29 marzo 2007

Rassegna stampa del 29 marzo 2007


Oggi registriamo una "valanga" di articoli, editoriali e commenti sulla nota diffusa ieri dalla CEI.
Prima di addentrarci nella fitta giungla della rassegna stampa, consiglio a tutti di leggere direttamente il testo di cui sopra. Purtroppo i condizionamenti politici hanno fatto perdere a molti commentatori una certa obiettivita'. Chiediamoci sempre, leggendo certi brani, che cosa dice la nota di nuovo (nulla, secondo me) e se abbia o no la Chiesa il diritto di elencare e difendere i principi non negoziabili.
Da segnalare il fatto che Marco Politi ha di nuovo cambiato idea sulla CEI e su Bertone (nulla e' cambiato per il Papa: lo si attacca sempre e comunque).
Verra' riportato un articolo di Massimo Introvigne che denuncia come ieri qualcuno abbia cercato di contrapporre il poliziotto cattivo (Ratzinger) a quello buono (Bertone).
Chiedo infine all'ottima Marina Ricci di spiegare alla sua collega Cristina Parodi che la CEI e il Vaticano non sono la stessa cosa.
C'e' una risposta del senatore Bobba che sottoscrivo in pieno: perche' Papa Ratzinger compie ingerenza quando difende i valori etici e tutti hanno applaudito Papa Wojtyla quando ha parlato di indulto? Bella domanda...a ciascuno la sua risposta!
Gli articoli sono molti e quindi verranno inseriti in piu' post.

Raffaella

Vedi anche:

Pubblicata la nota della CEI sulle unioni di fatto

Rassegna stampa del 28 marzo 2007

Aggiornamento rassegna stampa del 28 marzo 2007

Le ingiuste accuse di Marco Politi al Papa e alla CEI

Ratzinger: l'ultimo uomo sano


Nota dei vescovi ai politici cattolici: dovere morale votare contro i Dico
«Comprendiamo la fatica e le tensioni, però non ci si può appellare all'autonomia dei laici»

Luigi Accattoli

ROMA — La nota della Cei sui Dico afferma che i parlamentari cattolici hanno la «grave responsabilità sociale» e il «dovere morale» di opporsi alla legalizzazione delle coppie di fatto, dovere che diventa «ancora più grave» nel caso delle coppie omosessuali. Il disegno di legge del governo è «inaccettabile» e avrebbe un «effetto deleterio» sulla famiglia.
La nota — approvata e pubblicata ieri dal Consiglio permanente dei vescovi — definisce «riflessioni» le sue affermazioni e le affida «alla coscienza» dei politici e dei legislatori, perché «si interroghino» sulle decisioni da prendere. Non tende dunque a formulare un pronunciamento formalmente vincolante, bensì a fornire un richiamo autorevole con cui confrontarsi. Ma pur proposto con il garbo del linguaggio «pastorale», la via tracciata non lascia dubbi interpretativi: «Riteniamo la legalizzazione delle unioni di fatto inaccettabile sul piano di principio, pericolosa sul piano sociale ed educativo». Con la sua approvazione la famiglia perderebbe la propria «unicità» e «la storia insegna che ogni legge crea mentalità e costume». «Non abbiamo interessi politici da affermare», assicurano i vescovi che si richiamano alla Costituzione (articoli 29 e 31) nella loro difesa della famiglia e precisano che l'opporsi ai Dico «non pregiudica il riconoscimento della dignità di ognuno». Ma aggiungono che «garanzie e tutele giuridiche per la persona che convive» potrebbero essere assicurate «nell'ambito dei diritti individuali», senza «ipotizzare» figure giuridiche «alternative al matrimonio».
Le affermazioni più forti sono prese da due documenti della «Congregazione per la dottrina della fede» pubblicati nel 2003 con la firma del cardinale Ratzinger e la recente esortazione apostolica di papa Benedetto intitolata «Sacramentum caritatis». Citando quest'ultimo testo la nota afferma che «sarebbe incoerente quel cristiano che sostenesse le unioni di fatto». Dai documenti del 2003 sono presi passaggi di questo tenore: «Il parlamentare cattolico ha il dovere morale di votare contro un progetto di legge favorevole al riconoscimento legale delle unioni omosessuali»; egli «non può appellarsi al principio del pluralismo e dell'autonomia dei laici in politica» per «favorire soluzioni che compromettano la salvaguardia delle esigenze etiche fondamentali per il bene comune della società».
I contenuti della nota erano già conosciuti nella sostanza, perché variamente anticipati dall'ultima prolusione in Consiglio permanente tenuta dal cardinale Ruini e dalla prima dell'arcivescovo Angelo Bagnasco. Essa rappresenta il lascito più impegnativo della presidenza Ruini alla presidenza Bagnasco sul versante della «vita pubblica» e costituirà la bandiera del Family Day del 12 maggio. Da Ruini era stata preannunciata il 12 febbraio e dal suo staff è stata preparata. Il Consiglio permanente — a quanto si sa — non ha potuto che temperarne linguisticamente e «pastoralmente» qualche passaggio. Nella sostanza il testo è come l'hanno pensato e voluto, in oggettiva convergenza, i cardinali Ruini e Bertone su tassativa indicazione di Benedetto XVI.

Corriere della sera, 29 marzo 2007


E Poletto a gay e conviventi «Vi rispettiamo, voi capiteci»

Gian Guido Vecchi

MILANO — «A quanti vivono la situazione di unioni di fatto, anche omosessuali, desidero far giungere una mia parola di padre e pastore, sempre attento, con tutta la comunità ecclesiale, all'accoglienza e al dialogo». A metà pomeriggio, mentre il clima si fa già caldo e l'Arcigay parla di «violenza inaudita» e «fondamentalismo» della Cei, il cardinale di Torino Severino Poletto, con stile mite, spiega il senso del testo: «Questa nota non è un intervento contro le loro persone che, in quanto tali, hanno diritti individuali che vanno riconosciuti e rispettati. Ma, nello stesso tempo, chiedo anche a loro di comprendere che noi vescovi, in quanto responsabili dell'annuncio del Vangelo di Cristo, non possiamo accettare che la famiglia fondata sul matrimonio venga non solo indebolita ma di fatto svuotata del suo valore originario, se fosse ridotta ad una opzione facoltativa nel tessuto della società».
L'intervento della Cei, insomma, «è di carattere pastorale e non politico» e si rivolge «a tutti gli uomini di buona volontà» perché «la famiglia fondata sul matrimonio» è un «valore umano» prima che «ecclesiale». Per questo la nota «non è "contro" qualcuno, ma vuole sottolineare una fondamentale verità antropologica». Imposizioni?
«Ciò che ha ispirato la mia partecipazione ai lavori del Consiglio permanente è stata la preoccupazione di parlare alle persone con lo stile evangelico del Signore Gesù, il quale ha sempre proposto la sua verità su Dio e sull'uomo lasciando poi alla coscienza dei destinatari la responsabilità di adeguarsi».
Talvolta «può pesare», ma «la verità è sempre un atto d'amore». Quindi «non mi perderei d'animo e non cesserei di annunciare il progetto di Dio su famiglia e matrimonio se queste parole non venissero accolte o fossero contestate». Il cardinale rivela che sono state consultate «diverse personalità del laicato cattolico». Certo, «sono convinto che la forza del Vangelo non viene dalle leggi degli uomini ma è potenza di Dio», e tuttavia «è dovere dei discepoli di Gesù impegnarsi per tradurre in norme ed orientamenti i valori che in coscienza sentono venire da Dio».

Corriere della sera, 29 marzo 2007


Castagnetti: richiamo legittimo ma dirò sì al ddl

Virginia Piccolillo

ROMA — «Apprezza» la nota della Cei contro i Dico, ma insiste nel suggerire ai colleghi dell'Unione di votare il ddl del governo. Pierluigi Castagnetti, cattolico, vicepresidente della Camera, tenta la difficile quadratura del cerchio; non scontentare né i vescovi né gli alleati che protestano contro il «pesante intervento dei vescovi italiani in una materia che riguarda le leggi civili di questo Paese».
Da politico non la vive come un'ingerenza?
«La Chiesa ha il diritto di avvertire che un indebolimento della famiglia naturale può comportare un affievolimento del diritto naturale. È un monito sul quale dobbiamo riflettere, tutti: cattolici e laici».
Ma lei è cattolico, la Chiesa vi chiede di non votare il provvedimento sui Dico, non la vive come un'imposizione?
«Veramente la parola Dico non c'è in tutto il testo».
Però la Cei si riferisce al ddl quando definisce «inaccettabile» e «pericolosa sul piano sociale ed educativo» la legalizzazione delle unioni di fatto. « Nel ddl del governo tutto questo non c'è ». Pensa davvero che la nota non sia nata per quel provvedimento?
«Non mi nascondo dietro un dito. Ma l'intenzione del governo non è legalizzare forme di paramatrimonio. Non riconosciamo diritti alle coppie».
Le unioni di fatto?
«Non sono legalizzate. Non si prevede la costituzione di strutture di convivenza, ma si prende atto di una libera scelta di chi ha deciso di convivere fuori dal matrimonio e si riconoscono i diritti soggettivi».
I vescovi bocciano anche le unioni omosessuali. E suoi alleati protestano contro nuovi «steccati ideologici».
«L'errore da evitare è prendere solo qualche pezzo della nota che va letta nella sua interezza».
Lei come la legge?
«Un richiamo ai politici cattolici a non andare oltre la proposta del governo».
Non pensa che secondo la Cei siete già andati troppo oltre?
«No, perché nella parte finale la nota dice di comprendere la fatica di operare in un contesto politico in cui i cristiani non sono maggioritari».
Ma vi chiede uno sforzo. Continuerete a chiedere all'Unione di votare questo testo?
«Sì».
E come pensa che la prenderà la Cei?
«Siamo nell'area di valenza politica abbiamo il diritto di ragionare».
Ragionare con la Cei?
«Auspico la possibilità di dialogo. In quanto cattolici abbiamo il dovere di ascoltare il magistero della Chiesa e non discuterne i precetti. Ma spero di poter spiegare che i Dico non li contraddicono».

Corriere della sera, 29 marzo 2007


Bobba: alle parole della Chiesa i fedeli obbediscono

Virginia Piccolillo

ROMA — «Non è una scomunica. Ma adesso ciascuno dovrà guardare, oltre che alla propria coscienza individuale anche al suo rapporto con la comunità cristiana». Luigi Bobba, deputato della Margherita e ideologo dei teodem, sottolinea la «forza» dell'appello della Cei. Ma respinge le critiche di «ingerenza».
Perché?
«Ingerenza è un termine improprio. Avremmo dovuto chiamare così anche l'appello di Giovanni Paolo II per un atto di clemenza o quello contro l'intervento in Iraq? Non capisco perché quando parla di indulto o di guerra la Chiesa è apprezzata, quando lo fa sulle coppie conviventi ci si strappa le vesti».
Secondo alcuni questo è un richiamo all'obbedienza.
«Che i fedeli debbano essere obbedienti al magistero della Chiesa non è una novità».
Ma in questo caso è in ballo una legge specifica dello Stato.
«Nella nota c'è un richiamo esplicito alla libertà dell'individuo. Ma ci sono valori fondanti della convivenza, che non possono essere considerati alla stregua di altri provvedimenti banali. I Dico non dovevano essere neanche scritti, figurarsi votati».
Secondo cattolici come Rosy Bindi i Dico sono in linea con il richiamo della Cei.
«Che la nota fosse una bocciatura dei Dico lo aveva già detto il cardinal Bagnasco».
Obiettano che i Dico non sono una legalizzazione delle unioni di fatto, ma il riconoscimento di diritti individuali.
«Questo fa parte della valutazione di ciascuno e del chiarimento da fare».
Di fronte alla bocciatura delle coppie omosessuali c'è chi parla di nuova crociata.
«Il tono della nota è tutt'altro. Si indica che i vescovi non sono contrari a garantire diritti degli individui. Io non sono omofobico. Ma non posso pensare che una famiglia possa essere costituita da persone dello stesso sesso. Credo che possiamo riconoscere i diritti della persona, senza ricorrere a surrettizie equiparazioni con la famiglia».
Ci sono politici cattolici che rivendicano l'autonomia della propria coscienza.
«Sì ma il richiamo alla coscienza individuale non può essere solo: "mi faccio i conti con il buon Dio e fine della trasmissione"».
Bensì?
«C'è una Chiesa con cui i cristiani devono verificare il loro orientamento. L'invito forte della nota è non pensare che questo sia acqua fresca».
Altrimenti?
«Altrimenti non è che la Chiesa chiama i carabinieri. Nella nota non c'è nessun anatema. Ma la distanza radicale dai propri pastori per un cattolico è un fatto tutt'altro che irrilevante».

Corriere della sera, 29 marzo 2007


Bertone ai parlamentari: mostrate la vostra fede
Messa del segretario di Stato alla Camera. Bertinotti lo incontra: ogni forma di dialogo va incoraggiata

Gianna Fregonara

ROMA — «La nostra presenza nel mondo non potrà mai essere ridotta a un mero fatto privato perché ciò in cui crediamo non è da nascondere ma invece da partecipare». A rivolgere l'invito ai parlamentari dare testimonianza della propria fede, nel giorno della Nota dei vescovi, è il cardinale Tarcisio Bertone, ospite della Camera dei deputati nella cappella di San Gregorio Nazanzieno per celebrare la messa di Pasqua: «È il Vangelo che ci ricorda che dobbiamo rendere visibili — ammonisce il segretario di Stato — le opere della nostra fede», i cui valori «non sono estranei a quelli che la natura conserva e la ragione raggiunge», e dunque «sono condivisibili con tutti».
Ad accompagnare Bertone alla cappella è l'ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini. Arriva alle otto di sera in una cappella affollatissima, dopo una visita a Fausto Bertinotti, un incontro di cortesia chiesto dallo stesso Bertone che è durato una ventina di minuti in tutto, alla fine dei quali il presidente della Camera ha ricordato che «ogni forma di dialogo e confronto va incoraggiata e non hanno da temere nè l'autonomia della Chiesa né la laicità dello Stato». Bertinotti le sue riserve sulla nota dei vescovi le aveva fatte sapere prima dell'incontro.
Con Bertone ha parlato di San Paolo e di Marx, di don Bosco e di Brasile. Dal segretario di Stato ha ricevuto parole di solidarietà per i fischi all'università.
Bertone, che ha anche ricordato l'esempio di Beniamino Andreatta e il suo impegno di cattolico in politica, ha parlato della «coerenza eucaristica» richiesta nella nota dei vescovi e ha ammonito i deputati e i senatori che la scelta «della fede non può accontentarsi di sotterfugi, di piccoli giochi al ribasso o di furbi compromessi» e che «la libertà non sostenuta da verità e carità non sarebbe che libertinaggio ».
Ad ascoltare le parole di Bertone c'era schierato lo stato maggiore di Forza Italia e dell'Udc: da Sandro Bondi ed Elio Vito a Elisabetta Gardini, Maurizio Lupi e Mara Carfagna, da Lorenzo Cesa a Francesco Pionati. Presenti molti ex ministri, ma nessuno di quelli in carica: c'erano Beppe Pisanu ed Enrico La Loggia, Carlo Giovanardi e Maurizio Gasparri, rimasto fuori dalla cappella, insieme all'altro aennino Italo Bocchino. La Margherita era rappresentata dal vicepresidente della Camera Pierluigi Castagnetti, da Gerardo Bianco e Leoluca Orlando e dai senatori teocon Carra e Binetti.
L'ex presidente del Senato Marcello Pera invece ha preferito rispettare la tradizione e partecipare alla messa — deserta — per i senatori e i dipendenti del Senato a Sant'Ivo alla Sapienza nel pomeriggio.

Corriere della sera, 29 marzo 2007

Da segnalare la correttezza del "Corriere della sera" che, a pag. 5, riporta per intero il testo della nota della CEI.


Nota del Consiglio episcopale in difesa del matrimonio e sulle «iniziative legislative in materia di unioni di fatto»
I cattolici tenuti all'obbedienza
Fermo monito della Cei: nessuna autonomia su valori non negoziabili

Giorgio Acquaviva

Roma
Rimangono, nella Nota, gli aggettivi «inaccettabile» e «pericolosa» che il neopresidente della Cei Angelo Bagnasco aveva usato nella Prolusione a proposito della «legalizzazione delle unioni di fatto». Il documento è presentato come «impegnativo» per le coscienze, ma, non essendo vincolante, non prevede sanzioni. Al massimo un'accusa di «incoerenza». Ancora più esplicita è – se possibile – la contrarietà alle unioni di persone dello stesso sesso, perché «si negherebbe la differenza sessuale, che è insuperabile»; affrettandosi poi ad assicurare il «riconoscimento della dignità di ogni persona». La Nota del Consiglio episcopale permanente a riguardo della famiglia fondata sul matrimonio e di iniziative legislative in materia di unioni di fatto è lunga appena tre pagine e si presenta come l'esito di un dibattito che – dicono – è stato vivace. Lo si rileva dalla diversa formulazione della prima parte, più pastorale e con una maggiore capacità argomentativa, rispetto alla seconda più prescrittiva e che si appoggia a dichiarazioni ratzingeriane (da Prefetto della Dottrina della Fede e da Papa).
Emerge anche la preoccupazione di sottolineare il lavoro collegiale svolto (la nota è firmata «I vescovi del Consiglio Permanente») che ha anche raccolto «la voce di numerosi vescovi che si sono già pubblicamente espressi in proposito». Viene ribadito il fine non politico ma pastorale dell'intervento, che è rivolto a tutti, in vista del bene comune. Il discorso parte dall'affermazione che «ogni persona è figlio, e ogni figlio proviene da una coppia formata da un uomo e da una donna». È questo l'assunto iniziale, difficile da negare. E quindi: la famiglia fondata sul matrimonio eterosessuale è l'unica che può assicurare stabilità e futuro alla società. Fra le fonti si cita la stessa Costituzione della Repubblica italiana, che tutela la famiglia come «risorsa insostituibile».
Detto questo, i vescovi ritengono «la legalizzazione delle unioni di fatto inaccettabile sul piano del principio, pericolosa sul piano sociale ed educativo» esattamente le parole usate da Bagnasco lunedì scorso «quale che sia l'intenzione di chi propone questa scelta». E questo perché «si toglierebbe al patto matrimoniale la sua unicità, che sola giustifica i diritti che sono propri dei coniugi e che appartengonosolo a loro. Del resto – si aggiunge – la storia insegna che ogni legge crea mentalità e costume». Segue la condanna netta delle unioni omosessuali, assicurando però «il rispetto e la sollecitudine pastorale» per tutti. Anche in questo caso un riferimento giuridico: «Il diritto non esiste allo scopo di dare forma giuridica a qualsiasi tipo di convivenza o di fornire riconoscimenti ideologici: ha invece il fine di garantire risposte pubbliche a esigenze sociali che vanno al di là della dimensione privata dell'esistenza». Ciò non toglie che la Chiesa sia consapevole che «ci sono situazioni concrete nelle quali possono essere utili garanzie e tutele giuridiche per la persona che convive», ma questo obiettivo è «perseguibile nell'ambito dei diritti individuali, senza ipotizzare una nuova figura giuridica che sarebbe alternativa al matrimonio e alla famiglia e produrrebbe più guasti di quelli che vorrebbe sanare».
E i cattolici che operano in ambito politico? Qui finalmente escono dall'ombra dell'oblìo coloro che sperimentano «la fatica e le tensioni» di questi tempi difficili in cui «la visione autenticamente umana della persona è contestata in modo radicale». A loro è chiesto di lasciarsi illuminare dal Magistero e si citano la recente esortazione postsinodale che parla di «coscienza rettamente formata» e i documenti del 2002 e 2003 della Congregazione per la Dottrina della Fede sul dovere di opporsi a ogni legge sulle unioni omosessuali e sulla impossibilità – in questi casi – di trincerarsi dietro i principì del pluralismo e dell'autonomia dei laici in politica, perché ne va di mezzo il bene comune della società.
E i Popolari-Udeur, che gfanno parte della maggioranza di centrosinistra, commentano: «Oggi non ci sentiamo soli. Le riflessioni che scaturiscono dalla nota del Consiglio episcopale permanente sono il conforto di una Chiesa "madre" ma soprattutto "maestra" a chi ogni giorno è impegnato laicamente a testimoniare la propria ispirazione in politica e nella società. Nel conforto della parola, nella preoccupazione pastorale, espressa dai Vescovi sul tema della famiglia, troviamo sostegno al nostro quotidiano e laico impegno politico. E troviamo certezze sulla rotta da seguire, tracciata dalla nostra coscienza, ma assistita da una Chiesa che è "esperta in umanità" usando la nota espressione di Papa Paolo VI, ricordata da mons. Bagnasco nella sua prolusione. La Cei non fa altro che ribadire i cardini del Magistero. Chi è contrario e accusa la Chiesa di ingerenza, o è in malafede o non vuol percepire gli insegnamenti della Chiesa come vincolanti».

Gazzetta del sud, 29 marzo 2007


I vescovi: Dico inaccettabili i politici cattolici non li votino
La Cei di Bagnasco:legge da respingere specie se legalizza le coppie gay

La Nota favorevole a forme di tutela giuridica per le convivenze. Il Papa: la fede cristiana non è quella degli intellettuali ma dei vescovi

MARCO POLITI

ROMA - E´ «incoerente» il politico cristiano che vuole legalizzare le coppie di fatto. Unioni omosessuali? Deve «votare contro». L´insegnamento della Chiesa va seguito e nessun parlamentare «può appellarsi al principio del pluralismo e dell´autonomia dei laici in politica».
Il Consiglio permanente della Cei ha varato finalmente la Nota sulle unioni civili. E´ una «parola impegnativa» per i parlamentari cattolici, ammoniti a compiere «scelte coerenti» e a riflettere sulle «conseguenze future» delle loro decisioni.
«Non calerà come una clava», aveva assicurato alla vigilia il neo-presidente Bagnasco. E´ peggio. E´ una lama di ghigliottina che elimina alla radice ogni possibilità di mediazione. C´è solo il binario delle indicazioni ecclesiastiche da seguire, e chi non ubbidirà entrerà nella lista dei reprobi. Sarà additato come uno che si muove contro la dottrina cattolica.
Una scomunica tacita, insomma. Senza gli inconvenienti dello strascico di polemiche, che segue abitualmente alle scomuniche formali, ma un´arma utilissima per i "cattolicanti" e i "papalini" nei giorni delle elezioni.
D´altronde proprio ieri Benedetto XVI ha ricordato che tutti i cristiani devono seguire ciò che dicono i vescovi e specialmente quando proviene dalla Chiesa di Roma, in cui risiede la «vera tradizione apostolica» e la vera dottrina. Mentre il cardinal Bertone si è recato alla Camera ricordare ai fedeli di ubbidire alla «verità».
La Nota è di tre cartelle. Tra i vescovi, le "colombe" hanno ottenuto che non si nominassero i Dico e che venisse messa in primo piano la preoccupazione per la famiglia, «risorsa insostituibile». Ma non c´è stato molto da lottare, perché era la linea dello stesso arcivescovo Bagnasco.
In realtà il copione era già scritto, perché il Papa in persona da due anni a questa parte ha battuto sistematicamente sul tasto del rifiuto assoluto di qualsiasi forma di unione civile e ha demonizzato l´immagine delle coppie gay. «Forme deboli e deviate di amore», le definì al convegno della Chiesa italiana a Verona nell´autunno scorso.
Per scrivere il testo della Nota, che assume un carattere vincolante per i politici cattolici, è bastato dunque attingere semplicemente ai vecchi documenti di Joseph Ratzinger, quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede. E quale vescovo può contestare la parola del pontefice?
«Non abbiamo interessi politici da affermare - esordisce la Nota - sentiamo solo il dovere di dare il nostro contributo al bene comune». Credenti e non credenti, aggiungono i vescovi, sentono il valore rappresentato dalla famiglia per la crescita delle persone e della società intera. Ogni persona è figlio, continua la premessa, e ogni figlio proviene da una coppia formata da un uomo e da una donna. Poter contare sull´affetto sicuro dei genitori è un bene incalcolabile.
Su questa base i vescovi lanciano il loro veto. La legalizzazione delle convivenze, sancisce la Nota, è inaccettabile sul piano di principio e pericolosa sul piano sociale ed educativo. E segue la stoccata ai cattolici pro-Dico: «Quale che sia l´intenzione di chi propone questa scelta, l´effetto sarebbe inevitabilmente deleterio per la famiglia».
Ancora «più grave» viene definita la legalizzazione delle unioni di persone dello stesso sesso.
Tuttavia, ammettono i vescovi, «siamo consapevoli che ci sono situazioni concrete nelle quali possono essere utili garanzie e tutele giuridiche per la persona che convive. A questa attenzione non siamo per principio contrari». E la Cei detta la ricetta: l´obiettivo va raggiunto nell´ambito dei diritti individuali senza ipotizzare una figura giuridica «alternativa» al matrimonio.
Stringente è l´indicazione ai parlamentari. I politici cattolici devono sentirsi impegnati a sostenere leggi ispirate ai «valori fondati nella natura umana». Incoerente sarebbe, quindi, il cristiano che sostenesse la legalizzazione delle unioni di fatto.
Quanto al riconoscimento delle unioni gay «il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il proprio disaccordo e votare contro».

Repubblica, 29 marzo 2007

Caro Politi, la "vedo" molto deluso ed amareggiato. Perche'? Forse si aspettava che i buoni (Bertone e Bagnasco) avrebbero detto cose diverse dai cattivoni (Ratzinger e Ruini)?
Non c'e' divisione nella Chiesa e la vera fede non e' quella degli intellettuali ma dei semplici, che il Papa difende da decenni.
Colgo, pero', delle contraddizioni in questo articolo. Da mesi si dice che la Chiesa e' lontata dalla gente perche' si occupa "solo" di principi non negoziabili e non di Dio (cosa assurda).
Non ci dovrebbe essere allora alcun problema per i laici e laicisti. La Chiesa, se fosse vero il concetto, potrebbe parlare, inascoltata. Invece si ha il terrore che i politici non possano piu' fregiarsi della "qualifica" di cattolici perdendo cosi' i voti.
Delle due l'una: o la Chiesa parla al popolo o parla a se stessa.
Perche' questa paura? Personalmente non vedo la ragione di scagliarsi tanto contro la nota della CEI che, nella sua chiarezza, tenta di illuminare le coscienze e di illustrare la posizione della Chiesa, precisando che non si e' contrari alla tutela privatistica dei diritti delle persone.
Non e' forse questo il compito della Chiesa? Non deve forse dire una parola chiara sui principi non negoziabili?
Mi dispiace per chi, oggi, avrebbe voluto scrivere, con la massima soddisfazione, che era prevalsa la linea "morbida" ed invece deve constatare l'unita' dei Vescovi.
Caro Politi, la battuta "E quale vescovo può contestare la parola del pontefice?" non e' da Lei. Sia piu' originale!
Da oggi consiglierei a tutti di smettere di separare i Vescovi buoni (le colombe) da quelli cattivi (i falchi).
Infatti sia le colombe che i falchi hanno firmato la stessa nota.
A dopo con altri articoli.

Raffaella

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