18 maggio 2007

La rivoluzione di Ratzinger sulle donne (2)


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Il cardinale, le donne

Quando le femministe si stupirono per la lettera di Joseph Ratzinger sulla differenza di genere

Milano. “Tanto per cominciare: la coppia Ratzinger-Wojtyla batte tutti i nostri leader nonché i nostri intellettuali di sinistra, moderata e radicale, dieci a zero. La chiesa prende atto del ‘problema’ del rapporto fra i sessi, lo colloca giustamente su un livello ontologico in quanto tale anche politico, si preoccupa del portato umano e sociale della rivoluzione femminista”. Così scriveva Ida Dominijanni, intellettuale femminista, nel 2004, commentando la “Lettera ai vescovi della chiesa cattolica sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella chiesa e nel mondo”, scritta dall’allora cardinale Joseph Ratzinger.
Un’altra filosofa e storica femminista, Luisa Muraro, prima di proporre le sue critiche a quel testo, riconosceva: “Ci troviamo davanti a un testo più dirompente e nuovo di quanto esso stesso non
lasci intendere”,
soprattutto in quanto “l’autore infatti teorizza nitidamente il senso libero della differenza sessuale, sia pure in termini che sono compatibili con la sua fede e il suo credo morale”.

Cosa aveva dunque scritto, di tanto dirompente, il cardinale Ratzinger?

Aveva affrontato in modo diretto, per la prima volta nel magistero ecclesiale, la radice culturale, filosofica, di ciò che la chiesa indica come una minaccia antropologica, non solo certo alla “propria” morale sessuale: “Per evitare ogni supremazia dell’uno o dell’altro sesso”, scriveva Ratzinger, “si tende a cancellare le loro differenze, considerate come emplici effetti di un condizionamento storico-culturale”. Ma questo “oscurarsi della differenza o dualità dei sessi”, ossia ciò che va sotto il nome di gender theory, “ha ispirato ideologie che promuovono, ad esempio, la messa in questione della famiglia, per sua indole naturale bi-parentale, e cioè composta di padre e di madre, l’equiparazione dell’omosessualità all’eterosessualità, un modello nuovo di sessualità polimorfa”.
Insomma il futuro Papa individuava una divaricazione tra le stesse correnti femministe storiche e questa nuova ideologia, andando più a fondo della questione di quanto Giovanni Paolo II non avesse già iniziato a fare, con i suoi ripetuti richiami a sviluppare risposte
teologiche per quello che definiva “vecchio femminismo”, e i richiami antropologici alla “uni-dualità” dell’essere umano, uomo e donna. Ratzinger scriveva: “La sua motivazione più profonda va ricercata neltentativo della persona umana di liberarsi dai propri condizionamenti biologici”, e a questa visione iper-relativistaopponeva a modello “il racconto della creazione”, che “conferma in modo inequivocabile l’importanza della differenza sessuale”.

La creazione, il padre e la madre

Non era la prima volta che la chiesa cattolica provava ad affrontare quelle tematiche che ora monsignor Betori ha riassunto nella formula “nichilismo e relativismo oscurano la verità della dualità sessuale”. Il Pontificio consiglio della Famiglia aveva presentato nel 2003 un “Lexicon dei termini ambigui e controversi”
sui temi etici, la cui urgenza era stata sentita proprio in seguito alla Conferenza sulla popolazione del Cairo del 1995 e ai suoi contenuti fortemente ideologici proprio in materia di differenza sessuale. Va detto che da allora nell’ambito della teologia e cultura cattolica, mentre molto si è riflettuto su altre tematiche
etiche, la sfida epocale, posta da questo pensiero “anti essenzialista, postmoderno e post strutturalista”, come lo inquadra lo psicologo e coordinatore del Comitato francese della sanità, Jacques Arénes, pensiero che ha per suo orizzonte la negazione radicale di ogni differenza non solo di genere, ma persino biogica, non è stata accolta a dovere.
Arénes, lo scorso anno, è stato ospite della Conferenza episcopale francese, cui ha tenuto una lunga relazione sulla “gender theory”, ma è un processo iniziale.
Con i loro documenti, Giovanni Paolo II e il cardinale Ratzinger hanno iniziato un confronto serio anche con il femminismo, prendendo le distanze dalle “gender” o addirittura “queer theory”. Ma occorreva che Benedetto XVI tornasse a evidenziare la centralità
di questa sfida, ribadendo nella “Deus Caritas est” la profezia su Adamo: “Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne”.
(ma.cr.)

Il Foglio, 18 maggio 2007