25 marzo 2007

Aggiornamento rassegna stampa del 24 marzo 2007 (2)

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"Rassegna stampa del 25 marzo 2007"

"Aggiornamento rassegna stampa del 25 marzo 2007"


Le radici e il futuro
LA CIVILTÀ EUROPEA NON PRESCINDE DAI PROPRI VALORI

di FRANCESCO PAOLO CASAVOLA

DIMENTICANDO i valori del cristianesimo, l’Europa rischia l’apostasia da se stessa, prima ancora che da Dio. Questa frase del discorso di Benedetto XVI ai vescovi europei contiene e suscita una doppia eco. La prima evoca la lunga storia della civiltà europea, la seconda l’incidenza della fede in Dio negli atteggiamenti degli europei del nostro tempo.
Lasciamo da parte la diatriba sulla mancata citazione delle radici cristiane nel Trattato che contiene la Costituzione dell’Europa, perché si rischierebbe di essere irrispettosi verso coloro che quel testo ispirarono o scrissero, evidentemente preoccupati di risvegliare ricordi di antiche guerre di religione o di ostacolare, con la rivendicazione di una identità religiosa, la pacifica convivenza di cittadini e di gruppi professanti fedi diverse o nessuna fede. Il tema non è questo, è altro. L’Europa è un’associazione di Stati, o anche e soprattutto una delle grandi civiltà del mondo? E allora, perché tacere sui caratteri di questa civiltà, come si è andata costituendo ed evolvendo, quali fattori hanno agito in essa e con quali esiti, e infine perché ne siamo oggi turbati al punto che l’appartenervi obbliga a un confronto pericoloso con civiltà di altri popoli e continenti?
L’Europa non nasce da eventi interni alle aree abitate o invase dai tanti popoli esistenti nel suo spazio geografico. Dalla Palestina il cristianesimo, da Bisanzio il diritto romano furono gli assi lungo i quali si andò svolgendo la civilizzazione dei popoli europei. La predicazione del Vangelo insegnò ai barbari le virtù della mitezza, dell'amore del prossimo e dei lontani, finanche dei nemici.
Le opere di pietà alleviarono la povertà, le sofferenze delle malattie, le sfortune e le ingiustizie dell’esistenza. La grande eredità della cultura greco-romana fu preservata e tramandata, insieme al lascito particolarmente prezioso nelle scienze esatte di quella araba.
La logica occidentale si costruisce nelle università francescane della Sorbona e di Oxford. San Tommaso accoglie Aristotele nel pensiero cristiano insegnando dalle cattedre di Parigi e di Napoli. Le abbazie benedettine facevano rinascere la conoscenza perduta degli attrezzi e delle tecniche evolute dell’agricoltura romana e con essa restituivano alla fertilità terre desertificate, o sommerse da paludi o coperte da foreste. La vita cittadina risorse in quei luoghi che la regressione barbarica aveva devastato e ridotto in rovina.
Alla riorganizzazione amministrativa, giuridica, politica degli Stati, come a quella economica e domestica dei privati contribuì il diritto romano, anch’esso annodato al cristianesimo, come svela il proverbio medievale, che del diritto autore è l’uomo, della giustizia Dio. Finché non si giunge allo scisma che divide l’Europa in due, luterana a Nord, cattolica a Sud. E poi alla reattività cattolica al pensiero scientifico e filosofico moderno, con errori che la Chiesa stessa oggi ha riconosciuto. La secolarizzazione della mente, dei costumi sociali, la laicità dello Stato sono svolgimenti, che chiamano in causa il cristianesimo, lo avversano, ma ne derivano. Non si dà identità alla storia d’Europa, prescindendo dal cristianesimo.
Oggi temiamo che la condizione umana più libera, insieme alla vita materiale più prospera in questa parte del mondo, se riconosciuta superiore a quella realizzata in altre civiltà, conduca al conflitto alimentato da fondamentalismi religiosi. Il rimedio sembra essere quello di comportarsi come se Dio non esistesse. Ecco la seconda eco della frase di Benedetto XVI, l’abdicare da Dio. Se altri uccidono, invocando la grandezza di Dio, il nostro esorcismo sta nel tacere di Dio. Se continuassimo a vivere la nostra civiltà nei valori cristiani che l’hanno costituita, senza professare la fede, o professandola in segreto, questo basterebbe?
Anche la fede vive nella storia, e la storia va ricordata e vissuta insieme. Un Dio nascosto nell’intimità di una coscienza muore con quella e a poco a poco non abiterà più nella società che lo ha dimenticato.

Il Messaggero, 25 marzo 2007


LA DIFESA DEI VALORI TRA PASSATO E FUTURO

PIETRO SCOPPOLA

NON è stato certo un discorso di circostanza, formale o convenzionale, quello che Benedetto XVI ha pronunciato davanti ai vescovi europei riuniti per i 50 anni dei Trattati di Roma. È stato piuttosto un discorso i cui contenuti vanno ben al di là dell´uditorio cui era destinato, investono e provocano non solo i cattolici ma le classi dirigenti e la più vasta opinione pubblica europea. Solo un attento studio del testo integrale permetterà di coglierne tutte le implicazioni entro un magistero, come quello di Benedetto XVI, che si sviluppa di giorno in giorno con una sua rigorosa coerenza.
Ma anche dalle prime informazioni giornalistiche se ne possono cogliere alcuni aspetti salienti. Anzitutto la denuncia durissima della crisi dell´Europa che «sotto il profilo demografico» rischia «il congedo dalla storia» e il cui processo di unificazione sembra sia stato scritto «senza tener conto delle attese dei cittadini». Un distacco dai cittadini che il Papa collega al mancato esplicito richiamo alle radici cristiane. Ritorna dunque nelle parole del Papa il riferimento alle «radici cristiane» dell´Europa come risposta alla sua crisi di identità e come strumento per "avvicinarsi" ai cittadini. Ai governi dell´Unione il Papa chiede di non trascurare il cristianesimo nella costruzione della casa comune se l´Europa vuole evitare una «apostasia da se stessa».
Il riferimento ai valori cristiani si traduce, secondo lo schema mentale caro a Papa Ratzinger nel richiamo ad una «natura umana stabile e permanente fonte di diritti comuni a tutti gli individui, compresi coloro stessi che li negano». L´Unione, chiede il Papa, salvaguardi il diritto alla obiezione di coscienza ogni volta che i diritti fondamentali fossero negati. Ai cristiani in particolare è richiesto di essere presenti in modo attivo nel dibattito pubblico europeo nella consapevolezza che esso fa ormai parte integrante di quello nazionale.
Dunque un discorso di respiro nel quale è ben presente la consapevolezza, oggi condivisa da tanta cultura laica, di una crisi della democrazia che ha bisogno di attingere a fonti etiche che hanno nella esperienza religiosa una loro ricca e naturale riserva. Oggi il principio fondamentale di laicità non esclude anzi implica il libero apporto delle diverse esperienze religiose alla formazione di un tessuto etico comune. Da questo punto di vista l´intervento di Papa Ratzinger si colloca a pieno titolo fra i contributi rivolti ad un rilancio dell´Europa e del suo processo di unificazione.
Una discussione si aprirà sul richiamo alle radici cristiane dell´ Europa. Se n´è tanto discusso in occasione del dibattito sulla costituzione europea, poi fallita, e si disse allora, anche da parte di voci cattoliche, che le radici andavano colte nella loro complessità ed interdipendenza e che più del richiamo verbale ad esse contavano i frutti dell´albero raccolti in una storia densa di contraddizioni. Sembra oggi più che mai necessario che il richiamo ai valori fondanti dell´Europa superi ogni nominalismo e si misuri su una severa visione critica della sua storia e della sua politica. Della sua storia anzitutto, se è vero che avevano nomi cristiani le navi negriere che trasportavano gli schiavi neri, strappati alle loro terre per essere trasportati nel nuovo mondo e costretti al lavoro forzato; se è vero che nel nome delle diverse appartenenze cristiane gli europei si sono a lungo perseguitati e mandati al rogo a vicenda. Della sua politica, oggi, rispetto alle responsabilità che discendono dal passato coloniale: si pensi alla pace nel Medio oriente e ai problemi di dimensione planetaria che la chiamano e la sfidano.
Ebbene il discorso del Papa è aperto a questi sviluppi e a queste interpretazioni purché non lo si legga sul filo di una sofferta nostalgia per una cristianità perduta, e purché soprattutto quel richiamo alla dignità dell´uomo e ai diritti di natura, così insistito nei suoi interventi, sia premessa e condizione di dialogo con la tutte le culture che si riconoscono in questi diritti e non sia invece, come spesso è avvenuto in passato, rivendicazione da parte della Chiesa di una lettura in qualche modo privilegiata e garantita della natura umana e dei suoi valori. Non sembra possibile rifarsi oggi a un diritto di natura senza una piena consapevolezza del forte intreccio fra la sua stabilità e permanenza e la sua ricca storicità.
Così questo importante discorso di Benedetto XVI appare in bilico fra il passato e il futuro, fra la nostalgia e la speranza. Sarà tanto più utile all´Europa se su di esso, si aprirà una riflessione non prevenuta che coinvolga cattolici e laici. Siamo a un momento cruciale del rapporto fra la cultura laica e la cultura di ispirazione cristiana. Tutte le occasioni possono essere buone per approfondire un solco che si è indubbiamente creato. Tutte possono essere utili per colmarlo.

Repubblica, 25 marzo 2007

Caro Scoppola, questo editoriale e' molto interessante ma Le consiglio di leggere direttamente i discorsi del Papa e di non fidarsi delle sintesi giornalistiche.


Compromesso antistorico

di Massimo Introvigne

A sentire Romano Prodi viviamo nella migliore delle Europe possibili. L'Europa è un esempio per il mondo, cui pensa di poter dare lezioni in tema di pace, moralità e diritti delle minoranze. Il libro dei sogni di Prodi è stato subito seguito da un brusco risveglio. Benedetto XVI, ricevendo sabato gli episcopati dell'Unione Europea, ha ripetuto quanto aveva già detto a Natale: l'Europa «sembra incamminata su una via che potrebbe portarla al congedo dalla storia». Altro che magnifiche sorti e progressive.

Benedetto XVI è tornato sui tre punti centrali in cui vede la malattia mortale del continente europeo. Il primo è la «crisi demografica», che «causa enormi difficoltà alla coesione sociale» ma soprattutto rivela che l'Europa «sta perdendo fiducia nel proprio avvenire», né vede nei suoi governanti chi sia in grado di rassicurarla. Anzi, nota il Papa, «il processo stesso di unificazione europea si rivela non da tutti condiviso, per l'impressione diffusa che vari capitoli del progetto europeo siano stati scritti senza tener adeguato conto delle attese dei cittadini».

In secondo luogo, l'Europa vive una «singolare forma di apostasia da se stessa, prima ancora che da Dio», nel senso che «dubita della sua stessa identità». La radice di questa apostasia è la paura non solo del cristianesimo, ma di una legge morale condivisa che s'imponga a tutti, credenti e non credenti. Persa nel relativismo, l'Europa dubita che i valori che emergono dalla sua storia siano - come per Benedetto XVI invece sono - «valori universali». Così, non è in grado di difenderli quando sono aggrediti da chi è portatore di altri valori opposti e incompatibili, e reagisce proponendo un «bilanciamento di interessi» o una «ponderazione» che si risolve in continue mediazioni: un «compromesso», che finisce per non difendere il bene comune ma procurare al continente aggredito da altre culture il suo esatto contrario, che il Papa chiama «il male comune». «Il pragmatismo, presentato come equilibrato e realista, in fondo tale non è, proprio perché nega quella dimensione valoriale ed ideale, che è inerente alla natura umana»: parole su cui dovrebbero forse meditare anche i politici nostrani che teorizzano e praticano l'arte del compromesso perfino con i terroristi talebani.

Il terzo aspetto della crisi europea è il laicismo delle istituzioni e delle leggi che «nega ai cristiani il diritto stesso d'intervenire come tali nel dibattito pubblico». Né i cristiani vogliono tutelare presunti «ingiustificati privilegi». Il relativismo, dopo avere corroso la fede, oggi attacca anche la ragione e nega «l'esistenza certa di una natura umana stabile e permanente, fonte di diritti comuni a tutti gli individui, compresi coloro stessi che li negano». Anche qui, l'appello ai cristiani presenti nella vita pubblica perché «difendano strenuamente» la verità, e la condanna di chi accetta «compromessi sui valori essenziali» come quelli sulla vita e sulla famiglia, presentandoli in modo «cinico» come «presunto male minore», vale certo in tutta Europa ma si applica in particolare a vicende italiane che riguardano l'eutanasia, la droga, la ricerca sugli embrioni e i Dico.

Il «pensiero forte» di Benedetto XVI colpisce al cuore ogni «cattolicesimo adulto» disposto a sacrificare i valori per mantenersi al governo: «Non piegatevi alla logica del potere fine a se stesso! Vi sia di costante stimolo e sostegno l'ammonimento di Cristo: se il sale perde il suo sapore a null'altro serve che ad essere buttato via e calpestato».

Il Giornale, 25 marzo 2007

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