29 giugno 2008
Il Papa: l’esempio di Paolo per ricomporre le divisioni (Mazza)
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Il Papa: l’esempio di Paolo per ricomporre le divisioni
Nel segno di un forte slancio ecumenico ieri sera l’apertura dell’Anno Paolino con Bartolomeo I e i rappresentanti delle altre Chiese cristiane «L’Apostolo c’insegna che la verità si paga con la sofferenza»
SALVATORE MAZZA
Arderà per tutto l’anno la fiamma paolina. Per aiutare tutti i cristiani ad «ascoltare» San Paolo e ad «apprendere ora da lui, quale nostro maestro, 'la fede e la verità', in cui sono radicate le ragioni dell’unità tra i discepoli di Cristo». Perché se «c’è un solo pane», una è la preghiera, la «richiesta urgente» da levare a Cristo sull’esempio dell’apostolo: «Riportaci insieme da tutte le divisioni». È questo desiderio di unità, forte, quasi struggente, che ha scandito la solenne recita dei Vespri, ieri pomeriggio, nella Basilica romana di San Paolo fuori le Mura, segnando l’apertura dell’Anno Paolino che intende celebrare i duemila anni della nascita.
Accanto a Benedetto XVI, a restituire l’immagina concreta di quel desiderio, il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, il rappresentate dell’arcivescovo di Canterbury e i delegati fraterni delle Chiese di Gerusalemme, Antiochia, Cipro, Grecia – che formano l’ambiente geografico della vita dell’Apostolo prima del suo arrivo a Roma – e quelli delle diverse Chiese e comunità ecclesiali di Oriente ed Occidente.
Tutti insieme «per interrogarci sul grande apostolo delle genti – ha detto Papa Ratzinger nella sua omelia – Ci chiediamo non soltanto: chi era Paolo? Ci chiediamo soprattutto: chi è Paolo? Che cosa dice a me?».
In questi due momenti, approfondimento della conoscenza di san Paolo e dimensione ecumenica, ci sono le finalità che lo stesso Papa ha voluto assegnare a questo bimillenario. Perché ispirandosi a San Paolo, ricorda il Pontefice, al suo zelo apostolico, al suo farsi vicino a genti diverse per annunciare la Parola del Signore e testimoniarla fino al martirio, il cammino verso l’unità assume una dimensione quasi concreta. Perché «in un mondo in cui la menzogna è potente», Paolo ci insegna che «la verità si paga con la sofferenza. Chi vuole schivare la sofferenza, tenerla lontana da sé, tiene lontana la vita stessa e la sua grandezza». La cerimonia di ieri ha preso avvio nel grande quadriportico della Basilica di San Paolo, percorso dal Papa in processione con gli esponenti delle altre Chiese. Accanto alla Porta paolina, Benedetto XVI ha acceso il primo cero del braciere che arderà per tutto il corso dell’anno, fino al 29 giugno 2009, imitato nello stesso gesto, subito dopo, da Bartolomeo I e dai rappresentanti delle altre Chiese. Quindi Papa Ratzinger, seguito da Bartolomeo I, dal cardinale arciprete Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, dai delegati ecumenici e dai monaci benedettini, accompagnato dal canto della Schola, ha fatto il suo ingresso in Basilica dove, tra gli altri, c’erano il cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone, il decano del Collegio cardinalizio Angelo Sodano, il nuovo vicario di Roma, cardinale Agostino Vallini, e il sindaco della capitale Gianni Alemanno. Nella sua omelia il Pontefice è partito dunque dalla domanda 'Chi è Paolo?'. «Maestro delle genti, apostolo e banditore di Gesù Cristo, così – ha ricordato il Papa – egli caratterizza se stesso in uno sguardo retrospettivo al percorso della sua vita». Ma «con ciò lo sguardo non va soltanto verso il passato», perché «'Maestro delle genti' – questa parola si apre al futuro, verso tutti i popoli e tutte le generazioni. Paolo non è per noi una figura del passato, che ricordiamo con venerazione. Egli è anche – ha spiegato Benedetto XVI – il nostro maestro, apostolo e banditore di Gesù Cristo anche per noi. Siamo quindi riuniti non per riflettere su una storia passata, irrevocabilmente superata. Paolo vuole parlare con noi, oggi».
Lunghissimo l’applauso che ha salutato l’omelia del Papa, così come lungo e caloroso era stato, all’inizio, quello seguito alla presentazione di Bartolomeo I. Il quale, prima della benedizione finale, ha pronunciato a sua volta una breve omelia nella quale ha auspicato «che la vita e le Lettere di San Paolo continuino a essere per noi fonte di ispirazione 'affinché tutte le genti obbediscano alla fede in Cristo'». «La radicale conversione e il kerygma apostolico di Saulo di Tarso – ha aggiunto il patriarca – hanno “scosso” la storia nel senso letterale del termine e hanno scolpito l’identità stessa della cristianità. Questo sacro luogo fuori le Mura è senza dubbio quanto mai appropriato per commemorare e celebrare un uomo che stabilì un connubio tra lingua greca e mentalità romana del suo tempo, spogliando la cristianità, una volta per tutte, da ogni ristrettezza mentale, e forgiando per sempre il fondamento cattolico della Chiesa ecumenica».
© Copyright Avvenire, 29 giugno 2008
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