14 aprile 2008

Intervista al cardinale Cordero Lanza di Montezemolo: "Quella basilica dove san Paolo continua a parlare" (Osservatore Romano)


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Intervista al cardinale Cordero Lanza di Montezemolo

Quella basilica dove san Paolo continua a parlare

di Giampaolo Mattei

Il mandato del Papa è di ridare al complesso di San Paolo fuori le Mura l'ispirazione dell'apostolo delle genti. In una parola, basilica e abbazia insieme devono essere icona di Paolo di Tarso. Tra settantacinque giorni il Papa aprirà l'anno paolino, pensato non come semplice anniversario dei duemila anni della nascita dell'apostolo, ma come occasione per riscoprirne l'attualità e anche per imprimere un nuovo slancio al dialogo ecumenico. Il cuore di questo anno speciale sarà proprio la basilica di San Paolo. In questa intervista a "L'Osservatore Romano" il cardinale arciprete Andrea Cordero Lanza di Montezemolo fa il punto sull'anno paolino e, più in generale, sui passi avanti della programmazione per il rilancio delle attività che ruotano intorno alla basilica.

Il Papa è stato chiaro: San Paolo fuori le Mura deve tornare allo splendore delle origini.

Sì, è questo il preciso mandato che ci ha affidato. Nel 2002 Giovanni Paolo II mi ha incaricato di preparare uno studio per riordinare questo complesso. Con una commissione speciale, nominata dalla Segreteria di Stato, abbiamo studiato per due anni, coinvolgendo anche esperti del Governatorato, dei Musei Vaticani, dell'Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica. Nel 2003 abbiamo presentato al Papa un progetto. Poi Benedetto XVI ha ripreso in mano la questione e ha promulgato il motu proprio (31 maggio 2005) per la basilica e il complesso extraterritoriale, seguito anche da uno statuto (11 novembre), provvedendo poi alla mia nomina come primo arciprete. Da questa serie di fatti è evidente quanto al Papa stia a cuore San Paolo.

Il Papa, dunque, ha inviato un medico a curare un malato.

Il complesso di San Paolo è un essere vivente che ha conosciuto vicissitudini tremende, come il grande incendio del 1823. In tempi recenti il complesso per tanti motivi - inclusi i Patti Lateranensi che hanno tagliato alcune proprietà e hanno ridefinito un'area abbastanza limitata - ha conosciuto un soffocamento, una diminuzione di attività e vitalità. Per questo il Papa è intervenuto.

Quali sono le terapie più urgenti?

Si tratta di creare, correggere, completare e regolare tutti i servizi della basilica. L'architetto Poletti, dopo l'incendio del 1823, ha ricostruito la basilica con grandiosità. Ma non ha previsto i tanti servizi necessari per una struttura così imponente. Oggi se si vuole rispondere realmente al mandato del Papa di rivitalizzare la basilica bisogna trovare spazi per questi servizi. Abbiamo studiato ogni possibilità nei limiti dell'area extraterritoriale prevista dai Patti Lateranensi.

E qual è la soluzione?

Sul lato destro della basilica c'è il territorio italiano e non possiamo ovviamente costruire nulla. Ma sulla sinistra c'è la possibilità. I monaci hanno messo a disposizione una striscia di trenta metri di terreno dove possiamo costruire un edificio che, finalmente, ospiti tutti i servizi indispensabili. È un'esigenza improrogabile per poter ridare vita a San Paolo.

Che cosa ospiterà il nuovo edificio?

Tutto, perché qui a dispetto della grandezza della basilica non abbiamo neppure un piccolo ripostiglio. Nel nuovo edificio ci sarà anche un centro di pronto soccorso, un centro di accoglienza per i pellegrini e un punto di ristoro: ora non c'è nulla del genere. Infine gli uffici dell'arciprete, che si trovano adesso in uno spazio prestato dall'abbazia.

Il nuovo edificio sarà pronto per l'anno paolino?

No, per l'anno paolino riusciremo solo a fare poche cose ma essenziali. Purtroppo non siamo riusciti neppure a iniziare i lavori per il nuovo edificio perché sono sorte improvvise difficoltà in seguito a scavi archeologici.

Si può trovare una soluzione?

Certamente. Con buon senso possiamo trovare una soluzione logica comune che vada incontro alle esigenze degli archeologi e a quelle della vitalità del complesso di San Paolo oggi. Presto avrò alcuni incontri per studiare la questione e presentarla al Papa.

Che cosa si può fare concretamente?

Non possiamo a priori rinunciare a un centro di servizi che è fondamentale. Comprendiamo e rispettiamo le esigenze degli archeologi e le regole dell'archeologia. Ma non si può bloccare senza appello il progetto e impedire che vengano presi provvedimenti urgentissimi.

Che cosa è stato trovato negli scavi?

Sono state trovate, in particolare, le basi di alcune colonne di un convento femminile. Possiamo certamente e ben volentieri renderle visibili nel nuovo edificio, come abbiamo fatto con l'abside dell'antica basilica proprio davanti alla tomba di Paolo. Ma non si può pretendere di fermare tutto per ricostruire oggi una veduta del Seicento.

Quali sono stati i passi avanti già compiuti per ridare vita al complesso?

Ci sono stati grandi miglioramenti nella vita della basilica e dell'abbazia. Da una parte i lavori intorno alla tomba di san Paolo per renderla visibile e dall'altra i primi passi per assicurare un'accoglienza migliore ai pellegrini. Si lavora in completo accordo con l'abate. Da tredici secoli a San Paolo c'è, infatti, l'abbazia dei monaci benedettini della congregazione cassinese. C'è una simbiosi, una profonda unità tra basilica e abbazia.

Il punto focale è la tomba di san Paolo.

Sì, la tomba di Paolo non si vedeva, era protetta da un antico muro (IV-V secolo) che la difendeva dalle frequenti inondazioni del vicino Tevere. Abbiamo dato visibilità a un fianco del sarcofago. Un fatto che sta suscitando una forte emozione nei pellegrini.

In questa opera di rinnovamento si inserisce l'anno paolino.

L'anno paolino facilita ma rende anche più impegnativo il nostro lavoro. Sta suscitando tantissimo entusiasmo: raccogliamo ogni giorno un'infinità di prenotazioni, anche di non cattolici. E già ora vediamo che i pellegrini stanno aumentando e superano i quattromila al giorno.

Quali saranno i segni caratteristici in basilica?

Il Papa aprirà la porta paolina la sera del 28 giugno. Non è una porta santa perché l'anno paolino non è un anno santo. Abbiamo pensato che una delle cinque porte d'ingresso potesse assumere un valore simbolico. Abbiamo scelto quella simmetrica alla porta santa - che resterà murata - cioè la seconda da sinistra. È una semplicissima porta di legno. Accanto sarà collocato un braciere che sarà alimentato dalle fiammelle accese dai pellegrini e custodito dai monaci.

Come si presenterà la basilica ai pellegrini?

Con la veste migliore possibile: i lavori di restauro sono compiuti con grande competenza. Stiamo finendo la pulitura del quadriportico e del chiostro. Abbiamo restaurato il trono papale e ora si sta lavorando al baldacchino di Arnolfo di Cambio che copre l'altare papale e la tomba di Paolo. È stata rifatta e migliorata l'illuminazione del transetto. Abbiamo risistemato il pavimento marmoreo del transetto e dell'abside. Un lavoro che ci ha consentito anche di scoprire un'altra dimensione ecumenica della basilica: infatti i marmi provengono da circa trenta cave diverse, sparse nel mondo.

Quali saranno le iniziative principali dell'anno paolino?

La basilica avrà un ruolo centrale e privilegiato, ma non tutte le iniziative si devono concentrare qui. È importante che il fervore spirituale si viva in tutto il mondo. Per quanto ci riguarda, stiamo predisponendo iniziative di vario genere: celebrazioni, pellegrinaggi, convegni di studio, testimonianze, esposizioni, concerti.

Quali sono gli obiettivi?

Benedetto XVI ha indicato due punti fondamentali. Innanzitutto far conoscere meglio san Paolo. Poi pregare e operare per l'unità dei cristiani. La basilica ha una particolare vocazione ecumenica. Con queste indicazioni del Papa cerchiamo di portare avanti con entusiasmo e vigore il mandato di ridare vita all'intero complesso.

(©L'Osservatore Romano - 13 aprile 2008)

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