11 maggio 2007
Il comodo buonismo, il deprimente political correct
Il silenzio dei salotti del buonismo
di Bruno Fasani
Era il 12 settembre scorso quando Papa Benedetto XVI fece il suo intervento magistrale dalla cattedra dell’università di Ratisbona.
In quella circostanza parlò di fede, ragione e libertà. Tre pilastri che vanno coniugati insieme, per evitare che l’assolutizzazione dell’uno diventi intolleranza e prevaricazione. La lezione valeva per la sazia Europa, ubriaca di razionalismo e divenuta indifferente alla trascendenza, ma valeva anche per l’Islam, che di ragione e libertà sembra spesso far difetto. In quella circostanza Benedetto XVI citò i dialoghi di un imperatore cristiano del Trecento, Manuele II Paleologo con un dotto maomettano di Persia. Costantinopoli era sotto assedio e, di lì a poco, sarebbe caduta sotto il dominio ottomano.
Nella sua riflessione Manuele II Paleologo ricordava l’ispirazione violenta con cui l’Islam, da Maometto in poi, andava alla conquista del mondo, contrapponendo a questa logica violenta quella dell’amore fraterno e della razionalità così come viene dal Logos, la Parola fatta carne.
Il Papa, che non aveva sottoposto il suo discorso alla verifica dell’uscente cardinale di Stato, Angelo Sodano, avvezzo alle logiche diplomatiche e al realismo della politica, mandava un appello coraggioso ai fratelli musulmani. Più o meno, come a dire loro: cari amici, molti di voi oggi sono favorevoli alla guerra santa o entrano in guerra, per diffondere la fede e la cultura musulmana. Non sarebbe l’ora di ripensare l’islam anche in termini di ragione e di libertà, anziché di violenza e imposizione?
Si sa che Benedetto XVI, sia pure coi toni felpati, parla «opportune et importune», evitando di andare a ingrossare le file di chi confonde il dialogo col silenzio.
La risposta non si fece attendere. Sulle piazze del mondo il fuoco incrociato divampò in un istante. L’Europa, anche quella più rigorosa di matrice cattolica, gli riservò un trattamento da fondamentalista, attaccandolo sui media e svillaneggiandolo come un qualsiasi cialtrone, mentre in ambito musulmano si passava ai fatti. Perfino i governi più moderati della galassia islamica, anziché far tesoro delle parole del Papa, fecero bottino di questa mobilitazione di piazza contro gli infedeli cristiani. A Mogadiscio, suor Leonella Sgorbati veniva massacrata come un cane sulla strada, mentre i crociati diventavano il bersaglio degli intolleranti, confermando la verità degli assunti di Manuele II Paleologo.
Il seguito della storia lo conosciamo. Benedetto XVI dovette muovere in ritirata. I toni furono quelli misurati della diplomazia, ma la sostanza delle cose era un sostanziale chiedere scusa per evitare il peggio.
Rileggo questi fatti alla luce della cronaca. A Bologna il sindaco, Sergio Cofferati, ha concesso l’autorizzazione alla costruzione di una enorme moschea, gestita dall’Ucoii, spesso al centro di polemiche per le frange fondamentaliste che la ispirano. Si giustificano queste scelte amministrative con la libertà di culto inteso come diritto fondamentale, dimostrando una sostanziale ignoranza sulla differenza tra luogo di culto e moschea. Quest’ultima costituisce, notoriamente, non solo il luogo dove si prega, ma lo spazio culturale, sociale e politico della comunità islamica.
La seconda notizia arriva dal Pakistan, ancora imbottito di dollari Usa per la sua collaborazione contro Bin Laden. Al Parlamento di quel Paese, è stata presentata una legge contro l’apostasia. Condanna a morte per il maschio che cambia religione, mentre se si tratta di donna, la condanna è all’ergastolo. Non tragga in inganno il trattamento di... privilegio. È solo perché la donna, avendo meno diritti sociali, si considera che faccia meno danno.
Mi chiedo dove sono i costruttori di pace. Mi domando dove siano i movimenti cattolici, i politici con la piuma di colomba in bocca, le anime belle del confronto e del dialogo. A Islamabad, qualche tempo addietro, un vescovo cattolico si sparò un colpo alla tempia per richiamare l’attenzione del mondo sulle vessazioni subite dai cristiani. La notizia fece clamore perché ad uccidersi era stato un uomo di chiesa. Ma sulle ragioni di quella morte il mondo tornò beatamente nei salotti del buonismo a parlar di nulla e a calar le brache. L’espressione non è molto nobile ma, per qualcuno, è pur sempre segno di apertura mentale.
Il Giornale, 11 maggio 2007
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