14 aprile 2008
John Allen: «La Chiesa americana ha un ruolo centrale che in Europa ha perso» (Bobbio)
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«La Chiesa americana ha un ruolo centrale che in Europa ha perso»
Il vaticanista della Cnn, John Allen: «C'è grande attesa e curiosità per il viaggio del Papa in Usa». Domani il volo
Alberto Bobbio
Roma «Gli americani lo attendono con curiosità, qualcuno dice addirittura che Benedetto XVI va negli Stati Uniti per aggiungere al suo profilo di intellettuale anche un'immagine più adatta al mercato americano. Insomma un'immagine e un linguaggio dotato di maggior carisma».
John Allen, vaticanista del «Nation catholic reporter», della Cnn e della «Nation public radio», autore di libri sulla Chiesa cattolica e il papato, di articoli per il «New York Times», il «Boston Globe» e il prestigioso settimanale «The Nation» è uno di quelli che non scrivono mai cose banali. Osservatore attento e cliccatissimo su internet, cerca di spiegare il Vaticano agli Stati Uniti e gli Stati Uniti alla Chiesa. È arrivato ieri da New York e riparte domani con il volo papale per Washington insieme a 69 giornalisti di tutto il mondo.
Allen, quale Chiesa trova il Papa?
«Una Chiesa enorme, circa settanta milioni di fedeli, un quarto della popolazione, che sta rapidamente cambiando. Oggi i latinos di lingua spagnola rappresentano il 39 per cento dei fedeli Usa. Nel 2050 saranno più della metà. Dunque una Chiesa ormai bilingue. Ma anche una Chiesa divisa tra cattolici progressisti e conservatori, con una contrapposizione ideologica forte che produce grandi ferite. I cattolici progressisti sono più progressisti dei progressisti e i cattolici conservatori più conservatori dei conservatori. La Chiesa riflette l'immagine di una società americana molto divisa».
La Conferenza episcopale fatica a governare?
«Ha molte difficoltà, ma si sta riprendendo dopo lo scandalo degli abusi sessuali».
La crisi è superata?
«Non del tutto. Le ferite che ha lasciato sono molto profonde e ci vorranno decenni per rimarginarle tutte. I vescovi pensano che una mano la possono dare i nuovi fedeli di lingua spagnola, che sono meno divisi tra loro che i cattolici di lingua inglese. Ma c'è anche il fatto positivo che durante lo scandalo non sono diminuiti né i contributi finanziati, né la frequenza alla Messa. Vuol dire che i fedeli credono alla Parola di Dio, anche se non sempre seguono gli insegnamenti del Papa».
Tuttavia negli ultimi tempi la Santa sede e anche il Papa guardano al modello americano come buon esempio di ruolo pubblico della fede.
«C'è stato negli ultimi dieci anni un cambiamento del Vaticano nei confronti degli Stati Uniti. Prima l'atteggiamento era negativo. Eravamo visti come un Paese spalmato di tradizione calvinista intrecciata con lo spirito dei cowboy, che produceva dunque un capitalismo selvaggio, dove la Chiesa cattolica aveva solo una tradizione sociale, quasi filantropica, di aiuto ai poveri, che restano ai margini del grande banchetto americano. Adesso si riflette finalmente sul ruolo pubblico delle fede e delle religioni negli Stati Uniti. La nostra società è secolarizzata e moderna, ma non può fare a meno della voce pubblica delle religioni. Ed è quello che in Europa è stato perso».
Il 27 per cento dei membri del Congresso è cattolico. È una cifra importante?
«Enorme. Ma non fanno blocco. Insomma non ci sarà mai una Dc americana. Ma permettono che si discuta dei valori cattolici nella formazione delle leggi, anche se magari poi non tutti seguono gli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa».
Nella competizione elettorale dove si mettono i cattolici?
«I vescovi Usa dicono di essere fortunati perché non c'è un candidato cattolico. I sondaggi spiegano che i cattolici democratici votano per Hillary. Anzi, l'unico motivo per cui la signora Clinton non è stata già espulsa dalla competizione è il voto dei cattolici. A novembre i cattolici si divideranno. Ma il voto cattolico è fondamentale sia per repubblicani che per democratici. McCain ha creato un comitato dove ci sono dentro tutti, ma proprio tutti, i più noti cattolici conservatori americani. Obama ha costituito la "National caolization catholic for Obama", Hillary ha un "advisor" cattolico, cioè un consigliere, molto ascoltato. La battaglia sul voto cattolico a novembre sarà decisiva».
Quanto conterà il viaggio papale nella competizione elettorale?
«Molto più di quanto è nelle intenzioni del Papa e della Santa sede. Ognuno lo sfrutterà dal punto di vista politico».
Cosa sanno gli americani di Benedetto XVI?
«Quasi niente, nonostante abbia venduto un milione di libri. I sondaggi dicono che l'ottanta per cento degli americani e il 47 per cento dei cattolici non sa nulla del Papa. I media americani hanno raccontato solo la polemica con i musulmani dopo Ratisbona».
Di chi è la colpa? Della Chiesa o dei media?
«Di tutti. La Chiesa per 26 anni non si è posta il problema della comunicazione. C'era Giovanni Paolo II e i suoi gesti. Agli americani bastavano. E ora è indietro. I media voglio immagini. Ma Benedetto XVI non concede quasi nulla e usa le parole. Un intellettuale in America non si vende facilmente».
C'è anche un problema di cultura?
«Sì. Ratzinger proviene da una cultura europea che gli americani non conoscono. Propone ragionamenti profondi, ricchi, interessanti. Ma bisogna decidere di ascoltarli e studiarli. Insomma bisogna decidere di fare un po' di fatica. E gli americani hanno su questo piano una propensione abbastanza scarsa».
Come lo attendono in questi giorni?
«Con grande curiosità. Soprattutto le televisioni. Il Papa sa che negli Usa deve vincere la sfida del linguaggio. Non è facile trovare un linguaggio accessibile agli americani».
© Copyright L'Eco di Bergamo, 14 aprile 2008
Verissimo cio' che dice Allen!
Per conoscere bene Benedetto XVI occorre fare uno sforzo e leggere e studiare.
I mezzi ci sono, basta cercarli.
I media sono molto indietro rispetto al linguaggio del Papa, linguagio che non riescono a comprendere.
Come hanno detto in molti: Benedetto XVI e' un enigma per i stampa e tv perche' viene trattato male ma cio' non fa altro che aumentare l'affetto dei Cattolici nei suoi confronti.
Coraggio! Ci vuole un po' di sforzo ma e' la parola che penetra nelle menti e nei cuori. Le mere immagini passano...
R.
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1 commento:
John Allen, forse per farsi perdonare il libro che scrisse sul card. Ratzinger, migliora col tempo come il vino.Comunque i giornalisti americani, in genere, sono diventati più obiettivi. Cordiali saluti, Eufemia
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