22 marzo 2007

Rassegna stampa del 22 marzo 2007


Anche oggi i maggiori quotidiani ignorano completamente l'udienza generale di ieri (leggi qui) per dedicarsi alla poco appassionante per noi e per tutti dissetartazione sul cosiddetto "family day" e relative strumentalizzazioni politiche.
Posso dire una cosa? Che barba! Parliamo un po' del Papa e del suo Magistero e non usiamo ogni occasione che ci si pone davanti per attaccarlo.
Ho scelto un articolo (quello de "La Stampa" sui DICO) perche' mi sembra il migliore (gli altri battono sempre lo stesso tasto: ingerenza, polemiche, etc.).
Vengono riportati, per fortuna, articoli molto interessanti sull' Esortazione Sacramentum Caritatis .

Raffaella


PAPA: FEDE E RAGIONE CONTRO RELATIVISMO

Benedetto XVI,in un'epoca "dominata dal relativismo", ripropone l'alleanza tra fede e ragione e ricorda il legame tra cristianesimo primitivo e filosofia greca contro i falsi miti pagani. Durante l'udienza generale,alla presenza di oltre 40mila fedeli, il Papa è tornato a mettere in guardia gli uomini di oggi dai "diabolici depistaggi" che portano a deviare dal "cammino della verità", citando le parole del filosofo cristiano Giustino. Al termine dell'udienza il Papa ha lanciato un appello contro la tubercolosi, ricordando la giornata di lotta contro la malattia prevista il 24 marzo.

Rai televideo


MONSIGNOR BRUNO FORTE COMMENTA L’ESORTAZIONE APOSTOLICA DI BENEDETTO XVI
CRISTIANI, LE RAGIONI DELLA COERENZA

«Il Papa chiede coerenza ai cristiani nel rispondere ai doni del Signore. È una forzatura della stampa voler cogliere solo dei no nel suo insegnamento, che è ricco di speranza».

Cosa significa "coerenza eucaristica" per i cattolici? E in modo particolare, per i politici cattolici? L’Esortazione apostolica Sacramentum caritatis spiega che a essa vanno ispirati tutti gli atti dei fedeli cattolici. Ma il paragrafo che richiama alla coerenza eucaristica è solo uno dei 97 paragrafi della prima Esortazione apostolica di Benedetto XVI. Abbiamo chiesto a monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti e presidente della Commissione della Cei per la dottrina della fede di illustrarne alcuni contenuti.

Eccellenza, cosa significa coerenza eucaristica per i credenti e in particolare per coloro che hanno responsabilità sociali e politiche?

«Il n. 83 dell’Esortazione apostolica, che parla della "coerenza eucaristica", sembra l’unico di cui i media si siano occupati. In realtà, esso si inserisce all’interno di una struttura organica, che presenta il mistero proclamato, celebrato e vissuto, in tre parti fra loro profondamente unite. Non mi sembra, perciò, che chi si è fermato solo su quel punto abbia veramente esaminato l’intero documento. Chi lo ha fatto, avrà compreso il senso di quelle parole: quanto la Parola di Dio rivela e il sacramento compie, deve essere espresso nella vita. "Diventa ciò che sei!" è la massima che riassume l’esistenza cristiana: nel tuo agire e nelle tue scelte sii fedele a ciò che la Parola e il sacramento dell’amore hanno fatto di te. Questo vale anche per il cristiano impegnato in politica o che abbia responsabilità sociali, che dovrà perciò esaminarsi con coscienza rettamente informata, davanti a Dio e nella comunione della Chiesa, sulle scelte che fa: quanto decide di fare non deve, insomma, separarsi dalla Verità in cui ha creduto e a cui deve obbedienza, proprio grazie alla forza dell’amore che gli è stato dato».

Può farci esempi concreti?

«Certamente: come potrebbe essere a favore della guerra chi riconosce nel suo Signore il Principe della pace? Come potrebbe sopprimere la vita in tutte le sue fasi, sin dal concepimento, o rifiutare la propria vita, chi riconosce in Dio l’Autore e il Padrone della vita? Come potrebbe non considerare la famiglia un bene primario e necessario per il futuro di tutti chi crede nel Dio dell’alleanza e riconosce nel vincolo nuziale fra l’uomo e la donna il sacramento dell’amore di Cristo per la sua Chiesa e il fondamento del bene comune e del futuro dei nostri ragazzi?».

E verso chi non crede?

«La coerenza eucaristica esige che il cristiano proponga con fedeltà e con coraggio le ragioni per accogliere ciò che egli crede e testimonia, nel rispetto di ognuno e nell’obbedienza alla Verità che libera e salva».

Che cosa allora concretamente dovrà fare, come dovrà comportarsi il cristiano impegnato in politica?

«Dovrà prestare serio ascolto ai pastori, pregare molto e verificarsi con guide spirituali sagge e autorevoli nel fare le sue scelte. Vorrei citare qui un passo molto significativo dell’Enciclica Deus caritas est di papa Benedetto XVI, richiamato anche dall’Esortazione: "La Chiesa vuole servire la formazione della coscienza nella politica e contribuire affinché cresca la percezione delle vere esigenze della giustizia e, insieme, la disponibilità ad agire in base a esse, anche quando ciò contrastasse con situazioni di interesse personale... La Chiesa non può e non deve prendere nelle sue mani la battaglia politica per realizzare la società più giusta possibile. Non può e non deve mettersi al posto dello Stato. Ma non può e non deve neanche restare ai margini nella lotta per la giustizia. Deve inserirsi in essa per la via dell’argomentazione razionale e deve risvegliare le forze spirituali, senza le quali la giustizia, che sempre richiede anche rinunce, non può affermarsi e prosperare"».

Si può dire che il Papa sia preoccupato dei peccati di omissione dei cristiani nella società, rispetto al Vangelo?

«Mi sembra che questo Papa sia più preoccupato dei "sì" che l’amore di Dio dice agli uomini, che non dei "no". È una vera forzatura della stampa voler cogliere solo dei "no" nel suo insegnamento, che invece offre sempre ragioni di vita e di speranza, di fiducia nell’uomo e nell’amore del Signore per le sue creature. Basti solo pensare a quante volte ricorre negli insegnamenti di Benedetto XVI la parola "gioia", o l’idea di verità come amore, o la sottolineatura della bellezza del cristianesimo. Sull’esempio di sant’Agostino, da lui molto conosciuto e amato, papa Ratzinger è convinto che gli uomini vadano attratti a Dio con vincoli d’amore, non con legami di paura o con precetti che non siano comprensibili anche ai più piccoli».

Sul celibato contesta il fatto che sia una questione di tipo funzionale e una necessità, affermando che ha radici teologiche e bibliche. Cosa significa?

«Il celibato dei sacerdoti rispecchia certo un’esigenza del popolo cristiano: la comunità ha diritto ad avere un pastore tutto per sé. Del celibato, però, l’Esortazione accentua il valore positivo e propositivo, l’essere segno del fatto che Dio solo basta, che il mondo a venire e la vita eterna sono così belli e importanti che per essi, e per amore di coloro cui li si annuncia, è possibile donare totalmente il proprio cuore e la propria vita. Un segno certamente in controtendenza con l’edonismo proposto in tanti modi nella comunicazione del "villaggio globale", ma proprio per questo ricco di forza profetica».

Ribadisce l’obbligo della non ammissione alla comunione dei divorziati risposati, ma chiede ai tribunali di verificare bene la validità di tanti matrimoni. Questo vuol dire che il Papa sottolinea il fatto che non si può concedere il sacramento del matrimonio a cuor leggero, come a volte accade?

«L’Esortazione invita anzitutto al serio discernimento e alla preparazione solida al matrimonio. Ne sottolinea la bellezza. Incoraggia le coppie in crisi a far di tutto per rilanciare il loro patto. Ricorda ai divorziati risposati che essi non sono fuori della Chiesa, ma partecipi a pieno titolo del Battesimo, e li invita a partecipare alla vita della comunità, anche, in particolare, alla celebrazione dell’Eucaristia, pur dovendo accettare il sacrificio della rinuncia a comunicarsi, offerto come strumento di intercessione e di penitenza al Signore. Pastoralmente, ho vissuto e vivo questo atteggiamento fatto di vicinanza, attenzione e fiducia nel cammino delle coppie in situazioni irregolari, perché esse non si sentano mai abbandonate dall’amore di Dio e della Chiesa».

Latino e gregoriano: c’è qualche novità? Qualcuno sembra temere una retromarcia rispetto alla riforma liturgica del Vaticano II...

«Nessuna retromarcia: solo, il desiderio di non perdere il patrimonio di bellezza del canto gregoriano, oggi riscoperto da molti, come dimostra l’attenzione a esso riservato dai media e il successo di vendita dei cd che lo ripropongono. Circa il latino, poi, si sottolinea l’opportunità di servirsene in alcune celebrazioni internazionali come lingua franca della preghiera liturgica, come già si fa ad esempio in alcuni eventi mondiali a Roma o nei grandi santuari, o come fa la Comunità di Taizé, che raccoglie migliaia di giovani di tutto il mondo, e usa il latino per i "canoni" da far cantare a tutti. Un aiuto alla preghiera, non un ritorno a prima del Vaticano II. In particolare, vorrei sottolineare nell’Esortazione il forte apprezzamento e il rilancio del messaggio del Concilio, lì dove si ribadisce il "benefico influsso che la riforma liturgica del Concilio ha avuto per la vita della Chiesa"».

Famiglia Cristiana


L’ESORTAZIONE APOSTOLICA "SACRAMENTO DELL’AMORE" DI PAPA BENEDETTO XVI
UNA QUESTIONE DI COERENZA


L’Eucaristia è il «Sacramento dell’amore». Benedetto XVI fornisce di nuovo la cifra del suo pontificato scegliendo per la sua prima Esortazione apostolica un titolo strategico, che pone a tutta la Chiesa la questione della coerenza e della testimonianza cristiana. Sta dentro nel solco già tracciato con l’enciclica, un anno fa, Deus caritas est, "Dio è amore", e riprende quello che aveva detto nell’omelia del 23 ottobre 2005, chiudendo i lavori del Sinodo sull’Eucaristia, dai quali nasce l’Esortazione apostolica: «La missione cristiana parte dall’Eucaristia, mistero centrale della fede, e deve usare solo le parole dell’amore». Dunque, resta l’amore la chiave di lettura del pontificato di Joseph Ratzinger. E il titolo dell’Esortazione, che in latino è Sacramentum caritatis, lo conferma. Poteva scegliere altre definizioni di Eucaristia. Invece, ha deciso per quella di san Tommaso d’Aquino, "Sacramento dell’amore", che più si avvicina alla sensibilità del Papa teologo.

Benedetto XVI nell’Esortazione spiega cosa significa, nella pratica, partecipare alla mensa eucaristica: diffondere l’amore.

Va alle radici della fede l’Esortazione apostolica post-sinodale Sacramentum caritatis di Benedetto XVI. Spiega come dev’essere la Messa, scoraggia il protagonismo dei preti, non vuole fedeli spettatori muti, chiede omelie non astratte, incoraggia l’uso del latino nelle grandi celebrazioni internazionali, ma non per le prediche e le letture della Bibbia.

Chiede ai politici cattolici di fare leggi ispirate ai valori naturali, di non negoziare sulla vita e sulla famiglia.

Osserva che la Chiesa non può restare ai margini della lotta per la giustizia e per questo chiede ai cristiani di denunciare chi dilapida le risorse della Terra e impone modelli economici e geopolitici che provocano fame, guerre, tramutano i popoli in schiere di profughi.

Ecco le principali questioni, quasi una sorta di "note pratiche" tratte dall’Esortazione apostolica Sacramentum caritatis.

L’Eucaristia al centro

C’è un «ordine dei sacramenti dell’iniziazione». Concretamente, «è necessario verificare quale prassi possa in effetti aiutare meglio i fedeli a mettere al centro il sacramento dell’Eucaristia, come realtà a cui tutta l’iniziazione tende». Il Papa insiste sul fatto che tutta la famiglia cristiana deve partecipare all’itinerario dell’iniziazione cristiana: «Ricevere il Battesimo, la Cresima e accostarsi per la prima volta all’Eucaristia sono momenti decisivi non solo per la persona che li riceve, ma anche per l’intera famiglia, la quale deve essere sostenuta nel suo compito educativo dalla comunità ecclesiale, nelle sue varie componenti. Qui vorrei sottolineare la rilevanza della prima Comunione. In tantissimi fedeli questo giorno rimane giustamente impresso nella memoria come il primo momento in cui, seppur ancora in modo iniziale, si è percepita l’importanza dell’incontro personale con Gesù. La pastorale parrocchiale deve valorizzare adeguatamente questa occasione così significativa».

Un limite alle assoluzioni generali

Una catechesi «autentica» riguardo al senso dell’Eucaristia «non può essere disgiunta dalla proposta di un cammino penitenziale». Spesso «nel nostro tempo i fedeli si trovano immersi in una cultura che tende a cancellare, favorendo un atteggiamento superficiale che porta a dimenticare la necessità di essere in grazia di Dio». A questo proposito il Papa chiede a tutti i sacerdoti di dedicarsi «con generosità, impegno e competenza alle confessioni» e che «nelle nostre chiese i confessionali «siano ben visibili». Inoltre, chiede ai vescovi di «vigilare» sulla celebrazione del sacramento, «limitando la prassi dell’assoluzione generale solo ai casi previsti, essendo solo quella personale la forma ordinaria».

Protagonismo dei sacerdoti

I sacerdoti devono mettere in primo piano non «loro stessi e le loro opinioni, ma Gesù Cristo: contraddice l’identità sacerdotale ogni tentativo di porre sé stessi come protagonisti dell’azione liturgica». Il sacerdote è «servo» dell’altare. Il Papa raccomanda anche ai sacerdoti la «celebrazione quotidiana» della Messa, persino anche se «non ci fosse partecipazione dei fedeli».

La "Messa bella"

Il Papa osserva che la «bellezza non è fattore decorativo dell’azione liturgica», e che le norme liturgiche vanno applicate «nella loro completezza». Ma è contrario alla creatività liturgica: «La semplicità dei gesti e la sobrietà dei segni posti nell’ordine e nei tempi previsti comunicano e coinvolgono di più che l’artificiosità di aggiunte inopportune».

Proclamazione della Parola

Occorrono «lettori ben preparati». Il Papa raccomanda «vivamente» grande attenzione alla proclamazione della Parola di Dio. Chiede, quando è possibile, di preparare qualche parola «di introduzione» alle letture per meglio comprenderle e di promuovere tra i fedeli la preghiera della Liturgia delle Ore.

Le prediche

Devono essere preparate «accuratamente» basandosi su una «conoscenza adeguata della Scrittura». Non devono essere «generiche o astratte» e devono mettere in relazione la Parola di Dio con la «vita della comunità». È «opportuno» che i sacerdoti parlino anche dei «grandi temi della fede cristiana».

Fedeli, non muti spettatori

Vale ancora l’esortazione del Concilio Vaticano II che impegna i fedeli a partecipare alla Messa e non a stare davanti all’altare come «estranei o muti spettatori». È bene venire in chiesa prima dell’inizio della Messa per un momento di silenzio e di preghiera.

Scambio della pace

È bene limitarlo ai vicini. Si tratta di un gesto che «va moderato», perché a volte «può assumere espressioni eccessive». Il Papa rileva che la «sobrietà» nulla «toglie all’alto valore del gesto».

Dopo la Comunione

È utile rimanere «raccolti in silenzio». È un «tempo prezioso» che «non va trascurato». Accostarsi alla Comunione non deve però essere un «automatismo», quasi che «per il solo fatto di trovarsi in chiesa durante la liturgia si abbia il diritto o forse anche il dovere» di fare la Comunione. Per i disabili, bisogna favorire la loro partecipazione alla Messa, rimuovendo gli ostacoli architettonici nelle chiese. Va assicurata anche la comunione ai disabili mentali.

Latino e canto gregoriano

Va usato per le Messe di carattere internazionale, ma solo per il canone. In tali liturgie è bene anche proporre il canto gregoriano, più universale. Letture, omelia e preghiera dei fedeli vanno fatte in lingue moderne. Il Papa sottolinea che questo non è una novità, ma è in sintonia con il Concilio Vaticano II.

Messa in televisione

Non adempie il precetto, in condizioni normali. Va bene per anziani e malati, ma non per chi ritiene che la Messa in Tv dispensi dall’andare in chiesa.
Sulle Messe per piccoli gruppi, il Papa chiede di prestare molta attenzione al fatto che potrebbero «essere sentite in antagonismo o in parallelo rispetto alla vita della Chiesa particolare»: «I piccoli gruppi devono servire a unificare la comunità, non a frammentarla».

Adorazione eucaristica

Va riscoperta e favorita sia dal punto di vista personale che comunitario. Nelle città il Papa chiede di individuare una chiesa da «riservare appositamente all’adorazione perpetua». In tutte le chiese inoltre bisogna tenere accesa la «lampada perenne» per facilitare l’individuazione del tabernacolo dove è conservata l’Eucaristia.

La domenica

Il giorno del Signore è anche il «giorno del riposo». Benedetto XVI si augura che ciò venga riconosciuto anche nella società civile e rileva che «il lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro». Poi suggerisce che accanto alla Messa si facciano incontri, catechesi per i bambini, attività caritative.

I divorziati risposati

Il Papa conferma la prassi della Chiesa: niente comunione ai divorziati risposati. Ma ricorda che essi «continuano ad appartenere alla Chiesa, che li segue con speciale attenzione, nel desiderio che coltivino, per quanto possibile, uno stile cristiano», anche con la partecipazione alla Messa senza Comunione.

Bisogna evitare «di intendere la preoccupazione pastorale come se fosse in contrapposizione al diritto». Poi nota che quella dei cristiani divorziati e risposati è una «vera piaga che intacca in misura crescente gli stessi ambienti cattolici». È per questo motivo che il Sinodo ha raccomandato «massima cura pastorale» nella formazione dei fidanzati.

Il matrimonio

Più Tribunali ecclesiastici sul territorio per verificare la «validità sacramentale».

«Matrimonio e famiglia sono istituzioni che devono essere promosse e difese da ogni possibile equivoco sulla loro verità, perché ogni danno arrecato a esse è di fatto una ferita che si arreca alla convivenza umana come tale».

Celibato dei preti

Non ha solo una motivazione funzionale. Rappresenta lo stile di vita di Cristo che non era sposato e ha «vissuto la sua missione fino al sacrificio della croce nello stato di verginità».

Coerenza per chi fa la comunione

Il culto non è mai un «atto privato», ma ha conseguenze sociali. Il Papa dice che «esso richiede la pubblica testimonianza» di alcuni valori, tra cui la difesa della vita, della famiglia e del bene comune delle persone. E spiega che sono «valori non negoziabili». Soprattutto i politici cattolici devono sentirsi «particolarmente interpellati dalla loro coscienza rettamente formata a presentare e a sostenere leggi ispirate ai valori fondati nella natura umana».

Impegno per la giustizia

Benedetto XVI ricorda la relazione stretta che c’è tra mistero eucaristico e impegno sociale, per non ridurre «in chiave meramente sociologica la decisiva opera di promozione sociale: la Chiesa non può e non deve restare ai margini della lotta per la giustizia». Il Papa pone davanti ai cristiani le loro responsabilità: «Non possiamo rimanere inattivi di fronte a certi processi di globalizzazione che non di rado fanno crescere lo scarto tra ricchi e poveri. Dobbiamo denunciare chi dilapida le ricchezze della Terra, provocando diseguaglianze che gridano verso il cielo». Il Papa chiarisce che l’Eucaristia «abilita» e «spinge» a un «impegno coraggioso» nel mondo. Poi spiega che il Padre nostro «obbliga» a «fare tutto il possibile, in collaborazione con le istituzioni internazionali, statali, private perché cessi o perlomeno diminuisca lo scandalo della fame».

La dottrina sociale

Va studiata più a fondo dai cristiani, come «concreta educazione alla carità e alla giustizia». In essa si trovano gli elementi che «orientano con profonda sapienza il comportamento dei cristiani di fronte alle questioni sociali più scottanti», e serve anche per evitare «fuorvianti compromessi e vacue utopie», perché la dottrina sociale si caratterizza «per realismo ed equilibrio». Benedetto XVI auspica che ogni diocesi del mondo la faccia conoscere e la promuova.

Famiglia Cristiana


Il Rettore del Pontificio Istituto Liturgico commenta la “Sacramentum caritatis”
Chiede che venga letta nel suo insieme, per evitare “riduzionismi”

CITTÀ DEL VATICANO, mercoledì, 21 marzo 2007 (ZENIT.org).- Le novità del testo papale sull’Eucaristia, “Sacramentum caritatis”, pubblicata una settimana fa risiedono soprattutto “nell’approfondimento della riforma liturgica” avviata dal Concilio Vaticano II.

E' quando ha detto a ZENIT, il padre Juan Javier Flores, osb., Presidente del Pontificio Istituto Liturgico di Roma (www.santanselmo.org), a proposito della recente Esortazione postsinodale di Benedetto XVI.

In questo intervista, il padre Flores chiarisce, in particolare, in cosa consiste l'appello del Papa a una maggiore “coerenza eucaristica” e la questione del latino nelle Messe internazionali.

L’Esortazione sull’Eucaristia permette una lettura a blocchi, o deve essere letta in modo organico?

P. Flores: Il documento papale si divide in tre parti che occorre leggere congiuntamente: L’Eucaristia è un mistero da credere (I parte), da celebrare (II parte) e da vivere (III parte). Pertanto, nella prima parte si tratta di conoscere bene l’aspetto teologico del sacramento eucaristico; nella seconda, tutto è incentrato nell’azione liturgica, ovvero nella liturgia eucaristica; mentre la terza parte è la vita eucaristica, un mistero che deve essere annunciato e a sua volta deve essere offerto al mondo.

Credo che sia importante non fare letture riduttive, minimaliste o parziali del documento che offre una riflessione magistrale sul sacramento eucaristico capace di gettare nuova luce sul sacramento dell’Eucaristia. Occorre leggerlo nella sua totalità e non estrapolare frasi che potrebbero essere fuorvianti o devianti rispetto alla vera dottrina.

In cosa consistono le novità di questo testo?

P. Flores: Le novità del documento papale risiedono soprattutto nell’approfondimento della riforma liturgica.

Il Papa rileva che i Padri sinodali hanno constatato gli effetti positivi, per la vita della Chiesa, derivanti dalla riforma liturgica avviata a partire dal Concilio Vaticano II, riconfermandola.

Non manca anche la constatazione delle difficoltà e degli abusi che oscurano il valore e la validità del rinnovamento liturgico, il quale contiene ancora ricchezze non pienamente esplorate (n. 3).

Si osserva chiaramente che vi è unità tra la fede professata, l’azione liturgica e celebrativa, e il nuovo culto inaugurato da Cristo con il Mistero pasquale.

In questo contesto, il Papa insiste sui sacramenti dell’iniziazione cristiana e su come noi veniamo battezzati e cresimati in ordine all’Eucaristia. La santissima Eucaristia, dice il Papa al numero 17, porta l’iniziazione cristiana alla sua pienezza e si pone come il centro e il fine di tutta la vita sacramentale.

Ma la grande novità è la riflessione che la Chiesa, riunita nel Sinodo dei Vescovi, ha fatto sul sacramento della carità che è l’Eucaristia. Mai si potrà approfondire abbastanza il sacramento in cui riceviamo il Corpo e il Sangue di Cristo.
La celebrazione eucaristica appare con tutta la sua forza come fonte e culmine della stessa esistenza cristiana. Questa è una delle grandi idee del Papa Ratzinger, come si deduce da diversi suoi interventi.

È vero che si torna al latino?

P. Flores: Il latino non è mai stato abbandonato nelle celebrazioni liturgiche, anzi, le edizioni ufficiali del Messale Romano sono sempre pubblicate in latino e vi sono comunità monastiche e non monastiche che normalmente celebrano in latino.

Pertanto, non è mai stato vietato. Ciò che è successo è che negli ultimi anni è stato messo da parte a causa del fatto che i fedeli studiano e conoscono sempre meno il latino. Ma esso non è mai stato abbandonato.

Il Papa dice solamente che nelle celebrazioni che hanno luogo nell’ambito di incontri internazionali o nelle grandi celebrazioni con una presenza in massa dei fedeli appartenenti a diverse nazionalità, alcune parti della Messa possano essere celebrate in latino.

Il Papa dice al numero 62: “eccettuate le letture, l'omelia e la preghiera dei fedeli, è bene che tali celebrazioni siano in lingua latina”, suggerendo inoltre la possibilità di utilizzare anche i canti gregoriani.

E aggiunge: “chiedo che i futuri sacerdoti, fin dal tempo del seminario, siano preparati a comprendere e a celebrare la santa Messa in latino, nonché a utilizzare testi latini e a eseguire il canto gregoriano” e pensando ai fedeli dice nello stesso numero che “non si trascuri la possibilità che gli stessi fedeli siano educati a conoscere le più comuni preghiere in latino, come anche a cantare in gregoriano certe parti della liturgia”.

Si tratta quindi di un legittimo desiderio che non annulla né impone alcunché di nuovo.

Cosa si intende per “coerenza eucaristica” a cui fa appello il Papa?

P. Flores: Il Papa chiede – e questa sì è una grande novità – una piena coerenza eucaristica. L’intero numero 83 insiste sul fatto che l’Eucaristia esige una coerenza interna da parte delle nostre azioni.

In questo senso il Papa fa un appello ai politici e ai legislatori cattolici affinché appoggino leggi ispirate ai valori fondati sulla natura umana e non contrarie ad essi. Il culto che diamo a Dio, infatti, non è un qualcosa di privato, ma esige la testimonianza pubblica della fede.

Da questo punto di vista il Papa rivolge un forte appello ai battezzati e a coloro che grazie alla propria posizione sociale o politica possono influire sulle leggi che hanno il potere di rispettare o violare la vita umana dal concepimento alla sua fine naturale, sulla condizione della famiglia, dell’educazione, ecc.

Leggendo attentamente la terza parte del documento si evince la convinzione del Santo Padre che nell’autenticità della fede e del culto eucaristico rinasce il desiderio di una ricostruzione di una vita autenticamente cristiana.

Zenit


BAGNASCO PREPARA IL DOCUMENTO DEL DOPO-RUINI

Niente scomuniche per chi vota sì ai Dico

MARCO TOSATTI

CITTÀ DEL VATICANO
I «Dico» all’esame della Cei: da lunedì i vescovi discutono sulla «parola meditata, una parola ufficiale» annunciata dal cardinale Camillo Ruini il 12 febbraio; ma il testo, ancora in gestazione, non conterrà nessuna scomunica per i politici cattolici, e tantomeno un’esclusione a priori dall’eucarestia. Ma è molto probabile che il prossimo Consiglio Permanente, il primo presieduto dal neo-presidente della Cei, l’arcivescovo Angelo Bagnasco, rappresenti solo un primo passo nell’elaborazione del testo. Il documento potrebbe allora vedere la luce nel corso dell’Assemblea Generale dei vescovi italiani, prevista per la seconda metà di maggio; in questo modo, con la partecipazione e l’approvazione dell’intero corpo episcopale italiano, acquisterebbe un peso e un’autorevolezza maggiore, rispetto a una nota frutto solo della Presidenza, o del Consiglio permanente, per quanto esso sia ampiamente rappresentativo.
Che cosa ci sarà nel testo? In questi giorni nuovi elementi stanno aggiungendosi alla prima stesura, elaborata a metà febbraio. La bozza si apre con una dura condanna del disegno di legge governativo, motivata dal fatto che la convivenza eterosessuale o omosessuale «riceve un riconoscimento legale, anche se non viene equiparata a tutti gli effetti» al matrimonio. Si fa riferimento alla Costituzione, laddove riconosce al matrimonio un valore preminente, e si cita Benedetto XVI, nella sua «preoccupazione» per la creazione di nuove forme giuridiche simili al matrimonio. Il testo ribadisce la tesi secondo cui i «diritti» citati dal disegno di legge possono essere garantiti con «un contratto delle persone interessate». In chiusura si ricorda ai politici cattolici (in base a un altro documento della Congregazione, questa volta del 2002) che la «coscienza cristiana ben formata» non permette di appoggiare leggi contro la famiglia, e che agire in senso diverso è un atto «gravemente immorale».
Adesso c’è chi vorrebbe allargare il contenuto della «Nota» futura ad altri argomenti, quali il testamento biologico, e le questioni relative alla vita, in particolare l’eutanasia. Ma questo sarà oggetto di dibattito fra i vescovi. Verrà assorbito nel documento anche l’articolo 83 della recente «Esortazione apostolica» di papa Ratzinger, che fa appello alla «coerenza eucaristica» dei cattolici in politica, chiamati a «presentare e sostenere leggi ispirate ai valori fondati nella natura umana», quando sono in gioco i «valori non negoziabili». Ma analogamente a quanto ha scritto il Papa, non si ipotizza un’esclusione dall’eucarestia per i politici «dissenzienti». Così come spetta ai politici valutare in base alla realtà della situazione, e alla loro coscienza, quali scelte fare nel concreto dell’attività parlamentare, così nello stesso modo starà alla loro sensibilità verificare, singolarmente con il proprio confessore se e come hanno mancato alla «coerenza eucaristica».
Sullo sfondo, il «Family Day» del 12 maggio, e le polemiche sulla partecipazione di chi è a favore dei Dico. Il Forum delle Famiglie è contro: «Interpretazioni segnate dall’ambiguità - afferma una nota - spingerebbero addirittura i sostenitori dei Dico a venire in Piazza San Giovanni il 12 maggio. Credevamo di aver spiegato tanto chiaramente la nostra bocciatura del disegno di legge governativo sui cosiddetti Dico, che ci sembrava inopportuna una ulteriore puntualizzazione, ma ci vediamo costretti a intervenire». Risponde il presidente nazionale di «Arcigay», Sergio Lo Giudice: «La nostra partecipazione al Family day non sarà una contromanifestazione né una provocazione». Ma aggiunge: la manifestazione non deve essere contro «le famiglie di fatto, quelle risposate, quelle senza figli, quelle omosessuali».

La Stampa, 22 marzo 2007

Ma davvero qualcuno pensava che il Papa avrebbe scomunicato i politici favorevoli ai DICO? Evidentemente nessuno conosce Ratzinger, eppure lo critica...


E Scola attacca la Ue: troppi interventi su temi etici
Il cardinale davanti a Pöttering: «No a pressioni condizionanti sui singoli Paesi». Appoggio di Casini all'appello

M. Antonietta Calabrò

ROMA — Famiglia: sono troppe «le pressioni condizionanti» della Ue sui singoli Paesi membri. In una messa celebrata nella storica Abbazia di Montecassino, nel giorno della festa di San Benedetto, patrono d'Europa, davanti ad Hans-Gert Pöttering, presidente del Parlamento europeo, il cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia, ha lanciato un forte appello proprio al Parlamento di Bruxelles a «non pronunciarsi in continuazione» e a non fare insistenti pressioni «sui singoli Paesi dell'Unione così diversi quanto a sensibilità e cultura di popolo» in materia di matrimonio, vita e famiglia. A partire dal 16 marzo del 2000 infatti il Parlamento europeo con proprie risoluzioni è più volte intervenuto in materia di convivenze e coppie di fatto chiedendo tra l'altro ai Paesi dell'Unione di prevedere il matrimonio per le coppie omosessuali e la registrazione delle unioni. Inviti come questi si sono ripetuti il 15 gennaio del 2003, il 4 settembre successivo e ancora il 17 maggio del 2006. Pur essendo documenti politici, privi sotto il profilo formale di qualsiasi effetto giuridico sia per gli organi della Comunità che per gli Stati aderenti, hanno fortemente influenzato il dibattito pubblico sulla materia.
Le parole del cardinale giungono nel mezzo delle polemiche sui Dico e sul Family Day e a poche ore dalle celebrazioni per il 50˚anniversario della firma dei Trattati di Roma (che sarà ricordata domani nell'Aula del Senato e al Quirinale). Ad ascoltare Scola anche il ministro della Pubblica istruzione, Fioroni, in rappresentanza del governo, Pier Ferdinando Casini ed il governatore della Regione Lazio, Marrazzo. Scola ha incentrato il suo ragionamento su tre parole: laicità, pluralismo, sussidiarietà. «Gli italiani — ha detto Scola — possono offrire come ulteriore contributo al processo di unità europea l'affermazione del primato della società civile che lo Stato deve servire. Se consideriamo questa peculiarità italiana alla via europea anzitutto si comprende bene l'insistenza a riconoscere il cristianesimo come una preziosa e irrinunciabile risorsa per il futuro dell'Europa». «In secondo luogo — ha aggiunto — diventa più chiaro l'invito ai vari organismi dell'Unione a rispettare il principio di sussidiarietà. Un esempio? «In ambiti come quello del matrimonio, della famiglia e della vita non è opportuno che l'attuale Parlamento europeo si pronunci in continuazione facendo di fatto pressioni condizionanti i singoli Paesi». Secondo Scola l'unità europea uscirà rafforzata dal rispetto «delle pluralità antropologiche e sociali» cioè «delle tradizioni prevalenti di ogni popolo, evitando forzature a società civili tra loro assai diverse». «Nelle materie sensibili una minoranza non può imporre a tutta l'Europa un modello solo», ha ammesso Casini.

Corriere della sera, 22 marzo 2007


«Sui temi della famiglia troppe pressioni Ue»

di Andrea Tornielli

«In ambiti come quello del matrimonio, della famiglia e della vita non è opportuno che il Parlamento europeo si pronunci in continuazione». Lo ha detto ieri mattina il cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, nell’omelia della messa celebrata a Montecassino per la festa di San Benedetto, alla presenza del presidente del Parlamento europeo Hans-Gert Poettering.

Commentando la regola di Benedetto, il patriarca ha osservato che «anche la società civile necessita di questo continuo e reciproco coinvolgimento di tutti i cittadini tra di loro e con quanti sono scelti per l’esercizio del buon governo. Quella italiana - ha aggiunto - è una società civile plurale e vivace che, tendenzialmente, non confonde il progresso democratico con la riduzione dello Stato di diritto al riconoscimento di mere libertà individuali solipsisticamente concepite». Per Scola la democrazia italiana «è all’avanguardia in Occidente quanto a realizzazione di una democrazia sostanziale e non formale» e su queste premesse va ripensata «la laicità in Italia». Il cardinale ha invitato gli organismi dell’Ue «a rispettare il principio di sussidiarietà». «In ambiti come quello del matrimonio, della famiglia e della vita - ha detto - non è opportuno che l’attuale Parlamento europeo si pronunci in continuazione facendo di fatto pressioni condizionanti i singoli Paesi dell’Unione, così diversi quanto a sensibilità e cultura di popolo. Proprio su materie tanto delicate - ha concluso - il principio di sussidiarietà implica il rispetto per le tradizioni prevalenti di ogni popolo, evitando forzature a società civili tra loro assai diverse. E questo rispetto delle pluralità antropologiche e sociali rafforza l’unità europea».

Il Giornale, 22 marzo 2007

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