9 maggio 2007
Aggiornamento della rassegna stampa del 9 maggio 2007 (3)
Vedi anche:
Il Papa parla di Mons. Romero, della teologia della liberazione e del ruolo della Chiesa
e tutti i post precedenti
«Il Brasile sorprenderà Benedetto XVI con il suo entusiasmo»
Dal Nostro Inviato A San Paolo Luigi Geninazzi
Quando stasera la papamobile percorrerà i cinque chilometri che separano il Campo di Marte dal monastero di Sao Bento si troverà in mezzo a due ali di folla di paulistanos che vorranno vedere da vicino Benedetto XVI. «L'attesa è grande perché grande è l'affetto che tutti portano al Papa», afferma il nuovo arcivescovo di San Paolo, Odilo Pedro Scherer. Si è insediato lo scorso 29 aprile alla guida di una delle più vaste diocesi del mondo - la terza in ordine di grandezza. Scherer, che qui tutti chiamano familiarmente «don Odilo», ha occhi azzurri e profilo tipicamente nordeuropeo che tradiscono le sue origini tedesche. «Ja, doch, sì, certo, con Papa Ratzinger parlo nella sua lingua», dice con aria soddisfatta. Settimo di 13 figli, 57 anni, è stato ausiliare del suo predecessore, il cardinale Claudio Hummes e conosce bene questa megalopoli dove 2 milioni di persone vivono nelle favelas. Le visita spesso, come un semplice prete che vuole essere vicino ai più poveri.
Eccellenza, da noi c'è molta curiosità per la visita del Papa in Brasile. Non solo per il fatto che sarà la prima di Benedetto XVI fuori Europa, ma anche perché questo Papa viene considerato eurocentrico. Anche voi in America Latina avete la stessa impressione?
«Direi proprio di no. È un vostro modo di vedere, appunto eurocentrico. In realtà i temi che Benedetto XVI ha sviluppato finora sono validissimi anche per il nostro continente. E sono sicuro che tutto questo emergerà con forza nei prossimi giorni qui in Brasile. Il grande interesse che il Santo Padre nutre per l'America Latina è confermato dal fatto che ha scelto personalmente la data e il luogo della Quinta conferenza del Celam e ne ha discusso a fondo il tema : Discepoli e missionari di Gesù Cristo perché in Lui i nostri popoli abbiano la vita. Quell'inciso significativo, in Lui, è stato aggiunto dal Papa che ha a cuore la missionarietà della nostra Chiesa».
Benedetto XVI incontrerà un Brasile un po' meno cattolico rispetto a quello che visitò Giovanni Paolo II nel 1996?
«Secondo gli ultimi dati il 75 % dei brasiliani si dice cattolico; non mi sembra poco. Dal punto di vista qualitativo il nostro popolo è sempre molto attaccato alla tradizione cattolica. Le nostre chiese non si sono svuotate, c'è molta partecipazione dei laici e negli ultimi vent'anni stiamo assistendo ad un eccezionale risveglio missionario. Sono sempre di più i sacerdoti brasiliani presenti sul fronte dell'evangelizzazione nel mondo. Certo, c'è l'avanzata delle nuove Chiese evangeliche, un fenomeno che va esaminato attentamente. La trasmigrazione di fedeli non riguarda solo i cattolici ma un po' tutte le Chiese: siamo di fronte a una grande mobilità religiosa, la gente sceglie in base ad impulsi immediati, in una specie di supermercato dei valori».
Come lo spiega?
«C'è un indebolimento dei legami con l'istituzione che dipende soprattutto dalla scarsità di sacerdoti rispetto al numero dei fedeli. Le vocazioni sono in aumento ma non bastano. Abbiamo parrocchie con 100mila fedeli; come fa il prete a essere vicino alla sua gente? C'è l'esigenza di un lavoro pastorale più capillare, di una catechesi approfondita».
I movimenti ecclesiali possono essere una risposta?
«Sì, certamente. Sono caratterizzati da un forte senso d'appartenenza e da un grande slancio missionario. Devo dire che in generale c'è una stretta collaborazione tra gerarchia e movimenti: la maggior parte dei vescovi li appoggia pienamente».
Eccellenza, in un'intervista ad un giornale brasiliano lei disse che la teologia della liberazione è finita. Ma tanti non la pensano così in America Latina...
«È vero, esiste ancora questa tendenza ma io ho voluto sottolineare che è tramontata la versione che faceva uso del metodo marxista e ha rappresentato una deviazione dottrinale. Di questo rimane poco; in generale possiamo dire che la teologia della liberazione continua ma in altra forma, in sintonia con la dottrina sociale della Chiesa».
La Chiesa brasiliana ha sempre sostenuto il presidente Lula ma negli ultimi tempi non ha risparmiato critiche al governo, specialmente per quanto riguarda i progetti di liberalizzazione dell'aborto e di riconoscimento delle coppie fuori dal matrimonio. Come sono i rapporti attualmente?
«Prima di tutto mi lasci dire che non c'è mai stata alcuna dichiarazione ufficiale della Chiesa a sostegno di Lula, neppure nell'ultima campagna presidenziale dello scorso ottobre. Certo, se è stato eletto in un Paese come il Brasile vuol dire che molti cattolici l'hanno votato. Come episcopato abbiamo sempre cercato, in piena autonomia, d'avere rapporti costruttivi con il governo. Notiamo però che ci sono alcuni gruppi, sia dentro l'esecutivo sia nel parlamento, decisi a portare avanti alcuni progetti di legge che non possiamo assolutamente condividere».
Pensa che Benedetto XVI affronterà l'argomento durante la sua visita in Brasile?
«Mi auguro che possa toccare, con sovrana libertà, tutti gli argomenti che gli stanno a cuore. Poi ci sarà chi vorrà criticarlo per questo, ma non si può pretendere che il Papa non ne parli».
Come verrà accolto il Papa dai brasiliani?
«Con grande affetto ed entusiasmo, prima di tutto perché è il Papa. Tutti quanti ci lasceremo sorprendere dalla sua persona e dalle sue parole. E credo che anche Benedetto XVI si lascerà sorprendere dall'affetto e dall'entusiasmo contagioso con cui verrà circondato».
Avvenire, 9 maggio 2007
Stereotipi al via
Un papa più nuovo dei suoi critici
Gian Maria Vian
Da oggi Benedetto XVI è in Brasile. Lo scopo di questo viaggio intercontinentale del Papa è principalmente quello di aprire la quinta conferenza generale dell'episcopato di tutta l'America Latina: un appuntamento importante, che mostra con evidenza planetaria la cattolicità e la collegialità della Chiesa di Roma. Tanto importante che, dopo il concilio Vaticano II, all'apertura delle tre precedenti conferenze (a Medellín, Puebla e Santo Domingo) non avevano voluto mancare né Paolo VI né Giovanni Paolo II. E tanto importante che Pio XII aveva disposto che la prima, nel 1955, si svolgesse non a Roma - come era avvenuto al tempo di Leone XIII per il concilio plenario latinoamericano del 1899 - ma a Rio de Janeiro: in quel Brasile dove, ad Aparecida, da domenica saranno riuniti per tutto il mese di maggio i vescovi latinoamericani.
Non è poi la prima volta di Ratzinger in quello che domenica scorsa ha chiamato il "continente della speranza": dove infatti si era recato come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, per riunirsi con gruppi di vescovi e sottolineare - anche in questo modo inedito nella prassi curiale - l'attenzione e la considerazione di Roma per le Chiese latinoamericane. Ed è interessante come Benedetto XVI abbia chiosato la citata definizione di "continente della speranza" ormai entrata nel linguaggio cattolico, spiegando che questa speranza «riguarda non solo la Chiesa, ma tutta l'America e il mondo intero». I cattolici latinoamericani sono cioè chiamati, nella visione di papa Ratzinger, a una responsabilità alta e coerente nei confronti dell'America settentrionale e del mondo, che va dunque al di là dei confini visibili del cattolicesimo.
Sorprende, quindi, ed anche rattrista, un intervento di Leonardo Boff sul viaggio papale in Brasile, presentato in forma di «intervista collettiva che può essere usata liberamente, in tutto e in parte, da quanti vi siano interessati». Come ha fatto poi ieri il manifesto, che ha pubb licato una sintesi del lunghissimo testo sotto un titolo appena appena pessimista: «Benedetto XVI, un papa nostalgico di una Chiesa che non ha futuro». Per anticipare le «decine di richieste» giornalistiche, il teologo brasiliano - che nel 1992 ha lasciato l'abito francescano e si è «autopromosso allo stato laicale» - risponde a domande che per ora si è posto da solo e soprattutto in modo preconfezionato. Ripetendo convinzioni che non sembrano tenere nel minimo conto la realtà come nel frattempo si è evoluta, modificando scenari esterni ed «interni». Così l'attuale pontificato non avrebbe «mostrato finora alcun tratto distintivo» da quello di Giovanni Paolo II (evidentemente considerato in modo negativo), mentre «si ha la chiara sensazione che Benedetto XVI si senta un papa di transizione», formula che in fonti diplomatiche si trova, già nel 1955, applicata alla candidatura del cardinale Roncalli e che accompagnerà poi, non benevolmente, il pontificato di Giovanni XXIII. Benedetto XVI dimostrerebbe però una strategia di restaurazione volta a «costruire una chiesa chiusa su stessa», lontana dal mondo, dal concetto di popolo di Dio e da una teologia della liberazione «viva» e «forte», tanto è vero che «per Roma, di fatto, l'unico vescovo è il papa e gli altri vescovi scompaiono».
Insomma, un diluvio di stereotipi rispetto ai quali i dati di fatto non contano nulla: quelli relativi ai due anni di pontificato, come quelli di una realtà complessa quale l'America Latina. Ma davvero il teologo - che ora si occupa prevalentemente di ecologia - pensa che Benedetto XVI e il cattolicesimo siano come se li rappresenta? «Non c'è molto da inventare per la chiesa in America Latina», riconosce Boff, auspicando una riconferma delle precedenti assemblee dell'episcopato latinoamericano. Ma quelle di Medellín, Puebla e Santo Domingo non sono piovute dal cielo. Proprio come la prossima di Aparecida, che ha un compito che «riguarda non solo la Chiesa, ma tutta l'America e il mondo inte ro».
Avvenire, 9 maggio 2007
I vescovi brasiliani scrivono al Papa: «La nostra gente desidera incontrarti»
«Affetto, comunione, fedeltà»: si chiude con un messaggio a Ratzinger la 45ª Assemblea generale dell’episcopato del Paese che oggi riceve la visita
Fabrizio Mastrofini
«Affetto, comunione, fedeltà». È il messaggio che i vescovi brasiliani inviano al Papa, al termine dei lavori della loro 45ª Assemblea generale, che si era aperta il Primo Maggio con un messaggio in occasione della Festa dei Lavoratori. Nel breve testo, la presidenza della Conferenza episcopale invia un caloroso saluto al Papa che si appresta ad arrivare nel Paese, sottolineando che «il popolo brasiliano desidera ardentemente questa visita» e «si prepara ad accoglierlo attraverso la preghiera, perché ama il Papa, successore di Pietro». «La sua presenza tra noi in questa visita apostolica sarà per tutti una testimonianza della sequela e della missione di Gesù Cristo».
Inoltre i vescovi ribadiscono l'importanza che riveste per il Brasile la canonizzazione di frei Antonio de Sant'Anna Galvão, il primo conterraneo a salire agli onori degli altari. La cerimonia, presieduta da Benedetto XVI, costituirà certamente «un incentivo per la santità in tutta la Chiesa». Inoltre i vescovi ricordano che la 45ª Assemblea, che si chiude oggi con l'arrivo del Papa, è stata dedicata alla verifica finale della complessa preparazione per la Quinta Conferenza generale del Consiglio episcopale latinoamericano, che si apre domenica con la Messa solenne e il discorso che Benedetto XVI rivolgerà ai vescovi e ai delegati presenti. Affinché si svolgano al meglio i due importanti appuntamenti ecclesiali - visita del Papa e Assemblea del Celam - nel loro messaggio i vescovi della presidenza della Conferenza episcopale ribadiscono di affidarsi a Maria «discepola e missionaria» perché «indichi quali debbano essere i cammini di evangelizzazione del Continente della speranza».
Domenica, prima della preghiera del «Regina Coeli», lo stesso Benedetto XVI aveva sottolineato l'importanza di questa «prima visita pastorale in America Latina e mi preparo spiritualmente ad incontrare il subcontinente latinoamericano, dove vive quasi la metà dei cattolici del mondo intero, molti dei quali sono giovani. Per questo è stato soprannominato il "Continente della speranza": una speranza che riguarda non solo la Chiesa, ma tutta l'America e il mondo intero».
Il Papa in quell'occasione aveva invitato a pregare la Madre di Dio per questo pellegrinaggio apostolico e, in particolare, per la Quinta Conferenza generale dell'episcopato latinoamericano e dei Caraibi, «affinché tutti i cristiani di quelle regioni si sentano discepoli e missionari di Cristo, via verità e vita. Tante e molteplici sono le sfide del momento presente - aveva spiegato - ed ecco perché è importante che i cristiani siano formati per essere "fermento" di bene e "luce" di santità nel nostro mondo».
Avvenire, 9 maggio 2007
Le due sfide del papa in Sudamerica
di Paolo Rodari
Due sfide attendono il papa durante il viaggio in Brasile (da oggi al 14 maggio).Una religiosa, l’altra politica.
Quanto alla sfida religiosa, l’intervento più significativo del papa è previsto per domenica, nell’omelia di apertura della V conferenza generale dell’episcopato latinoamericano e dei Caraibi, nel santuario mariano della Aparecida. Qui, il papa, come fece Paolo VI al raduno di Medellin (1968) e soprattutto Giovanni Paolo II a quello di Puebla (1979) insisterà perché la Chiesa viaggi diritta sui binari della “giusta cattolicità”, compresa quella parte di Chiesa (minoritaria ma comunque esistente nel Sud America) più incline al compromesso con le ragioni dei liberal.
Fu soprattutto Puebla a rappresentare una svolta in questo senso. Di fronte a una parte dell’episcopato e soprattutto a insigni teologi vicini ad ambienti favorevoli alla teologia della liberazione, Wojtyla valorizzò due vescovi emergenti (oggi cardinali): i colombiani Alfonso López Trujillo che oggi guida il dicastero vaticano della famiglia e Darío Castrillón Hoyos che oggi, sempre in curia, è cardinale a capo della pontifica commissione “Ecclesia Dei”.
Con loro spinse perché la pastorale della Chiesa fosse indirizzata sì ai poveri ma senza “derive” marxiste e sinistrorse.
Oggi, figure dello stesso calibro sono più difficili da trovare, eppure la Chiesa Sudamericana (una delle più numerose per numero di fedeli), è riuscita a essere presente in modo significativo all’ultimo conclave, se è vero che il cardinale arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, a seguire lo stesso Castrillón Hoyos e più staccato il prefetto del Clero Claudio Hummes, hanno ottenuto un numero di voti non secondari.
Oltre a loro (e forse più di loro), le personalità più promettenti del continente sono gli arcivescovi di Lima, Caracas e Città del Messico.
Come ha ben mostrato l’intervento anti-Ratzinger di ieri di Leonardo Boff, teologo francescano simbolo della teologia della liberazione in america latina, le “derive” di Puebla restano attuali oggi: «Benedetto XVI - ha detto Boff - è un papa difficile da amare, se lo guardiamo dal punto di vista dei divorziati, degli omosessuali e di coloro che vorrebbero rendere più agile la liturgia della Chiesa».
Quanto alla sfida più politica, Ratzinger pare sia intenzionato a usare parole forti in difesa del diritto alla vita, contro la depenalizzazione dell’aborto e in difesa della famiglia.
E in questo senso altro non potrà fare che mettersi contro gli orientamenti dei maggiori leader dei paesi del continente, da Lula fino a Chavez.
Ma la sua azione toccherà anche una certa politica degli Stati Uniti che ai tempi in cui la teologia della liberazione era più affermata nel continente, favorì il dilagare delle sette “evangelicali” usate come cavallo di Troia per infiltrarsi laddove non riusciva.
Il Riformista, 9 maggio 2007
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