4 giugno 2007

Rassegna stampa del 4 giugno 2007


Vedi anche:

Video BBC: una riflessione a "bocce ferme"

Cari amici, buona settimana :-)
Di seguito potete leggere la prima rassegna stampa della giornata.
Purtroppo nessun quotidiano riporta la notizia della Messa di ieri (con relativa folla nonostante la pioggia). Nessun cenno all'appello del Papa sull'abolizione delle nuove schiavitu' che affliggono il mondo.
E' troppo comodo lamentarsi per il fatto che Benedetto XVI parla molto di piu' di temi etici che di temi sociali se poi si ha la coscienza sporca non riportando le parole del Pontefice.
Ma perche' mi stupisco? Ormai conosciamo bene i mass media :-)
Piu' tardi non manchera' la riflessione sul perche' di tanto astio nei confronti di Papa Ratzinger
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Raffaella


Il segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone annuncia i temi dell´incontro. Presto un invito per il pontefice negli Stati Uniti

"Bene sull´aborto, no alla guerra in Iraq" così il Papa riceverà il presidente Usa

ORAZIO LA ROCCA

CITTÀ DEL VATICANO - Critiche per la posizione americana nella guerra in Iraq; possibili apprezzamenti per la lotta all´aborto perseguita dall´attuale amministrazione Usa; ma anche analisi sulla situazione socio-politica in America Latina, in Medio Oriente, Cina, Africa e sui principali focolai di tensione del mondo. È ricca l´agenda su cui si confronteranno papa Ratzinger e il presidente Usa, George W. Bush, nel loro primo incontro in Vaticano, in programma sabato 9 prossimo. Ne ha parlato il primo collaboratore di Benedetto XVI, il segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone, in una intervista rilasciata ieri al quotidiano cattolico Avvenire. E - in via del tutto eccezionale - il porporato ha quasi anticipato alcuni «pareri» che il pontefice potrebbe esprimere al presidente in particolare sull´aborto e sul conflitto iracheno.
«Nell´incontro con Bush - ha anticipato, infatti, il cardinale - il Santo Padre parlerà, certamente, dell´America Latina, del Medio Oriente e delle grandi questioni etiche e sociali che riguardano le popolazioni del mondo». Quanto agli Usa (definiti da Bertone «un grande Paese») il Papa non mancherà di sottolineare che «l´attuale presidente si è particolarmente distinto per alcune iniziative a favore della difesa della vita fin dal suo concepimento». Vale a dire, lotta all´aborto, un tema che sta particolarmente a cuore alle autorità pontificie e sul quale papa Ratzinger non dovrebbe mancare di sottolineare l´unità di vedute tra Santa Sede e amministrazione Bush. Altrettanta sintonia - ha anticipato ancora il segretario di Stato della Santa Sede - non ci sarà sul conflitto iracheno e sui "sistemi" di lotta al terrorismo internazionale pianificati dagli Usa. «Rimangono però - ha puntualizzato Bertone - alcuni problemi, già manifestati da quel grande profeta che è stato il servo di Dio Giovanni Paolo II ad esempio sulla guerra in Iraq e anche sulla drammatica situazione dei cristiani iracheni, che è sempre più degradata». Papa Wojtyla, in effetti, pochi mesi prima della morte, fu tra le poche autorevoli voci internazionali che si levarono contro l´intervento armato in Iraq. Ma non fu ascoltato.
È anche probabile che sabato prossimo Bush inviterà il Papa a visitare gli Usa. Una eventualità avvalorata anche da un analogo invito annunciato ieri dal cardinale Sean O´Malley, l´arcivescovo di Boston, la città americana dove nel 2002 scoppiò lo scandalo dei preti pedofili. Il porporato ha chiesto a Benedetto XVI di visitare la sua diocesi l´anno prossimo in occasione del viaggio all´Onu. «Se il Santo Padre verrà - ha detto - sarà di grande aiuto per noi dopo quello che è successo».
Bertone ha anche annunciato che «presto» Ratzinger pubblicherà «due importanti documenti», la lettera ai cattolici cinesi e il motu proprio per la Messa in latino.

Repubblica, 4 giugno 2007

L'intervista completa al cardinale Bertone e' consultabile qui


C’E’ CHI CHIEDE CHE RITORNINO LE FESTE RELIGIOSE ABOLITE E CHI PENSA D’INTRODURNE DI NUOVE

La resurrezione delle festività

RAFFAELLO MASCI

ROMA
Più festa per tutti. E soprattutto bandiere al vento a go go. Sette giorni segnati in rosso sul calendario e altri 25 di «solennità civile» con tanto di vessillo sugli edifici pubblici.
Sarà l’effetto di quell’alito di ripresa economica in più, ma il Parlamento è stato invaso di proposte per ripristinare festività che nel 1977 - tempi di vacche magre - erano state soppresse. Adesso il peggio è passato e, dunque, si festeggi, tenendo conto della duplice sensibilità del paese, per cui tre feste sarebbero senz’altro religiose - Ascensione, Corpus Domini e San Pietro e Paolo - altre tre rigorosamente laiche - il 17 marzo anniversario della proclamazione dell’unità d’Italia, il 20 settembre, presa di Porta Pia e il 4 novembre, vittoria nella prima guerra mondiale. Una settima sarebbe invece trasversale: San Giuseppe, santo sì, ma pur sempre «lavoratore» e «papà» per antonomasia.
Le feste religiose hanno avuto i loro sponsor nei senatori delle minoranze linguistiche, Karl Zeller e Oskar Paterlini, ma anche nel leghista Giacomo Stucchi. Il 17 marzo - unica vera novità - è stato proposto dall’azzurro Paolo Russo. Mentre la presa di Porta Pia è cara al sottosegretario Paolo Cento. Il 4 novembre, infine, non poteva che essere suggerito da parlamentari di An.
E poi ci sono - si diceva - le istanze per le solennità civili: non costano niente e quindi che si sciali pure. Tanto più che alcune andrebbero a coincidere con date già proposte come festive. Il 17 marzo, per esempio, oltre all’unità d’Italia si dovrebbe celebrare, secondo Katia Bellillo (Pdci), anche «la giornata nazionale della libertà di pensiero». Due giorni dopo, con l’acclamato san Giuseppe, si potrebbe esporre il patrio vessillo per ricordare - propone Jacopo Venier del Pdci - anche «le vittime africane dell’occupazione italiana».
A marzo, poi, ci sarebbe un bell’affollamento. Il 21, san Benedetto, quello della «rondine sotto il tetto», si vedrebbe adombrata la ricorrenza da altre due solennità: la festa dei bonificatori (proposta da Forza Italia e Lega) e quella «per le vittime della mafia» voluta sempre dal Pdci.
E via elencando. Per cui a maggio oltre al «primo maggio», all’Ascensione, al Corpus Domini e alle domeniche comandate, ci sarebbero altre sei solennità lavorative: la giornata delle vittime del terrorismo, ma anche quella dei servizi pubblici locali, la festa della famiglia, ma anche quella contro l’omofobia, quella dell’amicizia e quella del lavoro pubblico da far coincidere con la festa di San Tommaso Moro.
Basta? No. Nei mesi a venire vedremo garrire la bandiera anche per la giornata della dignità, quella di Nagasaki e Hiroshima, quella del riscatto nazionale da non confondere con la giornata della patria, la prima è il 9 settembre e la seconda il giorno prima.
C’è poi la giornata per la violenza sulle donne, e questa si capisce. Ma il senso di quella «per la prevenzione dei danni da calamità» sfugge a molti. Quella dei morti di Nassirya, il 22 novembre, dice qualcosa, ma c’è un’altra proposta per una «giornata per i militari e i civili caduti nelle missioni internazionali». Non sarà la stessa cosa? Nossignore. Così come c’è una giornata contro la pena di morte che è di sinistra: la propone Graziella Mascia (Prc) il 15 marzo, genetliaco di Cesare Beccaria, e ce n’è un’altra di centrodestra, proposta dall’azzurro Enrico Pianetta, che andrebbe celebrata il 30 novembre, perché fu in quella data che nel 1786 l’illuminato granduca di Toscana Leopoldo d’Asburgo abolì definitivamente la pena capitale.
Tutte queste celebrazioni contengono tuttavia un’insidia: le quattro feste religiose erano tra quelle cancellate nel ‘77 e confluite sul «monte ferie» dei lavoratori. Adesso - signori parlamentari proponenti - che vogliamo fare? Se si ripristinano le feste ce le scalate dalle vacanze?

La Stampa, 4 giugno 2007

Si', si sentiva proprio il bisogno di questo articolo...


Bush a Roma. Aborto, Iraq e Aids negli incontri con il papa e la comunità di Sant'Egidio

di Mattia Bianchi

Ultimi preparativi per la visita del presidente americano a Roma, dove incontrerà per la prima volta Benedetto XVI. Attesa anche per la visita alla Comunità di Sant'Egidio, un'occasione per parlare di prevenzione e cura dell'Aids.

ROMA – Sarà una mattinata importante per le relazioni tra Stati Uniti e mondo cattolico. Da venerdì, il presidente George Bush sarà in visita in Italia e sabato incontrerà per la prima volta Benedetto XVI, ma anche i vertici della Comunità di Sant'Egidio. Due appuntamenti significativi che appaiono complementari: più politico il primo, di carattere umanitario il secondo, specie se saranno confermate le voci della vigilia che parlano di un'occasione per presentare a Bush i risultati dei programmi anti Aids della realtà solidale di Trastevere.

Intanto, i contenuti dell'udienza del papa al presidente sono stati anticipati dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, che ha confermato tra l'altro l'imminente pubblicazione della lettera ai cattolici cinesi e del motu proprio sulla liberalizzazione del rito tridentino. “Gli Stati Uniti sono un grande paese e l'attuale presidente si è particolarmente distinto per alcune iniziative positive a favore della difesa della vita fin dal suo concepimento”, ha detto Bertone in un'intervista ad Avvenire. “Rimangono però alcuni problemi, già manifestati da quel grande profeta che è stato il servo di Dio Giovanni Paolo II - prosegue il porporato - ad esempio sulla guerra in Iraq e anche sulla drammatica situazione dei cristiani iracheni, che è sempre più degradata”. Spazio quindi ai temi dell'aborto e della guerra, ma anche alla situazione dell'America Latina e del Medio Oriente a alle “grandi questioni etiche e sociali che riguardano la popolazione del mondo”.

Spunti che potrebbero essere approfonditi da Bush nell'incontro con la Comunità di Sant'Egidio, previsto nella basilica di Santa Maria in Trastevere, subito dopo l'udienza con il papa. Al momento, vige il massimo riserbo ma secondo alcune indiscrezioni, al centro dell'incontro dovrebbe esserci la lotta globale all'infezione da Hiv nei paesi del Sud del mondo: fronte su cui la Comunità di Sant'Egidio è impegnata da anni, soprattutto grazie al progetto "Dream", avviato per la prima volta nel 2002 in Mozambico e ora in corso di realizzazione in dieci paesi. La filosofia che ispira Dream - ed è probabilmente per questo motivo che il presidente Usa ha deciso di fare visita alla Comunità - è perfettamente in linea con quella del "President emergency plan for Aids relief" (Pepfar) voluto proprio dal presidente Bush nel 2002 per lottare contro la pandemia nel mondo.

La principale caratteristica di Dream, che con il passare degli anni è stato sostenuto da un crescente numero di sponsor privati (UniCredit, Banca Intesa San Paolo e la Fondazione Cariplo, per citarne solo alcuni), è il suo approccio innovativo e inclusivo della terapia antiretrovirale, allo scopo di coniugare prevenzione e terapia. I risultati sembrano incoraggianti: secondo le stime fornite in un recente convegno promosso dalla comunità romana, sono oltre trentamila i malati di Aids, seimila dei quali di età inferiore a quindici anni, che sono stati curati gratuitamente; oltre 40 mila persone sono state sottoposte al test dell'Hiv e hanno seguito corsi di educazione sanitaria; 96 mila le visite mediche effettuate dal 2002; quattromila le gravidanze seguite; 2.500 i professionisti africani formati tra medici, infermieri, biologi, tecnici di laboratorio e operatori domiciliari; 56 mila le cariche virali processate.

Korazym


Iraq, uccisi un sacerdote e tre diaconi caldei.
Due anni fa: ''Ho paura, ma sento la Sua forza''


di Mattia Bianchi

La notizia diffusa dall'agenzia Asianews: padre Ragheed Ganni, 31 anni, è stato freddato a Mosul insieme a tre aiutanti. L'agguato è avvenuto davanti alla chiesa del Santo Spirito. Nel 2005, la sua testimonianza in vista del congresso eucaristico.

Un sacerdote e tre diaconi uccisi da un gruppo armato a Mosul, in Iraq. La Chiesa torna così a fare i conti con un nuovo lutto che colpisce una comunità cristiana martoriata. Le vittime sono padre Ragheed Ganni, di appena 31 anni, parroco della chiesa del Santo Spirito e tre suoi aiutanti. La notizia è stata diffusa dall'agenzia Asianews, che ha offerto una prima ricostruzione dell'accaduto. L'assassinio è avvenuto ieri pomeriggio poco dopo la messa domenicale, proprio davanti alla chiesa della città e i corpi sarebbero ancora abbandonati in strada perchè nessuno osa andare a recuperarli, data la tensione della situazione.

Padre Ganni era un grande amico di AsiaNews, - fa sapere l'agenzia del Pime - aveva studiato in Italia e parlava correntemente arabo, italiano, francese e inglese. Esperienze che aveva voluto mettere a frutto nel suo Paese, dove era rientrato nel novembre del 2003. L'omicidio è l'ultimo frutto di un clima di persecuzione contro i cristiani iracheni, che aveva colpito anche padre Ragheed, sia attraverso minacce e attentati personali che attacchi alla chiesa del Santo Spirito. Lo aveva raccontato lui stesso nel 2005, partecipando ad una veglia in preparazione al Congresso Eucaristico di Bari. Parole che oggi suonano come un testamento spirituale:

"I cristiani di Mosul in Iraq non sono teologi; alcuni sono anche analfabeti. Eppure dentro di noi, da molte generazioni, è radicata una verità: senza domenica, senza l'eucarestia non possiamo vivere. Questo è vero anche oggi che la forza del male in Iraq è giunta a distruggere le chiese e i cristiani in un modo assolutamente imprevisto fino ad ora. Il 26 giugno dell'anno scorso un gruppo di ragazze stava pulendo la chiesa preparandola per la domenica. Fra loro vi era mia sorella Raghad, che ha 19 anni. Mentre lei porta l'acqua per lavare il pavimento, due uomini in auto lanciano una granata, che esplode proprio a due passi da lei. Seppure profondamente ferita Raghad è sopravvissuta per miracolo. La domenica abbiamo celebrato lo stesso l'Eucarestia. Erano presenti anche i miei genitori, ancora scossi. Le ferite di mia sorella sono stati una forza per la mia comunità e per me, dandoci coraggio nel portare la nostra croce.

Lo scorso agosto, nella chiesa di san Paolo, subito dopo una messa alle sei di sera, è scoppiata un'autobomba. L'esplosione ha ucciso due cristiani e ferito molti altri. Vi è stato un piccolo miracolo: l'auto era piena di bombe, ma ne è scoppiata solo qualcuna. Se tutta l'auto fosse saltata, sarebbero morte centinaia di persone. A quell'ora vi erano almeno 400 fedeli. Tutti erano sbigottiti. I terroristi pensano di ucciderci fisicamente o almeno spiritualmente, facendoci annegare nella paura. Eppure le chiese alla domenica sono sempre piene. I terroristi cercano di toglierci la vita, ma l'Eucarestia ce la ridona.

La vigilia della festa dell'Immacolata, lo scorso 7 dicembre, un gruppo di terroristi ha cercato di distruggere anche l'arcivescovado caldeo, accanto al santuario di Nostra Signora del fiume Tigri, venerato da cristiani e musulmani. Hanno messo esplosivi ovunque e in pochi minuti lo hanno fatto saltare. A causa di questo e per molte violenze dei fondamentalisti contro i giovani cristiani, molte famiglie sono fuggite, ma le chiese sono rimaste aperte e la gente rimasta continua ad andare a messa, anche fra le rovine. Proprio fra le difficoltà stiamo comprendendo il valore della domenica, giorno dell'incontro con Gesù il Risorto, giorno dell'unità e dell'amore fra di noi, del sostegno e dell'aiuto.

Qualche volta io stesso mi sento fragile e pieno di paura. Quando, con in mano l'eucarestia, dico le parole "Ecco l'Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo", sento in me la Sua forza: io tengo in mano l'ostia, ma in realtà è Lui che tiene me e tutti noi, che sfida i terroristi e ci tiene uniti nel suo amore senza fine. In tempi tranquilli, si dà tutto per scontato e si dimentica il grande dono che ci è fatto. L'ironia è proprio questa: attraverso la violenza del terrorismo, noi abbiamo scoperto in profondità che l'eucarestia, il Cristo morto e risorto, ci dà la vita. E questo ci permette di resistere e sperare".

Korazym

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