28 settembre 2007

L'ossessione di Curzio Maltese ed i suoi clamorosi errori: confonde ancora il Vaticano con la Chiesa italiana!


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Cari amici, francamente non se ne puo' piu'! Curzio Maltese, che ormai nemmeno piu' le formiche prendono sul serio per il suo girare intorno sempre e solo allo stesso argomento, ha colpito ancora: fa i conti in tasca alla Chiesa e ci rende edotti (chissenefrega!) della sua opinione sugli sgravi fiscali concessi al Vaticano. Avete capito bene, cari amici, sgravi fiscali concessi ad uno Stato straniero! Sarebbe come lamentarsi del fatto che l'Italia conceda sgravi fiscali a Francia e Germania...un assurdo giuridico!
Non so che scuole abbia fatto Maltese, ma a me hanno insegnato che una cosa e' la Chiesa italiana e un'altra cosa e' il Vaticano! Lo vogliamo capire oppure continuiamo a gettare fumo in faccia ai lettori? La malafede e' veramente una brutta bestia quasi paragonabile all'invidia. Infatti il Nostro non riesce nemmemo a nascondere il suo disappunto nel constatare che gli Italiani sono convinti che le "concessioni" alla Chiesa (???) siano una sorta di "investimento" per l'opera meritoria di tanti sacerdoti e religiosi.
Che cosa vuole Maltese? Che chiudano ospedali, mense per i poveri, caritas? Ecco la mia provocazione: guardi, caro Malterse, che a noi Cattolici potrebbe andare benissimo...un lusso! Finalmente avremmo i sacerdoti tutti intenti alla cura pastorale delle anime e non all'assistenza ai poveri. Pensi, caro Maltese, ci guadagneremmo! Ma lo Stato?
Che cosa ne sarebbe del povero, derelitto, Stato italiano? Puo' permettersi che la Chiesa chiuda anche una sola delle sue opere assistenziali? Puo' permettersi di vedersi sotto casa poveri e indigenti che non sanno a chi rivolgersi? Meno demagogia e piu' rispetto per chi aiuta il prossimo e per chi versa in stato di bisogno!
Maltese, non Le piace l'otto per mille e la modalita' in cui esso viene distribuito? Bene! Faccia una proposta legislativa, dopo avere raccolto le firme necessarie, si attivi presso sinistra radicale e rosa nel pugno. E dopo? Dopo passi per il Parlamento...Camera e SENATO!
Pensiamo alle cose serie e non alle polemiche che ormai puzzano di muffa. All'articolo di Maltese segue un interessante editoriale dedicato ad Emma Bonino che denuncia la Chiesa ma difende le COOP
.
Raffaella


L'otto per mille, le scuole, gli ospedali, gli insegnanti di religione e i grandi eventi
Ogni anno, dallo Stato, arrivano alle strutture ecclesiastiche circa 4 miliardi di euro


I conti della Chiesa ecco quanto ci costa

di CURZIO MALTESE

"Quando sono arrivato alla Cei, nel 1986, si trovavano a malapena i soldi per pagare gli stipendi di quattro impiegati". Camillo Ruini non esagera. A metà anni Ottanta le finanze vaticane sono una scatola vuota e nera. Un anno dopo l'arrivo di Ruini alla Cei, soltanto il passaporto vaticano salva il presidente dello Ior, monsignor Paul Marcinkus, dall'arresto per il crack del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. La crisi economica è la ragione per cui Giovanni Paolo II chiama a Roma il giovane vescovo di Reggio Emilia, allora noto alle cronache solo per aver celebrato il matrimonio di Flavia Franzoni e Romano Prodi, ma dotato di talento manageriale. Poche scelte si riveleranno più azzeccate. Nel "ventennio Ruini", segretario dall'86 e presidente dal '91, la Cei si è trasformata in una potenza economica, quindi mediatica e politica. In parallelo, il presidente dei vescovi ha assunto un ruolo centrale nel dibattito pubblico italiano e all'interno del Vaticano, come mai era avvenuto con i predecessori, fino a diventare il grande elettore di Benedetto XVI.
Le ragioni dell'ascesa di Ruini sono legate all'intelligenza, alla ferrea volontà e alle straordinarie qualità di organizzatore del personaggio. Ma un'altra chiave per leggerne la parabola si chiama "otto per mille". Un fiume di soldi che comincia a fluire nelle casse della Cei dalla primavera del 1990, quando entra a regime il prelievo diretto sull'Irpef, e sfocia ormai nel mare di un miliardo di euro all'anno. Ruini ne è il dominus incontrastato. Tolte le spese automatiche come gli stipendi dei preti, è il presidente della conferenza episcopale, attraverso pochi fidati collaboratori, ad avere l'ultima parola su ogni singola spesa, dalla riparazione di una canonica alla costruzione di una missione in Africa agli investimenti immobiliari e finanziari.

Dall'otto per mille, la voce più nota, parte l'inchiesta di Repubblica sul costo della chiesa cattolica per gli italiani. Il calcolo non è semplice, oltre che poco di moda. Assai meno di moda delle furenti diatribe sul costo della politica. Il "prezzo della casta" è ormai calcolato in quattro miliardi di euro all'anno. "Una mezza finanziaria" per "far mangiare il ceto politico". "L'equivalente di un Ponte sullo Stretto o di un Mose all'anno".

Alla cifra dello scandalo, sbattuta in copertina da Il Mondo e altri giornali, sulla scia di La Casta di Rizzo e Stella e Il costo della democrazia di Salvi e Villone, si arriva sommando gli stipendi di 150 mila eletti dal popolo, dai parlamentari europei all'ultimo consigliere di comunità montane, più i compensi dei quasi trecentomila consulenti, le spese per il funzionamento dei ministeri, le pensioni dei politici, i rimborsi elettorali, i finanziamenti ai giornali di partito, le auto blu e altri privilegi, compresi buvette e barbiere di Montecitorio.

Per la par condicio bisognerebbe adottare al "costo della Chiesa" la stessa larghezza di vedute. Ma si arriverebbe a cifre faraoniche quanto approssimative, del genere strombazzato nei libelli e in certi siti anticlericali.

Con più prudenza e realismo si può stabilire che la Chiesa cattolica costa in ogni caso ai contribuenti italiani almeno quanto il ceto politico. Oltre quattro miliardi di euro all'anno, tra finanziamenti diretti dello Stato e degli enti locali e mancato gettito fiscale. La prima voce comprende il miliardo di euro dell'otto per mille, i 650 milioni per gli stipendi dei 22 mila insegnanti dell'ora di religione ("Un vecchio relitto concordatario che sarebbe da abolire", nell'opinione dello scrittore cattolico Vittorio Messori), altri 700 milioni versati da Stato ed enti locali per le convenzioni su scuola e sanità. Poi c'è la voce variabile dei finanziamenti ai Grandi Eventi, dal Giubileo (3500 miliardi di lire) all'ultimo raduno di Loreto (2,5 milioni di euro), per una media annua, nell'ultimo decennio, di 250 milioni. A questi due miliardi 600 milioni di contributi diretti alla Chiesa occorre aggiungere il cumulo di vantaggi fiscali concessi al Vaticano, oggi al centro di un'inchiesta dell'Unione Europea per "aiuti di Stato". (ERRORE! nota di Raffaella)

L'elenco è immenso, nazionale e locale. Sempre con prudenza si può valutare in una forbice fra 400 ai 700 milioni il mancato incasso per l'Ici (stime "non di mercato" dell'associazione dei Comuni), in 500 milioni le esenzioni da Irap, Ires e altre imposte, in altri 600 milioni l'elusione fiscale legalizzata del mondo del turismo cattolico, che gestisce ogni anno da e per l'Italia un flusso di quaranta milioni di visitatori e pellegrini. Il totale supera i quattro miliardi all'anno, dunque una mezza finanziaria, un Ponte sullo Stretto o un Mose all'anno, più qualche decina di milioni.

La Chiesa cattolica, non eletta dal popolo e non sottoposta a vincoli democratici, costa agli italiani come il sistema politico. Soltanto agli italiani, almeno in queste dimensioni. Non ai francesi, agli spagnoli, ai tedeschi, agli americani, che pure pagano come noi il "costo della democrazia", magari con migliori risultati.

Si può obiettare che gli italiani sono più contenti di dare i soldi ai preti che non ai politici, infatti se ne lamentano assai meno. In parte perché forse non lo sanno. Il meccanismo dell'otto per mille sull'Irpef, studiato a metà anni Ottanta da un fiscalista all'epoca "di sinistra" come Giulio Tremonti, consulente del governo Craxi, assegna alla Chiesa cattolica anche le donazioni non espresse, su base percentuale. Il 60 per cento dei contribuenti lascia in bianco la voce "otto per mille" ma grazie al 35 per cento che indica "Chiesa cattolica" fra le scelte ammesse (le altre sono Stato, Valdesi, Avventisti, Assemblee di Dio, Ebrei e Luterani), la Cei si accaparra quasi il 90 per cento del totale. Una mostruosità giuridica la definì già nell'84 sul Sole 24 Ore lo storico Piero Bellini.

Ma pur considerando il meccanismo "facilitante" dell'otto per mille, rimane diffusa la convinzione che i soldi alla Chiesa siano ben destinati, con un ampio "ritorno sociale". Una mezza finanziaria, d'accordo, ma utile a ripagare il prezioso lavoro svolto dai sacerdoti sul territorio, la fatica quotidiana delle parrocchie nel tappare le falle sempre più evidenti del welfare, senza contare l'impegno nel Terzo Mondo. Tutti argomenti veri. Ma "quanto" veri?

Fare i conti in tasca al Vaticano è impresa disperata. (I CONTI IN TASCA AD UNO STATO STRANIERO? E LA FRANCIA? LA SVIZZERA? LA GERMANIA? nota di Raffaella)

Ma per capire dove finiscono i soldi degli italiani sarà pur lecito citare come fonte insospettabile la stessa Cei e il suo bilancio annuo sull'otto per mille. Su cinque euro versati dai contribuenti, la conferenza dei vescovi dichiara di spenderne uno per interventi di carità in Italia e all'estero (rispettivamente 12 e 8 per cento del totale). Gli altri quattro euro servono all'autofinanziamento. Prelevato il 35 per cento del totale per pagare gli stipendi ai circa 39 mila sacerdoti italiani, rimane ogni anno mezzo miliardo di euro che il vertice Cei distribuisce all'interno della Chiesa a suo insindacabile parere e senza alcun serio controllo, sotto voci generiche come "esigenze di culto", "spese di catechesi", attività finanziarie e immobiliari. Senza contare l'altro paradosso: se al "voto" dell'otto per mille fosse applicato il quorum della metà, la Chiesa non vedrebbe mai un euro.

Nella cultura cattolica, in misura ben maggiore che nelle timidissime culture liberali e di sinistra, è in corso da anni un coraggioso, doloroso e censuratissimo dibattito sul "come" le gerarchie vaticane usano il danaro dell'otto per mille "per troncare e sopire il dissenso nella Chiesa". Una delle testimonianze migliori è il pamphlet "Chiesa padrona" di Roberto Beretta, scrittore e giornalista dell'Avvenire, il quotidiano dei vescovi. Al capitolo "L'altra faccia dell'otto per mille", Beretta osserva: "Chi gestisce i danari dell'otto per mille ha conquistato un enorme potere, che pure ha importantissimi risvolti ecclesiali e teologici". Continua: "Quale vescovo per esempio - sapendo che poi dovrà ricorrere alla Cei per i soldi necessari a sistemare un seminario o a riparare la cattedrale - alzerà mai la mano in assemblea generale per contestare le posizioni della presidenza?". "E infatti - conclude l'autore - i soli che in Italia si permettono di parlare schiettamente sono alcuni dei vescovi emeriti, ovvero quelli ormai in pensione, che non hanno più niente da perdere...".

A scorrere i resoconti dei convegni culturali e le pagine di "Chiesa padrona", rifiutato in blocco dall'editoria cattolica e non pervenuto nelle librerie religiose, si capisce che la critica al "dirigismo" e all'uso "ideologico" dell'otto per mille non è affatto nell'universo dei credenti. Non mancano naturalmente i "vescovi in pensione", da Carlo Maria Martini, ormai esiliato volontario a Gerusalemme, a Giuseppe Casale, ex arcivescovo di Foggia, che descrive così il nuovo corso: "I vescovi non parlano più, aspettano l'input dai vertici... Quando fanno le nomine vescovili consultano tutti, laici, preti, monsignori, e poi fanno quello che vogliono loro, cioè chiunque salvo il nome che è stato indicato". Il già citato Vittorio Messori ha lamentato più volte "il dirigismo", "il centralismo" e "lo strapotere raggiunto dalla burocrazia nella Chiesa". Alfredo Carlo Moro, giurista e fratello di Aldo, in uno degli ultimi interventi pubblici ha lanciato una sofferta accusa: "Assistiamo ormai a una carenza gravissima di discussione nella Chiesa, a un impressionante e clamoroso silenzio; delle riunioni della Cei si sa solo ciò che dichiara in principio il presidente; i teologi parlano solo quando sono perfettamente in linea, altrimenti tacciono".

La Chiesa di vent'anni fa, quella in cui Camillo Ruini comincia la sua scalata, non ha i soldi per pagare gli impiegati della Cei, con le finanze scosse dagli scandali e svuotate dal sostegno a Solidarnosc. La cultura cattolica si sente derisa dall'egemonia di sinistra, ignorata dai giornali laici, espulsa dall'universo edonista delle tv commerciali, perfino ridotta in minoranza nella Rai riformata. Eppure è una Chiesa ancora viva, anzi vitalissima. Tanto pluralista da ospitare nel suo seno mille voci, dai teologi della liberazione agli ultra tradizionalisti seguaci di monsignor Lefebrve. Capace di riconoscere movimenti di massa, come Comunione e Liberazione, e di "scoprire" l'antimafia, con le omelie del cardinale Pappalardo, il lavoro di don Puglisi a Brancaccio, l'impegno di don Italo Calabrò contro la 'ndrangheta.
Dopo vent'anni di "cura Ruini" la Chiesa all'apparenza scoppia di salute. È assai più ricca e potente e ascoltata a Palazzo, governa l'agenda dei media e influisce sull'intero quadro politico, da An a Rifondazione, non più soltanto su uno. Nelle apparizioni televisive il clero è secondo soltanto al ceto politico. Si vantano folle oceaniche ai raduni cattolici, la moltiplicazione dei santi e dei santuari, i record di audience delle fiction di tema religioso. Le voci di dissenso sono sparite. Eppure le chiese e le sagrestie si svuotano, la crisi di vocazioni ha ridotto in vent'anni i preti da 60 a 39 mila, i sacramenti religiosi come il matrimonio e il battesimo sono in diminuzione.

Il clero è vittima dell'illusoria equazione mediatica "visibilità uguale consenso", come il suo gemello separato, il ceto politico. Nella vita reale rischia d'inverarsi la terribile profezia lanciata trent'anni fa da un teologo progressista: "La Chiesa sta divenendo per molti l'ostacolo principale alla fede. Non riescono più a vedere in essa altro che l'ambizione umana del potere, il piccolo teatro di uomini che, con la loro pretesa di amministrare il cristianesimo ufficiale, sembrano per lo più ostacolare il vero spirito del cristianesimo". Quel teologo si chiamava Joseph Ratzinger.

(Hanno collaborato Carlo Pontesilli e Maurizio Turco)

© Copyright Repubblica, 28 settembre 2007


Come sempre, sono d'accordo con il teologo progressista Ratzinger, che poi e' lo stesso che, da cardinale, detto' le meditazioni della Via Crucis 2005. Non c'e' contraddizione fra il teologo, il cardinale ed il Papa, cari signori!
Ah, Maltese, sia detto per inciso (forse Lei non lo sa...): e' il Papa che nomina i Vescovi...chiaro?

Raffaella


La Bonino in Europa ha difeso le Coop e tradito la Chiesa

di Alessandro M. Caprettini

Raccontano che a Bruxelles, il commissario alla Concorrenza, l'olandese Neelie Kroes, sia molto ma molto irritata. Una interrogazione così dura sul suo intervento nei rapporti tra fisco italiano e Chiesa cattolica, non se l'aspettava proprio. Tantomeno la chiosa finale che ipotizza una sua cacciata da Berleymont. E se è pur vero che quella cartellina con una cinquantina di firme non è stata ancora presentata all'Europarlamento perché il punto di riferimento della «lobby cattolica» nella Ue, il vicepresidente dell'Europarlamento Mario Mauro (eletto in Forza Italia), preferisce vedere la piega che prenderanno le cose, è pur sempre sgradevole sapere che c'è chi pensa che un ministro di Barroso abbia giocato sporco. Magari piegandosi alle brighe nazionali di qualcun altro.
Se infatti nelle nota querelle sugli sconti fiscali concessi a suo tempo da Amato alla Chiesa cattolica non è accaduto molto sopra il pelo dell'acqua, sul fondo le cose si stanno agitando parecchio. Intanto a Strasburgo gli eurodeputati del Ppe che hanno formato un gruppo di pressione cattolico in contrapposizione alle lobby pro-gay o pro-staminali, hanno scoperto che a Roma, al dicastero del Tesoro, esiste uno speciale ufficio che si deve occupare dei rapporti economici Chiesa-Stato. Chi lo presiede, il viceministro Roberto Pinza (Margherita), ha fatto però sapere di esser stato tenuto all'oscuro di tutto. Dopo le denunce avviate a Bruxelles per le esenzioni fiscali sugli immobili di proprietà ecclesiale (dove si fa attività sociale e non commerciale), si pensava che i chiarimenti chiesti dal commissario Kroes sarebbero finiti su quei tavoli. E invece, niente.

Sale dunque il sospetto che altri abbiano organizzato, dall'Italia, la regia dello scontro avviato formalmente dai radicali italiani con l'aiuto della sinistra francese.

Perché la questione non è passata sui tavoli di Pinza? E perché - ancor più stranamente - la Cei non è stata avvertita del contenzioso aperto a Bruxelles sul suo conto come è invece avvenuto per tutti gli altri soggetti sul conto dei quali erano stato chiesti chiarimenti (vedi Mediaset, Fiat, Telecom)? Mistero.

E c'è di più. Rovistando nei propri archivi, alcuni degli eurodeputati che fanno capo alla lobby cattolica, hanno scoperto che giusto nel marzo di quest'anno, il ministro per le Politiche comunitarie e il commercio estero, Emma Bonino, era intervenuta al congresso nazionale della Legacoop (le cooperative rosse), facendo presente come lei stessa aveva tenuto a spiegare i perché e i percome degli sconti fiscali concessi alle coop davanti alle perplessità della commissaria alla Concorrenza: «Le ho fatto presente - aveva detto - come l'impresa cooperativa costituisca un pezzo importante del modello sociale europeo, le cui peculiarità esigono un regime specifico, e ho ricevuto dalla commissaria confortanti assicurazioni sulla piena consapevolezza del ruolo fondamentale giocato dalle coop in Italia».

Insomma per i supermarket rossi gli sconti fiscali si possono fare, anche se forse violano la concorrenza. Mentre per la Chiesa - che un esperto come Uckmar giudica più che legittimi dato che «si sostiene il no profit» - assolutamente no.

Nell'Europarlamento qualcuno ha avvertito puzza di bruciato. E - in attesa di un via libera di Mauro, che attende di capire se davvero la Kroes si è resa complice di una manovra tutta italiana o è stata tirata dentro per i capelli - ha tirato giù qualche riga in cui, osservato come la Chiesa cattolica in Italia sia esentata dalle tasse sugli immobili dove svolge attività sociale, al pari delle altre religioni e delle organizzazioni no profit; considerato che non c'è violazione di un interesse economico e tantomeno della concorrenza e che la materia fiscale è notoriamente di competenza nazionale, chiede a Barroso se non ritiene «ingiustificato e tendenzioso» il chiarimento chiesto dalla Kroes. E chiude dicendo di voler sapere se - in caso di caduta del rapporto fiduciario coll'Europarlamento - la stessa Kroes sarebbe pronta a dimettersi. Come da trattati. A seguire, 50 firme.

© Copyright Il Giornale, 28 settembre 2007

E' proprio vero che, alla fine, tutti i nodi vengono al pettine! :-)
Vedi, Maltese? Nell'articolo di Alessandro M. Caprettini vengono menzionate la Chiesa italiana e la Cei in ordine agli sgravi fiscali, MAI IL VATICANO!
Vede che quando si studia e si lascia a casa l'idelogia si tirano fuori articoli con i fiocchi
?
R.

11 commenti:

brustef1 ha detto...

Ha ragione Maltese: c'è un limite a tutto e molte cose non si possono assolutamente perdonare al cardinale Ruini, soprattutto l'aver celebrato il matrimonio di Prodi.

mariateresa ha detto...

Cara Raffaella , l'articolo fa parte di un kit ormai diffuso in certe redazioni per battere sul chiodo che la "casta" non è solo dei politici. C'è la consueta confusione tra Chiesa italiana e Vaticano, come noti giustamente tu , la solita roba già detta e stradetta, persino l'ambizione di non apparire troppo anticlericali, la diagnosi veramente curiosa e suggestiva che ho sentito ripetere spesso dopo il referenduma sulla procreazione assisstita e cioè che la Chiesa aveva vinto perché ha l'8 per mille.
C'è il ghigno saputo e sicuro di sé che dice, state attenti, la Chiesa appare trionfante ma confonde la forza con il consenso, ecc. Che la Chiesa italiana, a ragione o a torto, goda di consenso in Italia tutti i ricercatori seri lo dicono, è una delle poche istituzioni, insieme alla Presidenza della Repubblica, che tiene ancora insieme questo sgangherato paese. Che la cosa faccia diventare verde Maltese, non cambia il fatto che sia così; si sente anche una malcelata invidia per Ruini e tutto il lavoro grande che ha fatto per la Chiesa italiana e per le sue capacità di amministratore. Non è colpa sua se è stato abile ed efficace, non è colpa sua se in campo politico siamo invece abituato ad indegne mezze calzette.
Ma cari amici del blog, non irritatevi per questo articolo che non contiene veramente niente di nuovo, anzi è giusto rispondere e spero proprio che Avvenire lo faccia, non gli mancano certo i giornalisti validi. Bisogna sempre rispondere secondo me e mai dribblare le domande.
Vi prego di leggere bene i nomi di coloro che hanno collaborato alla stesura dell'articolo:Carlo Pontesilli e Maurizio Turco. Sono due creature radicali. Maurizio Turco, tra i radicali è lo specialista sulle questioni di Chiesa, grande sponsor e attivista per il documentario della BBC sulla pedofilia e altre benemerenze. Pontesilli è invece un fiscalista che viene spesso intervistato da Radio radicale sempre sull'ICI alla Chiesa e altre ingiustizie . Quindi Maltese, legittimamente , per carità ,si è servito di due radicali, almeno 1 sicuro, l'altro che nuota in quell'area, e per un servizio su quanto costa la Chiesa ripreso in prima pagina. Chiara l'aria che tira?
Ne sono stati intervistati di fiscalisti sulla questione dell'ICI alla Chiesa, anche i più famosi, , anche poco tempo fa, ma guarda te, Repubblica usa proprio questo qui. E quel fine e obiettivo osservatore di cose di Chiesa che è Maurizio Turco, europarlamentare e anticlericale in servizio permanente effettivo.
Vedi che ad ascoltare Radio radicale si impara sempre qualcosa, Raffaella? Anche se dopo mi vengono le macchie rosse sulla pelle, si imparano tante cose…

Anonimo ha detto...

Grazie carissima :))

Anonimo ha detto...

Ciao Raffaella, complimenti per l'intervento che abbiamo riproposto sull'edizione quotidiana di Papaboys. Non se ne puo' piu' di questi 'laicisti' esasperati e della campagna quotidiana contro il Papa e contro la Chiesa. Speriamo di poter unire le forze ed alzare un po' di piu' la voce. Ci mandi una tua mail, please, la nostra è redazione@papaboys.it . Qui trovi il commento che abbiamo inserito:
http://www.papaboys.it/news/read.asp?id=500

Anonimo ha detto...

Grazie, sara' mia cura contattarvi presto :-)

Anonimo ha detto...

Cara Mariateresa, tu consigli di non irritarci. Hai ragione. Però ti devo dire che, almeno personalmente, provo uno sconforto indicibile. Ultimamente tra calunnie, ribellioni contro il Motu Proprio soprattutto all'interno della Chiesa, articoli ignobili, prese di posizione discutibili anche da parte di alcuni militanti cattolici, davvero ne abbiamo le tasche piene. Personalmente provo la tristezza di non poter far nulla per aiutare l'amato Benedetto. Davvero: vorrei aiutarlo ma non so cosa fare. E mi fa una pena immensa!
Alby

Anonimo ha detto...

Io penso che uno dei mali dell'Italia è che abbiamo troppi giornalisti per cui anche i somari scrivono. Una volta Mattia Feltri raccontò di come andarono le cose all'esame da giornalista: "...il commissario uscì e tutti copiammo". Certo che tagliare le sovvenzioni statli alla stampa sarebbe un risparmio per i costi della politica. Mentre il papa lo si potrebbe mandare ad Avignone, così i pellegrini la smetterebbero di spendere soldi in Italia.Cordiali saluti, Eufemia Budicin

Anonimo ha detto...

io sono dell'avviso che non è giusto vi siano due pesi e due misure. Non trattiamo la Chiesa come Stato (quale è il Vaticano) che ottiene agevolazioni fiscali ecc ecc (ma mi chiedo... il concordato è con lo stato del Vaticano o con la Chiesa?), ma mi pare sia proprio la Chiesa che ogni giorno interviene criticando le politiche degli Stati(ovvero ingerenza politica).
Invece di criticare utilizzi tutti i mezzi per diffondere e rafforzare la fede.....
Io ho sempre creduto che il Signore andò al mercato e si infuriò per la mercimonia... mi pare che oggi banchetti e bancherelle e soldi e soldini siano all'ordine del giorno anche in Vaticano, anche ove la Chiesa opera...
Magari saremo tutti dei poveri San Tommaso - ribadisco poveri in tutti i sensi, anche nell'accezione della pietà cristiana - però io amo la trasparenza e oggi ne vedo sempre meno, anche dove l'unica cosa a portare avanti la quotidianità dovrebbe essere una grande Fede.
Ho una grande stima per chi fa il missionario e non ha bisogno di tiare anelli e ornamenti dorati, per realizzare la propria vocazione.

Probabilmente, nello stile, questo mio post sarà censurato.
Tipico....
Roberta

Anonimo ha detto...

Vengono censurati solo i post che offendono il Papa o danno degli idioti a chi scrive in questo blog ;-)
Chiaro?
Detto questo, mi piacerebbe che ci fosse meno retorica nel trattare certi temi. E' vero o non e' vero che la Chiesa Cattolica e' l'unica organizzazione a prendersi cura di mense dei poveri e centri di repupero?
E' vero o non e' vero che, dove lo stato latita, ci pensa la Chiesa a metterci una pezza? E' vero o no che l'unita' d'Italia, e Roma capitale, si e' fatta anche inglobando i beni ecclesiastici?
Ingerenza...eh si'! Peccato che il Papa e la Chiesa debbano stare zitti quando difendono certi valori e parlare quando sembrano cimentarsi in discorsi da no-global...
R.

Anonimo ha detto...

Paolo VI un giorno ringraziò l'Italia per aver liberato la Chiesa, grazie alla breccia di porta pia, dalla mondanità che l'opprimeva. Quindi evitiamo di dire che l'Italia è stata fatta con i beni ecclesiastici, ormai non ci crede più nessuno

Anonimo ha detto...

allora ringraziamo per il concordato e non minacciamo un giorno sì e l'altro pure di abolirlo