18 maggio 2007

"Gesu' di Nazaret": un libro attraente e potente


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Il magistero dell'esperienza

Al pericolo della riduzione sociologica del cristianesimo Benedetto risponde raccontando il suo incontro con un uomo eccezionale

di Persico Roberto

«Non c'è contraddizione tra l'esperienza personale di Pietro, di Joseph Ratzinger, e quella del papa Benedetto XVI. Ecco, credo che proprio nel modo in cui dimostra questo stiano l'attrattiva e la potenza evangelica del libro del Papa su Gesù».
Editorialista del New York Times, stimato commentatore e analista politico, Lorenzo Albacete si è tuffato entusiasta nella lettura del volume appena dato alle stampe dal pontefice. Perché, sottolinea, si tratta di un volume che ha qualcosa da dire all'uomo. A quello che vive nei caotici Stati Uniti, dove monsignor Albacete vive e insegna teologia al seminario St. Joseph di New York; come a quello che vive nell'America Latina che ha appena ospitato il Papa e che Albacete conosce e ama particolarmente, dato che è nato a Puerto Rico ed è stato presidente della Pontificia Università Cattolica della città.
«Credo - continua - che il fatto che un papa scriva un libro di questo genere su Gesù sia un esempio chiaro e potente della missione di un pontefice, che come successore di Pietro rende presente nelle circostanze di oggi l'annuncio originario della fede in Cristo fatta da Pietro nel Vangelo di Matteo. Quell'annuncio originario fu la testimonianza personale dell'uomo Pietro dell'incontro e della sequela di Gesù. Lo scopo del libro, scrive il Papa, è aiutarci a crescere nella nostra amicizia con Cristo, nella nostra familiarità con Lui, di recuperarlo dalla disintegrazione della sua figura e della sua personalità operata da metodi inadeguati di ricerca storica. Penso che si potrebbero scrivere saggi e dichiarazioni mostrando questi errori, ma quel che ha il potere di muoverci, quel che crea un'amicizia è la testimonianza di un amico che ci mostra l'effetto che un altro amico ha avuto su di lui. Questa è una fonte di conoscenza molto più profonda di qualunque discorso».

Che cosa c'è di "non magisteriale", se si può dire di personale, dell'uomo Joseph Ratzinger in questo libro?

Come lui stesso scrive, questo libro non è proposto come un atto del magistero canonicamente ufficiale del Papa, ma come una testimonianza personale. Eppure, proprio per questa ragione è, come ho appena detto, più "magisteriale" di qualsiasi altro. Ha un'autorità più potente, per così dire, di un documento ufficiale.

Quali sono i tratti caratteristici dell'uomo Gesù come emerge dal libro?

Credo che quel che emerge dal libro sia la potenza della sua umanità, che trae origine, se posso dire così, dalla sua capacità di essere una perfetta rivelazione della sua divinità, realmente inseparabile da quella. La dottrina del concilio di Calcedonia - Cristo è due nature in una persona, senza mescolanza né diminuzione dell'una né dell'altra - si mostra in azione in questo libro come l'origine della personalità dell'uomo Gesù. La sua personalità, la sua unica e sola personalità, è precisamente questo "abbraccio unitario" di umano e divino, definito in termini teologici e filosofici a Calcedonia. Questo chiarisce anche l'ineffabile abbraccio tra eros e agape di cui il Papa ha scritto nell'enciclica Deus caritas est. Allo stesso tempo rivela ciò che accade quando il mistero di Dio rivela il mistero dell'uomo e viceversa.

E qual è l'immagine del cristianesimo, colto nel suo momento iniziale, che ne esce? O, come si domanda il Papa a un certo punto, "che cosa ha portato Gesù veramente"? Qual è l'idea che egli ha della vita?

L'insistenza del Papa sul fatto che il contributo di Gesù alla storia umana è la presenza di Dio nella nostra storia mostra che le origini del cristianesimo non stanno in un progetto filosofico, politico o religioso, ma nell'esperienza di una Presenza ineffabile. Perciò tutto quel che ha valore nel cristianesimo è l'esito dell'esperienza di questa Presenza, di questo stesso evento originario. Tutte le distorsioni del cristianesimo vengono dalla dimenticanza di questo punto.

Nel corso di tutto il libro il Papa sembra dare molto rilievo anche a quelli che stanno intorno a Gesù, al loro atteggiamento verso di lui, che conduce alcuni a riconoscerlo e altri no. Cosa ne pensa?

In effetti non abbiamo altra via d'accesso a Gesù che la testimonianza di quelli che gli stavano intorno. Il problema è come verificare questa testimonianza in modo ragionevole. Questo include il tentativo di comprendere perché alcuni intorno a lui non lo riconobbero come la Presenza incarnata di Dio. Il punto in questione qui è sapere quale sia il metodo di verifica adeguato a questo scopo: come arriviamo a conoscere qualcuno? Il Papa nello scrivere questo libro mostra un esempio del metodo adeguato per diventare familiari con Gesù.

Nelle librerie italiane il libro del Papa si trova in mezzo ad altri che hanno un grande successo, e che ripropongono la divisione tra il "Gesù della storia" e il "Cristo della fede", che accusano la Chiesa di avere costruito la figura di Gesù in modo arbitrario, eliminando dalla sua storia tutto quello che voleva eliminare. Che cosa ne pensa?

Il modo in cui il Papa affronta tale questione di metodo è fantastico. È un aspetto della sua battaglia contro il relativismo che ci rende ciechi di fronte alla possibilità di avere certezze su qualsiasi cosa. La separazione tra il Gesù della storia e il Cristo della fede è il risultato di un errore filosofico. È il frutto di una certa concezione ideologica della storia. Il fatto che ci renda ciechi di fronte alla possibilità di riconoscere Gesù, come mostra il Papa, è una delle ragioni per cui da tanto tempo sta lottando contro questa ideologia.

Odilio Scherer, l'arcivescovo di San Paolo, ha ricordato in una recente intervista che nel titolo dell'incontro della conferenza episcopale latinoamericana, "Discepoli e missionari di Gesù Cristo perché in lui i nostri popoli abbiano la vita", l'inciso "in lui" è stato espressamente voluto dal Papa. È un'aggiunta significativa.

Certo! Il cristianesimo ha a che fare con Gesù, con gli effetti della sua presenza nelle nostre vite. Il Papa è giustamente preoccupato che il cristianesimo non sia definito in termini di politica o di sociologia. Questa è stata una tentazione particolarmente potente in America Latina dopo il Concilio Vaticano II. La forma marxista di questa tentazione può essersi considerevolmente ridotta, ma la "riduzione sociologica" del pensiero cristiano è una tentazione ancora presente.

Cosa vuol dire ricominciare ad annunciare Gesù di Nazaret nell'America Latina di oggi, finita la stagione della teologia della liberazione?

Ricominciare ad annunciare Gesù nell'America Latina di oggi vuol dire quel che vuol dire dappertutto. Vuol dire recuperare, comprendere e utilizzare il metodo con cui è accaduto l'evento originario che ha dato inizio al cristianesimo - l'incontro con la Presenza storica incarnata del Mistero che è l'origine e il destino della nostra esistenza. Don Giussani dice che per incontrare Cristo è necessario sapere come formulare in termini adeguati il "problema umano". Che cos'è il "problema umano" in America latina oggi? Come può essere compreso in modo adeguato, così che siamo in grado di vedere come la vita in Cristo è la risposta che cerchiamo? Questo è il compito dei vescovi che partecipano all'incontro.

Due motivi per cui consiglierebbe la lettura di questo libro a un amico?

Primo, perché mi piace condividere le cose buone con gli amici; secondo, perché non c'è niente di più bello che far conoscere la gloria umana di Cristo.

Tempi num.20 del 17/05/2007

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