27 giugno 2008
Bartolomeo I: «Il dialogo con l’Islam è un dovere» (Mazzuca)
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«Il dialogo con l’Islam è un dovere»
Il patriarca della Chiesa ortodossa Bartolomeo I: «Da sei secoliconviviamo con i musulmani»
di GIANCARLO MAZZUCA — ISTANBUL —
METTI una sera a cena a casa del Papa, sia pure ortodosso. In una Istanbul quasi surreale, letteralmente paralizzata in attesa del Grande Evento, la storica semifinale di calcio della Turchia di Terim con la Germania, ho incontrato, nella sua residenza privata, il patriarca ecumenico della Chiesa ortodossa, Sua Santità Bartolomeo I, che ha concesso al nostro giornale un’intervista esclusiva alla vigilia del viaggio a Roma per la festa dei santi Pietro e Paolo. Resti sorpreso dall’estrema cordialità e affabilità con cui la guida spirituale di trecento milioni di cristiani ortodossi nel mondo ti riceve. E’ un’occasione, questa intervista, per meglio comprendere i rapporti tra Costantinopoli e Vaticano: anche se nella Chiesa bizantina non esiste un rapporto gerarchico come in quella cattolica, Bartolomeo I è il primus inter pares tra tutti i patriarchi ortodossi, a cominciare da Alessio II, il patriarca di Mosca, che, almeno in passato (ma oggi ci sono importanti segnali di disgelo che dovrebbero sfociare in una visita a Bologna nel 2009 e in un incontro con Papa Ratzinger) è stato il maggiore intoppo nel dialogo con la Santa Sede. A confronto con la magnificenza e la sontuosità dei palazzi vaticani, resti sorpreso anche dall’estrema modestia della residenza di Bartolomeo, un greco poliglotta che conosce perfettamente l’italiano e che, come primo gesto, ti abbraccia fraternamente e poi ti invita al suo desco, una cena davvero frugale.
Santità, il dialogo interreligioso tra le Chiese cristiane, che ha avuto un grande impulso con l’avvento di Benedetto XVI, sembra ora attraversare un periodo di stasi. In effetti, dopo i suoi viaggi precedenti in Italia, dopo la visita che le ha fatto a Istanbul il cardinale di Bologna Caffarra e dopo le giornate di studio dell’anno scorso a Ravenna, non ci sono stati progressi evidenti. Quali i motivi?
«Il dialogo tra le Chiese cristiane costituisce un chiaro comandamento del Vangelo, ma anche un desiderio espresso dal nostro cuore profondo e da quello dei nostri indimenticabili predecessori (storico fu l’incontro tra Atenagora e Paolo VI, ndr). Questo dialogo continuerà, malgrado le difficoltà che senz’altro esistono o che si possono creare. Non dobbiamo però parlare di una interruzione del dialogo, ma soltanto di una non accelerazione dei colloqui, a causa anche delle procedure adottate, che crediamo sia soltanto un problema provvisorio. Anche per questo sono in procinto di partire per Roma e ci tornerò pure in autunno quando Benedetto XVI mi ha invitato a tenere la prima conversazione ai vescovi cattolici di tutto il mondo riuniti in sinodo».
Cosa si chiede al Vaticano e alla Chiesa cattolica perché ci siano segnali concreti d’intesa?
«Non posso rispondere. Questi punti verranno esaminati in modo competente e ufficiale solo dalla delegazione della Chiesa ortodossa alla Commissione mista del dialogo».
La diplomazia vaticana sta cercando, in questo momento, di riallacciare i rapporti con Mosca: c’è stata la nomina di un arcivescovo cattolico italiano nella capitale russa e si stanno intensificando i contatti per un possibile incontro tra Alessio II e Benedetto XVI?
«I contatti di Benedetto XVI con i capi delle diverse chiese ortodosse autocefale possono riguardare solo temi bilaterali e secondari e non investire i rapporti più generali tra la Chiesa orientale e quella occidentale. Nessuna Chiesa autocefala del nostro Oriente ha, infatti, il diritto canonico o la potestà di occuparsene, soprattutto in assenza delle altre. Considerando però che, nel corso dei tempi, si erano osservate freddezza e riluttanza di Mosca nei confronti del Vaticano e del dialogo con l’Occidente, non possiamo che esprimere gioia per il possibile disgelo».
La Chiesa ortodossa ha sempre avuto rapporti migliori con l’Islam rispetto alla Chiesa cattolica. Ritiene che ci siano spazi di manovra perché il Patriarca ecumenico di Costantinopoli diventi il punto di mediazione per superare l’ampia frattura tra i due mondi?
«Come ha potuto vedere, la Chiesa di Costantinopoli convive da sei secoli in un contesto dominato dall’Islam. E’ quindi essenziale che ci sia un dialogo con i musulmani. Un dialogo che dovrà servire alla migliore conoscenza reciproca e all’individuazione di qualche punto di convergenza tra i due mondi. Non ci riferiamo tanto ai temi teologici e dogmatici, quanto a quelli sociali e di interesse universale come, ad esempio, la cultura, l’arte, la giustizia, la pace, la carità, la lotta alla violenza, la povertà, la corruzione, lo sfruttamento e l’abuso della persona, la guerra al fanatismo e al fondamentalismo, l’aiuto ai Paesi del Terzo Mondo, la salvaguardia dell’ambiente. Se potremo operare assieme su questi fronti, contribuiremo al miglioramento delle condizioni dell’uomo a livello mondiale. Si comprende, quindi, il nostro impegno, un grande dovere, per superare le distanze attuali. Ma siamo convinti che su questo terreno possa lavorare con successo anche Roma».
© Copyright La Nazione, 26 giugno 2008
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