23 aprile 2008
Le parole "americane" del Papa riguardano anche noi Europei (Cardia)
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SINTONIA CON LA VITA REALE
LE PAROLE AMERICANE RIGUARDANO ANCHE NOI EUROPEI
CARLO CARDIA
Nella sua visita negli Stati Uniti Benedetto XVI ha saputo parlare a tutti. All’America delle tante religioni, agli eroi e alle vittime della sua storia, alla massima assise dei popoli e agli uomini di fede incontrati, agli scienziati, al mondo intero.
È stato compreso da tutti, al punto che neanche è riuscito il tentativo, frequente in questi casi, di interpretare i suoi interventi in chiave politica o di schieramento.
Da dove viene questa capacità di sapersi mettere in sintonia con la vita reale della gente e insieme con i problemi più ardui che l’intelligenza umana deve affrontare? È una domanda che merita qualche riflessione perché il respiro universale del magistero pontificio cresce proprio quando i problemi dell’umanità si fanno più difficili. Una fonte primaria sta nell’insegnamento sui diritti umani che, da sempre nel dna della Chiesa, si è sviluppato nell’epoca moderna prescindendo dalle collocazioni ideologiche, politiche, geografiche dei popoli. Dopo la notte del totalitarismo molti capirono, con le parole di Hannah Arendt, che l’umanità aveva bisogno di un decalogo che riscattasse la dignità della persona, di un nuovo Sinai valido per tutti.
Benedetto XVI ha saputo parlare all’Onu dei comandamenti scritti nel cuore dell’uomo, senza offendere nessuno, ma senza dimenticare nessuno.
Un’altra motivazione sta nel fatto che la Chiesa, insieme alle potenzialità della modernità, ha saputo scorgere prima di altri quel male sottile del relativismo che ha eroso la coscienza lungo il Novecento e che vorrebbe oggi trionfare. Concepito inizialmente per allargare la sfera degli interessi individuali, si è trasformato con il tempo in un’arma micidiale: che relativizza i diritti della persona, subordinandoli al contesto geopolitico o alle tradizioni locali. Così facendo, però, ha finito per mortificare il nucleo più intimo della persona umana che può avere molto se nasce privilegiata, ma deve accontentarsi di poco se la sorte non è fortunata, di niente se nasce in luoghi dimenticati da tutti. Diverremmo fuscelli in balia delle circostanze.
Per Benedetto XVI l’essere umano ha gli stessi diritti in qualunque parte del mondo si trovi, e se li vede violati, ha diritto all’aiuto e al sostegno degli altri. In questa universalità, in questo abbraccio con l’umanità intera sta la condanna vera di un relativismo che corre il rischio di macchiare e soffocare la modernità.
A guardare più a fondo, però, la capacità del Papa nel saper parlare a tutti ha origine in quella misura evangelica che guarda alla persona umana come a qualcosa di prezioso e unico, cui è dedicata la missione stessa della Chiesa, a qualcosa nella quale la sofferenza si unisce alla profondità spirituale che può fare le cose più grandi.
Solo nella parola evangelica trova ragione l’annuncio di una nuova Pentecoste per un mondo che ne ha bisogno. Se mancasse questa prospettiva, se non ci fosse questo fondamento, si userebbe un altro linguaggio, magari saggio ma privo della forza dello spirito che sa farsi capire da chiunque.
Tante cose hanno stupito l’America.
La scelta del Papa di incontrare le vittime di tremendi abusi, con umiltà e parole di speranza, senza nascondere le colpe o cercare giustificazioni.
Le parole rivolte ai rappresentanti dei popoli, ai quali ha ricordato che la libertà religiosa non ha confini, che la religione non divide gli uomini ma può unirli, perché Dio è forza interiore non coercizione esteriore.
L’elogio della laicità americana, da noi spesso stravolta o ignorata, che rispetta nel privato e nel pubblico la fede di ciascuno, la incoraggia perché sia fermento di cultura e di azione per il bene comune. La preghiera perché i terroristi si convertano.
Non si può fare oggi il bilancio di un viaggio così ricco. Però si può dire che ciò che ha detto Benedetto XVI riguarda anche noi, la nostra realtà italiana ed europea.
Viviamo una fase storica nella quale abbiamo minori certezze quanto a benessere e produzione di ricchezza. Ma non comprendiamo ancora che l’incertezza può divenire angoscia se non riusciamo a recuperare l’amore per l’uomo e per quei valori che possono salvarlo, il rispetto della vita, la cura della famiglia e dei giovani, l’aiuto ai più deboli ovunque si trovino. Di tutto questo ha parlato il Papa anche per noi che non stiamo in America.
© Copyright Avvenire, 22 aprile 2008
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