29 marzo 2007

Israele decide di non mantenere la promessa di restituire il Cenacolo alla Chiesa


Vedi anche "E’ di nuovo crisi nei rapporti Israele-Vaticano" nel post "Aggiornamento rassegna stampa del 28 marzo 2007"

Ieri (28 marzo 2007)la Sala Stampa della Santa Sede ha diffuso il seguente comunicato:

In merito alla riunione plenaria della Commissione Bilaterale Permanente di Lavoro tra la Santa Sede e lo Stato d’Israele, prevista per domani, 29 marzo 2007, per trattare alcune questioni relative ai negoziati di cui all’articolo 10 § 2 a) del Fundamental Agreement (firmato il 30 dicembre 1993; entrato in vigore il 10 marzo 1994), la Sala Stampa della Santa Sede è in grado di fare la seguente precisazione:

In data 26 c.m. la Delegazione israeliana ha comunicato l’impossibilità di partecipare alla riunione, a causa di contingenze politiche internazionali. La Santa Sede, pur comprendendone le ragioni, ha preso atto con rammarico della circostanza e attende di poter concordare al più presto con la Parte israeliana la nuova data della convocazione della Plenaria.


SETTE ANNI FA GERUSALEMME PROMISE LA RESTITUZIONE A PAPA WOJTYLA

Israele ci ripensa
Braccio di ferro sul Cenacolo


GIACOMO GALEAZZI

CITTÀ DEL VATICANO
Dopo cinque secoli potevano essere le prime festività pasquali celebrate laddove tutto è avvenuto. Tra i principali temi della negoziazione tra Israele e Vaticano (interrotta dalla mancata partecipazione del governo di Gerusalemme al vertice odierno in Curia) il più suggestivo è la restituzione alla Custodia di Terra Santa dell'edificio del Cenacolo: sorto in epoca bizantina sul luogo della casa in cui Cristo, nell'Ultima Cena, istituì l'eucarestia, fu celebrata la prima messa ed avvenne la Pentecoste.
La ripresa delle trattative, a sette anni dalla promessa di restituzione formalizzata dalle autorità israeliane a Karol Wojtyla durante il viaggio giubilare in Terra Santa, lasciava presagire alla diplomazia pontificia un esito positivo della vicenda. Invece la defezione della delegazione di Gerusalemme all'incontro in Vaticano, ha rinviato ancora il sospirato dono di Pasqua di Benedetto XVI: sfuma così il ritorno alla Chiesa di uno dei quattro luoghi più santi della cristianità, insieme alle basiliche del Santo Sepolcro a Gerusalemme, dell'Annunciazione a Nazareth e della Natività a Betlemme.
Ferita aperta
Dei quattro, il Cenacolo è l'unico non aperto al culto, pur essendo stato di proprietà dal 1342 dei Frati francescani ai quali fu sottratto nel 1551 dal governo turco e poi successivamente da quello israeliano. Il Cenacolo è stata la prima sede dei seguaci di San Francesco in missione oltremare: i sovrani di Napoli Roberto d'Angiò e Sancia di Maiorca lo acquistarono dal sultano d'Egitto nel 1333 e lo diedero ai Francescani, che vi stabilirono il loro primo monastero e rimasero fra le sacre mura fino al 1559, quando vennero espulsi dai Turchi. Il luogo santo dell'Ultima Cena fu trasformato in moschea e i frati si insediarono nell'ex-convento Georgiano di San Salvatore, all'interno della Città Vecchia.
Una ferita mai rimarginata per la cattolicità. Il Cenacolo appartiene alla Chiesa cattolica e non è mai stato oggetto di controversia tra le Chiese cristiane. A differenza dalla Natività a Betlemme e dal Santo Sepolcro a Gerusalemme, il Cenacolo non è stato mai condiviso o conteso tra le diverse confessioni cristiane. La proprietà fu regolarmente comperata dai reali di Napoli e donata all'ordine francescano. Da quando vennero espulsi dai Turchi, i francescani hanno sempre rivendicato il reintegro nella loro proprietà.
La restituzione
La restituzione del Cenacolo è considerata un atto dovuto. Con la guerra del ‘48, Israele si sostituì ad una famiglia musulmana che vantava diritti sul Cenacolo ricevuti dai Turchi, e non ha ancora provveduto alla sua restituzione ai francescani. L'argomento della presenza della tomba di Davide è stato pure utilizzato da alcuni per rinviarne la restituzione, ma questo argomento non è mai stato provato storicamente, precisano alla Custodia francescana di Terra Santa.
Anche il patriarca cattolico di Gerusalemme Michael Sabbah ha ufficialmente ricordato al governo di Gerusalemme la promessa di restituzione del Cenacolo fatta a Wojtyla.
La riconsegna sembrava vicina con la storica visita di Giovanni Paolo II in Terra Santa nel 2000 e i diplomatici d'Oltretevere confidavano che l'intesa potesse essere applicata proprio nell'Accordo globale bilaterale che Vaticano e Israele avrebbero dovuto firmare ieri al Palazzo Apostolico. Ma all'ultimo momento la firma è saltata, segno che restano da appianare anche altre divergenze su imposte, diritti di proprietà, esenzioni fiscali e status giuridico della Chiesa in Terra Santa.
La Chiesa cattolica, ribadiscono in Curia, è la proprietaria legittima del Cenacolo da sette secoli, ossia da quando con l'approvazione papale i francescani vi stabilirono la loro casa madre in Terra Santa. E infatti il titolo primario del superiore francescano in Terra Santa è Guardiano del Sacro Monte Sion.
Durante il Giubileo, pur di poter trasformare in santuario il luogo in cui Cristo celebrò la prima messa, fu ipotizzata la restituzione della chiesa di Santa Maria la blanca a Toledo, in Spagna, che era una sinagoga. Il Cenacolo però rimane un sogno proibito. Oggi nell'edificio sacro ci sono una scuola ebraica e una sinagoga. Solo tre volte all'anno la Custodia può andarci a pregare, malgrado da secoli alcuni gruppi cattolici, di sera, cerchino di celebrarvi l'eucaristia.
Anche il vescovo-pellegrino Karol Woytjla, durante il viaggio che fece in Terra Santa nel 1963, lamentò di non aver potuto dire messa nel luogo più altamente simbolico per un sacerdote.
E si commosse nel 2000 quando riuscì a celebrarvi l'eucarestia, la prima liturgia dal 1551. Ora Benedetto XVI era a un passo dal restituire a tutti i cattolici il sommo simbolo della fede.

La Stampa, 29 marzo 2007

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