9 giugno 2007

Rassegna stampa del 9 giugno 2007


Vedi anche:

Crisostomo II: portero' Benedetto XVI in Russia

Cari amici, oggi possiamo leggere un'ampia rassegna stampa dedicata alla visita ufficiale del Presidente Bush in Vaticano e alle nomine che il Papa si appresta a fare nel senso del rinnovamento della curia.
Piu' tardi verra' pubblicato un articolo molto interessante di Antonio Socci che parla di un semplice dato numerico: 100mila persone! Vedremo di che cosa si tratta :-)
E' singolare come uno stesso numero possa essere esaltato o ignorato...misteri...della stampa
!
Leggiamo gli articoli che seguono ma manteniamo una buona dose di scetticismo visto che ciascuno dice la sua e prospetta scenari diversi.
Raffaella


Bush chiede aiuto al Papa
“Studiamo il dopo-Castro”

L’«honest broker» è riferito al ruolo che la Chiesa cattolica può giocare a Cuba nella fase di transizione politica iniziata con la grave malattia che ha colpito l’ottantenne Líder Máximo Fidel Castro. Gli scenari cubani disegnati dal Dipartimento di Stato nei dossier preparati in vista della missione romana sono due: Fidel può morire lasciando potere e regime al fratello Raul oppure può tornare in sella scontentando i leader locali che premono per riformare il sistema economico. In entrambi i casi, secondo alcuni consiglieri del presidente al corrente del dossier-Cuba, «la Chiesa può svolgere la funzione di onesto mediatore» aiutando l’isola ad allontanarsi dal comunismo e avvicinarsi alla democrazia senza traumi.
Ecco alcuni dettagli di cosa è stato scritto sui memorandum diplomatici che Bush ha mandato a memoria in vista del colloquio di trenta minuti con il Pontefice: se Fidel morirà si verrà a creare un pericoloso vuoto di potere che potrebbe coincidere con il ritorno in massa degli esuli da Miami e dunque portare a una forte instabilità interna, trasformando la Chiesa locale nell’unico punto di raccordo fra tutti i cubani; se Fidel, pur acciaccato, tornerà al potere lo scontento del ceto produttivo cercherà interlocutori locali e la Chiesa è l’unica istituzione in grado di poterlo essere per radicamento, credibilità e impegno sociale.
«Sebbene la Chiesa cubana sia più debole rispetto alla Chiesa polacca degli anni Ottanta - spiega Eusebio Mujal Leon, direttore del Progetto Cuba XXI secolo e docente alla Georgetown University - Bush vede nella fede una risorsa per traghettare l’Avana lontano dal comunismo, proprio come avvenne allora a Varsavia».
Non è un caso che alla vigilia della partenza per l’Europa Bush abbia detto di «condividere con il Pontefice il valore della libertà universale», che nel discorso pronunciato martedì a Praga sui diritti umani abbia incluso fra i «dissidenti imprigionati che non possono essere fra noi» anche il medico cubano Oscar Elias Biscet, che ieri dalla Polonia sia tornato a invocare «libertà per Cuba» e che questa mattina in Vaticano all’incontro con il Segretario di Stato Tarcisio Bertone avrà al fianco John Negroponte: il numero due del Dipartimento di Stato, ex zar dell’intelligence che si fece le ossa in America Latina negli anni Ottanta aiutando la guerriglia anti-comunista in Guatemala. L’agenda del summit in Vaticano vedrà prima Bush affrontare con Benedetto XVI le questioni di valore inerenti al diritto di tutti i popoli alla libertà e poi, nel colloquio con Bertone, declinarli in quella che si propone di diventare una convergenza di intenti sul dopo-Castro. Ciò che Bush cerca in Vaticano è la conferma che Benedetto XVI voglia essere «un testimone della libertà universale contro i nemici nel XXI secolo» come lo fu Giovanni Paolo II contro il comunismo.
Il primo a comprendere cosa potrebbe avvenire questa mattina oltre i portoni di bronzo del Vaticano è stato lo stesso Fidel, diffondendo 48 ore prima un monito a Benedetto XVI affinché non si fidi dell’ospite. «Bush sta tentando di ingannare il Papa - ha scritto Fidel in un testo diffuso al termine dell’incontro con il presidente boliviano Evo Morales - perché durante il colloquio gli dirà che la guerra in Iraq non esiste, che non è costata un centesimo né una goccia di sangue, e che centinaia di migliaia di persone innocenti non sono morte a causa di un vergognoso baratto per ottenere petrolio e gas». L’intervento di Castro ha voluto sottolineare come sia il tema della pace il terreno di dissenso fra il Papa e il presidente americano ma appena le agenzie di stampa hanno diffuso il testo è stato l’ambasciatore Usa alla Santa Sede, Francis Rooney, a tentare di giocarlo a proprio vantaggio, sfruttando l’entrata a gamba tesa per ribadire alla Segreteria di Stato l’urgenza di avere una discussione approfondita sui rischi dell’instabilità all’Avana. Ma non è tutto: Bush si accinge a invitare Benedetto XVI negli Stati Uniti, confidando nella possibilità che prima o poi possa fare tappa anche sull’isola di Cuba.

La Stampa, 9 giugno 2007


Scenari e strategie

I punti chiave dell’incontro

1. Se Castro muore

Si verrebbe a verificare una situazione di caos con il ritorno in massa degli esuli cubani da Miami. La Chiesa in questo caso dovrebbe diventare «il punto di raccordo tra tutti i cubani».

2. Se Castro torna

Il ceto produttivo, il più scontento, cercherà interlocutori locali e la Chiesa è l’unica istituzione in grado di svolgere questo ruolo per «radicamento, credibilità e impegno nel sociale».

3. Come in Polonia

Sebbene la Chiesa cubana sia più debole di quella di Varsavia negli Anni Ottanta, Bush la considera una risorsa per «traghettare L’Avana lontano dal comunismo»

4. Come Wojtyla

Bush spera che Benedetto XVI sia « testimone delle libertà universali contro i nemici del XXI secolo» come Giovanni Paolo II lo fu contro il comunismo.

5. Braccio operativo

Il presidente avrà il suo fianco John Negroponte, numero due del Dipartimento di Stato, che si fece le ossa in America Latina aiutando la guerriglia anti-comunista in Guatemala, e che incontrerà il Segretario di Stato Tarcisio Bertone.

La Stampa, 9 giugno 2007


IL VATICANO

Oggi il primo incontro tra Benedetto XVI e il capo della Casa Bianca

Col presidente americano il Papa parlerà di Iraq

MARCO POLITI

CITTÀ DEL VATICANO - Salvare i cristiani in Iraq e in Medio Oriente è il primo punto dell´agenda nell´incontro di stamane tra Benedetto XVI e Bush. L´obiettivo è scongiurare che finiscano in un «ghetto», schiacciati dai conflitti civili, etnici e religiosi. «Bisogna opporsi al tentativo di ghettizzare le comunità cristiane in Iraq», spiega il Segretario di Stato cardinale Bertone, lamentando il rischio che scompaia in Medio Oriente la pacifica convivenza tra musulmani e cristiani.
Quando alle 11 papa Ratzinger e il presidente Bush si troveranno nel palazzo apostolico, sarà un faccia a faccia, il primo, tra leader preoccupati per la situazione mondiale e assillati per il «momento difficilissimo» - così il cardinale Bertone - in cui è precipitato l´Iraq e lo scacchiere israelo-palestinese. I temi all´ordine del giorno comprendono anche la Terrasanta e l´Africa. Il Segretario di Stato invita a non considerare soltanto gli aspetti problematici della politica usa - che si riassumono soprattutto nell´invasione irachena e nelle tentazioni unilateraliste, peraltro oggi in via di riassorbimento - ma anche gli elementi di concordanza con il Vaticano: «Il presidente è molto attento alla tutela dei valori della vita, della famiglia, dell´educazione e sono temi sui quali certamente la Chiesa lo apprezza». Bush, che inviterà il Papa negli Usa, è inoltre a fianco della Santa Sede nel chiedere maggiore libertà religiosa in Cina.
È la situazione in Mesopotamia, però, che angoscia Benedetto XVI. Al presidente americano Bertone fa sapere che «tutti dovrebbero opporsi al tentativo di mettere alle corde le comunità cristiane o, peggio ancora, di costringerle a lasciare il paese». L´allarme è stato lanciato alla Radio vaticana da padre Philip Najim, rappresentante del patriarca caldeo di Baghdad.
Secondo stime della Caritas internazionale, in Irak rimangono al massimo venticinquemila cristiani a fronte del mezzo milione che vi abitava nel 2003. Anche a Bush preme una consistente presenza cristiana in un Iraq, che scivola sempre più nell´integralismo sunnita e sciita. La Santa Sede è però assolutamente contraria ad un piano, ora in discussione a Baghdad, che punta a concentrare i cristiani iracheni in un´enclave nella piana di Ninive. Bush incontrerà, all´ambasciata Usa, anche i rappresentanti della comunità di Sant´Egidio. Andrea Riccardi ha già sottolineato che il dramma dell´Africa e la lotta all´Aids sono terreni su cui l´amministrazione americana e le iniziative del mondo cattolico possono fare molto insieme.
Sempre con l´occhio rivolto allo scacchiere mediorientale, il Papa si recherà dopo l´incontro con Bush alla Congregazione per le Chiese orientali. La visita non era in programma, ma si prevede che verrà annunciata la nomina di mons. Leonardo Sandri (ora vice- segretario di Stato) a prefetto della congrezione. Il suo posto come Sostituto - così suona il titolo vaticano - verrebbe preso dall´attuale nunzio a Baghdad mons. Filoni. E così sarà completata la riorganizzazione della Segreteria di Stato.

Repubblica, 9 giugno 2007


Annullata la visita di Bush a Trastevere

Ira a Washington “L’Italia impari dalla Germania”

E’ stato un processo lungo, durato diversi giorni e alla fine sono stati i motivi logistici a prevalere» facendo cadere la sosta in Trastevere. Il trentaduenne portavoce della Casa Bianca, Gordon Johndroe, abbozza un sorriso e tenta di sdrammatizzare quando si trova a spiegare i motivi che hanno portato la Casa Bianca ad annullare il previsto «tour» della Basilica di Santa Maria in Trastevere, incluso fino a mercoledì nella pianificazione del viaggio come nella documentazione che era stata consegnata tanto alla delegazione presidenziale che agli oltre cento giornalisti al seguito. Per rispondere all’interrogativo su cosa si è determinato nelle ultime 48 ore da obbligare Washington a modificare i programmi bisogna risalire a quando, circa un mese fa, il team avanzato della Casa Bianca arrivò a Roma per effettuare i primi sopralluoghi: i disaccordi sulla sicurezza emersero subito per via dei timori italiani di non poter garantire l’assoluta protezione di George W. in ogni angolo di Piazza Santa Maria in Trastevere, ma la volontà reciproca di andare incontro ai desideri del presidente portò a lasciarseli alle spalle. Bush voleva andare nella Basilica almeno per tre motivi: rendere omaggio all’impegno umanitario nel Terzo Mondo della Comunità di Sant’Egidio, entrare di persona in una chiesa nel cuore della capitale del cattolicesimo ed anche vedere da vicino i vicoli di Trastevere dei quali la figlia Barbara si innamorò quando, da adolescente, fece le sue prime vacanze romane. La somma fra ragioni politiche, motivazioni spirituali e aneddoti famigliari aveva trasformato la sosta a Trastevere nel momento in cui Bush sentiva che avrebbe visto da vicino la Città Eterna e i servizi di sicurezza americani hanno dedicato ogni risorsa per rendere possibile questa sosta.
Ma con l’andare dei giorni i dissensi con le autorità italiane sono aumentati, di quantità e intensità. E’ stato nella giornata di giovedì che la Questura di Roma ha fatto conoscere alle autorità americane che l’ipotesi decadeva in maniera definitiva per i rischi a cui sarebbe stato esposto il presidente degli Stati Uniti. La determinazione con cui la polizia italiana ha comunicato il proprio ultimo, irrevocabile «niet» ha colto di sorpresa i servizi segreti americani, da tempo convinti che i carabinieri siano il miglior corpo di sicurezza civile al mondo. Da qui il timore, serpeggiato con insistenza in ambienti americani, che dietro il diniego italiano vi sia non solo il timore di azioni isolate da parte di dimostranti dei due cortei anti-Bush, di attivisti No Global provenienti dall’estero o di singoli cittadini bensì l’esistenza di un allarme più severo, ovvero il rischio di un attentato da parte di un gruppo terroristico. Tale ipotesi è rimbalzata nella giornata di ieri anche a seguito dell’avvenuta cattura a Milano di una decina di militanti fondamentalisti islamici. Quello che era iniziato come un braccio di ferro tra servizi di sicurezza sui metodi per blindare Piazza Santa Maria in Trastevere si è così concluso con una decisione segnata dal timore per l’esistenza di minacce concrete contro la persona del presidente degli Stati Uniti. Forse non a caso il definitivo programma della presenza di Bush a Roma ruota attorno a prolungate soste in sedi ben protette: Palazzo Chigi, il Vaticano, Villa Taverna e l’ambasciata Usa in Via Veneto.
Ristampato il programma e riorganizzata la visita, in alcuni degli addetti alla sicurezza che accompagnano il presidente nel viaggio europeo è rimasto l’amaro in bocca per quanto avvenuto e c’è chi ha confrontato l’indisponibilità italiana a garantire l’agibilità di una piazza della capitale nazionale con l’imponente dispiegamento di forze con cui la Germania di Angela Merkel è riuscita a proteggere il summit del G8 dall’assalto di decine di migliaia di Black bloc.

La Stampa, 9 giugno 2007


Oggi il presidente Usa dal Papa

È il primo incontro ufficiale con Ratzinger: tra i temi l'Iraq e l'aborto

CITTÀ DEL VATICANO La drammatica situazione in Iraq, con le istanze della Chiesa perché venga difesa la minoranza cristiana. La promozione dei diritti umani, e in particolare della libertà religiosa, nel mondo. Le convergenze su questioni come l'aborto e la tutela della vita. Sono alcuni dei temi che saranno al centro oggi del colloquio in Vaticano tra Papa Benedetto XVI e il presidente Usa George Bush, primo loro incontro formale dopo i tre che l'inquilino della Casa Bianca aveva già avuto con Giovanni Paolo II.
Sul faccia a faccia a Palazzo Apostolico è stato il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, che pure incontrerà Bush subito dopo il Papa, a lasciar intravedere punti di incontro (la condanna dell'aborto) e di differenziazione (la guerra in Iraq). Agli occhi del Vaticano, Bush «si è particolarmente distinto – aveva affermato in una recente intervista al quotidiano "Avvenire" – per alcune iniziative positive a favore della vita fin dal suo concepimento». E anche ieri ha ribadito l'apprezzamento della Santa Sede per l'opera di Bush a tutela «dei valori della vita, della famiglia, dell'educazione. Rimangono però alcuni problemi, a esempio sulla guerra in Iraq e anche sulla drammatica situazione dei cristiani iracheni, sempre più degradata». E ha nuovamente fatto appello a respingere i tentativi «di ghettizzare le comunità cristiane in Iraq».
Tra il presidente Usa e il Pontefice si parlerà di America Latina, Medio Oriente e delle «grandi questioni etiche e sociali che riguardano la popolazione del mondo»: non ultimi, il diritto alla libertà religiosa in tutti i Paesi del mondo, l'impegno in favore dell'Africa – di cui il Papa ha parlato anche nel suo appello dei giorni scorsi ai leader del G8 –, come pure temi quali la ricerca sulle cellule staminali embrionali, su cui la posizione di Bush si dimostra in linea con quella dei cattolici. Nell'udienza potrebbe anche essere meglio definita l'annunciata visita di Ratzinger al Palazzo di vetro dell'Onu a New York che dovrebbe avvenire il prossimo anno.
Se oggi sarà la prima volta che George Bush, non cattolico ma «cristiano rinato», incontrerà Ratzinger da Papa, i due si erano già «sfiorati» durante i funerali di Giovanni Paolo II l'8 aprile 2005 quando il presidente Usa – il primo a intervenire a esequie pontificali – aveva guidato in Vaticano una delegazione comprendente la moglie Laura, due ex presidenti, George Bush senior, suo padre, e Bill Clinton, oltre al segretario di Stato Condoleezza Rice.
Al momento dell'elezione del nuovo Papa, Bush «junior» aveva poi elogiato «la grande saggezza e conoscenza» di Benedetto XVI, mentre lo scorso aprile, in occasione dell'ottantesimo compleanno del Pontefice, ne ha parlato come di «un grande leader morale che offre un poderoso messaggio d'amore, di fede e di ragione».
In precedenza il presidente si è incontrato tre volte con Wojtyla. Nel primo incontro, il 23 luglio 2001 a Castel Gandolfo, avevano parlato proprio della ricerca sulle cellule staminali e dell'aborto. Nel secondo, il 28 maggio 2002 in Vaticano, parlarono della situazione della Chiesa cattolica negli Stati Uniti alla luce dello scandalo della pedofilia. Nel colloquio del 14 giugno 2004, dopo un intervallo di due anni segnato dai contrasti sull'invasione dell'Iraq, il Papa rimproverò a Bush il conflitto ma ne elogiò l'impegno a difesa dei valori della vita. Bush consegnò al Papa la «Medaglia della libertà», la maggiore onorificenza civile americana.

L'Eco di Bergamo, 9 giugno 2007


Sette americani su dieci «Ascolti il Pontefice»

Il presidente George Bush arriva in Vaticano accompagnato da un'esortazione degli americani: «Ascolta il Papa». Sette persone su dieci negli Stati Uniti, secondo un sondaggio svolto dal quotidiano «Usa Today», ritengono che Bush debba dedicare attenzione a idee e suggerimenti di Benedetto XVI. Bush, con l'incontro di oggi, eguaglia il record dei presidenti che hanno avuto più incontri con i pontefici: Ronald Reagan e Bill Clinton dialogarono ciascuno quattro volte con Giovanni Paolo II, che incontrò tre volte anche Bush. Secondo il sondaggio del più diffuso quotidiano americano, Bush dovrebbe riservare «grande attenzione» alle parole di Benedetto XVI per il 18 per cento del campione e «una certa attenzione» per il 46. Solo il 21 per cento suggerisce di non dare troppo peso al Vaticano e per l'11 per cento Bush dovrebbe totalmente ignorare qualsiasi esortazione di Papa Ratzinger. Negli ultimi anni è stata la guerra in Iraq la questione che più ha diviso la Casa Bianca dalla Santa Sede. Giovanni Paolo II inviò un cardinale nello Studio Ovale nel 2003 per cercare di persuadere Bush a desistere dall'attacco a Saddam Hussein e Benedetto XVI, a Pasqua di quest'anno, ha ribadito che non c'è «niente di positivo che viene dall'Iraq, insanguinato da continue stragi, mentre fuggono le popolazioni civili».

L'Eco di Bergamo, 9 giugno 2007


Quell'occasione mancata, colta invece dal Vaticano

di CATERINA MANIACI

Alla fine l'hanno spuntata loro, come ha gridato, tutto soddisfatto, il verde Cento: Trastevere sarà libera dall'invasore George W. Bush. Gli abitanti dello storico rione romano «hanno vinto», ha spiegato appunto Cento, perché quella visita sarebbe stata vessatoria, prevaricatrice. Come la politica americana, d'altronde. In realtà qui non di vittoria si tratta, ma di sconfitta. Che la visita di Stato a Roma di un leader politico - il presidente della più grande potenza a livello mondiale - debba sollevare tanti e simili problemi, che alla fine si debba modificare l'agenda della visita per "problemi di sicurezza", per via dei cortei antiBush e per paura che qualche invasato prepari il peggio, non ci sembra una vittoria di civiltà. Casomai è il suo esatto contrario. Durante il convegno organizzato ieri dalla Fondazione Magna Charta sulle «Nuove relazioni transatlantiche», dagli ospiti statunitensi - tra gli altri, Gary Schmitt dell'American Enterprise Institute, John R.Bolton, già ambasciatore degli usa presso l'Onu e Bruce Jackson, fondatore del Progetto sulle democrazie in Transizione - è stato chiesto cosa proverebbe il premier italiano, eletto democraticamente e legittimamente, se arrivando negli Stati Uniti venisse accolto da schiere di manifestanti che urlassero slogan anti-Italia e in questi cortei si trovassero "mescolati" anche ministri del governo ospitante. Ecco, è proprio quello che trova Bush qui a Roma. Le contestazioni, per carità, sono legittime, ma se sono tali da mettere sotto assedio l'intera Capitale e costringere a modificare un programma da tempo organizzato, significa che non sono neppure più contestazioni, ma atti di ostilità. Dove si nascondono tutti i paladini della libertà e della pace quando vengono in visita personaggi come Fidel Castro, o il presidente della Cina, oppure dell'Iran e così via? In corteo ci si va sempre per Bush. E comunque per l'America, quasi non fosse il campione della democrazia, imperfetta certo e non esente anche da clamorosi errori, ma certo non una dittatura sanguinaria o un Paese che calpesta i diritti civili e dei popoli. Detto questo, rimane da sottolineare che, pragmaticamente, gli americani hanno preso atto della situazione e hanno deciso di incontrare i rappresentanti della Comunità di Sant'Egidio nell'ambasciata Usa. L'amministrazione Bush, e il presidente per primo, tiene molto a questo incontro e non vi avrebbe rinunciato facilmente. Vuole soprattutto informarsi di come questo movimento cattolico italiano, da decenni, sostiene la propria lotta contro povertà e malattie in Africa, un interesse specifico del presidente. E poi c'è l'incontro con papa Benedetto XVI. Si tratta di un faccia a faccia importante, il primo tra Bush e l'attuale Pontefice. In Vaticano il clima che si respira è diverso: c'è attesa per questo primo incontro formale tra Pontefice e presidente. Il segretario di Stato Vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone, ieri ha espresso l' apprezzamento della Santa Sede per l'opera dell'amministrazione Bush a tutela «dei valori della vita, della famiglia, dell' educazione». Saranno temi questi, ha sottolineato il porporato, che verranno affrontati oggi durante l'attesa udienza. «Non bisogna soffermarsi solo sugli aspetti problematici dell'attività di governo (di Bush), ma anche sugli aspetti positivi», ha ricordato Bertone. «Certamente», ha osservato, «Bush è molto attento nella sua opera alla tutela dei valori della vita, della famiglia, dell' educazione. Sono temi sui quali certamente la Chiesa lo apprezza». E si parlerà anche della drammatica situazione in Iraq, con le istanze della Chiesa perché venga difesa la minoranza cristiana e la promozione dei diritti umani, in particolare della libertà religiosa.

Libero, 9 giugno 2007

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