23 aprile 2008

Lo sviluppo responsabile che piace al Papa: la globalizzazione nella nuova enciclica (Gentili)


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ENCICLICA IN ARRIVO

Lo sviluppo responsabile che piace al Papa

Benedetto XVI sta per affrontare di nuovo il tema del controllo della globalizzazione

di Guido Gentili

La terza Enciclica (la pubblicazione è imminente) di Benedetto XVI, dedicata alla globalizzazione e ai temi sociali, entrerà a pieno titolo nel confronto sulle politiche più idonee per sottrarre il mondo alla recessione e favorire uno sviluppo che strappi alla fame oltre tre miliardi di persone che vivono con uno o al massimo due dollari al giorno.
Il Papa è appena tornato dagli Usa, il Paese capitalista per eccellenza e dal quale è partita la crisi che ha investito il pianeta.
L'Enciclica era già pronta prima delle elezioni italiane e del viaggio americano, ma è chiaro che questo è stato occasione per sondare gli umori di un Paese dove si raccoglie anche la comunità internazionale finanziaria, a partire dalla Banca mondiale e dal Fondo monetario. Un quadro di grande preoccupazione (oggi pragmaticamente condiviso con banchieri e uomini d'impresa) fa così da sfondo a un documento che arriva 40 anni dopo la Populorum progressio e 17 dopo la Centesimus annus di Giovanni Paolo II, in cui l'economia di "mercato" è definita come l'economia "libera",«la cui radice è la libertàdella persona». Dunque, "diritto alla libertà" ma anche «dovere di fare un uso responsabile di essa».
La globalizzazione dei mercati, nel frattempo, ha raggiunto livelli impensabili. E mostra, in uno sviluppo diseguale, crepe laceranti sul piano sociale. Inevitabile che la Chiesa torni a rifletterci su. «Il profitto è naturalmente legittimo nella giusta misura, è necessario allo sviluppo economico; ma il capitalismo non va considerato come l'unico modello valido di organizzazione economica», aveva detto qualche mese fa il Papa. È la "governance etica", più che il sistema in sé stesso, a non funzionare come dovrebbe. Se manca il rispetto della dignità della persona, la crescita è minata alle radici. Sul nuovo «Osservatore Romano» diretto da Giovanni Maria Vian si sta sviluppando un dibattito interessante sulla crisi attuale. Ettore Gotti Tedeschi (banchiere ed economista) mette l'accento sulla "visione opportunistica a breve termine", la "mancanza di controllo responsabile", l'affermazione di un'etica " relativistica". Il pensiero morale, spiega, «deve invece diventare un valore strategico o meglio un vero e proprio vantaggio competitivo per il vero sviluppo economico ». Simona Beretta (economista) nota che «nessun meccanicismo salverà la finanza internazionale», che comunque abbiamo bisogno della finanza come ponte tra "presente e futuro" ma che sono da «combattere le strutture che portano alla ricerca esasperata del profitto e del potere a ogni costo, sia nel mercato, sia nelle istituzioni di regolazione ».
GianPaolo Salvini, direttore della rivista gesuita «Civiltà Cattolica», critica i Paesi europei e gli Usa che «hanno messo in piedi un costosissimo e complicato sistema di sovvenzioni ai propri agricoltori».
Sono analisi per nulla polverose e, al contrario, assai pertinenti in un confronto non scandito da vecchie contrapposizioni ideologiche. Confronto aperto al quale la Chiesa non si sottrae. «Dico sì al nucleare in Italia e se c'è un referendum sul tema vado subito a votare. L'Italia ha fatto scelte pessime per l'energia, rifiutando il nucleare pacifico, ma poi compra energia dalla Francia, che la produce per il 75% con il nucleare».
Lo ha detto il cardinale Martino, presidente del Pontificio Consiglio. Come dargli torto?

© Copyright Il Sole 24 Ore, 22 aprile 2008

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