3 ottobre 2007

La seconda ossessione di Curzio Maltese: tentare di usare le parole del Papa contro la Chiesa


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L´inchiesta

Con l´otto per mille la Chiesa fa spot

CURZIO MALTESE

L´ottanta per cento dei contributi che provengono dai versamenti dell´8 per mille (un totale di 80 miliardi) alla fine rimane alla Chiesa. Ecco la seconda parte dell´inchiesta sui soldi dei vescovi che spiega come vengono distribuite le risorse che arrivano dai fondi delle dichiarazioni dei redditi dei cittadini. Per altro non sempre consapevoli, visto che la maggior parte dei finanziamenti arriva proprio dal fondo di chi non ha fatto nessuna scelta. Si tratta di una disparità di trattamento con altri culti, visto che ai valdesi, ad esempio, non va, di quei soldi non assegnati, nemmeno un euro. Così dal 1990 al 2007 l´incasso per la Cei è quintuplicato, anche se nello stesso periodo la spesa per gli stipendi dei preti è scesa della metà.
Le campagne dell´«otto per mille» della Chiesa cattolica, che ogni primavera invadono l´etere, Rai, Mediaset e radio nazionali, sono considerate nel mondo pubblicitario un modello di comunicazione. Ben girate, splendida fotografia, musiche di Morricone, storie efficaci, a volte indimenticabili. Chi non ricorda quella del 2005, imperniata sulla tragedia dello tsunami? Lo spot apre su un fragile villaggio di capanne, dalla spiaggia i pescatori scalzi scrutano l´orizzonte cupo. Voce fuori campo: «Quel giorno dal mare è arrivata la fine, l´onda ha trasformato tutto in nulla». Stacco sul logo dell´otto per mille: «Poi dal niente, siete arrivati voi. Le vostre firme si sono trasformate in barche e reti». Zoom su barche e reti. «Barche e reti capaci di crescere figli e pescare sorrisi». Slogan: «Con l´otto per mille alla Chiesa cattolica, avete fatto tanto per molti». Un capolavoro.
La campagna 2005, affidata come le precedenti alla multinazionale Saatchi & Saatchi, secondo Il Sole 24 Ore è costata alla Chiesa nove milioni di euro. Il triplo di quanto la Chiesa ha poi donato alle vittime dello tsunami, tre milioni (fonte Cei), lo 0,3 per cento della raccolta. Nello stesso anno, l´Ucei, l´unione delle comunità ebraiche italiane, versò per lo Sri Lanka e l´Indonesia 200 mila euro, il 6 per cento dell´«otto per mille». Un´offerta in proporzione venti volte superiore, in un´area dove non esistono comunità ebraiche.
Gli spot della Chiesa cattolica sono per la maggioranza degli italiani l´unica fonte d´informazione sull´otto per mille. Consegue una serie di pregiudizi assai diffusi. Credenti e non credenti sono convinti che la Chiesa cattolica usi i fondi dell´otto per mille soprattutto per la carità in Italia e nel terzo mondo. Le due voci occupano la totalità dei messaggi, ma costituiscono nella realtà il 20 per cento della spesa reale, come conferma Avvenire, che pubblica per la prima volta il resoconto sul numero del 29 settembre. L´80 per cento del miliardo di euro rimane alla Chiesa cattolica.
Tanto meno gli spot cattolici si occupano d´informare che le quote non espresse nella dichiarazione dei redditi, il 60 per cento, vengono comunque assegnate sulla base del 40 per cento di quanto è stato espresso e finiscono dunque al 90 per cento nelle casse della Cei. Questo compito in effetti spetterebbe allo Stato italiano. Lo Stato avrebbe dovuto illustrare e giustificare ai cittadini un meccanismo tanto singolare di «voto fiscale», unico fra i paesi concordatari. In Spagna per esempio le quote non espresse nel «cinque per mille» restano allo Stato. In Germania lo Stato si limita a organizzare la raccolta dei cittadini che possono scegliere di versare l´8 o 9 per cento del reddito alla Chiesa cattolica o luterana o ad altri culti.
Il principio dell´assoluta volontarietà è la regola nel resto d´Europa. Lo Stato italiano lo adotta infatti per il «cinque per mille». Anzi, fa di peggio. Il «cinque per mille» è nato nel 2006 per destinare appunto lo 0,5 dell´Irpef (660 milioni di euro, stima ufficiale delle Entrate) a ricerca e volontariato. Nel primo (e unico) anno hanno aderito il 61 per cento dei contribuenti, contro il 40 dell´ «otto per mille»: un successo enorme. Le sole quote volontarie ammontano a oltre 400 milioni. Ma con la Finanziaria del 2007 il governo ha deciso di porre un tetto di 250 milioni al fondo, che si chiama sempre «cinque per mille» ma è ridotto nei fatti a meno del due. Le quote eccedenti verranno prelevate dall´erario. Con una mano lo Stato dunque regala 600 milioni di quote non espresse alla Cei e con l´altra sottrae 150 milioni di quote espresse a favore di onlus e ricerca. Nella stessa pagina del modulo 730 il «voto fiscale» espresso da un cittadino in alto a favore delle chiese vale in termini economici quattro volte il voto nel «cinque per mille». Perché due pesi e due misure?
Lo Stato in diciassette anni non ha speso una parola pubblica, uno spot, una pubblicità Progresso, per spiegare il senso, il meccanismo e la destinazione reale dell´otto per mille. Ed è l´unico «concorrente» che ne avrebbe i mezzi, oltre al dovere morale. Gli altri (Valdesi, Ebrei, Luterani, Avventisti, Assemblee di Dio) dispongono di fondi minimi per la pubblicità, peraltro regolarmente denunciati nei resoconti. Mentre la Chiesa cattolica è l´unica a non dichiarare le spese pubblicitarie, riprova di scarsa trasparenza.
L´unica voce a rompere il silenzio dello Stato fu nel 1996 quella di una cattolica, come spesso accade, la diessina Livia Turco, allora ministro per la Solidarietà. Turco propose di destinare la quota statale di otto per mille a progetti per l´infanzia povera. Il «cassiere» pontificio, monsignor Attilio Nicora, rispose che «lo Stato non doveva fare concorrenza scorretta alla Chiesa». Fine del dibattito. Oggi Livia Turco ricorda: «Nella mia ingenuità, pensavo che la mia proposta incontrasse il favore di tutti, compresa la Chiesa. L´Italia è il paese continentale con la più alta percentuale di povertà infantile. Al contrario la reazione della Chiesa fu durissima, infastidita, e dalla politica fui subito isolata. Ho vissuto quella vicenda con grande amarezza».
La politica non ha mai più osato fare «concorrenza» alla Chiesa cattolica, anzi l´ha favorita con un pessimo uso del fondo. Nel 2004 i media hanno dato grande risalto alla trovata del governo Berlusconi di utilizzare 80 dei 100 milioni ricevuti dall´otto per mille per finanziare le missioni militari, in particolare in Iraq. Degli altri venti milioni, quasi la metà (44,5 per cento) sono finiti nel restauro di edifici di culto, quindi ancora alla Chiesa. La percentuale di «voti» allo Stato italiano è crollata dal 23 per cento del 1990 all´8,3 del 2006.
All´atteggiamento remissivo dello Stato italiano ha fatto da contraltare una crescente aggressività da parte delle gerarchie ecclesiastiche e soprattutto dei politici al seguito, cattolici e neo convertiti, nel rivendicare il denaro pubblico. In agosto, quando la commissione europea ha chiesto lumi al governo Prodi sui privilegi fiscali del Vaticano, nell´ipotesi si tratti di «aiuti di Stato» mascherati, l´ex ministro Roberto Calderoli, già protagonista delle battaglie anticlericali della Lega anni Novanta, ha chiesto al Papa di «scomunicare l´Unione Europea». Rocco Buttiglione ha avanzato un argomento in disuso fra gli intellettuali dai primi del ‘900, ma oggi di gran moda. Secondo il quale i privilegi concessi dalla Stato al Vaticano sarebbero «una compensazione per la confisca dei beni ecclesiastici dello Stato Pontificio».
Un revanscismo già sepolto dalla Chiesa del Concilio. Nel 1970 Paolo VI aveva «festeggiato» con la visita in Campidoglio la breccia di Porta Pia: «atto della Provvidenza», una «liberazione» per la Chiesa da un potere temporale che ne ostacolava l´autentica missione.

Joseph Ratzinger scrive ne «Il sale della terra»: «Purtroppo nella storia è sempre capitato che la Chiesa non sia stata capace di allontanarsi da sola dai beni materiali, ma che questi le siano stati tolti da altri; e ciò, alla fine, è stata per lei la salvezza».

La legge 222 del 1985 istitutiva dell´otto per mille, perlopiù sconosciuta ai polemisti, in ogni caso non accenna ad alcuna forma di «risarcimento» per le confische (argomento insensato nell´Italia di vent´anni fa). Lo scopo primario della legge di revisione del Concordato fascista del ‘29 era di garantire un sostituto della «congrua», ovvero lo stipendio di Stato ai sacerdoti. Nei primi anni lo Stato s´impegnava infatti a integrare l´otto per mille, fino a 407 miliardi, nel caso di una raccolta insufficiente per pagare gli stipendi. In cambio il Vaticano accettava che una commissione bilaterale valutasse ogni tre anni l´ipotesi di ridurre l´otto per mille nel caso contrario di un gettito eccessivo.
Ora, dal 1990 al 2007, l´incasso per la Cei è quintuplicato e la spesa per gli stipendi dei preti, complice la crisi di vocazioni, è scesa alla metà, dal 70 al 35 per cento. Eppure la commissione italo-vaticana non ha mai deciso un adeguamento. Perché? Senza avventurarsi in filosofia del diritto, si può forse raccontare il percorso di uno dei componenti laici della commissione, Carlo Cardia. Il professor Cardia, insigne giurista di formazione comunista, consigliere di Enrico Berlinguer e Pietro Ingrao, ha esordito da fiero «difensore del diritto negato in Italia all´ateismo» («Ateismo e libertà religiose», De Donato, 1973). Nel 2001 è Cardia a invocare una riduzione dell´otto per mille, in un saggio pubblicato dalla presidenza del consiglio: «Dall´otto per mille derivano ormai alla Chiesa cattolica, meglio: alla Cei, delle somme veramente ingenti, che hanno superato ogni previsione. Si parla ormai di 900-1000 miliardi l´anno di lire. Il livello è tanto più alto in quanto il fabbisogno per il sostentamento del clero non supera i 400-500 miliardi. Ciò vuol dire che la Cei ha la disponibilità annua di diverse centinaia per finalità chiaramente "secondarie" rispetto a quella primaria del sostentamento del clero; e che lievitando così il livello del flusso finanziario si potrebbe presto raggiungere il paradosso per il quale è proprio il sostentamento del clero ad assumere il ruolo di finalità secondaria».
Previsione perfetta. «Tutto ciò - concludeva Cardia - porterebbe a vere e proprie distorsioni nell´uso del danaro da parte della Chiesa cattolica; e, più in generale, riaprirebbe il capitolo di un finanziamento pubblico irragionevole che potrebbe raggiungere la soglia dell´incostituzionalità se riferito al valore della laicità quale principio supremo dell´ordinamento».
Nel tempo il professor Cardia è diventato illustre collaboratore di Avvenire, il giornale dei vescovi. I suoi temi sono cambiati: l´apologia del rapporto fra i giovani e Benedetto XVI, la lotta ai Dico, l´esaltazione del Family Day. Ciascuno naturalmente ha il diritto di cambiare idea. Ma è opportuno che, avendole cambiate sul giornale della Cei, continui a far parte di una commissione governativa chiamata a stabilire quanti soldi lo Stato deve versare alla Cei? Nell´ultimo editoriale su Avvenire il professor Cardia tuona contro l´inchiesta di Repubblica, «una delle più colossali operazioni di disinformazione degli ultimi tempi».
Senza contestare nel merito un singolo dato, nega con veemenza che la Chiesa costi troppo agli italiani e s´indigna per «l´indecente» accostamento con la «casta». E´ lo stesso professor Cardia che il 20 febbraio scorso dichiara in un´intervista: «Io porterei la quota dell´otto per mille al sette, vista l´imponente massa di danaro che smuove. Basti pensare che dall´84 a oggi nessuno, se non per controversie politiche, vi ha posto mano».
Con le altre confessioni lo Stato è assai meno generoso. In risposta a un´interrogazione dei soliti radicali, nel luglio scorso il ministro Vannino Chiti ha citato come prova della bontà del meccanismo «il fatto che anche i valdesi hanno chiesto e ottenuto le quote non espresse». Chiesto sì, ottenuto mai. Incontro la «moderatrice» della Tavola Valdese, Maria Bonafede, il «Ruini» dei valdesi, nella modesta sede vicino alla Stazione Termini. «Per motivi etici avevamo rinunciato alle quote non espresse, ma nel 2000, visto l´uso che ne faceva lo Stato, le abbiamo chiese. Abbiamo incontrato governi di destra e di sinistra, il vecchio Letta e il nuovo. Ogni volta ci rinviano. Se la ottenessimo oggi, la vedremmo solo nel 2010. Lo Stato anticipa i soldi alla Cei, ma agli altri li versa con tre anni di ritardo».
Ai valdesi sono andati nel 2006 circa 5 milioni 700 mila euro, ma avrebbero diritto a oltre 13 milioni. Il resto lo trattiene lo Stato. La Tavola Valdese usa i soldi dell´otto per mille al 94 per cento per la carità e il rimanente alla pubblicità. I pastori valdesi vivono delle donazioni spontanee. Lo stipendio base, uguale dalla «moderatrice» all´ultimo pastore, è di 650 euro al mese. Maria Bonafede spiega: «I soldi dell´otto per mille arrivano dalla società e vi debbono tornare. Se una Chiesa non riesce a mantenersi con le libere offerte, è segno che Dio non vuole farla sopravvivere».

(hanno collaborato Carlo Pontesilli e Maurizio Turco)

© Copyright Repubblica, 3 ottobre 2007

Prima di tutto consiglierei alla Bonafede di rileggersi il Vangelo di Matteo:

E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

Mi pare piu' che chiaro...

Caro Maltese, le Sue chiacchiere stizzite stanno a zero. Mi spiega perche' si devono contrapporre i Valdesi ai Cattolici? Perche' oggi, per esempio, Repubblica non ha parlato di Alessio II e degli Ortodossi? Due pesi e due misure? Bella informazione!
Inoltre, caro Maltese, Lei ignora l'obiezione di fondo. Risponda a questa domanda: a chi lo Stato italiano ha confiscato i beni? Ai Valdesi o al Papa? Risponda! E' solo dando una bella risposta a questa domanda che cadono tutte le parolone sprecate...non Le pare?
Ah, dimenticavo: non commetta sempre errori. "Il sale della terra", a rigore, non e' un libro di Joseph Ratzinger ma un libro-intervista di Peter Seewald al cardinale Ratzinger.
Noto con piacere che il prof Cardia l'ha proprio colpita al cuore
:-)
Raffaella

9 commenti:

mariateresa ha detto...

Cara amica, buongiorno. Si contrappongono valdesi a cattolici perchè molto volentieri i valdesi si prestano ad essere contrapposti. Devo dire in tutta onestà che non ho mai letto e sentito un ministro della Chiesa attaccare personalmente la Sig.ra Bonafede, mentre analogo buongusto non ho visto da parte sua nei confronti della Chiesa e di papa Benedetto, in diverse dichiarazioni, sue e dei suoi compagni di fede. Se c'è una campagna da mettere in piedi contro la Chiesa cattolica vedo che non si tirano mai indietro, come non si tirano indietro Augias e Politi a fare spudorata campagna a loro favore, come se uno scegliesse una fede anzichè un'altra in base a un editoriale di giornale. Ma tant'è.
Sicuro domani Avvenire risponderà come fa sempre , devo comunque dire che questa vicenda ha veramente rotto le scatole, almeno le mie. Non si sa nemmeno se sia saggio dare corda o no perchè vuoi per un motivo, vuoi per un altro, ormai Avvenire ha sempre una pagina dedicata a rispondere a questi poveretti et similia, una specie di rubrica fissa e non è Rosso Malpelo. Anche oggi hanno dovuto fare un articolo sulla trasmissione sui preti gay della 7, io non l'ho vista, ma chi l'ha vista mi ha detto che è stata una pena, una trasmissione fatta per umiliare i preti, tra l'altro con l'inganno. Domani dovrà rispondere a Maltese e domani l'altro chissà , ci sarà qualcos'altro. Secondo me alcuni di questi "laici" stanno svegli la notte a pensarci: come tenere sveglie e indignate le masse?
Queste energie impiegate a dare contro e solo contro sono una bella dimostrazione dello spessore di queste persone, soprattutto della loro apertura mentale. In realtà gli argomenti sono sempre gli stessi da anni e ogni tanto si tirano fuori, quando si ritiene politicamente utile togliere la naftalina e rimettersi addosso il solito puzzolente cappotto. Con gli ottimi risultati che potete vedere nel sondaggio sulle intenzioni di voto relativo alla parte politica di Maltese, Augias e Politi , risultati che si possono leggere nella rubrica di Manheimer oggi sul Corriere. Dei risultati veramente travolgenti. Complimenti.
Si vede che l'appeal degli argomenti di Repubblica in generale presso l'opinione pubblica deve essere molto modesto.

Utnapishtim ha detto...

beh, lo stato ha confiscato i beni alla Chiesa perchè la Chiesa li aveva, non i valdesi, altrimenti non dubiterei che avrebbe riservato anche ad essi lo stesso trattamento :) D'altra parte i valdesi nei secoli si sono visti negare dalla Chiesa ben più dei beni materiali, ma il diritto alla predicazione, la libertà e, in molti casi, la vita. Le repressioni nei loro confronti furono in vari casi assai sanguinose, anche se non tutte provocate o volute direttamente dalla Chiesa, ma certamente tutte condotte in Suo nome.
Adesso non mi appellerei ai sensi di colpa per un passato ormai remoto e per il quale è stato altretutto chiesto scusa, ma visto che a suo tempo la Chiesa non volle condividere coi valdesi l'autorità sui fedeli, almeno abbia a dividere con loro le briciole del suo lauto pasto.

Anonimo ha detto...

Argomentazioni deboli, mister!

mariateresa ha detto...

caro Mister il caso vuole che stia leggendo un libro sul Risorgimento italiano; su avvenimenti così vicini a noi storicamente ancora ci si divide e ci si accapiglia quindi non leggo il libro come se fosse la Bibbia, il libro è “ Libera Chiesa in libero Stato?” di Viglione, un libro con una presa di posizione precisa, ma comunque un libro serio. Ecco nel libro la ruggine coi valdesi viene fatta risalire anche a quel periodo durante il quale gli amici valdesi non si risparmiarono per legnare la Chiesa, non la sola gerarchia, ma anche i parroci poveracci, assieme agli anticlericali più feroci. Te lo consiglio. Si può sempre dire che i valdesi volessero vendicarsi di torti subiti prima e via scavando all'indietro, può darsi, anche se le persone prese in mezzo in epoca risorgimentale non avevano certo colpe in merito alle persecuzioni che i valdesi ebbero a subire durante le guerre di religione.
Ma leggendo quel libro diciamo si può trovare una possibile risposta alla tua osservazione che"la Chiesa non volle condividere coi valdesi l'autorità sui fedeli". Qualche motivo forse c’è.
Comunque non tutti i valdesi sono come la Sig.ra Bonafede e il ministro Ferrero , legati così tanto alla politica. Nel sito dei protestanti ho trovato un testo bellissimo, per me, che segnalo, è praticamente impubblicabile qui perchè è lunghissimo, ma è un bel testo per conoscere quel mondo che è molto più sfaccettato di quello che Micromega vuol farci credere. In larga parte non lo condivido,ma è rispettabile e onesto intellettualmente,merce rara oggi,ed è scritto bene, cosa ancora più rara, il link è http://www.icn-news.com/?do=news&id=1476
E l’autore è il valdese Ignazio Di Lecce.
Aggiungo che ho visto con i miei occhi il valdese prof. Garrone invitato alla presentazione del libro del Papa in Vaticano che mi è sembrato un bel segno di apertura mentale verso persone che , in alcuni casi, non si fanno scrupolo di fare non proselitismo per se stessi, cosa comprensibile, ma propaganda contro gli altri.

Utnapishtim ha detto...

Grazie per la segnalazione Mariateresa, da una lettura molto superficiale del testo ho intravisto degli spunti di grande chiarezza ed onestà, come dicevi.
Per quanto attiene però agli argomenti che proponi derivati da "libera chiesa in libero stato?" credo che converrai con me che essi in nessun modo possano controbattere il mio spunto polemico che, in parole povere è: la chiesa non può protestare contro una antica usurpazione quando per secoli lei si è resa continuamente responsabile di colpe infinitamente più gravi ed abiette.
Secondo il principio proposto da Raffaella di "sia ripagato chi ha subito il torto per primo", la Chiesa ci rimetterebbe tutto.
Wojtyla nel 98 volle chiedere scusa per molte delle colpe di cui la Chiesa si è macchiata, direttamente o per procura, quando era una superpotenza sovranazionale.
Durante la recente fondazione dello stato italiano (recente non a caso) la Chiesa non aveva più quel potere politico e militare di un tempo, ed ha ricoperto il ruolo di vittima anzichè quello di carnefice (e non perchè non ci abbia provato). Oggi accade che spesso i cattolici siano minoranza, accade sempre più spesso che nei paesi in via di sviluppo che essi subiscano soprusi, perchè per fortuna essi non si riparano più dietro alle armi dei nuovi conquistadores. Oggi la Chiesa ha una grande occasione, può recuperare credibilità, può invero muoversi verso il matrimonio con Cristo cui essa è destinata e dal quale è stata distolta, forse -come dice Ratzinger- anche a causa di quella famosa "dote di Costantino", che è uno dei più famosi ed eloquenti esempi di mistificazione prodotti dalla chiesa per farsi ricca e potente in scorno alla missione cui si diceva votata.

mariateresa ha detto...

Questa volta sono d'accordo al 90%. A volte sento anche il bisogno di un approccio serio alla storia della Chiesa,non solo di rimescolare sempre i soliti luoghi comuni, perchè ho l'impressione che ce ne siano molti. O meglio, diciamo che le egemonie culturali, nel giudicare questo o quel fatto storico, si fanno sentire e non solo sulla storia della Chiesa, a dir il vero. Sulla donazione di Costantino mi riprometto di leggere il libro del Dott.Vian il nuovo direttore dell'Osservatore Romano, di cui mi dicono un gran bene, vedremo. L'altra campana interpretativa l'ho letta a sazietà in gioventù e la mia libreria ne è piena.
Quanto alle mistificazioni storiche se leggi il libro di Viglione ne troverai da pesare in miriagrammi.
Ma per il resto sono d'accordo, la perdita del potere temporale anche secondo me è stato un bene. Ma l'averlo conseguito a suo tempo forse un suo senso l'aveva. E guarda che in relazione a questo ,considerato in che secoli è nato, anche il valdese Di Lecce è d'accordo.

Anonimo ha detto...

I Valdesi devono finirla con il raccontare frottole. Basta guardare i loro bilanci per capire come spendono l'otto per mille. Per se stessi.

Charles Lambert ha detto...

@ Anonimo:

"Nel 1993 le chiese valdesi e metodiste hanno deciso di avvalersi della legge e di accedere alla riscossione dell’8 per mille dell’IRPEF. Nel prendere questa decisione il sinodo ha fissato però un criterio guida. Ha stabilito che la somma ottenuta non fosse utilizzata per fini di culto, non servisse cioè al mantenimento dei pastori e delle attività cultuali della chiesa, ma unicamente per progetti di natura assistenziale, sociale e culturale e che una quota corrispondente al 30% dell'importo totale fosse riservata a progetti nei Paesi in via di sviluppo, in collaborazione con organismi internazionali religiosi e laici."

Quali bilanci? Quelli che si trovano qui? http://www.chiesavaldese.org/pages/finanze/2002/rendiconto2002.php

Anonimo ha detto...

Beh, ma e' chiaro: i pastori valdesi non hanno mai goduto della "congrua" stabilita per i sacerdoti cattolici con i Patti Lateranensi del 1929 a parzialissimo risarcimento dei beni confiscati dallo stato italiano alla Chiesa Cattolica.

L. 5 ottobre 1993, n. 409
Integrazione dell'intesa tra il Governo della Repubblica italiana
e la Tavola valdese, in attuazione dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione.

Art. 3.
Deduzione agli effetti dell'IRPEF.

1. La Repubblica italiana prende atto che le Chiese rappresentate dalla Tavola valdese intendono provvedere al mantenimento del culto ed al sostentamento dei ministri unicamente a mezzo di offerte volontarie.