25 luglio 2008

Lettura, scrittura e musica per il Papa a Bressanone. Leone XIII "tentato" di trasferire la Santa Sede in territorio austriaco (L'Adige)


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Lettura, scrittura e musica

Lettura, scrittura e musica. Papa Benedetto XVI, in vacanza a Bressanone, riposerà fra le mura del seminario maggiore. Fatti salvi gli appuntamenti fissati nel programma ufficiale (gli Angelus del 3 e 10 agosto, l'incontro del 6 agosto con il clero della diocesi di Bolzano e Bressanone), le occasioni per vedere da vicino il pontefice saranno poche. Potrà essere visto lunedì, al momento del suo arrivo, e l'11 agosto, giorno del suo rientro a Roma. A Rio Pusteria però c'è chi spera di vederlo transitare sotto le finestre di casa. Papa Ratzinger potrebbe andare in visita, visto che nel paesino dell'Alto Adige è nata la nonna del pontefice. Nei vecchi archivi parrocchiali viene ricordato che l'8 gennaio 1884 nel paese di Rio Pusteria vide la luce Maria Peintner. La permanenza in quella terra della piccola Maria, futura nonna del Papa, fu limitata. Quando aveva solo pochi giorni, la famiglia si trasferì in Baviera, dove la bimba venne battezzata il 25 febbraio 1884. Benedetto XVI è molto legato all'Alto Adige. Anche quando era ancora cardinale (fu papa Karol Wojtyla a sceglierlo, nel novembre del 1981, come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede) andava a Bressanone a trascorrere le vacanze. Con lui c'era sempre anche il fratello sacerdote, don Georg Ratzinger. Con lui condivide la passione per la lettura e la musica. L'Alto Adige è anche ideale per le passeggiate in montagna. A.Tom.

© Copyright L'Adige, 24 luglio 2008

Grande attesa per l'arrivo di Benedetto XVI

Grande attesa per l'arrivo di Benedetto XVI. Il Papa atterrerà lunedì all'aeroporto San Giacomo di Bolzano. Percorrerà l'autostrada del Brennero scortato dalle forze dell'ordine e dagli uomini della security del Vaticano. Uscito dal casello di Varna, percorrerà la statale del Brennero che lo condurrà a Bressanone. Imboccata via Stazione, attraverserà l'area pedonale, che sarà protetta da transenne metalliche. L'automobile (non si tratta della Papa Mobile bianca, ma di una normale berlina) percorrerà via Torre Bianca e quindi via Albuino, per arrivare sul piazzale del seminario maggiore. Là è prevista una cerimonia di benvenuto. Le limitazioni al traffico non saranno quindi permanenti. Gli organizzatori della diocesi di Bolzano e Bressanone hanno fatto sapere che, a differenza delle domeniche 3 e 10 agosto, non ci saranno biglietti di accesso. Tutti i fedeli interessati potranno quindi presentarsi in strada per salutare da vicino il Papa. Il consiglio, per tutti, è di muoversi con i mezzi pubblici. Per questo motivo, soprattutto in occasione dei due Angelus (domenica 3 e domenica 10 agosto), la giunta provinciale ha deciso di potenziare il servizio del trasporto pubblico locale: circoleranno quindi autobus e treni aggiuntivi. Una copia del calendario completo è a disposizione dei fedeli insieme ai ticket distribuiti dalla diocesi. Il Commissariato del Governo ha fatto sapere che nelle prime due domeniche di agosto verrà bloccata la circolazione stradale sulla Statale 12, sulle Provinciali 74 (intersezione per Scezze), 31 (intersezione per Elvas) e 28 (rotonda sul ponte di Albes). Sulle principali arterie dei volontari indicheranno le vie per i parcheggi. Presso il commissariato di Bressanone sarà allestito un Com (Centro operativo misto) attivo 24 ore su 24 per tutta la durata della permanenza del pontefice. Lunedì 28 luglio e lunedì 11 agosto sarà presente anche un rappresentante della protezione civile e della polizia municipale di Bressanone. Nei giorni dell'Angelus la protezione civile allestirà uno speciale Com per l'assistenza ai pellegrini e ai turisti, presso la sede dei vigili del fuoco volontari. Sarà istituito il divieto di sorvolo nello spazio aereo sovrastante Bressanone e i comuni di Vrana, Luson, Naz, Sciaves, Velturno, Funes, Rodengo e Rio Pusteria. A.Tom.

© Copyright L'Adige, 24 luglio 2008

Santa sede I conflitti dell'800 suggerirono a Pio IX e Leone XIII una fuga verso nord, dove ora arriva papa Ratzinger

Maria Garbari

Il soggiorno a Bressanone, da lunedì, di Papa Ratzinger, che trasforma temporaneamente il Seminario in una piccola isola extraterritoriale, avvera per un caso non intenzionale il desiderio espresso nel 1882 da Leone XIII di trasferire la Santa Sede in territorio austriaco, ma con preferenza per la città di Trento. L'occupazione di Roma da parte delle truppe italiane il 20 settembre 1870, mentre era in corso il Concilio Vaticano che aveva proclamato l'infallibilità pontificia suscitando reazioni negative in diverse potenze europee, diede luogo alle proteste immediate di Pio IX. Il Papa chiedeva difesa e aiuto ai sovrani e ai governi per essere reintegrato dei diritti usurpati e scagliava anatemi contro i Savoia ed il ministero italiano. In breve tempo prese corpo l'ipotesi dell'abbandono di Roma da parte del Pontefice e del trasferimento della Santa Sede fuori d'Italia. In questo senso intrigava anche l'Armin, plenipotenziario della Confederazione del Nord (nata nel 1866 dopo la vittoria della Prussia sull'Austria) che auspicava l'accoglienza del Papa in Germania, e qualche apertura venne espressa dall'imperatore Francesco Giuseppe. La notizia creò sussulti e imbarazzi in Italia e in Europa. il 28 settembre il ministro degli esteri Visconti Venosta rivolse un appello scritto ai governi belga, bavarese, spagnolo, prussiano e portoghese perché convincessero Pio IX a non lasciare Roma. La richiesta italiana trovò la comune condivisione. Il Bismarck aveva già dichiarata la contrarietà della Prussia a compiere sia un intervento armato che una protesta internazionale a favore del Papa ed in particolare a concedergli asilo in uno Stato protestante. Dal governo della cattolica Austria arrivarono a Pio IX ampollose espressioni di grande solidarietà, congiunte alle pressioni di non lasciare la prestigiosa e secolare sede dei pontefici. Da Londra giunse al Papa l'invito a restare dov'era ma con l'aggiunta che, in caso di pericolo, l'Inghilterra non si sarebbe rifiutata di riceverlo a bordo di una sua nave. Alla fine fu lo stesso Pio IX a scegliere di non lasciare Roma, ritenendo più clamoroso ed utile alla causa del potere temporale della Chiesa il ruolo di prigioniero anziché di ramingo e mendicante nel mondo. E l'immagine di un Papa in catene, posto dietro le sbarre di un carcere, per quanto paradossale ed assurda trovò accoglienza e diffusione fra le masse cattoliche soprattutto del mondo contadino. Era però interesse del governo italiano garantire al pontefice le maggiori libertà. La legge delle Guarentigie, approvata dal Parlamento nel maggio 1871, assicurava al Papa, accanto agli onori sovrani, la più ampia sfera d'indipendenza nell'esercizio delle sue funzioni e nei rapporti internazionali. Ma essa rimase un atto unilaterale per il netto rifiuto di Pio IX che chiese ai cattolici il divorzio dalla vita politica italiana (non expedit). La questione del trasferimento della Santa Sede riprese quota con il Pontefice Leone XIII, dopo i fatti del luglio 1881 quando venne profanata la salma di Pio IX nel corso della sua traslazione. Il Papa allora si appellò a Francesco Giuseppe chiedendo solidarietà e aiuto. L'invocazione di Leone XIII all'imperatore mise in moto un capolavoro di diplomazia per contenere le esuberanze pontifice sotto la veste della massima disponibilità. Nel marzo 1882 fu inviato a Roma l'anziano barone Hübner per offrire formalmente al Pontefice ospitalità in Austria, ma in realtà per indurlo a non muoversi dal Vaticano. Leone XIII affermava di avere preso in considerazione gli Stati nei quali trasferirsi, ma nella Francia risultava impossibile, così nella Germania e nell'Inghilterra; la Spagna era lontana dall'Italia e dal centro dell'Europa. Restava l'Austria, una grande potenza cattolica con un sovrano cattolico e popolazioni accoglienti. Indicando la città ritenuta ottimale così si esprimeva il Pontefice (traduco dal francese): «Amerei risiedere a Trento. Vi troverei il cielo d'Italia e mi sentirei meno lontano dalla mia terra. Non tengo affatto alle comodità di vita o a località sontuose. Potrei anche andare volentieri a Salisburgo, ma preferirei Trento. Certo, se Sua Maestà trovasse che il mio soggiorno potesse creare imbarazzi, rinuncerei a chiedere asilo. Ma credo che l'ospitalità donata dal Sovrano al Vicario di Cristo gli varrà la simpatia e la riconoscenza di 200 milioni di cattolici e si convertirà in prestigio». La richiesta del Pontefice creava certamente imbarazzo al governo di Vienna, come ampiamente documentato dalla corrispondenza intercorsa fra i responsabili della politica austriaca. Fu il ministro degli esteri a mandare a dire a Leone XIII, tramite l'Hübner, che la località prescelta non era adatta e che non doveva farsi grandi illusioni per la situazione nella quale si sarebbe trovato «in esilio in un freddo paese alpino, fra stranieri, ed in condizioni del tutto diverse dalle attuali». Sarebbe cessata la clausura personale, ma le leggi austriache avrebbero compresso la libertà e l'indipendenza del capo della Chiesa più della legge delle Guarentigie. Accennando poi a Salisburgo, che pure era più grande di Trento, il ministro sollevava il problema di dove collocare il Collegio dei cardinali, le Congregazioni, gli uffici, i monsignori, i monaci e i sacerdoti d'ogni specie che accompagnavano il Papa: potevano lasciare Roma senza grave incomodo? Era perciò meglio che Leone XIII, pur in mezzo alle angustie, rimanesse padrone in casa propria. Nel giugno 1882 lo stesso Francesco Giuseppe scriveva al Pontefice rinnovando l'offerta di ospitalità, ma lusingandosi che i cattolici non sarebbero stati afflitti dall'assenza del Papa da Roma, «sempre luttuosa nei fasti della Chiesa». T ante autorevoli esortazioni raggiunsero l'effetto sperato e del trasferimento della Santa Sede non si parlò più fino al 1888, quando ebbe luogo una recrudescenza del dissidio fra Stato e Chiesa con manifestazioni di anticlericalismo anche piazzaiolo, accentuate dal progetto di erezione del monumento a Giordano Bruno a campo de' Fiori. L'eventualità che si ripresentassero le situazioni imbarazzanti di qualche anno prima misero immediatamente in moto la diplomazia austriaca, compreso il vecchio Hübner, e ancora una volta ebbe risultati positivi l'intervento diretto di Francesco Giuseppe. Leone XIII si convinse di quanto fossero inopportune le sue richieste, al cospetto di un'Europa dove la questione romana tendeva ad illanguidirsi ed i sovrani e i governi a disinteressarsi del Papa. O, forse, il pontefice aveva compreso quanto dichiarato da Francesco Crispi, allora a capo del governo d'Italia, nel 1889: «Se Sua Santità vuole partire da Roma sarà accompagnato da tutti gli onori, ma non si faccia illusioni, partito che sia non ritornerà più».

© Copyright L'Adige, 24 luglio 2008

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