27 maggio 2007
"Gesu' di Nazarer": Baget Bozzo contro la lettura riduttiva di Melloni
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BAGET BOZZO VS MELLONI: “VUOLE SOTTRARRE LA BIBBIA ALLA CHIESA”
Contraddire il Papa o è il Papa che contraddice gli esegeti?
Milano. “Mi domando se non era meglio omettere del tutto la menzione del Papa dal frontespizio, visto che è l’autore stesso, nell’introduzione, a dichiarare che ‘il libro non è in alcun modo un atto del magistero… sicché ognuno è libero di contraddirmi’”. Domanda sottile, al pari di altre che il cardinale Carlo Maria Martini ha posto presentando a Parigi “Gesù di Nazaret” di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI.
Ma prima di rispondere, dice don Gianni Baget Bozzo, bisogna capire che cosa è il libro di Papa Ratzinger.
“E’ e vuole essere un esempio di esegesi teologica”, spiega: “Significa che per il suo autore la Bibbia va interpretata come un unico testo, che ha al suo interno un significato intelleggibile. L’esegesi teologica è la ‘lettura credente’ della Bibbia fatta dalla chiesa. Quindi è diversa dalla pura esegesi critica, dalla critica storico-filologica delle Scritture. In sostanza, il Papa indica una cosa precisa: l’interpretazione della Bibbia nel suo vero significato non è affidata agli storici o agli accademici, tantomeno al ‘sentire’ privato, ma ai cristiani, alla chiesa”.
Il libro di Ratzinger-Benedetto XVI pone un “caveat”: dopo tre secoli in cui è sembrato che solo l’esegesi testuale potesse “conoscere” il Gesù storico e, in fondo, “sapere” cosa sia il cristianesimo; dopo secoli in cui la chiesa è stata accusata, al suo stesso interno, di ignoranza e oscurantismo per aver continuato a privilegiare una conoscenza di Gesù a partire dalla fede, “Gesù di Nazaret” dimostra che è possibile difendere il carattere dell’esegesi teologica. Pur senza per questo negare validità alla ricerca storica, che Ratzinger non teme né condanna. Questo “caveat”, un biblista come Martini l’ha ben colto. Così come lo ha colto, sul Corriere della Sera di ieri, lo storico della chiesa Alberto Melloni, intervenendo a commento del Martini commentatore di Ratzinger.
Maliziosamente, si potrebbe pensare che, più che sentirsi liberi di contraddire, i due si siano sentiti contraddetti dal libro e abbiano, ciascuno a suo modo, reagito. “Martini, in qualità di esegeta, prende sul serio l’attacco del ‘teologo’ Ratzinger, gli rimprovera ad esempio di non citare ‘quasi mai le possibili varianti dei testi’ e di accettare le conclusioni della ‘maggior parte degli esperti’”.
Ma secondo Baget Bozzo non è al fondo in disaccordo con il Papa, anzi afferma di apprezzare il libro. Anche se ritiene di dover respingere le critiche al metodo storico che per lui è valido, mentre Ratzinger “dà anche volentieri la parola ai Padri della chiesa”.
Qui, per Baget Bozzo, sta un punto essenziale: “La lettura dei Vangeli che fa Ratzinger è più simile a quella sapienziale della chiesa ortodossa, che ha sempre rifiutato la scuola filologica. E infatti accoglie l’esegesi dei Padri, espressione della chiesa viva. Ratzinger ribadisce che questa tradizione è convincente, che se leggiamo la Bibbia con la fede capiamo di più anche l’esegesi storica.
Mentre nella prospettiva che Martini si fa scrupolo di difendere la lettura scientifica è essenziale e sufficiente al significato”. Per
Baget Bozzo, però, da tempo questa contrapposizione tra scuola storica e antimodernismo non è più conflittuale.
Più radicale invece il contraddittorio aperto da Melloni, che pure utilizza il cardinale-esegeta come suo campione di difesa (“Martini ancora una volta sceglie di difendere la liceità di una ‘posizione altra’”), in una situazione ecclesiale in cui, per chi “non sia al riparo della porpora”, scrive maliziosamente Melloni “assumersi un rischio non è mai positivo”. L’accenno polemico di Melloni è del resto evocativo di un certo clima di fronda montante: qualche giorno fa cento teologi tedeschi, guidati dall’ex professore di Tubinga Peter Hunermann, hanno firmato un documento che attacca frontalmente Ratzinger sul suo terreno, chiedendo una radicale riforma della congregazione della Dottrina della fede. Segnale significativo e coerente, secondo Baget Bozzo: “Non accadde con Wojtyla. Ma ora, di fronte al rigore teologico di un Papa teologo, lo spazio di ambiguità si riduce, e chi gli è contrario esce allo scoperto, come accadrà per questo libro. Chiarezza chiama chiarezza”.
Tornando al libro, per Melloni si presta a confermare il “conservatorismo facilone e ignorante” con cui la chiesa ha sempre trattato l’esegesi storico-critica. Ma il punto cruciale è un altro: Nel “Gesù” di Ratzinger “l’insieme dei testi e racconti ha un solo significato ed è perfettamente coincidente con la fede come è espressa nel credo ed è perfettamente rappresentato dalla chiesa”. Una prospettiva “che scalza tutto il dinamismo di riforma che dal IV al XX secolo ha invece colto nell’oggi le rughe di una infedeltà dolorosa della chiesa e nella riscoperta della verità evangelica la grazia per la riforma”.
Replica Baget Bozzo: “Quella di Melloni è l’idea di sottrarre la Bibbia alla chiesa per affidarla ai professori universitari, alla boria accademica di chi dice: io faccio un’esegesi più colta di voi. Mentre invece, la chiesa, per 250 anni, ha difeso la fede dei semplici”.
E poi, si domanda don Gianni, qual è l’esito? Che la chiesa viene sottratta al rapporto con la storia. Per Baget Bozzo è una lettura che ha in sé una radice gnostica: “La fede è nell’interiorità, il testo è un qualcosa da studiare, e la chiesa semplicemente non serve. Per Melloni, il ‘vero credente’ è lo spiritualista, compatibile con il mondo proprio perché senza rapporto con la storia. Tant’è vero che la chiesa diventa una ‘tradizione’ liquidabile, una pura materia eliminabile come un’altra. Invece il Papa ribadisce proprio che “l’ipotesi credente è essenziale alla lettura anche storica della Bibbia. Per il Papa, la fede è immanente al testo”.
A questo punto si può tornare alla iniziale domanda di Martini: ma è il libro del Papa o del teologo Ratzinger? Per Baget Bozzo, è una domanda legittima e non è stata suscitata dall’autore come tranello retorico: “Significa che Ratzinger parla non come Papa, ma da Papa. Non è un gioco di parole.
Ciò che dice lo dice da Papa, cioè ponendo un problema oggettivo a tutta la chiesa: il problema, da lui rilevato come essenziale (e le reazioni dimostrano che ha ragione) di cosa sia l’esegesi – cioè la possibilità di conoscere ‘il volto del Signore’ – e di come possa essere fatta oggi, dopo tre secoli in cui si è tentato di farla in un certo modo limitante.
Ma non pone questo problema ‘come Papa’.
Cioè non usa il potere canonico, cui tutti sarebbero tenuti a obbedire, bensì il potere dottrinale. Che però nessuno può trascurare di prendere in considerazione”.
Maurizio Crippa
Il Foglio, 27 maggio 2007
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