27 maggio 2007

Aggiornamento della rassegna stampa del 27 maggio 2007 (1)


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Rassegna stampa del 27 maggio 2007

L’intervento di Benedetto XVI

Il monito di Ratzinger: «Il profitto non è tutto»

Il Papa ai giovani della Confindustria: salvaguardate l’occupazione
«Ai ragazzi si dia speranza di futuro»


Città del Vaticano. «Salvaguardare l’occupazione», soprattutto giovanile, anche in crisi economica. Ricordare che il profitto non è l’unico criterio per le aziende. Valutare che operare per le famiglie significa «assicurare un autentico sviluppo economico». Mettere sempre l’uomo al centro dell’attività imprenditoriale. Il Papa riceve i giovani imprenditori della Confindustria (nella foto, con il loro presidente Matteo Colaninno) e parla di un’economia che attinge alla dottrina sociale della Chiesa.
Ratzinger fa appello a «salvaguardare l’occupazione» benché il mondo del lavoro sia «segnato da una forte e persistente crisi», sostenendo l’«importanza della famiglia fondata sul matrimonio quale elemento portante della vita e dello sviluppo della società» e sottolineando che agire per «le famiglie significa contribuire a rinnovare il tessuto della società e assicurare le base di un autentico sviluppo economico».
«È indispensabile», dice il Papa, «che il riferimento ultimo di ogni intervento economico sia il bene comune e il soddisfacimento delle legittime attese dell’essere umano. In altri termini, la vita umana e i suoi valori devono sempre essere il principio e la fine dell’economia». È «in questa ottica», ha osservato, che «assume il giusto valore la funzione del profitto, quale primo indicatore del buon andamento dell’azienda». E il «patrimonio più prezioso dell’azienda» sono i «lavoratori». «È necessario», dice Ratzinger, «che l’attività lavorativa torni a essere l’ambito nel quale l’uomo possa realizzare le potenzialità ponendo a frutto capacità e ingegno personale, e dipende in gran parte da voi, imprenditori, creare le condizioni più favorevoli perchè ciò accada. È vero: tutto questo non è facile essendo il mondo del lavoro segnato da una forte e persistente crisi, ma sono certo che non risparmierete i vostri sforzi per salvaguardare l’occupazione lavorativa, in particolar modo dei giovani; per costruire il proprio avvenire con fiducia essi debbono infatti poter contare su una fonte di sostentamento sicura per sé e i propri cari».
E intanto, Montezemolo torna a garantire che non sta affatto pensando a entrare nella politica: «Non avevo e non ho secondi fini», dice. «Voglio parlare in nome di un capitalismo sano, voglio dare voce a una borghesia che sta crescendo».

Brescia oggi, 27 maggio 2007


Benedetto XVI: «Una grande festa di popolo che deve essere compresa»

di GIUSEPPE DE CARLI

IL RADICAMENTO della fede in Italia. La penuria di sacerdoti. L’annuncio di Gesù Cristo, unico salvatore del mondo. Il giudizio positivo sulla Nota, approvata dal Consiglio Episcopale Permanente, riguardo alla famiglia fondata sul matrimonio e alle iniziative legislative in materia di unioni di fatto. La festa di popolo del «Family day»; l’attenzione verso le molte povertà antiche e nuove, visibili o nascoste. È a tutto campo, seppur nella sua concisività, il discorso che Papa Benedetto XVI rivolge agli oltre 200 vescovi italiani riuniti in Vaticano per la 57 Assemblea Generale. «Ho imparato - dice fuori testo il Papa - la geografia esteriore e anche quella interiore. E anche laddove sembra essersi spenta la fede, c’è una piccola fiamma che rimane. Dobbiamo avere il coraggio di rianimarla». Benedetto XVI si riferisce ai lunghi mesi delle visite «ad limina» dei presuli italiani, quei colloqui che gli hanno dato la possibilità di vedere tutte le sfaccettature di una Chiesa nazionale fra le più robuste, ramificate, «popolari» del continente europeo. Lo «stile Ratzinger» è come uno specchio riflettente dello «stile Bagnasco», il nuovo presidente della Cei, successore del cardinale Camillo Ruini, che parla con pacatezza ed apre nuove piste di riflessione sulla faccia dimenticata dell’Italia, quella che non arriva alla fine del mese, che assedia la Caritas e le parrocchie in cerca di aiuto. Da un ragionamento politico ad una dimensione più pastorale. «Vostra Santità - dice l’arcivescovo di Genova - è a conoscenza della serena determinazione con cui la Conferenza Episcopale Italiana accompagna questo Suo servizio». La Chiesa italiana è compatta col Successore di Pietro. E «Pietro» risponde: «La fede cattolica e la presenza della Chiesa rimangono il grande fattore unificante di questa amata Nazione ed un prezioso serbatoio di energie morali per il suo futuro». La fede e la Chiesa, insomma, sono quelle che tengono insieme l’Italia in una stagione in cui la politica attraversa una profonda, quasi irreversibile crisi di credibilità. Il percorso di saldatura è stato progressivamente intenso: parte da Verona, si è frastagliato nelle visite di ogni singolo vescovo al Papa, trova il suo punto più alto nell’intervento di ieri del Pontefice e getta uno sguardo sul futuro mettendo in agenda l’abbraccio coi giovani italiani ai primi di settembre a Loreto. Luci ed ombre. «Avvertiamo quotidianamente, nelle immagini proposte dal dibattito politico e amplificato dal sistema delle comunicazioni, il peso di una cultura improntata al relativismo morale, povera di certezze e ricca invece di rivendicazioni non di rado ingiustificate». Poi c’è la questione di integrare gli immigrati, le pressioni sull’opinione pubblica di quelle «tendenze secolarizzatici che vorrebbero dominare la società e la cultura in questo Paese». Il Papa ripropone la validità della Dichiarazione Dominus Jesus per contrastare quel «clima culturale e relativistico» che tende a sradicare i fondamenti della fede. Stima e rispetto per le altre religioni, ma, per il Papa, la salvezza viene da Gesù. E c’è la parte socio-politica della riflessione ratzingeriana, quella che ribadisce la distinzione fra Chiesa e politica, fra ciò che appartiene a Cesare e ciò che appartiene a Dio. La Chiesa non può rimanere inerte: «Non possiamo non preoccuparci di ciò che è buono per l’uomo creato ad immagine di Dio: in concreto, del bene comune dell’Italia». In tale contesto, ecco la dichiarazione contro i Dico e la manifestazione a favore della famiglia «svoltasi - osserva il Papa - per iniziativa del laicato cattolico, ma condivisa anche da molti non cattolici». Essa è stata «una grande straordinaria festa di popolo, che ha confermato come la famiglia stessa sia profondamente radicata nel cuore e nella vita degli italiani»; un evento, insiste Papa Benedetto, che ha particolarmente bisogno di essere compreso e riconosciuto oggi «di fronte una cultura che si illude di favorire la felicità delle persone insistendo unilateralmente sulla libertà dei singoli individui». «Pertanto - aggiunge - ogni iniziativa dello Stato a favore della famiglia come tale non può che essere apprezzata e incoraggiata». Espressioni pronunciate quasi in contemporanea col Ministro della Famiglia, Rosy Bindi, che a Firenze apriva il Convegno nazionale sulla famiglia. Quasi un filo diretto critico e dialettico, un dialogo a distanza, seppure su posizioni non del tutto collimanti. La «tranquilla forza evangelica della Chiesa cattolica» messa a servizio del bene comune. In pratica, il sevizio quotidiano alle molte povertà. L’ultima raccomandazione del Papa è proprio quella di promuovere e animare questo servizio, «affinché in esso risplenda sempre l’autentico amore di Cristo e tutti possano toccare con mano che non esiste separazione alcuna tra la Chiesa custode della legge morale, scritta da Dio nel cuore dell’uomo, e la Chiesa che invita i fedeli e farsi buoni samaritani, riconoscendo in ciascuna persona sofferente il proprio prossimo»

Il Tempo, 25 maggio 2007


La liberazione

«Cristo vale più di mille lotte sociali».

Marcos Zerbini, ex leader catto-comunista racconta la Chiesa che ha rivoluzionato la sua vita. E il Papa che ha conquistato i suoi ragazzi

di Alberto Isabella

San Paolo (Brasile)
«Molti dei nostri giovani sono andati all'incontro con Benedetto XVI allo stadio di Pacaembu e sono rimasti molto colpiti dalla sua persona. Tutti i media dicevano che il Papa era un uomo chiuso e introverso, invece quella che tutti hanno visto è stata una persona piena di amabilità. Un padre impegnato a educare con chiarezza e fermezza, ma che allo stesso tempo non perde la dolcezza e l'amore per i figli». Marcos Zerbini commenta soddisfatto la visita di Benedetto XVI a San Paolo, la sua città natale, e non è il commento di uno qualunque. «Per me il rapporto con questo Papa è un'esperienza molto nuova e interessante, perché io avevo certe idee sbagliate su di lui derivanti dalla mia originale formazione nella Chiesa, improntata alla teologia della liberazione. Oggi io vedo che il grande sbaglio della teologia della liberazione è ridurre Gesù Cristo a discussioni sui problemi politici e sociali. Ma Gesù Cristo è molto di più di questo». Attenzione, Marcos Zerbini non è un ex della Tdl come tanti. Siamo davanti a un vero leader popolare, che con la sua compagna Cleuza Ramos si è messo al servizio del popolo nelle Comunità di base negli anni Ottanta. Sotto il nome di Associazione dei lavoratori senza terra hanno iniziato un movimento popolare che ha permesso la costruzione di migliaia di case. Adottando un metodo di lotta diverso da quello allora dominante, delle occupazioni di terreni. Così racconta la sua storia. «Nel 1986 il tema della "Campagna di fraternità" della Quaresima promossa dalla Conferenza episcopale brasiliana era "Terra di Dio, terra di fratelli". Nel libretto per la riflessione c'era scritto: "State già aiutando chi non ha la casa, o state solo pregando Dio di aiutarli?". Mi dissi: "Questo è per me, devo fare qualcosa". Al nostro primo raduno vennero 200 persone, due settimane dopo ci trovammo in duemila in una chiesa. Facevamo manifestazioni, raccoglievamo firme e le portavamo al Comune e al governo dello Stato. Creammo l'Asociação dos Trabalhadores sem terra, che all'inizio non diede risultati perché era incentrata solo sulla rivendicazione. Dopo i primi due anni vedevo molte persone la cui unica speranza era un'invasione di proprietà, e intanto abitavano in tuguri, in affitto, in casa della suocera. Allora abbiamo cambiato metodo: anziché aspettare la risposta delle istituzioni o di trovare un terreno da invadere, ci siamo mossi. Con un gruppo di 18 famiglie abbiamo comprato un grande terreno e lo abbiamo diviso in lotti per la costruzione delle case. Poi, sempre organizzandoci in gruppi collettivi, abbiamo comprato altre terre per insediare le famiglie. Per l'acqua, luce e gli altri servizi ci sono voluti anni. E appena insediati ci accorgemmo che erano più costose della terra stessa. Così cominciammo a sollecitare il Comune e questa è stata una lotta di anni. Poi fu la volta della scuola, un'altra lotta vinta. I lotti comprati sono diventati 27, quelli edificati 14 e ospitano 12.500 famiglie. Così il quartiere, anche se di periferia, era diventato bello, con la scuola, l'acqua, la luce e l'asfalto. Ma non eravamo contenti».
«Si erano accorti che erano diventati molto bravi nel costruire case per la gente, ma che non riuscivano a costruire la cosa a cui tenevano di più: una comunità solidale, una vera amicizia fra le persone», racconta Vando Valentini, responsabile di Comunione e liberazione e della pastorale universitaria alla Pontificia università cattolica di San Paolo. «Fra i vicini delle loro case, come dentro allo stesso gruppo dirigente, una quarantina di persone, c'erano tensioni e conflitti che non riuscivano a risolvere. L'incontro con noi li ha richiamati all'origine della loro storia: l'appartenenza alla Chiesa. Hanno chiesto di fare Scuola di comunità (momento di catechesi di Cl, ndr) con noi».

22 mila poveri all'università

Dopo l'incontro con Cl Zerbini ha approfondito il suo impegno sociale e politico con una coscienza nuova. È rientrato in politica, dopo che aveva abbandonato il Pt del presidente Lula non apprezzandone più i metodi centralisti. «La mia esperienza politica nelle istituzioni è cominciata sei anni fa, quando gli amici dell'Associazione hanno deciso che era importante avere una persona che potesse dialogare con il Comune. Sono entrato a far politica per poter servire di più il popolo. Nel 2000 sono stato eletto consigliere comunale della città di San Paolo con 31.500 voti, nel 2004 sono stato rieletto per il mandato raccogliendo 41.500 voti e nel 2006 ho conquistato un posto di deputato dello stato di San Paolo con 94.082 voti».
Marcos ha continuato a lavorare anche nel sociale, dandosi l'obiettivo di favorire l'accesso all'università per i figli delle persone che si erano costruite la casa grazie all'impegno dell'Associazione. «In Brasile l'università pubblica è a numero chiuso e, dal momento che l'esame di ammissione è difficile, riescono a entrare solo quelli che hanno fatto buone scuole private. Il ragazzo povero ha come unica possibilità quella di pagarsi l'università privata. Allora abbiamo provato a organizzare un grande gruppo di giovani e negoziare con le università private di San Paolo che avevano molti posti liberi. Anche lì ci sono esami di ammissione e il numero chiuso, ma hanno anche meno richieste. Così siamo riusciti a firmare convenzioni con diversi atenei privati per cui ai ragazzi sono concessi sconti dal 30 al 60 per cento sulle rate mensili. In questo modo sono entrati all'università quasi 22 mila ragazzi».
«La preoccupazione - spiega Zerbini - non è solo l'università, ma un processo di educazione della vita; perciò facciamo incontri con questi ragazzi per parlare dei problemi del quotidiano, cioè dei problemi dell'università ma anche di quelli della propria vita». Di qui alla proposta di un incontro mensile sul libro Il senso religioso di Luigi Giussani il passo è stato breve. L'adesione è stata abbondante. Per Marcos «è stata una sorpresa. Molti di questi giovani rimangano colpiti dalla discussione che facciamo in questo corso e iniziano a capire l'importanza di prendere sul serio la vita, di guardare la propria esperienza umana elementare e imparare da essa, cercando nella vita qualcosa di più grande. I loro racconti sono commoventi. Molti ammettono che l'incontro con l'Assoziazione ha fatto cambiare direzione alla loro vita».

Le aspettative intorno al Celam

Sono questi i ragazzi che sono andati a vedere Benedetto XVI. «Tornati dall'incontro del Papa con i giovani erano contentissimi e molto colpiti. Mi ha sorpreso e meravigliato come abbiano capito in modo profondo la questione dei rapporti uomo-donna che era stata richiamata da Papa Benedetto. Si pensa che per un giovane dare retta a chi parla di verginità sia assurdo, ma loro hanno veramente capito che non era una questione di sesso soltanto, ma di rispetto per la persona umana. Il Papa non era qui per dire che cosa è proibito, ma per affermare la persona umana, e questo l'hanno inteso perfettamente».
Le attese di Marcos Zerbini e dei suoi amici rispetto alla Conferenza organizzata dal Celam (in corso in questi giorni proprio ad Aparecida, in Brasile) recano l'impronta della loro esperienza. «Quando ci rendemmo conto che l'esperienza ecclesiale delle Comunità di base era stata ridotta all'attivismo politico-sociale, ci siamo allontanati della Chiesa e siamo stati guardati male dagli aderenti alla teologia della liberazione. Io penso che in questi ultimi anni la Chiesa sia maturata in Brasile e che stia maturando in tutta l'America Latina. Quello che ci attendiamo dalla Conferenza dei vescovi del continente si può riassumere così: desideriamo che i nostri pastori non lascino da parte la preoccupazione più profonda del cuore umano con discussioni sui problemi politici e sociali. C'è una preoccupazione più grande, che è quella di annunciare Gesù Cristo a tutti. Perché la missione della Chiesa consiste esattamente nell'annunciare Gesù Cristo. È giusto e naturale che ci sia una preoccupazione per i più poveri, per chi si trova ai margini della società, ma noi non possiamo perdere la prospettiva che Gesù Cristo è per tutti, poveri e ricchi. È per tutti perché Lui è molto di più delle questioni sociali e politiche». Lo dice Marcos Zerbini, uno che a guidare lotte per la giustizia sociale ci ha passato una vita intera.

Tempi num.21 del 24/05/2007

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