26 maggio 2007
Intervista a Don Fortunato Di Noto sulla pedofilia
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La diffusione nei giorni scorsi su Internet del video realizzato dalla BBC, “Sex Crimes and the Vatican”, sulla questione dei preti pedofili e la possibilità che venga trasmesso dalla RAI, ha sollevato numerose polemiche. Venti parlamentari e ottanta intellettuali cattolici e laici hanno sottoscritto un appello ai dirigenti della televisione di Stato italiana perché tale documentario non vada in onda. Nell’appello, i firmatari non si dicono contrari a trasmissioni dove si parli con serietà del “problema reale e doloroso” dei preti pedofili, ma chiedono che questo non avvenga attraverso un documentario “sensazionalistico e falso” del quale elencano gli errori e che coinvolge direttamente la stessa persona del Papa.
Martedì scorso, il segretario della Conferenza episcopale italiana, mons. Giuseppe Betori, aveva affermato in merito che “non c’è alcuna 'censura' in proposito da parte della Chiesa”, ma si è augurato che in caso di trasmissione del documentario vengano sottolineati i dati falsi in esso contenuti. Ma cosa c’è dietro all’intera vicenda legata al video della BBC?
Adriana Masotti lo ha chiesto a don Fortunato Di Noto, fondatore dell’associazione “Meter”, che da anni si occupa di lotta alla pedofilia:
R. - Io credo che dobbiamo ribadire con molta serenità che la Chiesa non ha assolutamente paura di esporsi nella verità e di dire la verità. Qualunque servizio giornalistico d’inchiesta dev’essere sempre imparziale e deve avere anche la capacità di saper raccontare comunque la verità. Nessuno ha non ammesso il fatto che esistano sacerdoti pedofili, ma non dimentichiamo che esistono anche magistrati pedofili, psicologi pedofili, avvocati pedofili, maestri pedofili, genitori pedofili... Non è la categoria che fa il pedofilo, è il soggetto che ha delle responsabilità personali. E non credo che se un magistrato pedofilo viene inquisito, viene condannato, è tutta la magistratura accusata per il caso. Quello che è fondamentale è dire che la Chiesa si è posta sempre dalla parte dei bambini: a fronte di pochissimi o migliaia – anche – di sacerdoti accusati, processati e condannati perché hanno compiuto fatti gravi personali, ci sono comunque centinaia di migliaia di altri sacerdoti che, nei campi di frontiera, nei luoghi dove c’è l’infanzia abbandonata, sono lì a prodigarsi affinché nessun bambino venga violato, affinché un bambino sempre venga aiutato. In effetti, c’è quasi una strategia culturale, ed è questo ciò che dispiace, ciò che non aiuta nessuno ...
D. - Come lei diceva all’inizio, non si ha paura dell’informazione, ma l’informazione dev’essere corretta, onesta e imparziale. Don Fortunato Di Noto, lei ha potuto vedere il video della BBC: vuol dirci qualcosa?
R. - Nella sostanza, emerge chiaramente un problema di abuso e questo nessuno può negarlo. Ovviamente, ci doveva essere un maggiore equilibrio nell’informazione. Mi sono accorto che, tra le righe, c’è più un sentimento anticattolico e non soltanto per la questione dei preti pedofili, ma quasi una strategia culturale per fare emergere che, in fondo, il problema della pedofilia che esiste tra il clero è un problema che riguarda anche il celibato. Ma noi sappiamo benissimo che gli abusi sessuali avvengono anche nell’ambito familiare e quindi la pedofilia non ha nulla a che vedere con il celibato.
D. - Nel Vangelo, Gesù è molto duro con chi “scandalizza i piccoli”: la Chiesa che cosa prevede nei casi di pedofilia compiuti da sacerdoti o religiosi?
R. - Già il Concilio di Elvira, nel IV secolo, si pronunciava in maniera durissima contro chi si macchiava di questi reati e li espelleva direttamente dalla comunità ecclesiale. I sacerdoti sono cittadini di uno Stato, il che significa che si attengono automaticamente ad un procedimento penale: in questo caso e di conseguenza - per prudenza e per una questione anche di presunzione di innocenza, che è applicata a tutti i cittadini - vengono messi a riposo. In alcuni casi gravi, nell’immediatezza vengono anche sospesi a divinis, e la Chiesa ha sempre comunque collaborato con le forze dell’ordine, anche - io parlo dell’Italia - nella nostra penisola. Questo perché la Chiesa non vuole tollerare affatto questi reati così gravi, che sono reati contro la dignità dell’uomo ma, dall’altra parte, anche gravissimi reati contro Dio.
D. - Nel video della BBC, si parla di un documento del 1962 che insiste sul silenzio da tenere in questi casi: un documento abrogato nel 1983 dal Codice di Diritto Canonico. Dobbiamo anche ricordare il Motu proprio di Giovanni Paolo II, con la sua ferma condanna di questi crimini. Allora, è una falsità dire che nella Chiesa c’è ancora prudenza, voglia di tenere nascoste queste cose?
R. - Assolutamente! Teniamo conto che nel 1962 non esisteva ancora nemmeno la Carta dei Diritti del Fanciullo, che è del 1989. Nel 1962, i reati contro la violenza alle donne erano ritenuti un reato contro la morale e non contro la persona: è del 1996 la legge italiana che stabilisce questi reati. In altre parole: dobbiamo sempre tener conto che in ogni cosa c’è sempre un’evoluzione, un appropriarsi di diritti che vengono riconosciuti gradualmente, man mano. Quel documento veniva anche emanato su situazioni che già si ritenevano irregolari, non era stato emanato per coprire nessuno ma per dare le prime linee, probabilmente anche un po’ traballanti per alcuni versi. Ma poi, nel 1983, è stato completamente abrogato e questo dimostra una attenzione maggiore. In tantissime Conferenze episcopali - penso a quella della Francia, dell’Austria, della Svizzera, ma anche a quella italiana - la Chiesa, per giunta, ha creato delle équipes specializzate per aiutare le vittime a superare il trauma, ad essere accompagnate spesso anche dal punto di vista giudiziario... Con onestà intellettuale, bisogna dirle queste cose!
D. - Che cosa si fa per prevenire? C’è una maggiore attenzione anche nella formazione, ad esempio nei seminari?
R. - Guardi, tantissime parrocchie in questi ultimi anni si stanno adoperando a creare dei percorsi formativi per catechisti, anche dei corsi di aggiornamento per sacerdoti. Tante volte, io stesso sono stato invitato ad approfondire alcune tematiche riguardo all’abuso sessuale proprio nei seminari maggiori, moltissimi vescovi ci chiedono di collaborare, e non a caso gli “sportelli Meter” sono nati soprattutto in Sicilia, proprio per volontà di vescovi siciliani. Ciò significa che è venuto a crearsi un moto, si sta sempre più creando, tante cose si stanno muovendo.
Radio Vaticana
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