19 ottobre 2007

Don D'Ercole: non si possono prendere stralci di discorsi papali quando li si ritengono funzionali alle proprie battaglie


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“Non leggete il Pontefice come un politico”

CITTÀ DEL VATICANO

Non è corretto interpretare le parole del Papa sugli effetti sociali ed etici della precarietà nel mondo del lavoro come un attacco alla legge Biagi».

Mette in guardia dalla «strumentalizzazione» del messaggio papale, monsignor Giovanni D’Ercole, capo della sezione italiana della segreteria di Stato vaticana.

La sinistra cavalca l’appello di Benedetto XVI come un attacco alla legislazione basata sulle flessibilità del lavoro. E’ una forzatura?

«Sì perché il messaggio del Papa va letto interamente e non può essere usato a fini di polemica politica interna. E’ una sollecitudine che ha trovato già espressione lo scorso anno nell’omelia per la messa dei lavoratori quando il Pontefice fece un forte richiamo alla condizione del lavoro che dev’essere sempre organizzato e svolto nel pieno rispetto della dignità umana e al servizio del bene comune. Già l’enciclica Laborem exercens ribadisce con chiarezza che i diritti dei lavoratori vanno difesi nei modi opportuni e che quest’opera avviene spesso a prezzo della lotta: il sindacato può diventare un esponente della lotta per la giustizia sociale e, quindi, un elemento essenziale per il cammino verso il bene comune».

Quello inviato alla Settimana sociale non è un messaggio politico?

«Sono parole pienamente in linea con il suo Magistero per il quale il lavoro riveste un’importanza primaria per la realizzazione dell’uomo e lo sviluppo della società. E’ un messaggio da non utilizzare per contrapporsi, bensì per trovare un terreno comune. Dietro c’è il richiamo alla costituzione pastorale "Gaudium et spes" per sottolineare che l’attività lavorativa deve servire al vero bene dell’umanità, permettendo all’uomo come singolo o come membro della società di coltivare e di attuare la sua integrale vocazione. Quindi la precarietà è intrinsecamente un ostacolo, ma senza far riferimento a questa o quella normativa sul mercato del lavoro. Poi c’è un problema di fondo».

Quale?

«Non si possono prendere stralci di discorsi papali quando li si ritengono funzionali alle proprie battaglie e poi fare l’opposto quando non li si ritiene funzionali. Il Papa parla sempre a tutti.

Ancora una volta mostra una particolare attenzione alla questione dei giovani, a chi vorrebbe inserirsi nella società, cercare il proprio posto con il lavoro e si sente "periferico", escluso. Nel progetto divino, ha più volte ricordato il pontefice, non esistono periferie né condizioni di precarietà. Al centro del lavoro c’è l’uomo e le stesse leggi devono essere utilizzate per rispondere ai bisogni dell’uomo non limitandosi soltanto al raggiungimento dell’obiettivo dell’aumento della ricchezza prodotta. Insomma, il Santo Padre ha ribadito che non c’è pace senza giustizia e non c’è giustizia senza un lavoro degno dell’uomo. Avere un diritto significa avere un corrispondente dovere: se ho il diritto al lavoro ho anche il dovere di lavorare con coscienza. Il tema è l’organizzazione del lavoro e la produzione di beni e servizi. Sono i diritti oggettivi dell’uomo a dare i criteri su cui basare il sistema economico e tutto ciò che ad esso è collegato. Percorrere altre vie porta solo allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo».

Su quali basi poggia il monito papale?

«Nei documenti del pontificato si sottolinea spesso come il tema del lavoro si riveli spesso sorgente di conflitti e richieda perciò il confluire delle rivendicazioni contrapposte in un patto condiviso. Educare alla pace significa quindi maturare la coscienza che lo strumento della contrattazione deve servire a fondere interessi divergenti in un obiettivo comune».

© Copyright La Stampa, 19 ottobre 2007

1 commento:

euge ha detto...

Non posso che condividere le considerazioni di Don Giovanni D'Ercole!!!!!!! Il Papa o si ascolta sempre o non lo si ascolta........ questo servirsi del Papa secondo il proprio comodo, fa parte dell'ormai radicata mentalità attuale della chiesa fai da te. La chiesa mi fa comodo????? bene la uso e la seguo; la chisa mi fa riflettere sulla vita e la morale oppure contrasta con i miei comodi ????????? allora la si butta via e si rilega nell'angolo più oscuro, possibilmente dopo averla danneggiata ed infangata a dovere!!!!!!!!!!!!!!!
VERGOGNA!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Eugenia