26 giugno 2008
Zio Berlicche scrive a Malacoda: "Onore al vicario papale, un osso duro" (Tempi)
Vedi anche:
Il pallio papale...quella lana bianca (Lang per l'Osservatore)
Il racconto del martirio di Perpetua e di Felicita: "Due donne libere tra secondo e terzo secolo" (Osservatore)
Le vesti liturgiche secondo Joseph Ratzinger. Il Papa non veste Prada, ma Cristo (Osservatore Romano)
Mons. Guido Marini illustra la nuova insegna che Benedetto XVI indosserà dal prossimo 29 giugno. Il pallio papale tra continuità e sviluppo
Il Papa: "Non chi si chiude in sé è uomo completo, ma l’uomo che si apre, che esce da sè, diventa completo e trova se stesso proprio nel Figlio di Dio" (Catechesi dedicata a San Massimo il Confessore)
"Caso Orlandi-Marcinkus": un articolo del Foglio del 2000 riproposto oggi e mai così attuale...
"Caso Orlandi-Marcinkus": lo speciale di Avvenire
Il caso Orlandi-Marcinkus: la linea del blog
Il Papa: "L'uomo completo è l'uomo che si apre a Dio"
Splendida catechesi del Santo Padre (quasi completamente "a braccio") su San Massimo il Confessore
Il messaggio del Papa al Congresso eucaristico internazionale: "L'Eucarestia non è un premio per i buoni" (Doldi)
La Francia si mobilita per dare il benvenuto a Benedetto XVI (Zenit)
CINQUE CONDIZIONI PER IL RITIRO DELLA SCOMUNICA AI LEFEBVRIANI (Tornielli)
Onore al vicario papale, un osso duro
Adesso che il cardinale Ruini lascia Roma possiamo riconoscergli il dovuto: noi non ci siamo andati giù leggeri coi titoli di giornali e tg, ma lui implacabile ha continuato a perseguire il suo scopo, «la testimonianza pubblica della fede»
di Berlicche
Mio caro Malacoda, adesso che se ne va, possiamo rendergli l’onore che merita. Adesso che il cardinale Camillo Ruini lascia la guida della diocesi di Roma, oltre a un sospiro di sollievo, possiamo riconoscergli il dovuto: ci ha dato del filo da torcere e non è caduto in tentazione. “Intelligenza politica sopraffina”, “gran tessitore di trame”, “manovratore da dietro le quinte”, “vero deus ex machina della politica italiana”… con i titoli di giornali e telegiornali non ci siamo andati giù leggeri, e bisogna ammettere che altri al suo posto ci avrebbero creduto. Sua Eminenza ha continuato a sorridere, ha lasciato che si dicesse, e mentre sorrideva continuava implacabile nel perseguire il suo scopo. Quale? L’ha detto a chiare lettere nell’omelia per il suo venticinquesimo di episcopato sabato scorso in San Giovanni in Laterano, quello che lui stesso ha definito il suo «piccolo testamento»: «l’annuncio e la testimonianza pubblica della fede». E se a questo serve anche un po’ di politica, Sua Eminenza non si tirava certo indietro, ma la sua azione – infine dobbiamo ammetterlo – ha rovesciato l’interpretazione dello sbandierato principio dell’unità dei cattolici. Quell’uomo che è stato vicario di due Papi ha fatto capire ai politici credenti che sono loro che devono lavorare per l’unità dei cattolici e non viceversa, che l’unità dei cattolici non può essere invocata al servizio di un partito, quando non di una corrente di quel partito, se non addirittura di una singola candidatura (in quanti e in quante andavano in giro dicendo: “Mi manda Ruini” e lui, interrogato in merito continuava a sorridere).
Tutti dicono che il suo capolavoro sia stato il referendum sulla legge 40, quella sulla procreazione assistita in cui ideò la strategia dell’astensione.
Io non sono d’accordo. Il suo capolavoro è stato la visita di papa Ratzinger all’Università la Sapienza di Roma. Quella che non c’è stata? Sì. Quell’assenza che ha riempito di sé le università di tutto il mondo, quel silenzio loquacissimo.
E il merito è stato suo. In quell’occasione il vicario del Vicario ha dato testimonianza di intelligenza, sapienza, consiglio e fortezza (che è la capacità di affermare la verità anche nelle situazioni avverse). L’ha detto sabato parlando di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI: «In molte occasioni ho percepito quasi fisicamente che sarebbe stato ingiusto lasciarli soli… Essere a fianco del papa nell’annuncio e testimonianza della fede, specialmente quando questi sono scomodi e richiedono coraggio, è in realtà il compito di ogni vescovo, un aspetto essenziale della collegialità episcopale. Mi permetto di dire che se tutto il corpo episcopale fosse stato forte ed esplicito sotto questo profilo, varie difficoltà, nella Chiesa, sarebbero state meno gravi e che anche per il futuro questa può essere una via efficace per ridimensionarle e superarle».
Nei nostri colloqui, caro nipote, ci siamo chiesti spesso quale fosse il suo segreto e pensavamo risiedesse nell’abilità tattico-strategica, invece anche questo ce l’ha rivelato lui sabato: «Il cristiano avverte oggi la radicalità della sfida che è posta alla fede nei comportamenti e nel pensiero». Uno che capisca questo non ha la fascinazione del potere, ma avverte «la tentazione della sfiducia che è contraria alla speranza teologale», però non si balocca di eternità post temporale: «Questa tentazione e questa sfida radicale possono, anche storicamente, essere superate, anzitutto per la potenza salvifica di Dio, che è reale e storicamente incarnata». Hai presente il “non praevalebunt”? Inizio a capire cosa volesse dire. Tu però non farti prendere dallo sconforto.
Tuo affezionatissio zio
Berlicche
© Copyright Tempi, 25 giugno 2008
:-)
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento