1 luglio 2008
Il messaggio del nuovo cardinale vicario Agostino Vallini alla diocesi: "La Chiesa di Roma deve lavorare per educare alla speranza" (Osservatore)
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Il messaggio del nuovo cardinale vicario Agostino Vallini alla diocesi
La Chiesa di Roma deve lavorare per educare alla speranza
All'indomani della nomina a Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma, domenica 29 giugno, solennità dei santi Pietro e Paolo Apostoli, il cardinale Agostino Vallini ha inviato un messaggio di saluto alla Chiesa dell'Urbe.
Cari fratelli e sorelle della Chiesa di Roma!
Nella Solennità dei Santi Fondatori della Chiesa di Roma, vi saluto con le parole dell'Apostolo Pietro: "Grazia e pace in abbondanza a tutti voi" (1 Pietro, 1, 2).
Come è noto, il Santo Padre Benedetto XVI mi invia a voi come suo Vicario Generale. A Lui, nostro Vescovo, rivolgo il mio primo pensiero per esprimergli sentimenti di intima comunione, di profonda venerazione e di sincera gratitudine per la fiducia che ha voluto riporre in me, quale segno di singolare benevolenza. Alla Persona del Santo Padre, a cui da oggi mi stringono nuovi e più profondi vincoli di unità e di obbedienza, rinnovo la mia incondizionata promessa di fedeltà al suo magistero e alle sue indicazioni pastorali. Il privilegio di lavorare al suo fianco nel servizio alla Chiesa di Roma è da me pienamente avvertito e accresce l'affetto filiale e la responsabilità pastorale.
Saluto devotamente e con spirito di sincera fraternità l'Eminentissimo Cardinale Camillo Ruini, dal 1991 a oggi degnissimo Vicario Generale per la Diocesi di Roma, a cui sono onorato di succedere. Fin da questo primo momento mi è gradito esprimergli la più viva riconoscenza per la esemplare testimonianza di vita, l'intelligenza, la saggezza e la dedizione pastorale con cui ha servito la nostra Chiesa nel corso di tanti anni.
Saluto con gioia tutto il Popolo di Dio che è in Roma: le famiglie, i giovani, gli ammalati, gli anziani, i poveri, le persone sole e, con spirito di cordiale amicizia, quanti vivono nella nostra città, al cui servizio in umile aiuto al Santo Padre sono mandato per l'annuncio del Vangelo e la testimonianza della carità di Cristo. Come pastore e concittadino mi sento vicino, amico e alleato di ogni persona nella promozione e nella difesa dei diritti fondamentali e della dignità di ciascuno.
Un deferente pensiero e distinto ossequio rivolgo al Signor Presidente della Repubblica Italiana, al Governo nazionale, al Signor Sindaco di Roma e a tutte le Autorità civili e militari di ogni ordine e grado, alle quali fin da ora intendo assicurare la mia cordiale e leale collaborazione, nel rispetto delle legittime autonomie, per il perseguimento del bene comune.
All'Arcivescovo Vicegerente, Sua Eccellenza Monsignor Luigi Moretti, e agli Eccellentissimi Vescovi Ausiliari, con i quali condividerò l'esercizio quotidiano del ministero episcopale il mio sincero affetto fraterno. La loro esperienza e la loro collaborazione considero essenziali e con loro desidero condividere in spirito di piena comunione la responsabilità pastorale a noi affidata. Chiedo a loro di introdurmi nella progressiva conoscenza della realtà diocesana.
Un saluto speciale ai sacerdoti, che nei diversi ministeri cooperano all'unica missione. A tutti e a ciascuno la mia ammirazione e la mia stima. Conosco per esperienza personale le gioie intime e profonde del ministero, ma anche le fatiche nel portarlo avanti, la delusione nel sopportarne gli insuccessi, il peso della solitudine e l'amarezza delle ore oscure e pericolose dell'incomprensione. Soprattutto in questi momenti difficili mi piacerebbe essere capace di vicinanza, amicizia e sostegno.
Saluto con venerazione il Capitolo della Papale Basilica Lateranense, grato per l'impegno profuso da sempre nel curare la dignità della liturgia e del culto della Cattedrale del Papa.
Con vivo piacere saluto i diaconi permanenti, i ministri istituiti e tutti gli operatori pastorali laici: riconosco e apprezzo il loro prezioso apporto alla vita pastorale e li incoraggio ad essere perseveranti, per il bene della Chiesa che è in Roma.
Il mio pensiero cordiale va poi alle comunità religiose, di vita attiva e contemplativa, e a tutti i consacrati che a Roma testimoniano la radicalità della vita evangelica e la realtà dei beni celesti. La loro presenza viva ci è necessaria per radicare e consolidare il regno di Cristo.
Rivolgo altresì il mio saluto con particolare affetto ai seminaristi, che con la loro giovinezza e la generosa donazione al Signore ci fanno intravedere con speranza il futuro del nostro presbiterio.
Un saluto molto cordiale intendo indirizzare ancora al Prelato Segretario, ai Responsabili degli uffici e degli altri organismi e ai loro collaboratori, ai Vicari Giudiziali e ai ministri dei Tribunali del Vicariato, ringraziandoli fin da ora per la preziosa opera che prestano ogni giorno nello svolgimento del comune servizio a favore della nostra Diocesi e della città di Roma.
All'Eccellentissimo Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense, al corpo docente e agli studenti, come pure a tutte le istituzioni accademiche e culturali ecclesiastiche, che coltivano e insegnano la sacra dottrina mediante la promozione della ricerca scientifica, il mio deferente saluto e l'apprezzamento sincero per il loro importantissimo servizio ecclesiale. Estendo il mio ossequio a tutte le istituzioni accademiche e culturali civili presenti in Roma, con rispetto per il loro lavoro di studio e di ricerca.
Saluto di cuore le altre Chiese e Comunità cristiane presenti nella nostra Diocesi, con le quali siamo impegnati a ricercare le vie dell'unità perfetta e della piena comunione.
Nell'assumere questo impegnativo ministero, di cui immagino la complessità, avverto un senso di inadeguatezza e di umana trepidazione: per questo mi affido alla Provvidenza di Dio.
L'eredità che sono chiamato a raccogliere è grande. Sono consapevole del singolare rapporto della Chiesa di Roma con il suo Vescovo, il Romano Pontefice, della speciale partecipazione della comunità ecclesiale alla sollecitudine universale del suo Pastore, come pure della immissione del carattere universale del ministero petrino nella costruzione della Chiesa particolare. Né mi sfugge il compito conseguente di "esemplarità" che la Chiesa di Roma, "che presiede nella carità" (Sant'Ignazio di Antiochia, Lettera ai Romani) è chiamata a svolgere verso tutte le altre Chiese sparse nel mondo, come Mater et caput omnium Ecclesiarum. Mi sono presenti, inoltre, le grandi sfide della modernità, che hanno creato in tanti uomini e donne una situazione di smarrimento spirituale, d'incertezza e di paura rispetto al futuro, quali altrettante provocazioni alla Chiesa, perché si impegni a mostrare, con la testimonianza della vita e il fervore apostolico, il volto bello della sposa di Cristo, luogo e scuola di speranza cristiana.
Come ho detto nelle parole di ringraziamento rivolte al Santo Padre all'atto della nomina, se sono motivo di consolazione e di fiducia la coerenza e la testimonianza della vita cristiana e la partecipazione alla missione ecclesiale di tanti fedeli, fa pensare e impegna, sul piano pastorale, la constatazione che tanti battezzati e quanti non hanno ancora ricevuto l'annuncio del Vangelo - e sono tanti - hanno bisogno di chi manifesti loro il mistero di Gesù Cristo, il Signore della vita, proponendo con la luce della parola e il coraggio della testimonianza il messaggio evangelico, perché scoprano o riscoprano le ragioni affascinanti della fede biblica e la gioia di viverla.
Sappiamo bene che una azione pastorale efficace oggi non è facile. Non bastano più gli appuntamenti tradizionali della vita cristiana, se i valori della fede e della morale diventano ininfluenti, sotto la spinta della secolarizzazione e del relativismo etico. Non è sufficiente, come un tempo, curare i cristiani, presupponendone sempre la fede. È necessario che la "buona notizia" sia nuovamente annunciata e accolta come ragione di vita, capace di dare luce e forza di salvezza all'uomo del nostro tempo. Ciò permetterà alle persone che si aprono al Vangelo di stabilire il primato di Dio nella loro esistenza, cioè di avere la visione di Dio in tutte le cose, e di riannodare i legami tra fede e cultura, rilanciando i grandi valori dell'umanesimo cristiano come efficaci nell'esperienza personale e nella vita sociale. Si tratta di un grande impegno, che la Chiesa di Roma affronta da anni e che intende continuare a portare avanti.
Ne è testimonianza il Sinodo diocesano, terminato nel 1993, le cui linee pastorali hanno trovato feconda applicazione in molteplici e riuscite iniziative. Esse rimangono attuali - come ha affermato il Santo Padre nella Lettera al Cardinale Ruini per i venticinque anni di episcopato - "per individuare le vie atte a favorire un incontro reale con Cristo negli ambiti di azione pastorale privilegiati già allora dalla Chiesa di Roma: la famiglia, i giovani, la responsabilità sociale, economica e politica, la cultura". Le mete pastorali su cui si è lavorato nell'ultimo periodo e i successi conseguiti, dicono che dobbiamo avere fiducia di essere sulla strada buona.
Nel recente Convegno ecclesiale diocesano, sul tema: "Gesù è risorto: educare alla speranza nella preghiera, nell'azione, nella sofferenza", il Santo Padre ha affermato che "l'emergenza educativa rappresenta per tutti una grande e ineludibile sfida" e ne ha tracciato gli obiettivi per il prossimo anno pastorale nell'ottica della speranza teologale.
Ora viene chiesto anche a me, come membro di questa Chiesa e per la responsabilità pastorale che mi viene affidata, di dedicarmi interamente insieme con il Vicegerente, i Vescovi Ausiliari, i sacerdoti, i religiosi e i laici alla realizzazione di questi obiettivi. Dobbiamo lavorare per "educare alla speranza", perché la Chiesa di Roma continui con rinnovata lena ad annunciare il Vangelo di Gesù risorto, "primizia" della vita nuova che non avrà mai fine, a formare alla preghiera perseverante, che purifica il cuore, apre a Dio e ai fratelli e sprona alla testimonianza dell'amore, particolarmente verso i poveri, a cooperare con attitudine positiva, che sa cogliere il bene dovunque esso sia - come il Santo Padre ci ha detto nel ricordato discorso -, "allo sforzo per rendere più bello, più umano e fraterno il volto di questa nostra città", come pure a dischiudere orizzonti di speranza a chi soffre, condividendone le sofferenze e le pene.
Obiettivi di educazione alla speranza certamente impegnativi, che indicati dal nostro Vescovo - ne siamo certi - hanno il crisma di essere traguardi di servizio pastorale necessari al popolo romano. L'anno pastorale che ci attende ci vedrà diligenti nel realizzarli. Mi conforta il fatto che la Chiesa di Roma, profondamente unita al suo Vescovo, è piena di vita e ricca di fervore.
Nell'accingermi a iniziare il ministero a cui Cristo mi ha chiamato, so di poter contare sulla grazia del Signore, sulla vicinanza paterna e incoraggiante del Santo Padre, sulla preghiera di molte persone, particolarmente di quella dei monasteri di vita contemplativa, e sulla cordiale e attiva collaborazione di quanti come me desiderano ardentemente il bene e la crescita spirituale e apostolica della Chiesa di Roma.
Nell'attesa di potervi incontrare nelle vostre parrocchie e nelle diverse comunità ecclesiali e articolazioni pastorali, vogliate accogliere il mio cordiale e beneaugurante saluto.
(©L'Osservatore Romano - 30 giugno 1 luglio 2008)
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