Con parole quasi identiche a quelle che aveva usato il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, Giorgio Napolitano ieri ha parlato contro le divisioni «artificiose e perniciose» fra laici e cattolici. Ed ha chiesto di ascoltare «le preoccupazioni e i contributi di pensiero» della Chiesa. Il capo dello Stato ha scelto la tribuna fiorentina della conferenza nazionale sulla famiglia: l'iniziativa che ha lacerato l'Unione per l'esclusione delle organizzazioni omosessuali. E il suo intervento è arrivato nello stesso giorno in cui Benedetto XVI ha confermato la «piena consonanza» con il vertice dei vescovi sui Dico.
Ma l'attenzione del presidente della Repubblica non significa che condivide le tesi vaticane sulle coppie di fatto. Il modo in cui difende l'istituto familiare, e insieme dice no alle «discriminazioni contro le unioni non matrimoniali», appare un'indicazione chiara. Il Quirinale non sembra ostile alla legge governativa che l'episcopato osteggia; e che probabilmente il Parlamento non riuscirà ad approvare. Dai suoi riferimenti alla Costituzione, però, si avverte la volontà di creare raccordi e opportunità di dialogo, non divisioni: anche se non si tratta di una sfida facile. Napolitano tenta infatti di ricucire rapporti logorati da una lunga contrapposizione.
La sua insistenza nel «mettere l'accento su quel che dovrebbe e può unire il Paese», per lui è «un dovere istituzionale». Vale per lo scontro fra gli schieramenti politici; ma anche per le tensioni che clericalismo e anticlericalismo, seppure minoritari, finiscono per alimentare. È un tentativo di riportare la concordia, nel quale il Quirinale trova nel Vaticano un alleato e insieme quasi un concorrente. Gli ambiti sono diversi. Ma l'ambizione di essere istituzioni unificanti riecheggia sia nelle parole del capo dello Stato che del Papa. La Chiesa, secondo Benedetto XVI, resta «il grande fattore unificante» dell'Italia; e «un prezioso serbatoio di energie morali».
È un dialogo a distanza che a tratti può dare l'impressione del minuetto. In realtà, nasce dalla preoccupazione che il tessuto sociale si slabbri ulteriormente; e crescano il malessere nei confronti dello Stato e la delegittimazione reciproca. Su questo sfondo, la massima autorità statale e quella religiosa mostrano di volersi muovere il più possibile in sintonia. I lividi del referendum sulla fecondazione assistita del 2005 non sono mai stati del tutto riassorbiti. E la manifestazione cattolica in piazza San Giovanni, il Family Day, il 12 maggio scorso, ha approfondito la spaccatura nel centrosinistra; e rimesso in discussione la legge sulle unioni di fatto.
Ma rimane, al di là delle polemiche, «la prospettiva dell'impegno pubblico per la famiglia», avverte Napolitano. La conferenza di Firenze doveva sancire l'impegno del governo. Eppure, per ora è emersa solo confusione. Il ministro dell'Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, si è presentato lì per dire che «i soldi ci sono»; aggiungendo subito, però, che il migliore aiuto sta nella riduzione del debito pubblico. E il suo vice, Vincenzo Visco, ha spiegato che i margini di spesa sono esigui. Per questo Rosy Bindi, regista dell'iniziativa, li ha ringraziati a metà. E s'è capito che la sponda fra Quirinale e Vaticano sulla famiglia deve fare i conti con un governo di alleati in lite perenne.
Diversità sulle unioni di fatto ma no comune allo scontro artificioso tra clericalismo e anticlericalismo.

Corriere della sera, 25 maggio 2007


CONTRO I DICO

Il consumismo delle relazioni

di GIULIO TREMONTI

Caro direttore, mercoledì scorso il presidente Cossiga ha dato al Corriere una bella, se pur breve, intervista sulla crisi della politica, come crisi culturale e dei valori: «Gli italiani entrano in confusione, vedono cattolici militanti come Marini o Rosy Bindi abbracciare tesi laiciste e laici tradizionali come Pera, come Tremonti che invece fanno proprie certe tesi cattoliche care a Papa Ratzinger».
Vorrei rispondere, naturalmente solo per quanto mi riguarda. E naturalmente non per introdurre argomenti di carattere personale (sulla mia scelta di una religiosità non esibita). Piuttosto, cosa vuole dire «laico tradizionale» e cosa vuole dire «fare proprie certe tesi cattoliche care a Papa Ratzinger»? Due domande e, nell'ordine, due risposte. Nella tradizione culturale italiana (in parallelo con la tradizione culturale europea) molte forme essenziali del liberalismo più antico hanno forti punti di contatto, spesso punti di identità, con il cattolicesimo. Dall'idea del limite del mercato all'idea della sussidiarietà. La collana di volumi curata per «Il Mulino» da Alberto Quadrio Curzio e Lorenzo Ornaghi è fortemente indicativa in questo senso.
La storia prosegue per arrivare al tempo presente. L'idea del limite del mercato diventa critica del «mercatismo». Nel 2005, in Rischi Fatali ho scritto: «Mercato unico, pensiero unico, errore unico». Il 1989, con il crollo del muro di Berlino, ha infatti segnato la fine tanto del comunismo quanto del liberalismo. Sostituiti entrambi da un'ideologia nuova: il mercatismo. L'ultima follia ideologica del Novecento. Il liberalismo si basava su di un principio di libertà applicato al mercato. Il comunismo su di una legge di sviluppo applicata alla società. Il mercatismo è la loro sintesi. Perché applica al mercato una legge di sviluppo lineare e globale. In questi termini il mercatismo è l'immissione del mercato in un campo di forza.
Il mercatismo fa infatti convergere a forza e sulla stessa scala offerta e domanda, produzione e consumo. E per farlo normalizza tutto, standardizza e spazza via tutti i vecchi differenziali. Postula e fabbrica prima un nuovo tipo di pensiero, il «pensiero unico», e poi un nuovo tipo ideale di uomo-consumatore: l'«uomo a taglia unica». Fonde insieme consumismo e comunismo. E così sintetizza un nuovo tipo di «materialismo storico».
L'idea della sussidiarietà trova poi espressione, oltre che nel federalismo, in esperimenti che vanno dall'«8 per mille» al «5 per mille», che non ho inventato per gelido esperimento di finanza creativa, ma per profonda convinzione sulla funzione sociale propria di questi strumenti («Volontariato e nuovo welfare. Un 8 per mille per il futuro», Corriere 8 novembre 2004).
E poi le «tesi cattoliche». Nel 1999 e dunque in epoca diciamo così non sospetta ho scritto quanto segue: «McDonald versus polenta, Halloween versus befana, Goretex o lana»? Questo gioco potrebbe continuare quasi all'infinito, sviluppandosi sulla doppia matrice nuovo- vecchio, estero-domestico. Ma non è un gioco. E' politica pura. Usi e costumi, famiglia, figli, vino, valzer, liscio, botteghe versus Coca-Cola, Pop, Rap, jeans, mega o super store, ecstasy, E-commerce, sono infatti materiali che, sprigionando la forza di una nuova dialettica, concretano la forma nuova del materialismo storico. In questo nuovo territorio, popolato dai simboli e dai totem del consumo, la politica non è e non sarà più chiusa nella vecchia dialettica, tra destra e sinistra, ma evoluta nell'alternativa tra globale e locale, tra mondo americano e mondo cristiano. Il conflitto tra mondo «americano» e mondo «cristiano» non è infatti necessariamente un conflitto tra masse di individui organizzabili politicamente, come tra le due vecchie opposte polarità della destra e della sinistra, perché può prendere la forma tipica dell'«Inneres Erlebnis», dell'esperienza continua, interna a ciascuna persona. Per questo, come è stato in passato, più degli altri la Chiesa potrebbe avere davanti a sé un grande futuro «politico». Ripeto, 1999.
Infine, sui «Dico», penso che la dividente non sia tra mondo cattolico e mondo laico, ma tra due visioni diverse della società: una strutturata ed una destrutturata. Perché i «Dico» sublimano la cultura del consumismo. Consentono di passare, come su di una piattaforma girevole, dal consumo delle cose al consumo dei rapporti, delle relazioni e dei sentimenti, in nome della nuova ideologia delle «liberalizzazioni». L'essenza del Dico, matrimonio pop, è infatti nella banalizzazione. Non è nemmeno più necessario salire al piano di sopra del municipio: è sufficiente fermarsi al pian terreno in sala anagrafe per fare shopping giuridico, per consumare al banco un prodotto tipico di questo tempo. Immersi come moltitudine nella solitudine dell'effimero. Un prodotto a bassa intensità morale, e per questo un prodotto che ha un plus rispetto al matrimonio religioso o civile, così démodé nella sua liturgia, soprattutto così carico di fastidiosi vincoli e doveri. A questa visione si oppone, e francamente credo che debba essere opposta, una visione antica e forte della società, fatta da principi e da doveri, laici o religiosi.
Non so se tutte queste idee sono giuste o sbagliate, care o no «a Papa Ratzinger». So che saranno comprese come non confondenti da un vero cattolico liberale come è Francesco Cossiga.

Corriere della sera, 25 maggio 2007


«La Chiesa unifica gli italiani»

di Andrea Tornielli

Benedetto XVI ha fatto sua la recente nota del consiglio permanente della Cei contro i progetti di legalizzazione delle coppie di fatto e ha definito il Family Day «una grande e straordinaria festa di popolo». Il Papa è intervenuto ieri all’assemblea generale dei vescovi italiani, dopo averli incontrati personalmente tutti nei mesi scorsi. Ha detto che la Chiesa del nostro Paese è «una realtà di popolo, capillarmente vicina alle persone e alle famiglia», un «grande fattore unificante» per la nazione e ha spiegato che «c’è ancora tanta ricchezza, tanta vitalità di fede».

Per quanto riguarda, invece, i problemi esistenti, Benedetto XVI ha aggiunto: «Avvertiamo quotidianamente, nelle immagini proposte dal dibattito pubblico e amplificate dal sistema delle comunicazioni, ma anche, sebbene in misura diversa, nella vita e nei comportamenti delle persone, il peso di una cultura improntata al relativismo morale, povera di certezze e ricca invece di rivendicazioni non di rado ingiustificate». Il Papa ha ribadito che «nel pieno e cordiale rispetto della distinzione tra Chiesa e politica», i vescovi non possono non preoccuparsi «di ciò che è buono per l’uomo», cioè «del bene comune dell’Italia», la nota della Cei sui Dico è «una chiara testimonianza» di questa attenzione, presa «in piena consonanza con il costante insegnamento» della Santa Sede. Quindi Ratzinger ha accennato al Family Day, sottolineando che si è svolto «per iniziativa del laicato cattolico ma condivisa anche da molti non cattolici», ed è stata «una grande e straordinaria festa di popolo, che ha confermato come la famiglia stessa sia profondamente radicata nel cuore e nella vita degli italiani». Un evento, ha aggiunto, che «ha certamente contribuito a rendere visibile a tutti quel significato e quel ruolo della famiglia nella società che ha particolarmente bisogno di essere compreso e riconosciuto oggi, di fronte a una cultura che si illude di favorire la felicità delle persone insistendo unilateralmente sulla libertà dei singoli individui». Per questo, «ogni iniziativa dello Stato a favore della famiglia come tale non può che essere apprezzata e incoraggiata».

Ma il Papa ha assicurato che la stessa attenzione si «esprime nel servizio quotidiano alle molte povertà, antiche e nuove, visibili o nascoste» e ha chiesto ai vescovi di insistere in queste iniziative perché «tutti possano toccare con mano che non esiste separazione alcuna tra la Chiesa custode della legge morale», e la Chiesa che «invita i fedeli a farsi buoni samaritani, riconoscendo in ciascuna persona sofferente il proprio prossimo».

Il tema centrale dell’intervento papale è la missione, l’invito ad «annunciare e testimoniare il medesimo Gesù Cristo, sia i popoli che si stanno per la prima volta aprendo alla fede, sia i figli di quei popoli che ora vengono a vivere e a lavorare in Italia, sia anche la nostra gente» sottoposta «alla pressione di quelle tendenze secolarizzatrici che vorrebbero dominare la società e la cultura in questo Paese e in tutta l’Europa». Dunque anche gli immigrati devono essere considerati destinatari dell’annuncio cristiano, perché la stima e il rispetto verso le altre religioni e culture, ha spiegato Benedetto XVI, «non può diminuire la consapevolezza dell’originalità, pienezza e unicità della rivelazione del vero Dio che in Cristo ci è stata definitivamente donata, e nemmeno può attenuarsi o indebolirsi la vocazione missionaria della Chiesa».

Il Giornale, 25 maggio 2007

Bene anche Tornielli :-)


Benedetto XVI torna anche sulla manifestazione anti-Dico definendola "straordinaria festa di popolo"

Il Papa: «Iniziativa da apprezzare e incoraggiare»

Giorgio Acquaviva

CITTÀ DEL VATICANO
«Ogni iniziativa dello Stato a favore della famiglia come tale non può che essere apprezzata e incoraggiata», dice papa Benedetto XVI nel discorso ai vescovi italiani riuniti in assemblea. E si rompe così il silenzio sulla Conferenza di Firenze, che la Cei finora aveva tenuto, almeno ufficialmente. Ma naturalmente il Vescovo di Roma e Primate d'Italia non rinuncia a rivendicare il successo della «recentissima manifestazione a favore della famiglia, svoltasi per iniziativa del laicato cattolico ma condivisa anche da molti non cattolici» e la definisce come già aveva fatto il presidente della Cei, Angelo Bagnasco «straordinaria festa di popolo», che ha confermato il radicamento della famiglia «nel cuore e nella vita degli italiani», rendendo «visibile a tutti quel significato e quel ruolo della famiglia nella società» che va riconosciuto «di fronte a una cultura che si illude di favorire la felicità delle persone insistendo unilateralmente sulla libertà dei singoli individui». Nessuna intromissione nella politica ma, «nel pieno e cordiale rispetto della distinzione tra ciò che appartiene a Cesare e ciò che appartiene a Dio, non possiamo non preoccuparci di ciò che è buono per l'uomo: in concreto, del bene comune d'Italia». Torna, quindi, la fotografia in bianco e nero della nostra società, che vede una «fede radicata» e addirittura la considera «fattore unificante» e «prezioso serbatoio di energie morali», ma anche luogo in cui pesa una «cultura improntata al relativismo morale, povera di certezze e ricca di rivendicazioni non di rado ingiustificate». È in questo spazio che si situa l'azione della Chiesa, col suo messaggio di speranza. Il Convegno di Verona aveva lavorato proprio su questo versante e c'è attesa per la Nota pastorale che darà seguito a quelle richieste di mobilitazione del laicato nelle variegate realtà locali. Una missione da indirizzare «a tutti e a ciascuno», a chi si apre alla fede e a chi viene nel nostro Paese per vivere e lavorare ma anche con "serena determinazione", aveva detto mons. Bagnasco. Un ulteriore riferimento diretto alla famiglia è venuto con la dichiarazione di «piena consonanza» con la Nota del Consiglio Permanente Cei sulla «famiglia fondata sul matrimonio e le iniziative legislative in materia di unioni di fatto», che bocciava i Dico. Infine, riprendendo la accorata analisi dell'arcivescovo presidente nella Prolusione, ha rilanciato il tema del «servizio quotidiano alle molte povertà, antiche e nuove, visibili o nascoste». E ha aggiunto che non c'è «separazione tra la Chiesa custode della legge morale e la Chiesa che invita i fedeli a farsi buoni samaritani».

Gazzetta del sud, 25 maggio 2007


Il Papa applaude i laici di piazza San Giovanni

“Una festa di popolo, un serbatoio di energie
La fede cattolica è il fattore che unifica l’Italia”


MARCO TOSATTI

CITTÀ DEL VATICANO
Benedetto XVI riceve i vescovi italiani riuniti in assemblea a Roma, e traccia un consuntivo pacato di queste settimane di polemiche e battaglie. Parte dal «Family Day» definendolo «una grande e straordinaria festa di popolo»; afferma che la Chiesa in Italia «è una realtà di popolo, capillarmente vicina alle persone e alle famiglie», e ribadisce che «la fede cattolica e la presenza della Chiesa rimangono il grande fattore unificante di questa amata nazione ed un prezioso serbatoio di energie morali per il suo futuro». Un discorso che assume un particolare valore e significato nel giorno in cui il Presidente della Repubblica a Firenze ha parole di attenzione per le preoccupazioni ecclesiastiche in tema di famiglia.
Papa Ratzinger disegna un panorama italiano non privo di ombre. «Avvertiamo quotidianamente - ammonisce i presuli - nelle immagini proposte dal dibattito pubblico e amplificate dal sistema delle comunicazioni, ma anche, sebbene in misura diversa, nella vita e nei comportamenti delle persone, il peso di una cultura improntata al relativismo morale, povera di certezze e ricca invece di rivendicazioni non di rado ingiustificate». Per questo motivo la Chiesa deve continuare ad «annunciare e testimoniare Gesù Cristo» anche alla «nostra gente, che a volte si è allontanata dalla fede ed è comunque sottoposta alla pressione di quelle tendenze secolarizzatrici che vorrebbero dominare la società e la cultura in questo Paese».
Senza entrare in politica, raccomanda. L’azione dei vescovi deve svolgersi «nel pieno e cordiale rispetto della distinzione tra Chiesa e politica, tra ciò che appartiene a Cesare e ciò che appartiene a Dio», ma «non possiamo non preoccuparci infatti di ciò che è buono per l’uomo, creatura e immagine di Dio: in concreto, del bene comune dell’Italia». Si tratta, ha spiegato, di «una precisa responsabilità verso le chiese loro affidate ma anche verso l’intera nazione». E non solo. Ha invitato i vescovi ad annunciare Cristo ai «figli di quei popoli che ora vengono a vivere e lavorare in Italia». Il Papa ha sottolineato che «la stima e il rispetto verso le altre religioni e culture» non deve «diminuire la consapevolezza dell'originalità, pienezza e unicità della rivelazione del vero Dio che in Cristo ci è stata definitivamente donata, e nemmeno può attenuarsi o indebolirsi la vocazione missionaria della Chiesa».
In concreto, papa Ratzinger ha espresso pieno appoggio alla Cei per la «Nota» sui Dico: «Dell’attenzione al bene comune» i vescovi hanno dato «una chiara testimonianza con la Nota approvata dal Consiglio episcopale permanente riguardo alla famiglia fondata sul matrimonio e alle iniziative legislative in materia di unioni di fatto», muovendosi «in piena consonanza con il costante insegnamento della Sede apostolica». Così come ha lodato i laici per il Family Day, un’iniziativa «condivisa anche da molti non cattolici», che ha confermato «come la famiglia stessa sia profondamente radicata nel cuore e nella vita degli italiani ed ha certamente contribuito a rendere visibile a tutti quel significato e quel ruolo della famiglia nella società, di fronte a una cultura che si illude di favorire la felicità delle persone insistendo unilateralmente sulla libertà dei singoli individui».

La Stampa, 25 maggio 2007


NOTA: oggi non verra' pubblicato l'articolo di Marco Politi. E' una forma di protesta...
Raffaella

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