1 luglio 2008

L'ecumenismo di Papa Ratzinger: gesti senza precedenti nei due giorni inaugurali dell’An­no Paolino (Mazza)


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L’ECUMENISMO DI PAPA RATZINGER

ALLA SCUOLA DI PAOLO GESTI SENZA UGUALI

SALVATORE MAZZA

A memoria, la concentrazione di ge­sti ecumenici, ai quali abbiamo as­sistito nei due giorni inaugurali dell’An­no Paolino, non ha precedenti. Nulla di inedito, forse. Ma certo hanno impres­sionato la loro quantità e, più ancora, qualità. E se indubbiamente una ribalta affatto speciale è spettata al Patriarca e­cumenico di Costantinopoli Bartolomeo I – fino all’intensa emozione della bene­dizione co-impartita domenica col Papa – nessuno, per così dire, è rimasto al di qua della porta paolina. Perché nella processione che sabato l’ha varcata, quella porta di San Paolo Fuori le Mura 'inventata' per l’occasione, c’erano tut­ti. Ma proprio tutti: Chiese d’Oriente e d’Occidente, Anglicani e Riformati. Non mancava nessuno.
Ripensando a tutto questo, sono due le ri­flessioni che, quasi con prepotenza, si im­pongono. La prima riguarda direttamen­te l’evento che ha fatto da scintilla al ra­dunarsi di tutte le denominazioni cristia­ne attorno alla tomba dell’Apostolo delle Genti. «Siamo riuniti non per riflettere su una storia passata, irrevocabilmente su­perata – ha detto il Papa durante i Vespri inaugurali di sabato scorso – Paolo vuole parlare con noi, oggi. Per questo ho volu­to indire questo speciale 'Anno Paolino': per ascoltarlo e per apprendere ora da lui, quale nostro maestro, 'la fede e la verità', in cui sono radicate le ragioni dell’unità tra i disce­poli di Cristo » . Ra­gioni davvero forti e, come ha intuito Be­nedetto XVI nel vo­ler accentuare que­sta impronta ecu­menica, largamente condivise, vista la ri­sposta arrivata dalla altre Chiese cristia­ne. Da valutare non solo registrando il me­ro dato della loro presenza compatta ma, soprattutto, avendo presente la straordi­naria varietà di iniziative ecumeniche che, come un volano, la sola indizione del­l’Anno Paolino ha già ovunque suscitato. Segno di una 'voglia' di unità, di una 'no­stalgia', che i tanti ostacoli posti su quel­la strada, vecchi e nuovi, piccoli o enormi che possano essere, non riescono co­munque a sopprimere.
La seconda riflessione riguarda invece lo stato delle relazioni ecumeniche al terzo anno da poco trascorso del pontificato di Papa Ratzinger.
Il 20 aprile del 2005, alla prima concelebrazione con i cardinali do­po l’elezione, forse non furono in pochi a ritenere che la sua assunzione come «im­pegno primario » di « lavorare senza ri­sparmio di energie alla ricostituzione del­la piena e visibile unità di tutti i seguaci di Cristo» fosse una sorta di dovuta 'di­chiarazione d’intenti'. O poco più: seria, certo, e sinceramente ritenuta, come dis­se, «sua ambizione... e suo impellente do­vere » , ma su un territorio costellato da troppe mine. Eppure, quello che non si può non constatare a trentotto mesi di distanza, è che il suo essere « cosciente che... (per ricostruire l’unità)... non ba­stano le manifestazioni di buoni senti­menti » è davvero riuscito a tradursi in u­na serie lunghissima di «gesti concreti» capaci di «entrare negli animi e smuove­re le coscienze».

È esattamente quello a cui abbiamo assi­stito. Gesti sorprendenti, come sembrano ormai essere tutti quelli che coinvolgono il Papa e il Patriarca di Costantinopoli – dove certo un ruolo importante gioca la simpatia reciproca instauratasi tra i due fin dal loro primo incontro; o piccoli, o forse solo poco notati, come l’invito al Pri­mate anglicano a inviare a Roma, sabato e domenica scorsi, un proprio rappre­sentante personale, quasi a sottintende­re la preoccupata attenzione con cui se­gue la crisi che sta travagliando, proprio in questi mesi, la Comunione anglicana. Gesti importanti.

Un elenco lunghissimo. E che, in quest’Anno Paolino, sembra de­stinato ad allungarsi di molto.

© Copyright Avvenire, 1° luglio 2008

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