23 aprile 2008

Ratzinger conquista l'islam moderato ma spiazza l'America (Sasinini)


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Ratzinger conquista l'islam moderato ma spiazza l'America

di GUGLIELMO SASININI

Chi pronosticava che il viaggio di Papa Ratzinger negli Stati Uniti si sarebbe svolto in un algido clima diplomatico è stato clamorosamente smentito dal susseguirsi di gesti concreti, dagli inaspettati fuori copione, dagli atti simbolici di enorme significato. I risultati della missione di Benedetto XVI li vedremo a breve e a medio termine. Se il sentimento popolare americano è rimasto profondamente incantato, quello politico ha subito un vero choc per come il Papa ha affrontato espliciatamente la globalità dei problemi che affliggono la comunità mondiale, a partire dalla questione dell'integralismo islamico.

Truppe in Iraq

Il Pontefice non ha speso una parola in favore del ritiro delle truppe americane impegnate in Iraq, non ha fatto alcun riferimento alla politica estera e a quella della sicurezza di George W. Bush, anzi ha legittimato il diritto all'ingerenza della comunità internazionale «con tutti i mezzi giuridici previsti nello Statuto delle Nazioni Unite e con altri strumenti internazionali sulla base del principio sovrano che ogni Stato ha il dovere primario di proteggere la propria popolazione. L'indifferenza o la mancanza di intervento recano un danno reale». Ratzinger si è ispirato al domenicano Francisco de Vitoria, per coniugare il moderno principio dell'interventismo con la «responsabilità di proteggere, che deve essere condivisa da tutte le nazioni ed è alla base di un ordine mondiale il cui compito è quello di regolare i rapporti fra popoli e garantire la libertà, a partire da quella religiosa».

Il Dio della pace

Il messaggio è giunto forte e chiaro al versante musulmano, per la prima volta il sovrano saudita Addullah ha definito fratelli i cristiani e gli ebrei e il Custode della Mecca ha invitato i non musulmani nella Terra santa del Profeta. Non era mai successo. Il Pontefice a lungo accusato di islamofobia ha toccato le corde più sensibili dell'Islam al punto che 138 saggi musulmani gli hanno consegnato una lettera esprimendo il desiderio di armonia e sottolineando che i leader islamici «hanno il dovere di mostrare il meglio della fede, perché l'Islam deve essere fonte di riconciliazione e non di violenza».
Il pontificato di Benedetto XVI si pone a sostegno della riforma islamica, Ratzinger si offre come il partner globale che non si sottrae a nessun problema. Lo hanno compreso perfettamente Akbar Ahmed, che detiene la cattedra Ibn Khaldun a Washington, l'iraniano Hossein Nasr, Daisy Khan dell'American Society for Muslim Advancement, e persino l'imam sciita Hassan Qazwini che ha invitato il Papa in Iraq per incontrare l'ayatollah Ali al Sistani il leader religioso che ogni giorno tuona contro il massacro della comunità cristiana irachena da parte di Al Qaeda e denuncia gli attacchi terroristici compiuti nel nome di Allah. Il presidente Bush ha quindi annunciato la nomina a capo della Conferenza islamica di Sada Cumber, musulmano pachistano di confessione ismailita la setta sciita da sempre perseguitata dagli integralisti. Un segnale inequivocabile a Iran e Arabia Saudita che dominano la Conferenza islamica. Il Papa teologo nell'ultima omelia a Ground Zero ha letto una preghiera di 45 righe invocando la compassione dell'Onnipotente per l'umanità colpita da tanta incredibile violenza e dolore e ha scandito la richiesta di conversione dei terroristi: «Dio della pace volgi verso il tuo cammino coloro che hanno il cuore e la mente consumati dall'odio». Il Dio della pace, appunto, e non quello della guerra invocato dai fanatici della jihad. Benedetto XVI ha seminato germogli profondi in terra americana, nei colloqui riservati col presidente Bush e con Cheney ha più volte affrontato l'argomento della minaccia proveniente da Teheran informandosi anche sulla situazione del nucleare iraniano.

L'Olocausto

L'offerta di dialogo rivolta all'Islam moderato, l'esortazione a creare un fronte comune in grado di isolare la deriva integralista, sono le formidabili armi che il Papa ha messo a disposizione degli Stati Uniti. Una profonda spaccatura ideologico-religiosa all'interno del mondo islamico toglierebbe ogni alibi ai predicatori della guerra santa, li metterebbe all'angolo senza che gli Stati Uniti siano costretti ad un intervento militare che nessuno si augura, a partire da Bush che sembra più propenso a rinviare la patata bollente al prossimo inquilino della Casa Bianca. Prima del congedo dagli Stati Uniti, in occasione della messa celebrata allo Yankee Stadium davanti a 60.000 persone Ratzinger ha fatto un imprevisto quanto forte riferimento all'Olocausto e in un passaggio ha ricordato che l'America liberò l'Europa dal nazismo. Un accostamento il cui senso probabilmente non è stato colto dai ragazzi delle rock band cristiane che con le loro musiche hanno salutato il Papa, ma che è stato perfettamente compreso dagli uomini di Bush e dagli spettatori più anziani molti dei quali inchinando la testa hanno iniziato a pregare sommessamente.

© Copyright Libero, 22 aprile 2008

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